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lunedì 6 agosto 2012

Non possiamo farcela da soli

L'evoluzione che sta avendo il dibattito europeo in merito all'attivazione del "fondo salva stati" dimostra che, pur esistendo variegate opinioni in proposito, sia fra i vari Paesi  dell'Unione che all'interno degli stessi, esiste una sostanziale convergenza fra gli "attori che contano" (in primis il governo tedesco, ora supportato anche da quello francese, e la BCE) sulla necesssità di tale strumento per salvare l'euro e la stessa costruzione europea e sulle condizioni che i paesi deboli devono rispettare per ottenere l'acquisto dei loro titoli al fine di abbassare lo spread: in sostanza, attraverso la firma di un "memorandum of understanding", questi Paesi devono cedere buona parte della loro sovranità su vari aspetti della politica fiscale e di bilancio e sulle riforme da attuare per correggere i cronici squilibri esistenti.
Questa prospettiva suona a molti  come un "vulnus" inaccettabile e come un sopruso da parte dei Paesi forti, che si avvarrebbero della situazione critica in atto per sottomettere i debitori alle loro volontà.
Un esempio tipico  di questo atteggiamento lo si ritrova nell'editoriale  di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere del del 5 agosto, in cui, dopo aver detto correttamente che la conseguenza dell'intervento del fondo salva stati si tradurrebbe in "un vero e proprio commissariamento del governo italiano attuale e di quelli successivi" giunge ad affermare che "l'euro diviene un'arma insidiosissima nelle mani dei Paesi economicamente più forti contro quelli più deboli", e che, in base ai vincoli unitari che la moneta unica comporta, si rischia di "spezzare il nerbo degli stati di serie B.Trasformandoli di fatto in autentici Stati vassalli" .
A queste argomentazioni ha opportunamente risposto, il 6 agosto, Stefano Micossi con una lettera allo stesso giornale in cui osserva " che la perdita di sovranità  - in effetti già avvenuta da quando il mercato e le istituzioni europee hanno imposto la rimozione di Berlusconi - deriva dai nostri comportamenti.
Più precisamente, se l'eurozona è un condominio, noi siamo come un condomino che parte per le vacanze lasciando aperto il rubinetto dell'acqua, cosicchè dopo un pò l'acqua incomincia a colare negli altri appartamenti producendo sconquassi. Inevitabilmente, il condominio deve forzare la porta di casa nostra per andare a fermare l'acqua che cola, e poi ci chiederà anche di pagare i danni prodotti agli altri condomini".
Questa efficace metafora spiega meglio di molti dotti discorsi il nocciolo del problema: non possiamo più nascondere la testa sotto la sabbia attribuendo ad altri le cople che sono nostre, nè adontarci perchè gli altri Paesi pretendono di controllare come verranno utilizzate le risorse che ci verranno messe a disposizione. Uso il tempo futuro e non il condizionale per esporre questa prospettiva in quanto a mio avviso, non ci sono dubbi sul fatto che l'Italia farà richiesta di aiuto all'Europa, superando i problemi derivanti dall'orgoglio nazionale ferito.
Aggiungo che un sostanziale commissariamento non solo non è un tragico evento ma è in realtà il migliore aiuto che l'Europa può darci affinchè possiamo diventare un Paese serio, che non siamo stati fin dalla nascita della Repubblica. Cito ancora Micossi : " Da quando è finito il sistema dei cambi fissi di Bretton Woods, più o meno ogni vent'anni la Repubblica si è ridotta sull'orlo dell'insolvenza - negli anni Settanta, nei primi anni Novanta e di nuovo adesso...........vivere sui debiti, lasciando il conto da pagare e, soprattutto, sempre rinviare la soluzione dei problemi economici e sociali sottostanti, è la sola vera filosofia condivisa da gran parte della nostra classe politica e dalle forze sociali, indipendentemente da credo e colore":
Parole sante, che sottoscrivo pienamente: è dalla consapevolezza di questa realtà che bisogna partire se si vuole una reale inversione di tendenza.
Io non sottovaluto lo sforzo che le forze politiche dell'attuale maggioranza stanno facendo, correndo anche consistenti rischi elettorali, per sostenere il Governo Monti, al di là dell'apparente forte conflittualità fra di loro e al loro interno. Ma non posso non constatare che la persistente difficoltà di metter mano ad una degna riforma elettorale, che consenta governi stabili e definibili subito dopo l'esito elettorale, è sintomo di un problema più grave e cioè la sostanziale incapacità delle attuali forze politiche di varare, se lasciate a se stesse, le riforme istituzionali necessarie per migliorare la competitività, l'efficienza e l'equità del nostro Sistema Paese. Se al Governo Monti dovesse succedere un Governo simile a quelli, rissosi e inconcludenti del passato, il nostro Paese andrebbe a picco.
Di fronte a questa situazione i duri  vincoli che l'Europa ci costringerà a rispettare saranno non un oltraggio ma un grande vantaggio.