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giovedì 23 luglio 2015

Primi risultati e nuove sfide del Governo Renzi




I lettori abituali del blog sanno che, pur non avendo fatto mancare critiche anche severe all’azione di governo, ho sempre visto con favore il tentativo di Renzi di cambiare il Paese , sfidando alcuni dei tabù più radicati nella sinistra, quali il legame fra  partito e sindacato, la rigidità  nel mercato del lavoro, il rapporto conflittuale con il mondo delle imprese.
A mio avviso la maggiore intuizione  politica di Renzi è l’aver colto che, nel mondo globalizzato  in cui la competizione è fra sistemi-Paese, la lotta di classe è morta e deve essere sostituita da un costruttivo rapporto di collaborazione fra produttori, cioè fra imprese e lavoratori. Solo così si possono costruire insieme realtà  aziendali  e filiere d’imprese fortemente concorrenziali, capaci di vincere sui mercati internazionali  e di  produrre ricchezza,  da distribuire opportunamente fra capitale e lavoro, ovviamente tramite  una giusta dialettica sindacale e magari mediante  una compartecipazione dei lavoratori alla gestione, come nell’esperienza tedesca, di grande successo economico e sociale. Non è un caso che Renzi sia in forte sintonia con Marchionne, che partendo da un’azienda semifallita, la FIAT, è riuscito – soprattutto con la collaborazione dei sindacati Chrysler - a costruire la  nuova azienda FCA  che è diventata attore protagonista nel mercato mondiale dell’auto e che ha fortemente investito anche negli stabilimenti italiani, alcuni dei quali sono al top in termini di qualità e produttività. Oggi chi vuole davvero tutelare il lavoro, deve anzitutto darsi l’obiettivo di salvaguardare la possibilità di fare impresa, creando un ambiente favorevole agli investimenti produttivi.
Una conseguenza di questa visione è che l’Italia deve fare le riforme che la rendano credibile agli occhi della comunità  internazionale e attrattiva a quelli  degli investitori esteri, senza il cui contributo non è possibile un forte  rilancio dell’economia, data la carenza di capitali interni privati e pubblici:  da qui nascono il jobs act,  le norme anticorruzione, la riforma della P.A. e quella  avviata della giustizia.
Il successo di queste  azioni  è testimoniato da vari fatti: il calo dello spread, che è dovuto anche ad altri fattori ma al quale l’azione di governo ha contribuito, gli accordi conclusi con investitori stranieri, già consolidati nel Paese o nuovi, che hanno consentito di rilanciare imprese in difficoltà e di avviare nuove iniziative, i primi segnali di ripresa del mercato del lavoro. Un paio di giorni fa l’autorevole quotidiano britannico Times ha paragonato Renzi  a Tony Blair dicendo che,  “come lui ha sfidato i dogmi della sinistra tradizionale”. Su questi temi il bilancio del Governo è senz’altro positivo, malgrado ci siano ancora varie riforme da attuare, istituzionali e non.  
Ora Renzi si accinge  ad un nuovo difficile  compito: rimodellare  la cultura  del PD e renderlo governabile . Esso ha infatti perso le caratteristiche di un partito forte , come era stato il PC, ed è  diventato una  instabile“federazione di cacicchi”, cioè di notabili locali spesso in aperto conflitto con le strutture centrali e orientati a sviluppare un potere totalmente autonomo e incontrollabile : i casi di Emiliano in Puglia, di De Luca in Campania,  di Crocetta in Sicilia sono quelli più emblematici, ma molti altri ne  esistono.
Renzi ha fatto approvare recentemente alcune norme interne  che consentono al Segretario politico di sostituire gli esponenti locali a seguito di reiterato rifiuto di conformarsi alle direttive del partito  e di commissariare, ove necessario, le strutture mal funzionanti. Ma per venire a capo del problema dell’ingovernabilità non bastano  le misure repressive, è necessario cambiare una mentalità diffusa nel gruppo dirigente, orientata più a coltivare il conflitto interno che a cercare di vincere  nel Paese:  è quella forma di inspiegabile masochismo che ha portato, ad esempio,  in un recente passato a far cadere le candidature di Prodi e Marini alla Presidenza della Repubblica a causa  dei famosi 101 dissidenti.  Da questo punto di vista la fuoriuscita dal PD di alcuni dei dirigenti  che maggiormente incarnano  tale mentalità è un fatto positivo perché contribuisce a fare chiarezza  e a delineare uno spartiacque fra una sinistra nostalgica di un passato che non tornerà ed una che cerca di adattarsi  pragmaticamente ad un difficile contesto, dove più che l’ideologia, conta  la capacità  di risolvere i problemi del Paese.
Ma, per produrre il necessario cambiamento culturale,  Renzi deve affrontare anche altre problematiche alcune delle quali vengono da lontano. Esse, emergendo contemporaneamente, stanno facendo evaporare gran parte dei consensi che Renzi aveva ottenuto alle  elezioni europee.
Sono temi che hanno reso, in vari casi, opaca e ambigua l’azione  dell’esecutivo:
-          La tradizionale  scarsa attenzione all’esigenza di legalità: ho scritto qualche tempo fa  al Premier segnalando numerosi episodi in cui lo Stato ha ceduto di fronte ai prepotenti ed ai violenti ed ho avuto da lui  una risposta rassicurante sulla fermezza che s’intende adottare.  La recentissima presa di posizione del Ministro dell’Interno in merito alla vicenda dei tecnici rapiti in Libia (“Con gli scafisti non si tratta”) è un primo importante segnale in questa direzione.
La  passata disattenzione è stata  il “brodo di coltura” in cui hanno potuto svilupparsi  le collusioni con la criminalità organizzata, che hanno coinvolto diversi esponenti del partito nell’inchiesta su Mafia Capitale. Il cambio di passo su questo tema  è quindi indispensabile
-          La mancanza di strategia  nella gestione del fenomeno immigrazione: il tema è epocale e va affrontato, ma ciò non può essere fatto solo con la logica “buonista” tipica della sinistra  . Bisogna partire da un assunto incontrovertibile, che è stato recentemente  e correttamente espresso (sia pure in un contesto improprio) dalla Cancelliera Merkel: “Non possiamo accogliere tutti”.  Il governo dei flussi migratori, inoltre,  non può essere lasciato alle bande criminali della Libia che incassano  500.000 euro al giorno dalla tratta dei migranti ed ora forse ci ricattano  con il rapimento di alcuni tecnici italiani.  E neppure ai malavitosi nostrani che lucrano, un tanto al giorno, sulla pelle dei disgraziati migranti. E’ positivo il lavoro di intelligence e di mediazione politica discreta che si sta sviluppando  in Libia per favorire una maggiore stabilità del Paese, ma bisogna anche agire in termini di contrasto del business criminale. La sola mediazione senza la forza diventa arretramento e poi collusione.
-          La carente lotta  agli sprechi : negli encomiabili servizi dei giornalisti  Rizzo  e Stella vengono spesso presentate autentiche “gallerie degli orrori”   che testimoniano  di uno Stato incapace di fermare la dilapidazione del pubblico denaro malgrado le leggi più stringenti. Non è possibile ad esempio, accettare che un gruppo di arbitri abbia decretato il pagamento di 1,8 miliardi di euro da parte dello Stato ( per lavori assegnati e non completati)  al costruttore Longarini di Ancona , plurindagato e condannato, che fra l’altro,  aveva chiesto solo ( si fa per dire) 300 milioni. Arbitri che si sono anche  auto assegnati prebende pari  a 40 volte il massimo consentito dalla Legge. Il tutto sotto gli occhi di numerosi organismi di controllo che sono stati a guardare. Queste follie devono finire una volta per tutte e il Governo deve agire, nelle opportune sedi istituzionali , perché ciò avvenga davvero . I cittadini che pagano le tasse non vogliono più essere presi in giro da chi dispone in modo osceno delle risorse pubbliche.
-          L’elusione del problema delle coperture finanziarie :  come ho scritto in un paio di commenti al post precedente, c’è un’evidente sproporzione  fra il grandioso  e condivisibile piano di tagli alle tasse annunciato da Renzi e il silenzio, o quasi, su dove trovare le risorse  per finanziarlo. I cittadini  chiedono di sapere  quali sprechi verranno realmente tagliati, quali risparmi si otterranno, ad esempio, con la riduzione delle stazioni appaltanti e la centralizzazione degli acquisti , quali  sconci privilegi verranno aboliti, fra i quali quello di dichiarare redditi irrisori e irridenti  da parte di categorie che vantano un ricco stile di vita. Ci vuole, su questo, un’operazione verità.

lunedì 13 luglio 2015

Archiviata "LaBuonaScuola", adesso affrontiamo "IlBuonFisco"


di Giorgio Calderaro

Visto che ora l’attenzione del Governo si sposta sul tema del Fisco, ritengo opportuno che i cittadini facciano sentire la loro voce, per non lasciare questo delicatissimo tema esclusivamente nelle mani degli specialisti.
Mi permetto pertanto di sottolineare alcuni “desiderata”, contando che altri possano integrare questa lista e poi la si possa inoltrare a chi di dovere.

  • Ritengo inaccettabile che la revisione della fiscalità non sia accompagnata anche dalla revisione dello sviluppo della spesa pubblica, centrale e periferica: per evitare i noti strabismi di diminuzione delle tasse centrali ed aumento delle tasse o degli oneri periferici.
  • In particolare, tra le altre cose, ritengo inaccettabile la discriminazione per cui, mentre al normale cittadino è impossibile determinare l’entità del suo stipendio o della sua pensione, ad alcuni cittadini sia concesso di deliberare in merito ai propri stipendi, ai propri privilegi, ai propri vitalizi: se lo stipendio stratosferico o il vitalizio deliberato per sé costituisce diritto acquisito, beh allora questo a mio avviso è un diritto anticostituzionale perché crea discriminazioni di diritti tra i cittadini stessi.
  • Troppi Enti sono autorizzati a mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Già il triplo livello di tassazione (centrale, regionale e comunale) si presta a generare spiacevoli sorprese; però non possiamo non osservare come altri servizi essenziali al buon funzionamento della macchina pubblica ma erogati da altri Enti non rientrino nella pianificazione generale del prelievo dalle tasche altrui: oneri vari e indecifrabili sulle bollette di luce e gas, costi attivi e passivi della moneta elettronica, costi del trasporto per i pendolari, costi della casa, ecc. Sarebbe opportuno che, in sede di revisione generale, si riuscisse a mettere a fuoco una visione completa del cittadino in tutti i suoi aspetti  di contribuente, anche al di là di IRFEF/IRPEG, e senza ritenere che chi ha magari due case ma bassi redditi sia un Paperone da spennare all’istante (lo sappiamo, vero, che le case esistenti valgono sempre meno e che costano sempre di più in manutenzione e tasse, ma non si riescono a vendere?)
  • Ricordo i tempi lontani in cui il “740” me lo facevo io, studiando le 4 (diconsi “quattro”) pagine di istruzioni scritte neanche tanto in piccolo. Il principio dovrebbe essere che la regole debbono andare incontro al cittadino e non contro. La semplificazione normativa drastica deve diventare un principio sacrosanto: è molto più apprezzata una norma semplice e chiara, anche se non “perfetta”, che non una norma che, al fine di essere più aderente alla realtà, preveda con grande analiticità mille casi e sottocasi e per ciascuno definisca la regola. Es.: le regole per lo sconto fiscale per le spese di ristrutturazione, le regole per la partita IVA forfettaria, ecc. Ciò dispiacerà ai burocrati, che si sentono giustificati proprio dal creare casistiche: vuol dire che con la semplificazione ci serviranno meno burocrati e meno consulenti, con notevoli risparmi per la spesa pubblica e quella privata.
  • Le strutture incaricate del controllo e dell’esazione dovrebbero essere strutture “amiche” del cittadino, con l’obiettivo di aiutarlo e di andargli incontro nel compiere il suo dovere: meglio una dilazione, uno sconto a chi è in difficoltà che non la repressione, che uccide la vittima e la sua capacità / volontà contributiva futura. Si sappia distinguere tra chi ha problemi, grossi o piccoli, e chi fa il furbo sistematicamente; tra chi ruba una mela e chi ruba il frutteto.