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venerdì 24 gennaio 2014

Legge elettorale: lo spettro dei 101




Un fantasma si aggira nelle aule del Parlamento in questi giorni ed è quello dei 101 franchi tiratori che lo scorso anno hanno impedito a Romano Prodi di essere eletto Presidente della Repubblica dopo essere stato acclamato come candidato dall’assemblea dei parlamentari del PD.
Quella triste vicenda è emblematica di una tendenza che esiste da tempo nel maggiore partito della sinistra: l’incapacità di cogliere la vittoria quando questa è ormai a portata di mano.
La differenza rispetto alle esperienze del passato sta nel fatto che se questa tendenza dovesse prendere il sopravvento quando la legge elettorale approderà al Parlamento, la sconfitta sarebbe senza appello e porterebbe con alta probabilità alla frantumazione del Partito Democratico e alla vittoria di Grillo alle elezioni che seguirebbero dopo tale evento. Si tratterebbe di un caso di “cupio dissolvi” senza precedenti in un Paese occidentale.
Naturalmente quello che per i sostenitori della riforma è uno spettro, per il M5S sarebbe una miracolosa e insperata apparizione. Avendo rifiutato l’offerta di Renzi di contribuire a stabilire insieme le regole del gioco, il M5S si è infilato in un “cul de sac” dal quale potrebbe uscire solo se il PD gli regalasse la vittoria su un piatto d’argento.  Ma quante probabilità ci sono che ciò avvenga?  Non molte ma non così basse da poter escludere del tutto tale infausta (per il PD) ipotesi.
Va tenuto conto infatti che, nel Parlamento, la maggior parte degli eletti del PD sono bersaniani o comunque appartenenti a correnti che non si riconoscono completamente nell’attuale leader del Partito. Inoltre quando Renzi, dopo l’elezione a Segretario, fece un’esplicita richiesta di rispettare la disciplina di partito, la reazione di Bersani, durante un convegno; fu un sorriso fra lo stupito e l’ironico che accompagnava le seguenti parole “ diciamola all’emiliana: socc’mel ! ” esclamazione che tradotta non letteralmente in italiano vuol dire “caspita!”.
La sorpresa di un ex-leader del PD per l’evocazione della disciplina esprime più di mille parole la mutazione, direi quasi antropologica, che si è verificata nel maggior partito della sinistra: quando c’era il Partito Comunista, la disciplina era un punto qualificante di questa forza che funzionava secondo il principio del cosiddetto “centralismo democratico”, per cui era consentito dissentire nelle sedi istituzionali del partito ma, quando una decisione era stata presa dalla maggioranza, la minoranza si adeguava. Venuto meno il forte collante ideologico che era alla base di questo atteggiamento di fondo, la lotta delle correnti ha via via portato ad un allentamento del rispetto per le decisioni della maggioranza, che si è acuito quando l’ex Partito comunista è confluito con le forze ex democristiane di sinistra. Da mondo della disciplina il PD è diventato il mondo dell’anarchia, in cui capi e capetti si disputano fette più o meno grandi di potere, spesso incuranti del destino comune.
Può un partito così seguire Renzi nella coraggiosa scelta di fare l’”alleanza col diavolo” pur di  stabilire finalmente regole del gioco condivise in cui centrodestra e centrosinistra possano confrontarsi apertamente e competere per il governo del Paese ?  Visti i numerosi e anche recenti casi di autentico masochismo di cui il PD è stato capace, i dubbi sono più che legittimi. Tuttavia a favore di una condotta non autodistruttiva sta l’”istinto di sopravvivenza””. Pur con forti malesseri e conflittualità  e dopo una battaglia parlamentare accesa alla fine tale istinto dovrebbe indurre la maggioranza dei parlamentari ad accettare la “proposta Renzi- Berlusconi”, magari con alcune modifiche che riducano le ragioni di dissenso.
E qui entra in gioco Forza Italia che, essendo un partito “padronale”, non lascia dubbi sulla disciplina dei suoi membri anche perché l’offerta di Renzi è stata un’occasione d’oro per uscire da una situazione di marginalità cui l’avevano portata le vicende processuali del suo capo. Il dubbio sta nella disponibilità del leader a fare modifiche che consentano una più convinta partecipazione alla riforma da parre della minoranza del PD e dei centristi di Scelta Civica. Le dichiarazioni ultimatìve di alcuni esponenti di Forza Italia  sembrano più mosse tattiche che ostacoli insormontabili, ma un elemento d’incertezza rimane . Invece Il Nuovo Centro Destra non creerà problemi in quanto soddisfatto dall’ipotesi di ballottaggio all’eventuale secondo turno.
C’è da augurarsi che questo passaggio parlamentare consenta di trovare una soluzione che, scontentando tutti in una certa misura, rappresenti un ragionevole compromesso tale da superare la stagione delle larghe o strette intese e  consentire l’alternanza fra coalizioni che oggi sono costrette a collaborare in modo innaturale e poco produttivo.

sabato 18 gennaio 2014

Giornalisti, non sottovalutate Renzi




Una delle caratteristiche basilari della professione giornalistica è la ricerca della “notizia”: con questa parola s’intende qualcosa di eclatante, capace di risvegliare l’attenzione e l’emozione del lettore o spettatore         ( anche gli organi d’informazione devono “vendere” il loro prodotto!)
Ne consegue che, paradossalmente, la cosa più interessante per un giornalista è una catastrofe perché gli consente di dare fondo a tutte le sue capacità di emozionare chi lo segue. Questo principio vale anche nella cronaca politica: l’avvicinarsi di una crisi riempie le pagine dei giornali, i talk show televisivi e le  trasmissioni radiofoniche. Volontariamente o involontariamente i giornalisti finiscono per amplificare le cosiddette “notizie” ingigantendo i problemi e talvolta distorcendo la realtà.
Una prova di questo fenomeno sono le cronache politiche da quando, dopo le primarie del PD, Renzi ha assunto un ruolo determinante nella scena politica italiana.
Partendo da due presupposti indubbiamente veri e cioè che Renzi è ambizioso e che aspira  a governare il Paese, i giornalisti cercano qualunque informazione e, a volte, qualunque pretesto per scorgere segnali della volontà di Renzi di “fare le scarpe” a Letta: in questo modo vengono costantemente interpretare le critiche che il primo rivolge frequentemente all’azione di governo del secondo, anche quando queste critiche sono dichiaratamente fatte non per mettere i bastoni fra le ruote ma per stimolare un’azione più incisiva, di cui c’è assolutamente bisogno.
Il problema è che, vivendo in un contesto politico dove le bassezze, gli intrighi, i doppi giochi e le trappole sono all’ordine del giorno, i giornalisti  (non tutti, per fortuna) non riescono veramente a credere che            “ Renzi  dice quello che pensa e fa quello che dice come ha scritto Luca Ricolfi su La Stampa  circa un anno fa. Questa distorsione percettiva capita anche ad altri, se in una recente intervista al Corriere della Sera Renzi ha dichiarato a proposito del suo incontro con il Capo del Governo  Io sono leale ma Enrico non si fida di me” (avete mai sentito un politico dispiacersi per la scarsa fiducia di un altro?). E la cosa stupefacente è che questa sindrome del “non mi fido”  ha assalito  adesso anche lo stesso Ricolfi che in un recente editoriale, sempre su La Stampa , dopo aver criticato l’affermazione di Renzi  sul Jobs Act “Abbiamo sottratto la discussione agli “esperti” e l’abbiamo  portata in pubblico. I dilettanti hanno fatto l’Arca. Gli “esperti” il Titanic”,  in base alla sua convinzione che la riforma del mercato del lavoro sia cosa assai complessa, che non può essere lasciata ai dilettanti, scrive “Il problema numero 1 di Renzi, a giudicare dai suoi comportamenti , è logorare Letta e al tempo stesso convincere l’elettorato che solo lui, l’enfant terrible della politica italiana, potrà fare quello che il duo Letta- Alfano non sono stati in grado di fare.
A questa requisitoria Renzi ha risposto con una lettera al Direttore del quotidiano in cui scrive “Presentando il Jobs Act  ho cercato di sottrarre ai soli addetti  ai lavori la discussione sull’occupazione..… per dire che anche chi non legga tutte le riviste di diritto del lavoro abbia il dovere morale, la responsabilità di commentare il Jobs Act, evitando che diventi il solito sfoggio di competenze su regole, codicilli, commi…” ”E poiUna cosa non riusciamo a capire: come si possa ancora insistere con la tiritera “Vuole solo logorare Letta”…Se Letta si logora è perché governa male, non perché c’è un nuovo segretario del PD. Da parte mia mi sento obbligato a dare una mano perché Letta governi bene: siamo nella stessa squadra”.  
E’ giunto il momento, a mio avviso, di  smetterla con la facile dietrologia e prendere atto che Renzi, oltre ad essere dotato del coraggio e della determinazione ormai a tutti evidenti da quando ha rottamato un’intera generazione politica e non solo del suo partito, è una persona seria che mette gli interessi del Paese davanti alle sue pur legittime ambizioni. Anche perché, essendo intelligente,  sa benissimo che, se si comportasse diversamente, le sue ambizioni andrebbero a farsi benedire.
Anche la forte critica da lui espressa in questi giorni sull’operato del Governo e l’affermazione che occorre confrontarsi con tutti (Berlusconi compreso) per la legge elettorale indica che il Segretario del PD non vuole giustamente farsi logorare da manovre dilatorie e da preclusioni strumentali che impedirebbero il cambiamento di passo ormai inderogabile.
E’ questo il motivo per cui, malgrado le previsioni generalizzate di una crisi di governo a breve e di un conseguente ritorno alle urne, io penso esattamente l’opposto. Come ha detto il Segretario del PD, ed io gli credo, “il governo  durerà fino a che sarà in grado di fare cose utili”. Certo, se questo non avverrà, bisognerà trarne le conseguenze, ma non saranno le dietrologie dei commentatori e  gli strepiti delle opposizioni a mettere a rischio il Governo Letta, bensì il suo eventuale venir meno agli impegni concordati.


sabato 11 gennaio 2014

Governo e opposizione: imparate dai vostri errori



Ai  recenti scivoloni del Governo in materia finanziaria, citati nel precedente post, si è ora aggiunta la vicenda delle detrazioni agli insegnanti e al personale ausiliario della scuola, che ha rischiato di produrre una potente protesta e che ha comunque già prodotto un “vulnus” rilevante nei rapporti  dello Stato con una delle categorie sociali che meriterebbero maggior cura.
Ora che, per diretto intervento di Renzi, si è messa una pezza alla vicenda, vale la pena di fare alcune riflessioni sugli insegnamenti che se ne possono trarre:

1 – I tecnici non sono migliori dei politici, anzi: se ne era già avuta la prova col Governo Monti che ha la responsabilità della peggiore rottura mai avvenuta nel nostro Paese  del ” contratto sociale” fra Stato e cittadini, cioè la vicenda degli esodati. Aver lasciato un cospicuo numero di persone con moltissimi anni di contributi prive di lavoro e di tutela pensionistica è una mancanza capitale che, ritengo, un governo politico non avrebbe mai commesso.  Ora si è presentato il problema degli insegnanti in cui colpiscono particolarmente le parole di Saccomanni  in merito alla  richiesta di restituire gli scatti d’anzianità: “è un atto dovuto, Il Ministero del Tesoro è solo un esecutore”.
Noi spesso critichiamo i politici perché, per il consenso, sono capaci di fare inverosimili promesse ed anche inverosimili regalie, di cui è pieno il Decreto Milleproroghe. Ma cosa dire dei tecnici che si nascondono dietro difese burocratiche per non far fronte alle loro responsabilità?  Che non si trattasse di un atto dovuto lo dimostra chiaramente il fatto che, una volta intervenuto un politico responsabile, il Governo ha messo la marcia indietro. L’approccio burocratico del Ministro Saccomanni è stato opportunamente e duramente stigmatizzato, però solo a vicenda conclusa, anche dal Premier che ha detto: “Il Ministro dell’Economia e delle Finanze non può dire di essere un mero esecutore. Esecutore di chi?”

2-  Deve cessare l’immonda pratica di fare leggi retroattive: anche se l’irretroattività delle norme civili non ha lo stesso rango costituzionale di quelle penali, è pur sempre un principio fondamentale del diritto, sancito dal codice civile, che può essere derogato, in via assolutamente eccezionale, solo laddove vi siano indiscutibili motivi d’interesse pubblico prevalenti su quelli individuali. Fare cassa a tutti i costi  creando un forte "vulnus”  alla certezza del diritto non rientra sicuramente in questa fattispecie. Governo e Parlamento rispettino una volta per tutte il principio di irretroattività.

3 – Bisogna smetterla di colpire soltanto i “soliti noti”: le tre categorie che vengono costantemente munte per far fronte alle esigenze di cassa sono:  i proprietari di case, i lavoratori dipendenti, i pensionati. A parte le vicende allucinanti dell’IMU o TASI o LIUC  ecc., in cui non ci si raccapezza più, bisogna dire che sulla casa è stata introdotta surrettiziamente una tassa patrimoniale assai pesante: con un’imposta sulle seconde case superiore all’1% annuo buona parte del  patrimonio immobiliare privato italiano verrà requisito  dallo Stato in  meno di cento anni. Il cuneo fiscale che grava sui lavoratori dipendenti è notoriamente la maggiore “palla al piede” che frena la competitività del Paese e le promesse finora fatte di ridurlo sono rimaste tali. Ai pensionati, anche a quelli che non hanno certo “pensioni d’oro” , si cerca di attribuire la responsabilità per  le scarse prospettive dei giovani che sono dovute invece ad una legislazione del lavoro  che mescola in modo folle un approccio novecentesco (la difesa ad oltranza del posto fisso di chi già ce l’ha) con  le forme più sfrenate di precariato tardo-capitalistico.
E’ ora che il Governo e la politica tutta si dedichino a cercare risorse in altre direzioni:

-          Taglio dei costi della politica: il decreto legge del Governo è un  giusto passo in questa direzione, ma ancora timido; come dimostra il Movimento 5 Stelle, nell’era di internet si può fare politica con poche risorse.  Renzi, che è giustamente contrario al finanziamento pubblico e che si tiene il più possibile lontano dai palazzi della politica, sostiene che da questa fonte si possono trarre risparmi per un miliardo di euro l’anno. Non si tratta quindi solo di tagliare i costi della politica come fatto simbolico (“dare il buon esempio”), ma come contributo  effettivo a risanare i conti dello Stato.
In sede di conversione del decreto in legge il Parlamento deve agire risolutamente in questa direzione.

-          Lotta all’evasione: ci sono notoriamente in Italia intere categorie di artigiani, professionisti, imprenditori, anche nel settore del lusso, che dichiarano mediamente meno dei loro dipendenti. Questo scandalo deve finire e presto. Gli strumenti ci sono, basta usarli. Uno è consentire detrazioni fiscali per chi chiede e ottiene fattura per i servizi ricevuti. L’altro è  un rigoroso confronto fra dichiarazioni e tenore di vita dei contribuenti. Finora lo Stato ha chiuso non un occhio, ma tutti e due. Ora basta.

-          Taglio della spesa pubblica : Raffaele Bonanni, leader della Cisl ha più volte sottolineato in interviste con vari organi d’informazione qual è il punto centrale. Cito ad esempio una sua dichiarazione sulla legge di stabilità: ''Squinzi ha ragione, bisogna tagliare la spesa improduttiva e le ruberie. Letta ha perso il primo round nei confronti del partito della spesa che gestisce i soldi pubblici a piacimento. E' un bubbone che va inciso subito''. E’ necessario che chi ruba o spreca il denaro pubblico venga reso responsabile della restituzione del maltolto con eventuale esproprio del suo patrimonio. Devono poi essere previste aggravanti penali per chi ruba e spreca  in circostanza particolarmente odiose, come è il caso recentissimo delle mazzette prese per i lavori di ricostruzione de L’Aquila. Va imposto subito agli Amministratori pubblici che fanno spese fuori dai “costi standard” di rispondere con il proprio patrimonio delle spese che eccedono gli standard.

Ho fatto solo degli esempi sui possibili provvedimentiper indicare che è necessario “andare con la mano pesante” nei confronti di coloro che sono maggiormente responsabili dell’attuale degrado. La discussione è aperta.

4 – E’ indispensabile coniugare rapidità e ponderazione: molti degli errori recenti del Governo sono dovuti anche alla fretta con cui si sta agendo per reperire risorse. Non c’è dubbio che bisogna far presto visti gli enormi ritardi accumulati nella soluzione dei problemi nazionali , ma come si sa, “la fretta è cattiva consigliera”. Per recuperare tempo è necessario che Governo e opposizione la smettano di perderlo in sottili e bizantini rituali  o in improbabili  dichiarazioni che servono solo a stare in campagna elettorale permanente, ma discutano davvero nel merito delle  cose. Il tema centrale ora è la legge elettorale: valutiamo con quale chiarezza e disponibilità viene affrontato, da tutte le forze politiche,  il compito di stabilire le regole del gioco e teniamolo ben presente quando dovremo, con tali regole, andare a votare, premiando chi ha realmente contribuito a superare questo critico snodo.

sabato 4 gennaio 2014

Governo al capolinea, se non cambia passo



Come sanno i lettori abituali del blog io sostengo, fin dalla costituzione del Governo Letta,  che “Il governo durerà” ( le parole fra virgolette sono il titolo del mio post del 19/5/2013 scritto in un momento politico complesso come l’attuale).
Malgrado le costanti fibrillazioni nella maggioranza e i continui attacchi delle opposizioni, resto ancora di questa idea anche se devo precisare che le probabilità che ciò avvenga si sono alquanto ridotte non tanto perché le opposizioni chiedono a gran voce lo scioglimento anticipato delle camere, che ha una probabilità quasi nulla di realizzazione , ma perché, nelle ultime settimane, il Governo ha mostrato scarsa lucidità  ( si veda l’imbarazzante vicenda IMU, con continui cambi di nome e contenuti in un clima di totale incertezza )  e una notevole debolezza nel “governare le proprie truppe”, di cui è stato testimonianza l’incredibile “assalto alla diligenza” che ha caratterizzato il Decreto Salva Roma, poi ritirato con vergogna dopo l’intervento del Capo dello Stato, e la Legge Milleproroghe, in cui – malgrado tutto – sono rimaste numerosissime “marchette”, come sono state giustamente  definite le inaccettabili regalie: che in un momento in cui le famiglie sono sfibrate  dalla crisi si possano destinare 4,5 milioni di euro (non proprio briciole)  per il recupero di “lettere, materiali, documenti storici della prima guerra mondiale”, solo per fare un esempio fra i molti, dimostra una perdita di contatto con la realtà davvero preoccupante. Se il Governo può essere ricattato da piccole e grandi lobby fino a questo punto, vuol dire che il rischio di uno stallo diventa alto e che l’insofferenza molte volte manifestata da Renzi al riguardo è più che giustificata.
Queste non commendevoli vicende dimostrano anche che lo stile felpato del Premier, tipicamente democristiano, tendente a non affrontare di petto le questioni ma a cercare di smussare, mediare, cercare compromessi anche al ribasso, che pure è stato utile per “galleggiare” in una situazione assai critica del Paese (come testimonia la discesa dello spread), non è adatto a governare una situazione ormai al limite della sopportazione, che richiede decisioni nette e una sfida a viso aperto nei confronti di alleati e avversari. Letta ha peraltro dimostrato, in occasione del voto di fiducia che ha segnato il distacco del Nuovo Centro destra dal PDL, di  “avere (se vuole) le palle d’acciaio”, espressione che gli è stata attribuita da un quotidiano straniero. E’ su queste risorse che deve contare se intende proseguire la sua avventura governativa, rinunciando ad un troppo pronunciato tatticismo  che, se protratto, segnerebbe la sua fine.
Siamo quindi arrivati all’ultimo appello, dato dal  “patto di governo”, che gli alleati dovranno scrivere in gennaio: i contenuti dello stesso e il rispetto rigoroso dei tempi di realizzazione, ci diranno in modo definitivo se l’attuale compagine governativa avrà, o meno, la possibilità di “mangiare il prossimo panettone natalizio”,  cosa che il Premier si è detto sicuro di fare.
A  salvare non volutamente il Governo potrebbero però pensarci le  maggiori opposizioni se proseguissero nella inverosimile  e controproducente sceneggiata che stanno rappresentando. Forza Italia chiede con forza elezioni a maggio quando sa benissimo di non essere in condizione di affrontarle per molte ragioni fra cui il fatto di non avere un candidato premier credibile e pronto: basta pensare che quello più accreditato è Giovanni Toti, ma quanti italiani sanno chi è ? ( è il Direttore del TG 4 e di Studio Aperto). Grillo, oltre  a chiedere le elezioni anticipate, insiste con la bufala dell’”impeachement” che sa pure lui benissimo non avere alcun fondamento costituzionale e alcuna possibilità di successo, oltre ad essere un affronto inaccettabile al Capo dello Stato. Sarebbe ben grave se le sorti del governo dipendessero alla fine più dagli errori degli avversari che dai suoi meriti.