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martedì 21 ottobre 2014

Quadro politico in movimento




La recente intervista domenicale di Barbara d’Urso a Renzi sulla principale rete Mediaset e il grande raduno di piazza a Milano,con 40000 persone, organizzato dalla Lega sono i fatti politici più rilevanti di questi giorni.
Il primo perché sancisce in modo definitivo l' intenzione del Segretario del PD  di raccogliere voti nell’area moderata e il  probabile successo della sua iniziativa visti gli applausi scroscianti che hanno accompagnato l’intervista. Il secondo perché indica che anche a destra c’è movimento e che esiste un’ampia fascia dell’elettorato moderato che non si fa incantare dalle pur allettanti sirene di Matteo Renzi e che non è disposto a rinunciare alla propria identità politica.
Sull’intervista a Renzi ha scritto un bell’articolo Filippo Ceccarelli su “La Repubblica” in cui, dopo aver evidenziato che il Partito della Nazione, cui sta pensando il Premier, “non solo sta prendendo il via ma passa anche attraverso Barbara D’Urso”, ricorda che  l’intervista è il punto terminale di un giro in tutte le reti Mediaset e  aggiunge “ il fatto che abbia coronato il suo pellegrinaggio televisivo da lei, pure con selfie sbaciucchione e contorno di bonus alle mamme e omaggi alle nonne, n qualche modo sanziona che un certo vasto pubblico lo avverte come il sostituto, il continuatore, il successore, l’erede, il  vero figlio evoluto o reincarnato di Berlusconi”. Di fronte alla prospettiva  di un “partito del leader, frutto di una massiccia convergenza al centro, in una repubblica presidenziale fondata su una democrazia d’investitura” Ceccarelli conclude con questa considerazione “Ci si può ridere, ci si può avvilire, come sempre sarebbe meglio capire, o almeno provarci, possibilmente con serenità”.
Condiviso questa analisi perché non c’è dubbio che le scelte provocatorie e dirompenti di Renzi suscitano sconcerto e inducono molti  a facili etichette tipo “Renzi è di destra, è un’infiltrato che si propone di distruggere la sinistra”. La realtà però è più complessa perché non c’è dubbio che Renzi assomigli per vari aspetti a Berlusconi ( questo spiega in parte la scarsa voglia dell’ex Cavaliere di fargli una significativa opposizione) e che voglia distruggere una certa sinistra, cioè “la sinistra dei diritti, senza doveri” di cui sono emblematici rappresentanti coloro che tengono costantemente il piede in due scarpe, facendo parte del Governo e contestandolo nello stesso tempo.  magari partecipando alla prossima manifestazione di piazza della CGIL, che è la roccaforte del conservatorismo. Ma, malgrado tutte le iniziative a favore del mercato e della concorrenza che Renzi ha avviato e che certamente piacciono anche a Berlusconi, tipo il Jobs Act, non c’è dubbio che la politica del governo sia marcatamente di sinistra: nell’attenzione alle fasce deboli ( ad esempio con gli 80 euro), nelì’attacco alle rendite ( ad esempio con la pesante tassazione di quelle finanziarie), nella promozione dei diritti civili ( con le unioni omosessuali e  lo “ius soli” per i figli degli immigrati). Il punto è vedere se il mix, indubbiamente intelligente, di politiche liberali e di politiche sociali  da lui volute riuscirà a tenere insieme componenti dell’elettorato molto diverse fra loro.  Il gradimento che il Premier continua ad avere malgrado la sfortuna che gli è capitata, di governare nel momento peggiore della crisi, sembra indicare che, per ora, ci sta riuscendo.
Ma è chiaro che si tratta di un equilibrio instabile e che i forti consensi avuti dal PD alle elezioni europee potrebbero rapidamente ridimensionarsi alle prossime politiche se una parte di coloro che lo hanno votato si sentisse troppo penalizzato. E’ su questo terreno che si sta muovendo con abilità l’altro Matteo, cioè Salvini , che ha colto il malessere diffuso in larga parte della popolazione per scelte “buoniste”, come l’ operazione “Mare Nostrum”, che sollecitano e solleticano la dimensione solidaristica che è molto presente nel nostro Paese ma che non fanno  i conti con la realtà di flussi migratori epocali, di fronte  ai quali ci vuole certamente spirito di accoglienza, ma  non ci si può seriamente presentare con la logica suicida del “avanti, c’è posto per tutti”, come hanno giustamente fatto rilevare diverse istituzioni europee, che ci hanno accusati di stimolare l’immigrazione clandestina.
Anche Salvini è oggetto di facili etichette quali: “è un becero razzista e un populista”, ma anche qui la realtà è più complessa. C’è una parte dell’Italia che si domanda legittimamente come si possa affrontare una problema drammatico come quello dell’immigrazione tenendo anche conto degli interessi nazionali e dell’impatto che certe scelte hanno sulla convivenza civile e sul rispetto dei nostri valori. Denegare questa esigenza solo perché Salvini la esprime in modo un po’ brutale e poco elegante, significa mettere la testa sotto la sabbia. Se i grandi partiti non saranno capaci di tener conto delle conseguenze negative di una politica di indiscriminata apertura, è facile prevedere che il consenso alla Lega, di cui la  recente e potente manifestazione di piazza è il primo forte segnale, potrebbe fortemente ampliarsi, soprattutto ora che sta emergendo l’intenzione di trasformare questa forza da movimento padano con vocazioni più o meno secessioniste, in “ movimento di difesa nazionale ” sul modello francese  del partito di Marine Le Pen.