Le
considerazioni seguenti sono il sunto del secondo capitolo del libro di Van Reybrouck “Contro le elezioni” - Feltrinelli, settembre 2015, che segnala quatto diverse diagnosi sulla crisi
delle “democrazie”:
1 – E’ colpa dei politici: la diagnosi del
populismo.
Secondo
questo orientamento “I politici sarebbero
dei carrieristi, dei parassiti, degli approfittatori scollegati dalla realtà,
essi penserebbero solo a riempirsi le tasche, non avrebbero alcuna
consapevolezza della vita della gente comune e farebbero meglio a togliersi dai piedi”.I campioni
di questo approccio sono, in Europa: Berlusconi, Grillo, Marine Le Pen, Farage,
solo per citarne alcuni che si presentano come i portavoce diretti del popolo,
del senso comune. I populisti, secondo l’Autore, hanno ragione nel denunciare
la carenza di legittimità dell’attuale potere politico, ma propongono una
soluzione eccessivamente semplificatoria: “L’idea
che ci si possa fondere organicamente con la massa, impregnandosi dei suoi valori e con la perfetta conoscenza dei suoi desideri mutevoli rientra nell’ambito del
misticismo, più che della politica. Non c’è un pensiero sotto, è solo
marketing”.
2 – E’ colpa della democrazia: la diagnosi
della tecnocrazia
“ La lentezza e la complessità del
processo decisionale democratico portano alcuni a dubitare della democrazia
stessa…. La tecnocrazia è allora rapidamente percepita come la soluzione…. I
tecnocrati sono dei manager che sostituiscono i politici: non devono preoccuparsi
delle elezioni, possono riflettere sul lungo termine, possono annunciare misure
impopolari”.
Il campione più rappresentativo dei tecnocrati al potere è stato Monti, capo
del nostro Governo nel 2011-2012.
“I tecnocrati fanno esattamente il contrario
dei populisti. Cercano di rimediare alla sindrome di stanchezza democratica
privilegiando l’efficacia rispetto alla legittimità….Ma l’efficacia non genera
necessariamente la legittimità. La fiducia nel tecnocrate si scioglie come neve
al sole quando questi cerca di comprimere le spese”. Ne è una conferma in
Italia la scarsa durata dei Commissari alla spending review (Bondi, Cottarelli,
ecc.)
3 – E’ colpa della democrazia
rappresentativa: la diagnosi della democrazia diretta
Hanno
sostenuto questa tesi i movimenti “Occupy Wall Street” negli Stati Uniti,
“Indignados” in Spagna e il Movimento 5 Stelle in Italia, contestando
fortemente la democrazia parlamentare accusata di non saper ascoltare i
cittadini e propugnando la democrazia diretta, partecipativa, orizzontale. I
primi due movimenti ma non sono stati capaci di esprimere una proposta
consistente e durevole, capace di
incidere sui processi politici reali. Dice Van Reybrouck “Occupy evidenziava un malessere più che fornire una cura. La diagnosi
sulla democrazia rappresentativa era giusta, ma l’alternativa insoddisfacente”
Invece il
Movimento 5 Stelle ha saputo ottenere un potere reale, sperimentando la
“democrazia del web” e concorrendo alle elezioni con l’obiettivo di contestare
dall’interno il parlamentarismo. Dice Van Reybrouck al riguardo: “ Il Movimento 5 Stelle vuole, nonostante la
retorica populista del suo leader, una migliore rappresentanza popolare sulla
base di nuove regole: nessun precedente penale, i seggi a vita diventano un
tabù, non più di due mandati. Lo scopo è di aprire la porta a una più ampia
partecipazione di cittadini comuni alle decisioni politiche”.
4 – E’ colpa della democrazia
rappresentativa elettiva: una nuova diagnosi
In questa
sezione l’Autore dice “I termini
“elezioni” e “democrazia” sono diventati sinonimi quasi per tutti” e cita ,
al riguardo, quanto risulta nella Dichiarazione Universale dei diritti umani
del 1948: “La volontà del popolo è il
fondamento dell’autorità dei poteri pubblici: questa volontà deve essere
espressa con elezioni serie che devono aver luogo periodicamente”.Osserva
poi come sia sorprendente che una dichiarazione di principi generali si
soffermi in modo così preciso a specificare il
metodo per far esprimere la volontà popolare, aggiungendo. “Ecco la prima causa della sindrome di stanchezza democratica:
siamo diventati tutti dei fondamentalisti delle elezioni………Il fondamentalismo
elettorale è la convinzione ferrea che una democrazia non sia concepibile senza
elezioni”.
Dopo aver
osservato che, nel dopoguerra, i partiti di massa hanno dominato la scena
politica attraverso tutta una rete di organismi intermedi ( sindacati.
associazioni, ecc) e che ne è
risultato, fino agli anni 70, “un sistema estremamente stabile,
caratterizzato dalla fedeltà ad un partito di propria scelta e da un
comportamento elettorale prevedibile”, aggiunge “ Il pensiero neoliberista, che ha trasformato radicalmente lo spazio
pubblico a partire dagli anni 80 e 90, ha messo fine a questo equilibrio. Non
era più la società civile, ma le leggi di mercato ad esserne il principale
artefice…...I dati di audience….acquisirono un’importanza eccessiva….I media
commerciali si rivelarono i principali produttori di consenso sociale”.
All’inizio
del ventunesimo secolo esplodono i “social media”che, da un lato, rinforzano
l’azione dei media commerciali riprendendo e diffondendo costantemente le notizie degli uni e degli altri, stabilendo “un’atmosfera di denigrazione permanente…..Sotto l’effetto dell’isteria
collettiva dei media commerciali, dei social media e dei partiti politici, la
febbre elettorale è diventata permanente…..Il sistema elettorale provoca ogni
volta la sconfitta cocente del lungo termine e dell’interesse generale, di
fronte al breve termine e all’interesse dei partiti”.
Ma i social
media hanno anche l’effetto di aumentare l’autonomia, il senso critico, il potere e la rapidità di aggregazione dei
cittadini che non accettano più il modello paternalistico dei partiti. L’orizzontalità
che si sviluppa nella società confligge con la verticalità del rapporto
partiti/cittadini.
E quindi
necessario ripensare le modalità di
esercizio della sovranità popolare: “Le
elezioni sono il combustibile fossile della politica.… se non riflettiamo
urgentemente sulla natura del nostro combustibile democratico, una crisi più
grave minaccia il nostro sistema”