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venerdì 30 settembre 2016

Travaglio e i travagli dei 5 Stelle



Chi ha assistito al recente, surreale confronto televisivo fra Marco Travaglio e Matteo Renzi ha certamente notato l’imbarazzante postura del primo che, non solo si rifiutava di guardare negli occhi il secondo, sfuggendone lo sguardo, ma stava seduto di fronte a Lilli Gruber come se il suo interlocutore non esistesse, tanto che prima la conduttrice lo ha invitato a rivolgersi a lui e poi lo stesso Renzi ha dovuto agitare la mano e dire: “sono qui”. Col linguaggio del corpo Travaglio stava affermando che lì accanto c’era il diavolo e lui non voleva aver nulla a che fare con lui.
Considerando che Travaglio è vicino al movimento di Grillo, anche se non gli fa mancare le sue critiche, la  scena descritta può essere considerata una metafora delle difficoltà che il movimento ha sin dalle sue origini e che gl’impediscono di fare il salto di qualità che occorre per diventare forza di governo. La difficoltà sta nel fatto di ritenersi intrinsecamente diversi e migliori degli avversari, siano essi le forze politiche tradizionali oppure gli organi d’informazione e ciò si traduce in un pericoloso furore ideologico che è, fra l’altro, la causa del giustizialismo insensato e contradditorio con cui è stata affrontata la nomina  degli assessori al Comune di Roma, di cui si è parlato nel precedente post. Questo atteggiamento ha generato anche l’indecoroso trattamento riservato al primo Sindaco che il Movimento ha avuto in una grande città, cioè Parma:  Pizzarotti è stato sospeso dal Movimento a seguito di un’accusa di un esponente locale del PD rivelatasi in sede giudiziaria, come era evidente fin dall’inizio, assolutamente infondata ed oggi, a distanza di quasi un anno dal provvedimento, è ancora in attesa di una risposta.
C’è un’ evidente analogia fra il comportamento di Travaglio verso Renzi e quello dei 5 Stelle verso Pizzarotti e cioè il mancato rispetto delle Istituzioni che gli interlocutori da loro ignorati presiedono: il Governo italiano e la Città di Parma. Non è con questi presupposti che i 5 Stelle possono aspirare a guidare il Paese ( e che Travaglio può rendersi realmente credibile).
Non voglio certo affermare, con quanto precede, che non ci sia alcuna diversità fra il  Movimento e le forze politiche tradizionali. Una prima grande differenza è che finora nessun suo esponente è stato preso “con le dita nella marmellata” della corruzione e delle tangenti e questo non è poco anche se le ripetute bugie emerse dalla vicenda capitolina sono un primo campanello d’allarme in merito all’integrità dei suoi adepti.
La seconda grande differenza è che, sia pure con carenze, contraddizioni  ed ingenuità, il M5S è l’unica forza che tenti, attraverso la rete, di dare una voce reale al popolo che l’ autoreferenziale casta dominante ha sostanzialmente espropriato della sovranità che gli compete. Oggi ci si scontra ferocemente in merito alla riforma costituzionale e alla legge elettorale nel tentativo delle forze politiche di appropriarsi del potere ma la muta e ormai maggioritaria platea di chi si astiene dal voto è lì a ricordarci che i sistemi rappresentativi sono essenzialmente oligarchici e perciò da tale platea rifiutati.
La vera sfida che partiti e movimenti devono affrontare è quella di ampliare gli strumenti di democrazia diretta, tema sul quale tornerò più avanti, che è il terreno su cui si vincerà davvero  la competizione politica in un futuro ormai prossimo.

lunedì 12 settembre 2016

I rapporti con la Giustizia: cosa insegna la crisi romana dei 5 Stelle



I gravi errori compiuti da vari esponenti del Movimento 5 Stelle e da alcuni di loro ammessi (scarsa trasparenza e menzogne)  in merito alle nomine e revoche degli assessori sono anche il frutto di una diffusa e distorta concezione dei provvedimenti presi dall’autorità giudiziaria e dei loro effetti. Ne ha trattato efficacemente In un articolo su Il Fatto Quotidiano dell’8 settembre, Bruno Tinti, che  evidenzia i motivi  di tale distorsione:
1)    L’ignoranza: essere iscritti nel registro degli  indagati o ricevere un avviso di garanzia non implicano alcuna colpa e non dovrebbero comportare alcuna” sanzione” politica. La prima fattispecie è necessaria per dare certezza sul limite di tempo entro cui le indagini devono concludersi, la seconda è un atto dovuto in presenza di una denuncia ed è  istituita, appunto, a tutela dell’indagato e non contro di lui.
2)    La spregiudicatezza: cito l’autore “ogni indagine nei confronti di un politico è un’occasione per i suoi competitori (dello stesso o di altri partiti) per un attacco immediato” anche se tale attacco è un’arma a doppio taglio perché il problema potrebbe ripresentarsi in un futuro anche prossimo, a parti invertite.
La possibile soluzione, che l’autore definisce “da libro di fantascienza” e quindi di assai improbabile attuazione, ma che a me pare assai ragionevole,  sarebbe una legge o un codice deontologico che imponga le dimissioni del politico o del pubblico amministratore al momento del rinvio a giudizio,  quando cioè sono stati raccolti significativi indizi che dovranno essere vagliati dalla magistratura giudicante oppure, per essere più garantisti, dopo la sentenza di primo grado.
Anche in assenza di tali normative è importante comunque che si diffonda nell’opinione pubblica  la consapevolezza che gli atti d’indagine non rappresentano in alcun modo indizi di colpevolezza perché altrimenti la vita politica di qualsiasi rappresentante del popolo sarebbe totalmente in balia della magistratura e produrrebbe uno squilibrio assai pericoloso nel rapporto fra poteri dello Stato, di cui abbiamo già avuto un triste esempio ai tempi di “Mani pulite”
I comportamenti dei politici vanno scrutinati con grande attenzione ma non possiamo delegittimarli e destabilizzare le Istituzioni che essi rappresentano pretendendo che essi si dimettano ad ogni folata di vento giudiziario.
Naturalmente, come dice l’Autore del citato articolo, non si esclude che “un partito si liberi di adepti imbarazzanti  , dando dimostrazione di coerenza  con i valori  che rimprovera ad altri di  aver trascurato”. Ma, come ben dimostrano le contraddizioni emerse nel Movimento 5 Stelle  (un assessore eliminato a Roma  perché indagato e un altro, in analoga situazione, confermato; un sindaco sospeso da molti mesi per non aver segnalato un avviso di garanzia, senza una chiara decisione), essere  coerenti richiede la capacità di evitare isterismi e decisioni  prese sotto la pressione mediatica, tenendo conto dei limiti invalicabili che vanno posti agli effetti delle azioni giudiziarie.