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venerdì 23 ottobre 2015

Fare i conti senza l'oste può costar caro



Quando un sistema autoreferenziale ottiene successi, si sviluppa al suo interno in modo quasi inevitabile , a causa della mancanza di  confronti e di contrappesi, un “sentimento di onnipotenza” che porta  chi lo governa e chi vi appartiene  a ritenersi invincibile e a compiere azioni avventate, spesso arroganti, che si ritorcono, prima  o poi, contro chi le ha poste in atto, dando luogo ad un sostanziale  “effetto boomerang”. Farò due esempi al riguardo.
Oggi il sistema politico, malgrado le risse e grazie al diffuso trasformismo che ha eliminato la tradizionale distinzione fra destra e sinistra consentendo di trovare sempre le necessarie maggioranze, si sente molto più forte, rispetto alla società civile, di uno o due anni fa e ciò spiega l’arroganza e la mancanza di pudore con cui è stata gestita la  penosa questione del finanziamento ai partiti:  si sono lasciati passare ben tre anni dalla creazione di una Commissione di controllo sui bilanci, per accorgersi solo all’ultimo momento ( o meglio, facendo finta di accorgersene solo allora) che non c’erano abbastanza risorse affinché tale commissione completasse il suo lavoro, ma sono bastate due ore per approvare, in via definitiva,  la sanatoria che consente ai partiti di avere i finanziamenti senza alcun controllo. Se ci fosse stata davvero l’intenzione di consentire le necessarie verifiche, sarebbe stato sufficiente prolungare di un paio di mesi l’incarico alla commissione.
Il totale dispregio della legalità e della volontà popolare con cui l’operazione è stata condotta, indicano  che chi è autore o complice di quella  “furbata” si ritiene al di sopra della legge ed è convinto di farla franca, ma forse ha fatto i conti senza l’oste.  Va detto infatti che, mentre fino  a poco tempo fa il dissenso contro l’arroganza del potere si è manifestato prevalentemente con l’astensione elettorale, è ormai diffuso, in varie fasce sociali e politiche,  un convincimento, che si esprime  esplicitamente nei sondaggi e si propaga  in modo “carsico” mediante il passaparola, mirante a mettere alla  prova il Movimento 5 Stelle, che non è  certo esente da  pecche e da rischi  ma che ha il pregio di non essere colluso con l’oligarchia dominante, oramai invisa ai più. La prima verifica si avrà alle prossime elezioni amministrative romane, ma la vera sfida sarà quella delle politiche previste per il 2018.  Questo spiega perché i partiti tradizionali  intendano modificare la legge elettorale in gestazione, per passare dal premio al primo partito a quello alla coalizione; in questo modo si pensa di sbarrare la strada ai 5 Stelle che non solo attualmente disponibili ad apparentamenti elettorali.
Questa diga potrebbe però essere facilmente infranta dall’elettorato se, con l’esito delle amministrative, si percepisse la possibilità di dare una spallata definitiva al sistema. Questo potrebbe portare al voto con ottica antagonista, in occasione delle prossime elezioni politiche, buona parte del 50% del corpo elettorale che attualmente si astiene dal voto.
Il secondo esempio di “sindrome di onnipotenza”  riguarda l’intervento del Premier nei confronti degli organismi europei che  hanno manifestato perplessità sulla nostra  legge di stabilità. Il Capo del Governo, che si sente ovviamente forte per aver portato a casa le riforme ed avere quindi acquisito un maggior potere contrattuale, si è lanciato in un’azzardata affermazione, dicendo che, se la legge di stabilità venisse bocciata, la ripresenterebbe tale e quale. Va detto però, a proposito della manovra finanziaria, che essa copre in modo del tutto prevalente il taglio delle tasse con il deficit, facendo quindi aumentare il debito pubblico già a livelli stratosferici,  ed ha fortemente ridimensionato la “spending review”, il che la rende oggettivamente fragile e suscettibile di essere sanzionata se il livello dello scontro con l’Europa dovesse acuirsi.  Esercitare legittimamente la propria forza contrattuale nelle giuste sedi istituzionali non ha niente a che vedere con “esibizioni muscolari” che possono servire a livello propagandistico ma sono del tutto  controproducenti ai fini della credibilità internazionale di un leader.
 Se non vogliono perdere su entrambi i fronti, sia il Governo che le tradizionali forze di opposizione dovranno fare, se ne sono capaci,  un grande bagno di umiltà ed  uno sforzo  serio per ascoltare la voce del popolo e dell’Europa. Solo un atteggiamento realmente mutato può ricreare fiducia all’interno e all’esterno del Paese. Altrimenti ne pagheranno inevitabilmente le non lievi conseguenze.

giovedì 15 ottobre 2015

Il suicidio dei partiti



Quando si afferma che un sistema sociale è autoreferenziale s’intende dire che è così centrato su stesso da non rendersi conto della realtà circostante ed è  quindi incapace di agire efficacemente. Chi è preda di questa sindrome, vive una realtà illusoria  e può compiere gesti fortemente autolesionistici senza neppure rendersene conto.
Questa definizione sembra attagliarsi perfettamente ai partiti del nostro sistema politico.
La recente approvazione della norma che consente a questi enti di ottenere i finanziamenti pubblici senza che siano stati effettuati i controlli previsti dalla legge, di cui ho scritto  in una lettera al Presidente Renzi pubblicata nel blog il  23 settembre 2015, è chiaramente un atto autolesionistico perché sbriciola il residuo di credibilità di queste formazioni e apre la strada, stendendovi un tappeto rosso, al Movimento 5 Stelle, unica forza politica che si è opposta a questo scempio.
Sembra assurdo che ciò avvenga immediatamente dopo le dimissioni del Sindaco di Roma che porteranno a nuove elezioni amministrative, in cui è probabile che la vittoria vada, su un piatto d’argento, al candidato del Movimento predetto. Ma non lo è perché,  come detto in precedenza, i sistemi autoreferenziali non sanno quello che fanno e quindi non si rendono conto delle conseguenze delle loro azioni.
Dover dire queste cose non fa certamente piacere perché significa che lo stato di  confusione e di convulsione del sistema politico, di cui sono prova anche le sceneggiate avvenute in Senato durante la discussione sulle riforme, può portare a gravi rischi per la tenuta e la ripresa del  Paese.
Come ho scritto nell’ultimo post, la maggior parte dei nostri, e non solo nostri, guai dipende  dall’illusione di vivere in una democrazia mentre siamo in piena oligarchia (“la casta”). E’ quindi indispensabile dar vita ad una riflessione approfondita su come rinnovare il sistema politico iniettando elementi di vera democrazia nel modo con cui vengono scelti i rappresentanti del popolo. Il Movimento 5 Stelle ci ha provato, con la “democrazia del web” ma l’esperimento non ha avuto grande successo.
Una pista da esplorare è quella del  “sorteggio rappresentativo” che non è la “scelta a casaccio” che molti paventano quando sentono parlare di questa possibilità, ma l’estrazione con metodo statistico a base scientifica, di un campione rappresentativo della popolazione, formulato con criteri opportuni (es.: genere, età, localizzazione geografica, istruzione, ecc,).
Ne scriverò ancora in prossimi post.

mercoledì 7 ottobre 2015

La stanchezza della democrazia



In un recente articolo su La Stampa intitolato “Di un’aula così non sentiremo la mancanza” Luigi La Spina scrive: “Già c’erano davvero pochi dubbi sull’opportunità di eliminare il cosiddetto “bicameralismo perfetto”, il doppione costituzionale sul quale il sistema politico italiano si è retto dall’avvento della Repubblica, ma quello che è avvenuto ieri, e non solo ieri, in un’aula che, evidentemente usurpa l’onore di chiamarsi ”Senato”, dovrebbe aver spazzato anche i residui scrupoli…………………Come  nei film dell’orrore, in cui il finale riserva il massimo del raccapriccio, ieri, in quell’emiciclo che si dovrebbe conformare agli usi della “gravitas” senatoriale di romana memoria, si è arrivati ad una scena di suburra”.
La degenerazione dei comportamenti, così ben evidenziata dal giornalista, è certamente legata al fatto che il Senato è in preda alle convulsioni  tipiche di un organismo morente e che  i suoi membri hanno perso i freni inibitori proprio perché sanno che, se la riforma va in porto, non saranno più eletti. Ma tale degenerazione che, in termini più generali, potremmo chiamare “la politica dell’insulto” rispecchia un problema di fondo che va molto al di là del caso specifico e dei confini nazionali e che è stato recentemente definito, in un recente  e brillante saggio di analisi politica ( David Van Reybrouck “Contro le elezioni” -  Feltrinelli,  Settembre 2015) la “stanchezza della democrazia”, un sistema nel quale il distacco fra i cittadini e la politica è sempre più grande in tutti i Paesi sviluppati, di cui sono sintomi principali il crescente e preoccupante assenteismo elettorale e l’insopportabile virulenza dello scontro politico.
Per andare al cuore del saggio, l’Autore mette in chiara evidenza che il sistema elettorale, oggi spacciato come l’essenza stessa della democrazia, sia stato in realtà introdotto, nel diciottesimo secolo,  dai padri fondatori della Repubblica americana e di quella francese come un antidoto alla stessa. Basta riportare al riguardo le parole inequivocabili dette da alcuni illustri protagonisti di tali vicende, citate nel libro predetto:

John Adams, secondo Presidente degli Stati Uniti. “Ricordate che una democrazia non dura mai a lungo. Non tarda a sfiorire e causa la sua stessa morte. Non si è ancora mai avuta una democrazia che non si sia suicidata.” Al quale si affianca James Madison, il padre della Costituzione americana, che vedeva nella democrazia “ uno spettacolo pieno di guai e di dispute” generalmente destinato a una “morte così violenta quanto la sua vita era stata breve”.
Sul versante francese, Antoine Barnave, un rivoluzionario di primo piano definiva la democrazia  come Il più detestabile, il più sovversivo e, per il popolo stesso, il più nocivo dei sistemi politici”. E l’abate  Sieyès, dal cui pamphlet  “Cos’è il terzo stato” prese le mosse la rivoluzione francese, scrisse “La Francia non è e non dev’essere una democrazia…. Il popolo, ripeto, in un paese che non è una democrazia ( e la Francia non deve diventarne una) il popolo non può parlare e non deve agire se non attraverso i suoi rappresentanti”,  i quali ovviamente dovevano essere membri del terzo stato, cioè della borghesia.
Il sistema elettorale è quindi nato, sia in Francia che negli Stati Uniti , per trasferire il potere dall’aristocrazia alla borghesia, evitando con cura che andasse ai cittadini comunl e ciò malgrado i frequenti, retorici e ipocriti riferimenti che i politici dell’epoca facevano alla centralità e alla sovranità del popolo.
Ecco spiegate le ragioni lontane dell’insoddisfazione di oggi. Un sistema “venduto” come democratico  ma in realtà oligarchico, non poteva che portare alla creazione di una “casta” autoreferenziale, attenta alla difesa dei propri privilegi e via via sempre più lontana dai bisogni della gente. Il problema quindi non è solo italiano.
Chi ha interesse a far evolvere il sistema politico in termini realmente democratici deve prendere atto della mistificazione che è alla base dell’equivoco in cui si sono sviluppate le democrazie moderne e che ha portato a ciò che l’autore chiama “il fondamentalismo elettorale”, cioè l’idea che le elezioni siano sinonimo di democrazia.  Il libro citato riporta all’attenzione pubblica un sistema di rappresentanza che sembrava dimenticato, quello del sorteggio, che ha conosciuto in passato rilevanti applicazioni in importanti realtà statuali ( da Atene, a Venezia, a Firenze, solo per citare le più rappresentative).  Anche se questo metodo suscita, in molti, perplessità e a volte incredulità, perché viene illusoriamente visto come una modalità per portare al potere gli incompetenti, vale la pena di esplorarlo con attenzione perchè le cose, in realtà, non stanno così.
Mi propongo, in futuri post, di  approfondire l’argomento, riprendendo le argomentazioni dell’autore e aggiungendo mie considerazioni,  sperando che qualche lettore voglia discuterne, magari dopo aver letto il libro, che è stimolante e ben documentato. Un dibattito può iniziare ovviamente anche da questo primo contributo.