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martedì 27 agosto 2013

Le mani sulla città: un frutto avvelenato delle larghe intese

Rete dei Comitati per la Qualità urbanistica

DICHIARAZIONE DI GUERRA
Lettera aperta al Presidente e Vicepresidente del Consiglio, ai Leader politici, a Membri del Governo, ai Parlamentari e ai Presidenti di: ANCE, Italia Nostra, INU, Legambiente

La recente approvazione parlamentare delle norme sulla cosiddetta “semplificazione edilizia” contenute nel Decreto del Fare è percepita dai cittadini interessati come un’autentica dichiarazione di guerra ai loro diritti, al buonsenso, alla civile convivenza, ai principi di una sana urbanistica.
Abbiamo già ampiamente documentato, anche con un  inequivocabile servizio televisivo della RAI, i gravissimi danni prodotti in Lombardia da norme analoghe a quelle contenute nell’art.30  del decreto, che consentono di alterare la sagoma degli edifici nelle ristrutturazioni edilizie e  che ora, venendo estese all’intero territorio nazionale, produrranno effetti devastanti.
Tali effetti sono fortemente  aggravati da un’altra forsennata disposizione,  peggiore addirittura della precedente, che non era presente in Lombardia, e  cioè la possibilità per le Regioni e la Provincia autonoma di Trento e Bolzano di derogare alla distanza minima di 10 metri fra gli edifici, stabilita dalla precedente normativa nazionale.
Stupisce che questa deroga incredibile e incivile, che porta il nostro Paese alla stregua dei peggiori esempi mondiali di urbanizzazione incontrollata, sia stata introdotta con un emendamento presentato dai senatori dell’Alto Adige, territorio che si distingueva per attenzione alle tematiche ambientali e che subirà, come gli altri, le pesanti conseguenze di questa legislazione.
La “ciliegina sulla torta” è poi data dalla norma che permette di installare “case mobili”, senza permesso di costruire, all’interno di strutture ricettive all’aperto, con il rischio di trasformare i campeggi, nei luoghi più suggestivi d’Italia, in villaggi turistici.
Si tratta con tutta evidenza di una vittoria, ma una ”vittoria di Pirro”, della potente lobby dei costruttori, di cui l’ANCE è l’espressione istituzionale e che trova, sia nel PDL che nel PD, un forte sostegno trasversale: spicca, in particolare, il ruolo  avuto dal Ministro Lupi che ha fortemente sostenuto in Parlamento, anche con arroganza,  gli interessi dei costruttori. L’accusa di  “inciucio” che Beppe Grillo fa al PD e al  PDL  trova purtroppo, in questa vicenda, una forte conferma.
Desideriamo ringraziare  i parlamentari del Movimento 5 Stelle e  di SEL che si sono coerentemente e, in modo convincente, battuti contro l’art.30  e la Sen. Lorenza Ricchiuti del PD che, voce  piuttosto isolata nel suo partito, ha fatto altrettanto.
Ringraziamo anche l’Istituto Nazionale di Urbanistica, che ha denunciato in modo forte e chiaro le negative conseguenze di tale norma ed ha accettato la nostra proposta di collaborazione.
Apprezziamo inoltre  l’appello che è stato fatto da Italia Nostra contro vari aspetti del Decreto del Fare , anche se ci ha negativamente colpito il fatto che  le nostre mail al suo Presidente siano rimaste totalmente inevase.
Siamo, invece, insoddisfatti della posizione favorevole alla predetta norma assunta da Legambiente, che si è detta disponibile a collaborare per la sola tutela dei centri storici.

Invitiamo l’ANCE a sensibilizzare i propri associati affinche’ usino con estrema prudenza le norme favorevoli di cui possono godere, tenendo conto che l’opposizione dei cittadini alla devastazione del tessuto urbanistico sarà molto forte: noi ci stiamo organizzando, in sintonia con altre associazioni, sul territorio nazionale per adeguate azioni di contrasto. Faremo sentire la nostra voce, e non solo, in tutte le sedi opportune e useremo tutte le “armi” legittime nella guerra che ci è stata dichiarata.
 Invitiamo anche le forze politiche di maggioranza  a tener conto della grave perdita di consensi che la loro azione produrrà e a rivedere la loro controproducente politica, che certamente non porterà vantaggi al Paese e neppure ai costruttori, che vedranno calare ancora la loro già scarsa credibilità come gruppo sociale e  aumentare, come avvenuto in Lombardia, il fallimento di imprese impegnate nella costruzione di ecomostri.

Il portavoce
Roberto Barabino


lunedì 19 agosto 2013

Berlusconi si fa del male

Dopo una lunga riflessione Berlusconi ha dichiarato: “Non mi passa nemmeno per la testa di chiedere la grazia. Non lo farò io, non lo faranno i miei figli, non lo faranno i miei avvocati. E non chiederò nemmeno i servizi sociali né i domiciliari. Io continuerò la mia battaglia  a testa alta, anche dal carcere se servirà. Non l’avranno vinta”.
Sembra una decisione definitiva, anche se con il Cavaliere non si è mai certi di nulla visti i numerosi dietrofront fatti in passato. Prendendo comunque per buona la sua dichiarazione, bisogna constatare che ha prevalso in lui la pancia anziché la testa: se, come sembra, in caso di  sua decadenza dal seggio senatoriale il PDL porrà  fine all’attuale Governo, inizieranno per il leader di questa forza i guai veri, in quanto la sua speranza di portare  presto il Paese alle urne, giocando in campagna elettorale il ruolo della vittima di una congiura giudiziaria fomentata dai “comunisti” è destinata ad essere delusa.
E’ evidente infatti  che , se cadesse l’attuale Governo, il Presidente Napolitano non scioglierebbe le Camere ma darebbe un nuovo incarico, probabilmente allo stesso Letta, per portare a termine le cose urgenti che sono indispensabili per riagganciare la ripresa economica e dare stabilità e credibilità  al quadro politico  ( misure per il rilancio delle imprese, incentivi all’occupazione giovanile, riforma della legge elettorale, taglio  ai costi della politica). La maggioranza per sostenere questo Governo si può ottenere in due modi diversi:
·         un’alleanza delimitata e a tempo fra il PD e parti del Movimento  5 Stelle  disponibili a trovare soluzioni ai problemi del Paese, essendo improbabile un accordo con l’intero movimento
·         un’alleanza con  un certo numero di parlamentari del PDL disposti a lasciare questa forza politica per gli stessi motivi di cui al punto precedente
La prospettiva di nuove elezioni si allontanerebbe sensibilmente e il PDL, ormai all’opposizione, non avrebbe più carte da giocare per ottenere condizioni favorevoli per il proprio leader nello sviluppo delle sue vicende giudiziarie. Inoltre, se la maggioranza temporanea riuscisse a portare alcuni risultati, il quadro politico cambierebbe notevolmente e, in caso di nuove elezioni, chi si è preso la responsabilità della crisi ne pagherebbe le conseguenze.
In sostanza, la linea del “tirare dritto” scelta da Berlusconi è comunque perdente. Gli conviene, in realtà,  lasciare da parte l’ orgoglio ferito e le velleità di rivincita ed accettare, una volta per tutte, che lui non è al di sopra della legge e della giustizia e che spetta a lui fare il primo passo per dimostrare la sua disponibilità a riequilibrare il rapporto fra politica e magistratura; questo passo può essere: le dimissioni da Senatore prima che si pronunci la giunta parlamentare che deve decidere sulla sua decadenza, oppure la richiesta di affidamento ai servizi sociali, che non è un’umiliazione ma il modo più indolore e fattivo per scontare la pena.
E’ ovvio che entrambe le azioni comportano dei rischi: la prima implica la possibilità  che altri giudici possano agire  pesantemente contro di lui, ormai privato della parziale immunità parlamentare; la seconda che il Tribunale di Milano non gli conceda un’adeguata agibilità politica a seguito della sentenza definitiva sul caso Mediatrade. Ma, correndo questi rischi, il Cavaliere metterebbe  alla prova la volontà della Magistratura di operare in modo non persecutorio nei suoi confronti e potrebbe certamente contare sull’attenta vigilanza del Presidente Napolitano che, fra l’altro, è anche Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura.
Confermando poi  il supporto all’attuale Governo,  Berlusconi terrebbe fede all’impegno più volte preso  di consentire le riforme di cui il Paese ha bisogno e guadagnerebbe consensi.
Se i giudici  di Milano o di altri Tribunali in cui sono in corso procedimenti che lo  riguardano, dovessero mostrare di non tenere conto dei riflessi politici delle loro decisioni, che non possono essere ignorati neppure da chi ha istituzionalmente il compito di applicare le leggi, si creerebbero le condizioni  per un’azione del Capo dello Stato o del Parlamento che metta al riparo il leader del PDL da un’eventuale azione vessatoria nei suoi confronti.
Non si tratta, quindi, di dare a Berlusconi un salvacondotto “ a prescindere”, come alcuni dei suoi  “supporter”  vorrebbero,  ma di avviare un percorso in cui tutte le parti in causa si dimostrino capaci di agire razionalmente, tenendo conto anzitutto delle leggi  vigenti e degli interessi della collettività ,e  in cui le eventuali  mancanze di una di esse possano essere corrette.

mercoledì 7 agosto 2013

Berlusconi ci ha ripensato, ma non abbastanza

Nel discorso fatto a Roma in Via del Plebiscito di fronte ai suoi militanti il Cavaliere ha corretto le intemperanze precedenti ed ha confermato l’intenzione di continuare il sostegno all’esecutivo guidato da Enrico Letta nell’interesse del Paese. Ciò ha ridimensionato le fibrillazioni che avevano pervaso la maggioranza ma non ha risolto la questione perché Berlusconi non ha rinunciato alla “politica del doppio binario” che gli è consueta e che gli serve a tenere il pallino in mano e ad alzare la posta nelle trattative più o meno pubbliche in corso: quando lui fa la colomba incarica qualcuno dei suoi (tipicamente la Santanchè e Brunetta , ma non solo) di attizzare il fuoco della polemica e quando lui decide di fare il falco, mette in azione i suoi mediatori (tipicamente Alfano e Gianni Letta). Il fatto è che questa politica è ormai logora e suscita molta perplessità e contrarietà nei suoi interlocutori: basta vedere la prudenza con cui il predetto discorso è stato accolto dal Capo del Governo e la palese stizza emergente dalle dichiarazioni del Segretario del PD. Letta ha detto giustamente che apprezza le dichiarazioni di Berlusconi ma che attende i fatti. E credo che questa opinione sia condivisa da larga parte degli italiani che non a caso lo considerano il politico più affidabile in circolazione. Circa la posizione giudiziaria del Cavaliere, dopo la visita di Brunetta e Schifani al Capo dello Stato è definitivamente tramontata l’assurda pretesa di un atto di clemenza, impossibile in questo momento e in questo contesto, mentre si parla di un’eventuale “soluzione parlamentare”, che potrebbe essere un provvedimento di amnistia o di indulto. A me anche questa sembra una “mission impossible” perché richiede una maggioranza di due terzi del Parlamento e ciò comporterebbe l’adesione, senza sostanziali defezioni, del PD al provvedimento. Se in 101 di questo partito non hanno votato per Prodi Presidente, mi domando quanti non voterebbero per salvare Berlusconi. In realtà la soluzione auspicabile è di tutt’altro tipo e implica un’azione di Berlusconi ed una, complementare, della Magistratura: - Berlusconi, pur avendo il diritto di protestarsi innocente, deve accettare una sentenza confermata in tre gradi di giudizio e la pena relativa, con le opportunità di scelta che gli sono consentite (domiciliari o affidamento ai Servizi Sociali). - La Magistratura deve consentire l’agibilità politica del leader del centrodestra, che può essere escluso dal Parlamento e dai pubblici uffici ma al quale non può essere impedito di svolgere il ruolo di guida politica che i suoi seguaci e i suoi elettori gli hanno conferito. (Anche Grillo d’altronde svolge il suo ruolo stando fuori dalle Istituzioni). Se operasse diversamente, la Magistratura dimostrerebbe di voler interferire nei processi politici e ciò sarebbe la conferma della “persecuzione giudiziaria” che Berlusconi lamenta. Combinando queste distinte responsabilità la soluzione più appropriata è la richiesta da parte del Cavaliere di affidamento ai Servizi Sociali, che gli darebbe maggiore possibilità di interlocuzione rispetto ai domiciliari e che gli permetterebbe di mettere le sue indubbie competenze imprenditoriali e gestionali al servizio di una causa socialmente utile. Quella che appare più opportuna è una consulenza a giovani impegnati in start up imprenditoriali, magari all’interno di uno dei tanti “incubatori d’impresa” che sono attivi nel nostro Paese. Vale la pena di ricordare che, in situazione analoga, Cesare Previti forniva consulenza legale a persone imputate per reati attinenti le droghe. La Magistratura dovrebbe poi consentire a Berlusconi di svolgere, in ambiti temporali e in luoghi da definire, le sue funzioni politiche. Questa ipotesi permetterebbe di avviare un riequilibrio fra politica e giustizia, rispettando le competenze e le prerogative ad esse relative. Questo riequilibrio è tanto più necessario dopo la deprecabile esternazione del Presidente di sezione della Corte di Cassazione, che ha emesso la sentenza definitiva di condanna di Berlusconi, in merito alle motivazioni della stessa: è un atto grave che rende indifferibili azioni correttive dell’organo di autogoverno della Magistratura, del Ministero di Grazia e Giustizia e delle forze politiche.

sabato 3 agosto 2013

Berlusconi ci ripensi: il suo "bluff" non paga

Anche se si può umanamente comprendere la reazione scomposta del leader PDL e di esponenti di questo partito a fronte della dura e ormai definitiva sentenza sui diritti Mediaset, non è politicamente accettabile l’improvviso voltafaccia rispetto alle prospettive del Governo Letta: la irrituale richiesta di grazia al Presidente della Repubblica, già bollata in passato dal Quirinale come “analfabetismo e sguaiatezza istituzionale” e la grottesca e goffa pretesa di porre al centro della discussione politica la riforma della giustizia, che nulla a che vedere con il programma del governo di larghe intese, sono chiari tentativi per mettere in difficoltà il PD e costringerlo ad assumersi la responsabilità di far cadere il governo in modo da poter andare ad elezioni anticipate. Bene ha fatto Epifani a reagire a muso duro dicendo “ una riforma della giustizia come vorrebbero loro se la scordano. Vogliono piegare a loro uso e consumo scelte che né questo governo né noi vogliamo fare. Dal PDL, denuncia “arrivano ricette inquietanti” : chiedere la grazia “e tirare in mezzo Napolitano è una pressione indebita”. Tutto ciò rischia di rendere l’abito di “responsabilità istituzionale” indossato dal Cavaliere negli ultimi tempi nient’ altro che uno strattagemma per cercare di impressionare l’opinione pubblica e magari la stessa magistratura. Se Berlusconi smentisse, per voglia di rivincita o subendo le pressioni dei suoi “pasdaran”, tale linea, i consensi che,nelle intenzioni di voto risultanti dai recenti sondaggi, vedono il centrodestra in vantaggio sarebbero fortemente ridimensionati. Lo stato di confusione in cui versa il PDL dopo la batosta giudiziaria è tale che questo partito non tiene neppure conto di un dato inoppugnabile: Napolitano non consentirà mai, pena le sue dimissioni e il conseguente blocco del quadro politico, di andare a nuove elezioni con l’attuale legge elettorale. Alla peggio potrebbe incaricare il PD di cercare nuove alleanze in Parlamento e questa volta Grillo non commetterebbe certo l’errore fatto ai tempi delle profferte di Bersani: un’eventuale maggioranza PD / SEL / M5S segnerebbe davvero la fine di Berlusconi. Il Cavaliere ha cercato spesso di accreditarsi come “statista” con scarso successo, ma ora ha un’occasione per riuscirci, malgrado i l peso della sentenza: se, mettendo da parte quella che lui ritiene una somma ingiustizia, aiutasse il Paese a darsi almeno una legge elettorale decente, senza subordinarne la nascita a riforme di troppo ampio respiro (quelle costituzionali) o troppo conflittuali ( la giustizia) acquisirebbe un merito che molti elettori non orientati a sinistra , anche fra quelli recentemente astenuti, saprebbero riconoscergli . Se invece insistesse nel suo “gioco d’azzardo” mirante a “scassare” il delicato equilibrio delle larghe intese, sperando di costruirvi una assai improbabile fortuna elettorale, si ritroverebbe con un pugno di mosche. C’è il momento dell’azzardo e quello della responsabilità: il secondo è quello che stiamo vivendo.