La recente intervista domenicale di Barbara d’Urso a Renzi
sulla principale rete Mediaset e il grande raduno di piazza a Milano,con 40000 persone, organizzato dalla
Lega sono i fatti politici più rilevanti di questi giorni.
Il primo perché sancisce in modo definitivo l'
intenzione del Segretario del PD di raccogliere voti nell’area
moderata e il probabile successo della sua iniziativa visti gli applausi scroscianti che
hanno accompagnato l’intervista. Il secondo perché indica che anche a destra c’è
movimento e che esiste un’ampia fascia dell’elettorato moderato che non si fa
incantare dalle pur allettanti sirene di Matteo Renzi e che non è disposto a
rinunciare alla propria identità politica.
Sull’intervista a Renzi ha scritto un bell’articolo Filippo
Ceccarelli su “La Repubblica” in cui, dopo aver evidenziato che il Partito
della Nazione, cui sta pensando il Premier, “non solo sta prendendo il via ma
passa anche attraverso Barbara D’Urso”, ricorda che l’intervista è il punto terminale di un giro
in tutte le reti Mediaset e aggiunge “
il fatto che abbia coronato il suo pellegrinaggio televisivo da lei, pure con selfie
sbaciucchione e contorno di bonus alle mamme e omaggi alle nonne, n qualche
modo sanziona che un certo vasto pubblico lo avverte come il sostituto, il
continuatore, il successore, l’erede, il vero figlio evoluto o reincarnato di
Berlusconi”. Di fronte alla prospettiva
di un “partito del leader, frutto di una massiccia convergenza al
centro, in una repubblica presidenziale fondata su una democrazia d’investitura”
Ceccarelli conclude con questa considerazione “Ci si può ridere, ci si può
avvilire, come sempre sarebbe meglio capire, o almeno provarci, possibilmente
con serenità”.
Condiviso questa analisi perché non c’è dubbio che le scelte
provocatorie e dirompenti di Renzi suscitano sconcerto e inducono molti a facili etichette tipo “Renzi è di destra, è
un’infiltrato che si propone di distruggere la sinistra”. La realtà però è più
complessa perché non c’è dubbio che Renzi assomigli per vari aspetti a
Berlusconi ( questo spiega in parte la scarsa voglia dell’ex Cavaliere di fargli una
significativa opposizione) e che voglia distruggere una certa sinistra, cioè “la
sinistra dei diritti, senza doveri” di cui sono emblematici rappresentanti coloro
che tengono costantemente il piede in due scarpe, facendo parte del Governo e contestandolo
nello stesso tempo. magari partecipando
alla prossima manifestazione di piazza della CGIL, che è la roccaforte del
conservatorismo. Ma, malgrado tutte le iniziative a favore del mercato e della
concorrenza che Renzi ha avviato e che certamente piacciono anche a Berlusconi,
tipo il Jobs Act, non c’è dubbio che la politica del governo sia marcatamente di
sinistra: nell’attenzione alle fasce deboli ( ad esempio con gli 80 euro), nelì’attacco
alle rendite ( ad esempio con la pesante tassazione di quelle finanziarie),
nella promozione dei diritti civili ( con le unioni omosessuali e lo “ius soli” per i figli degli immigrati). Il
punto è vedere se il mix, indubbiamente intelligente, di politiche liberali e
di politiche sociali da lui volute riuscirà
a tenere insieme componenti dell’elettorato molto diverse fra loro. Il gradimento che il Premier continua ad avere
malgrado la sfortuna che gli è capitata, di governare nel momento peggiore della
crisi, sembra indicare che, per ora, ci sta riuscendo.
Ma è chiaro che si tratta di un equilibrio instabile e che i
forti consensi avuti dal PD alle elezioni europee potrebbero rapidamente
ridimensionarsi alle prossime politiche se una parte di coloro che lo hanno
votato si sentisse troppo penalizzato. E’ su questo terreno che si sta muovendo
con abilità l’altro Matteo, cioè Salvini , che ha colto il malessere diffuso in
larga parte della popolazione per scelte “buoniste”, come l’ operazione “Mare
Nostrum”, che sollecitano e solleticano la dimensione solidaristica che è molto presente
nel nostro Paese ma che non fanno i
conti con la realtà di flussi migratori epocali, di fronte ai quali ci vuole certamente spirito di accoglienza, ma non ci si può seriamente presentare con la
logica suicida del “avanti, c’è posto per tutti”, come hanno giustamente fatto
rilevare diverse istituzioni europee, che ci hanno accusati di stimolare l’immigrazione
clandestina.
Anche Salvini è oggetto di facili etichette quali: “è un
becero razzista e un populista”, ma anche qui la realtà è più complessa. C’è
una parte dell’Italia che si domanda legittimamente come si possa affrontare
una problema drammatico come quello dell’immigrazione tenendo anche conto degli
interessi nazionali e dell’impatto che certe scelte hanno sulla convivenza
civile e sul rispetto dei nostri valori. Denegare questa esigenza solo perché Salvini
la esprime in modo un po’ brutale e poco elegante, significa mettere la testa
sotto la sabbia. Se i grandi partiti non saranno capaci di tener conto delle
conseguenze negative di una politica di indiscriminata apertura, è facile
prevedere che il consenso alla Lega, di cui la recente e potente manifestazione di piazza è
il primo forte segnale, potrebbe fortemente ampliarsi, soprattutto ora che sta
emergendo l’intenzione di trasformare questa forza da movimento padano con
vocazioni più o meno secessioniste, in “ movimento di difesa nazionale ” sul
modello francese del partito di Marine Le Pen.