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sabato 26 dicembre 2015

Sorteggio qualificato, garanzia di competenza


L’obiettivo primario dell’antica democrazia ateniese era quello di offrire a tutti i cittadini uguali opportunità di esercitare funzioni di governo. Ciò era possibile sia per l’elevato rapporto fra  numero di incarichi pubblici da attribuire (circa 1000) e popolazione (30.000  persone teoriche ma in pratica molto meno, dato che la scelta avveniva solo fra i volontari), sia per la frequente rotazione negli incarichi, che non potevano durare più di un anno.
Queste condizioni non esistono più negli Stati attuali date le loro dimensioni che rendono impossibile tale prospettiva e che comportano una complessità incomparabile a quella delle città-stato dell’antichità.
 Quindi, riproporre tale quale il modello ateniese come taluni fanno non è, a mio avviso, sensato: non c’è nessuna ragione di mitizzare la scelta puramente casuale dei rappresentanti. Si tratta invece di capire con quali modalità il sorteggio può dare un utile contributo ad un sistema rappresentativo attualmente basato sulle sole elezioni, che ha ormai mostrato ampiamente i suoi limiti ed ha bisogno di un rinnovamento.
L’obiezione principale al sorteggio è la possibilità che esso porti al potere persone incompetenti.
Va detto anzitutto, al riguardo, che analoga obiezione si può fare al sistema elettivo, non solo perché, a posteriori, il giudizio che danno i cittadini sulla competenza dei politici è mediamente assai negativo, come dimostrano l’elevata percentuale di essi che non vota più e le pervasive lamentele di coloro che ancora lo fanno, ma perché, a priori, non esiste alcuna verifica delle qualità di coloro che si candidano a cariche pubbliche. Qualcuno obietta che è compito dei partiti politici selezionare opportunamente i candidati, ma sappiamo bene che i criteri con cui, nei partiti attuali, essi vengono  selezionati hanno più a che fare con la loro capacità di portare voti e di essere fedeli al leader che con le competenze possedute.

Ma di quali competenze parliamo? Il tema è complesso e non si può esaurire in poche righe. Mi limito quindi ad alcuni esempi per farmi capire:

-          Se volessimo sorteggiare un gruppo di cittadini per far parte di una commissione di Zona incaricata di valutare le priorità su come intervenire sul territorio per migliorarne la vivibilità, non occorrerebbe alcuna specifica competenza ma solo la saggezza e l’esperienza del buon padre o della buona madre di famiglia. In tal caso la scelta casuale sarebbe perfetta perché garantirebbe che il gruppo rappresenti, in miniatura, la popolazione di riferimento.

-          Nel caso in cui, invece, si trattasse di una commissione comunale incaricata di verificare la trasparenza degli appalti dell’Amministrazione e delle sue controllate, occorrerebbe quantomeno accertare che i candidati possiedano la “capacità conoscitiva”, cioè l’abilità di trovare, selezionare e analizzare informazioni e di esprimere, in base ad esse, un giudizio motivato e articolato. Ciò potrebbe essere fatto fornendo loro un questionario e dando un tempo adeguato per ricercare e valutare le informazioni. La verifica della capacità sarebbe poi fatta in base alle risposte date al questionario ed eventualmente tramite un successivo colloquio.

-          Se si trattasse invece della Commissione incaricata di riformare il sistema di vigilanza sul settore finanziario (Banca d’Italia e Consob) le persone sorteggiabili dovrebbero possedere requisiti di alta competenza specialistica in materia economico-finanziaria e giuridica, accertabile tramite il possesso di titoli adeguati e l’analisi del relativo curriculum.

Come si vede, si può spaziare dall’assenza di particolari requisiti alla più rigorosa verifica di competenze complesse. Si tratta, quindi, di valutare, caso per caso, quali accertamenti vadano fatti per assicurare l’adeguatezza dei candidati: qualora non vi siano specifiche esigenze è opportuno il sorteggio casuale, altrimenti si deve ricorrere al sorteggio qualificato, stabilendo i criteri e le modalità per selezionare i sorteggiabili all’interno della popolazione di riferimento. Quest’ultimo approccio dà la piena garanzia sulle competenze di coloro che verranno scelti.
Il principio base al quale attenersi nella definizione dei criteri è, comunque, quello del “minimo indispensabile”, per garantire che la platea dei cittadini sorteggiabili  sia la più ampia possibile; altrimenti il sorteggio, da strumento di democrazia si trasformerebbe in un veicolo di tecnocrazia. D’altro canto  non si può rinunciare all’uso delle competenze dove queste possano fare una vera  differenza. E’ questione di equilibrio e di buon senso, non di approcci ideologici.

Segnalo che è’ intenzione dell’associazione culturale “Le Forme della Politica”(www.leformedellapolitica.it) di cui faccio parte. avviare a Milano, come laboratorio politico del Paese, una sperimentazione del sorteggio in una situazione di media complessità; un’ipotesi al riguardo è quella  di concentrarsi sul tema degli appalti citato in precedenza, trattandosi di un tema molto “caldo”  sul quale si è già fatto uno studio approfondito con il  Progetto Trasparenza, nato da un dibattito in questo blog. Una proposta in questo senso verrà fatta a coloro che saranno candidati a Sindaco in vista delle elezioni amministrative di primavera. Ai candidati verrà offerta la possibilità di presentare i propri programmi in incontri pubblici separati e verrà chiesto di valutare l’ inserimento negli stessi della sperimentazione del sorteggio.










mercoledì 16 dicembre 2015

I rimedi



Verso la fine del ventesimo secolo studiosi e attivisti hanno ripreso in considerazione il sorteggio avviando iniziative interessanti, che rientrano in diverse tipologie di partecipazione democratica:

1 – Democrazia deliberativa:  gruppi di cittadini sorteggiati sono stati chiamati ad affrontare tematiche di interesse nazionale o locale. Ad esempio:  in Texas  un gruppo si è confrontato con i candidati alla presidenza degli Stati Uniti , un altro ha fatto proposte sull’energia pulita, che hanno portato questo Stato tipicamente petrolifero, in dieci anni, dall’ultimo al primo posto nel numero di turbine eoliche installate; a New York  vi è stato un gruppo sulla nuova destinazione urbanistica di  Ground Zero, a Manchester sulla lotta alla criminalità, a Rotterdam sulle sfide socioeconomiche del futuro..

2 – Progetti di innovazione democratica:  cittadini sorteggiati e opportunamente formati hanno partecipato a progetti di lunga durata (da 9 mesi a due anni) e grande rilevanza: in due stati canadesi e in Olanda sulla riforma del sistema elettorale, in Islanda e in Irlanda sulla revisione della costituzione. Il progetto irlandese, basato su una triplice sequenza (sorteggio – autoselezione – sorteggio) ha portato a suggerimenti  che hanno segnato una forte discontinuità ( ad esempio la legalizzazione delle unioni omosessuali), hanno avuto risonanza internazionale e sono stati approvati con referendum dalla grande maggioranza della popolazione. Il gruppo era costituito da 66 cittadini sorteggiati e da 33 politici; la coesistenza dei due gruppi si è rivelato “il fattore critico di successo” dell’iniziativa.
Sono state presentate inoltre varie proposte, non ancora attuate, per riformare il Parlamento:

3 - Assemblee parlamentari estratte a sorte
Negli USA si è proposto di sorteggiare la Camera lasciando elettivo il Senato; nel Regno Unito di sostituire l’anacronistica Camera dei Lord con una Camera  dei pari composta da sorteggiati e incaricata non di funzioni legislative ma di controllo; c’è anche una proposta che vorrebbe lasciare la Camera alta e sostituire quella bassa. In Francia si è proposto di affiancare alle due Camere presenti una terza sorteggiata fra volontari, che si occupi di temi di lungo termine che la politica odierna tende a tralasciare.
Van Reybrouck presenta anche un elaborato modello di uno studioso americano, ispirato alla democrazia ateniese, in cui in tutti gli organismi legislativi, esecutivi e giudiziari sarebbero sorteggiati, mentre chiunque potrebbe iscriversi a dei “panel d’interesse”, costituiti da 12 membri, per fare, entro una certa scadenza,  proposte di legge da sottoporre ad un apposito panel di revisione.

Infine l’Autore fa un “Appello provvisorio a favore di un sistema birappresentativo”, chiedendo ai politici eletti di aprirsi al desiderio di partecipazione del popolo, dando spazio a un mix di organi eletti e di organi sorteggiati, segnalando i pregi di questa seconda modalità: “ Il rischio di corruzione è attenuato, la febbre elettorale si dissipa e si rafforza l’attenzione per il bene comune. I cittadini sorteggiati non hanno forse le competenze dei politici di mestiere, ma hanno un’altra carta vincente: la libertà. Non hanno effettivamente bisogno di farsi eleggere e rieleggere”.

L’appello è opportuno ma certamente non sufficiente per vincere le resistenze di una oligarchia che basa il proprio potere sull’esclusione dei cittadini dalla gestione della cosa pubblica. Per realizzare il cambiamento occorre  andare al di là di un pur condivisibile auspicio e costruire una strategia capace di creare virtuose alleanze fra  coloro che, nella società civile e nella politica, condividono la diagnosi sull’attuale crisi  di  sistema e l’esigenza di un suo superamento. E' una sfida che va affrontata e che deve necessariamente partire dalla società civile, dato che la politica - anche quella più avvertita - difficilmente farà il primo passo.


Per fare un discorso serio sul possibile uso del sorteggio non si può comunque eludere il tema, accennato da Van Reybrouck nella precedente citazione, della capacità dei cittadini comuni a esercitare funzioni pubbliche. La loro presunta incompetenza è infatti l’obiezione più diffusa fatta da chi vuole respingere tale metodo di selezione.
A questo tema sarà dedicato prossimamente un apposito scritto.


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P.S.: la pubblicazione dei post relativi al libro di Van Reybrouck ha prodotto un'impennata di accessi al blog da vari Paesi, in particolare dagli Stati Uniti  e dalla Russia. Avrei piacere di entrare in contatto con qualche lettore residente in tali Stati  per uno scambio d'idee, da farsi via mail o nel blog.. Chi fosse interessato può scrivermi all'indirizzo: robertobarabino@alice.it. . 

mercoledì 2 dicembre 2015

L'involuzione della democrazia




La democrazia è nata ad Atene nel quinto secolo avanti Cristo ed era una procedura basata principalmente sul sorteggio, che aveva lo scopo di dare parità di opportunità a tutti i cittadini, i quali avevano il diritto di candidarsi a qualsiasi carica pubblica, e si applicava ai poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Solo un sesto dei membri del potere esecutivo, ricoprenti funzioni critiche come quelle militare, era eletto.  I mandati duravano al massimo un anno e non erano ripetibili. Aristotele scriveva,a proposito di Atene “Il sorteggio è considerato democratico, l’elezione oligarchica”; e, a proposito di Sparta notava che la costituzione dello Stato: “contiene numerosi elementi oligarchici; per esempio tutte le magistrature sono elettive e nessuna è sorteggiata”.
Il sorteggio combinato con il voto è stato poi usato a Venezia per oltre 500 anni nella scelta del Doge , ha permesso di evitare conflitti distruttivi fra le famiglie dell’aristocrazia dominante ed ha contribuito a fare della Stato veneziano il  più longevo della storia.
A Firenze  nel Rinascimento  quasi tutti gli incarichi pubblici erano attribuiti con un sistema misto;  cito dal libro di Van Reybrouck “ A differenza di Atene, tuttavia, i cittadini non avevano diritto di presentarsi di propria iniziativa, dovevano essere proposti dalla loro gilda….”: Il processo avveniva in quattro fasi: proposta, voto, sorteggio, eliminazione (venivano tolti coloro che avevano già svolto un mandato o chi aveva subito una condanna).
Il metodo fiorentino è stato poi adottato da numerose città in Italia ed Europa.
I sistemi differivano ma era chiaro che senza il contributo del sorteggio non vi era democrazia.
Intorno alla metà del diciottesimo secolo due dei maggiori pensatori dell’epoca ripresero il concetto di Aristotele:
- Montesquieu: “ il suffragio a sorte è proprio della natura della democrazia, il suffragio a scelta è di quella dell’aristocrazia”
-Rousseau:  La via della sorte è più nella natura della democrazia”
Entrambi peraltro, come Aristotele, propugnavano un sistema misto.
Solo una generazione più tardi i promotori delle due grandi Rivoluzioni, americana e francese,   nel progettare il nuovo Stato che doveva sostituire il dominio aristocratico, pur rifacendosi retoricamente al popolo (“We the People”, “Libertè, egalitè, fraternitè)), ignorarono completamente l’ipotesi  del sorteggio o di un sistema misto e puntarono esclusivamente sulle elezioni, rimarcando la differenza netta fra elettori ed eletti; questi ultimi da scegliere nella parte più abbiente della popolazione. Ad un sistema oligarchico, dell’aristocrazia, si sostituiva un altro sistema della stessa natura, quello della borghesia.  A riprova di questa affermazione cito quanto scrisse l’abate  Sieyès, dal cui pamphlet  “Cos’è il terzo stato” prese le mosse la rivoluzione francese, scrisse “La Francia non è e non dev’essere una democrazia…. Il popolo, ripeto, in un paese che non è una democrazia ( e la Francia non deve diventarne una) il popolo non può parlare e non deve agire se non attraverso i suoi rappresentanti”,  i quali ovviamente dovevano essere membri del terzo stato, cioè della borghesia.  Analoghe dichiarazioni fece James Madison, padre della Costituzione americana
Van Reybrouck sostiene, comunque, che nel corso del tempo il sistema elettivo sia stato democratizzato, “Grazie all’ampliamento progressivo del diritto di voto, questa procedura aristocratica si è integralmente democratizzata, senza rinunciare alla distinzione oligarchica fondamentale fra governanti e governati, fra politici e elettori……Pertanto, la democrazia elettiva  ha conservato qualche tratto di un feudalesimo liberamente scelto, di una forma di colonialismo interno cui si aderisce.”
Io sono più critico verso il sistema dell’Autore.  Detto chiaramente :  il suffragio universale, pur essendo certo meglio di quello selettivo basato sul censo, è stato storicamente lo strumento col quale si è fatta accettare l’idea di avere ormai una democrazia compiuta, mentre  in realtà si è messo in piedi una compiuta oligarchia. Il “lavaggio del cervello” delle masse, iniziato  nella prima parte dell’ottocento è così giunto al suo compimento.
Per provare ad uscire dal “colonialismo interno cui si aderisce” bisogna dire con chiarezza che il sistema puramente elettivo è una pseudo “democrazia”;  se vogliamo una democrazia vera dobbiamo pensare anche ad altre possibilità.