Un fantasma
si aggira nelle aule del Parlamento in questi giorni ed è quello dei 101
franchi tiratori che lo scorso anno hanno impedito a Romano Prodi di essere
eletto Presidente della Repubblica dopo essere stato acclamato come candidato
dall’assemblea dei parlamentari del PD.
Quella
triste vicenda è emblematica di una tendenza che esiste da tempo nel maggiore
partito della sinistra: l’incapacità di cogliere la vittoria quando questa è
ormai a portata di mano.
La differenza
rispetto alle esperienze del passato sta nel fatto che se questa tendenza
dovesse prendere il sopravvento quando la legge elettorale approderà al
Parlamento, la sconfitta sarebbe senza appello e porterebbe con alta
probabilità alla frantumazione del Partito Democratico e alla vittoria di
Grillo alle elezioni che seguirebbero dopo tale evento. Si tratterebbe di un
caso di “cupio dissolvi” senza precedenti in un Paese occidentale.
Naturalmente
quello che per i sostenitori della riforma è uno spettro, per il M5S sarebbe
una miracolosa e insperata apparizione. Avendo rifiutato l’offerta di Renzi di
contribuire a stabilire insieme le regole del gioco, il M5S si è infilato in un
“cul de sac” dal quale potrebbe uscire solo se il PD gli regalasse la vittoria
su un piatto d’argento. Ma quante
probabilità ci sono che ciò avvenga? Non
molte ma non così basse da poter escludere del tutto tale infausta (per il PD)
ipotesi.
Va tenuto
conto infatti che, nel Parlamento, la maggior parte degli eletti del PD sono
bersaniani o comunque appartenenti a correnti che non si riconoscono completamente
nell’attuale leader del Partito. Inoltre quando Renzi, dopo l’elezione a
Segretario, fece un’esplicita richiesta di rispettare la disciplina di partito,
la reazione di Bersani, durante un convegno; fu un sorriso fra lo stupito e
l’ironico che accompagnava le seguenti parole “ diciamola all’emiliana: socc’mel
! ” esclamazione che tradotta non letteralmente in italiano vuol dire “caspita!”.
La sorpresa
di un ex-leader del PD per l’evocazione della disciplina esprime più di mille
parole la mutazione, direi quasi antropologica, che si è verificata nel maggior
partito della sinistra: quando c’era il Partito Comunista, la disciplina era un
punto qualificante di questa forza che funzionava secondo il principio del
cosiddetto “centralismo democratico”, per cui era consentito dissentire nelle
sedi istituzionali del partito ma, quando una decisione era stata presa dalla
maggioranza, la minoranza si adeguava. Venuto meno il forte collante ideologico
che era alla base di questo atteggiamento di fondo, la lotta delle correnti ha
via via portato ad un allentamento del rispetto per le decisioni della
maggioranza, che si è acuito quando l’ex Partito comunista è confluito con le
forze ex democristiane di sinistra. Da mondo della disciplina il PD è diventato
il mondo dell’anarchia, in cui capi e capetti si disputano fette più o meno
grandi di potere, spesso incuranti del destino comune.
Può un
partito così seguire Renzi nella coraggiosa scelta di fare l’”alleanza col
diavolo” pur di stabilire finalmente
regole del gioco condivise in cui centrodestra e centrosinistra possano
confrontarsi apertamente e competere per il governo del Paese ? Visti i numerosi e anche recenti casi di
autentico masochismo di cui il PD è stato capace, i dubbi sono più che
legittimi. Tuttavia a favore di una condotta non autodistruttiva sta l’”istinto
di sopravvivenza””. Pur con forti malesseri e conflittualità e dopo una battaglia parlamentare accesa alla
fine tale istinto dovrebbe indurre la maggioranza dei parlamentari ad accettare
la “proposta Renzi- Berlusconi”, magari con alcune modifiche che riducano le ragioni
di dissenso.
E qui entra
in gioco Forza Italia che, essendo un partito “padronale”, non lascia dubbi
sulla disciplina dei suoi membri anche perché l’offerta di Renzi è stata un’occasione
d’oro per uscire da una situazione di marginalità cui l’avevano portata le
vicende processuali del suo capo. Il dubbio sta nella disponibilità del leader
a fare modifiche che consentano una più convinta partecipazione alla riforma da
parre della minoranza del PD e dei centristi di Scelta Civica. Le dichiarazioni
ultimatìve di alcuni esponenti di Forza Italia sembrano più mosse tattiche che ostacoli
insormontabili, ma un elemento d’incertezza rimane . Invece Il Nuovo Centro
Destra non creerà problemi in quanto soddisfatto dall’ipotesi di ballottaggio
all’eventuale secondo turno.
C’è da
augurarsi che questo passaggio parlamentare consenta di trovare una soluzione
che, scontentando tutti in una certa misura, rappresenti un ragionevole
compromesso tale da superare la stagione delle larghe o strette intese e consentire l’alternanza fra coalizioni che
oggi sono costrette a collaborare in modo innaturale e poco produttivo.