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venerdì 26 agosto 2016

Islam ed Europa - seconda parte




L’articolo di Federico Rampini che ho pubblicato nel post del  13 maggio u.s. ha messo in luce il tema centrale dei rapporti fra comunità islamiche e Paesi europei, cioè il cambiamento di atteggiamento di alcune delle prime nei confronti dei secondi: dallo sforzo di integrarsi nelle società occidentali al rifiuto diffuso  di tale assimilazione, per rivendicare non solo una legittima e diversa identità culturale, ma una pretesa superiorità che, nelle derive più estremiste, assume il carattere di una lotta per la sottomissione dell’occidente.
Dopo i gravissimi fatti avvenuti in Francia, Belgio e Germania, l’Europa ha finalmente aperto gli occhi e si sta attrezzando per affrontare il problema, sia pure in modo ancora non coordinato e non sempre efficace. Ciò che ocorre è garantire l'effettiva accettazione delle regole europee, senza la quale non può essere consentita la libera permanenza di appartenenti ad altre comunità.
Recentemente è stato pubblicato sul Corriere della Sera un notevole intervento di Milena Gabanelli contenente un’analisi critica della logica emergenziale che ha caratterizzato il nostro approccio all’immigrazione e un’articolata proposta di un Piano Nazionale per la gestione del fenomeno, da presentare e far finanziare  in sede europea, tale da trasformare una grave crisi in un’opportunità per il Paese, basato su alcuni aspetti fondamentali:
-         la distribuzione diffusa sul territorio dei profughi meritevoli di asilo  utilizzando le numerose strutture pubbliche inutilizzate ( caserme, ospedali, ecc.) da ristrutturare attraverso un intervento capace, fra l’altro, di dare vita ad un rilancio del settore edilizio e di porsi come volano dell’economia

-         la definizione del curriculum di ogni rifugiato (dal titolo di studio a cosa sa fare) e un’intensa formazione linguistica, di educazione alle regole europee  e di preparazione  al  lavoro, con regole inderogabili, a partire dall’obbligo di frequenza
Il commissario europeo per le migrazioni  Avramovulos ha dichiarato che un piano di tal genere sarebbe visto positivamente e potrebbe ottenere le ingenti risorse economiche che comporta. I responsabili immigrazione di Germania, Norvegia e Svezia si sono dichiarati interessati alla ricollocazione nei loro Paesi di una quota di persone  inserite in tale programma. Il Sindaco di Milano,  città che ha avuto recentemente una forte pressione migratoria, vede positivamente tale prospettiva e il suo assessore alle politiche sociali Majorino  lo ha confermato in una lettera al Corriere.
Va segnalato anche l’ intervento del  Capo del Dipartimento immigrazione, Prefetto Morcone, che ha suggerito, citando anche recenti positive esperienze locali, l’affidamento ai profughi di lavori di pubblica utilità su base volontaria per evitare il fastidioso stato di sospensione in cui essi vivono e favorirne una migliore percezione da parte dei cittadini.
Ora la parola tocca al Governo che  potrebbe, prendendo spunto dalla proposta predetta,  sviluppare un programma  funzionale all’integrazione dei profughi e chiaramente condizionato ad una esplicita accettazione da parte loro delle relative regole del gioco.
Un discorso diverso riguarda i migranti economici  per i quali, ricorda Gabanelli, l’Europa è orientata al  rimpatrio, prevedendo  piani di sviluppo delle economie dei paesi di provenienza, come confermato nel summit di Ventotene fra Hollande, Merkel e Renzi.
Qualcosa di positivo si sta quindi muovendo, sia nel dibattito pubblico sia per iniziativa di leader politici, per un approccio all’immigrazione che coniughi disponibilità e rigore.
Dal secondo punto di vista è notevole l’azione di analisi, di intelligence e di prevenzione svolta in Italia su impulso del Ministro dell’Interno che ha non solo contrastato potenziali fonti di pericolo ma ha mandato un preciso segnale a chi erroneamente può ritenere che l’Italia sia ancora disposta ad accettare atteggiamenti e comportamenti estremisti, chiudendo un occhio sui loro autori. Da questo punto di vista il cambiamento in atto è netto e decisamente apprezzabile. Altrettanto apprezzabile è il dialogo avviato con le comunità islamiche per le formazione in Italia degli Iman, la cui influenza sui fedeli mussulmani è elevata.

venerdì 5 agosto 2016

Elezioni politiche nel 2017?



Nessuno ha la “sfera di cristallo” e le variabili in politica sono molte e mutevoli; tuttavia, se dovessi azzardare un pronostico, direi che vi è un 80% di probabilità che  gli italiani siano chiamati alle urne nel prossimo anno, anziché alla scadenza naturale del febbraio 2018.
Infatti, se vincerà il sì al referendum costituzionale, Renzi avrà tutta la convenienza a “passare all’incasso” il prima possibile per due motivi:
-         avere una investitura popolare che non è tecnicamente necessaria, in base alla Costituzione, per essere premier ma che politicamente è molto utile e che gli consentirebbe di regolare i conti all’interno del PD, la cui minoranza gli ha dato finora molto filo da torcere.
-          sfruttare l’”effetto trascinamento” della vittoria referendaria che avrebbe una durata limitata, come è avvenuto per le europee del 2014, e che quindi andrebbe sfruttato quanto prima , cioè probabilmente nei primi mesi del 2017

Se invece vincesse il no, la caduta del governo sarebbe inevitabile anche se recentemente Renzi ha cercato di ridurre il collegamento fra risultato del referendum e la sua permanenza a capo dell’esecutivo, istituito quando si sentiva molto più forte di oggi. La caduta del governo ovviamente non implica necessariamente una nuova consultazione elettorale ed anzi il  Presidente della Repubblica si attiverebbe certamente per affidare il governo ad un altro esponente del PD che possa garantire, anche di fronte alla comunità ed alle istituzioni internazionali, un sufficiente quadro di stabilità.   Inoltre sarebbe compito del  Parlamento  porre mano nuovamente alla legge elettorale perché sarebbe impossibile  andare al voto con un sistema  ipermaggioritario per la Camera, come è l’Italicum, ed uno proporzionale al Senato, come è il Consultellum, cioè quanto è rimasto della precedente legge elettorale  dopo la bocciatura della stessa da parte della Corte Costituzionale.  Il risultato di tale voto sarebbe la totale ingovernabilità del Paese, con due camere in sostanziale contrapposizione.

Dopo l’approvazione della nuova legge elettorale si dovrebbe andare al voto,  probabilmente verso la tarda primavera, per dare al Parlamento la possibilità di votare il nuovo esecutivo.   
Dato che la nuova normativa avrebbe certamente un taglio assai più proporzionali stico rispetto all’Italicum, alcuni  esperti preconizzano  che comunque il risultato sarebbe una notevole difficoltà di formare governi duraturi; ad esempio, il politologo Roberto D’Alimonte ha osservato al riguardo “ Con tre grandi blocchi che difficilmente potranno unirsi per dar vita ad un governo, la prospettiva è l’instabilità”.
Questa rispettabile opinione non tiene però in conto il rilevante fenomeno messo in luce dalle recenti elezioni amministrative,  di cui ho parlato nel post “Il nuovo quadro politico” del 5 luglio u.s.. e che ora ribadisco, cioè l’assoluta fluidità dell’elettorato, che ha ormai ampiamente superato l’antico schema bipolare  ( destra/sinistra, conservatori/progressisti) in cui si votava in modo piuttosto prevedibile in base all’ “appartenenza” più o meno convinta ad uno schieramento,  per adottare una logica di voto più consona all’attuale schema tripolare, basata sulla “convenienza” e quindi assai più imprevedibile.  L’elettorato ormai gioca “ a tutto campo ” senza più dare un grande peso a vincoli e a pregiudizi ideologici
E’ cominciata quindi una” partita” fra elettori e forze politiche  che segue regole non più dettate dai rappresentanti e capaci di sconvolgere equilibri dati da loro per scontati.
Questa nuova impostazione, che ha creato impressionanti spostamenti di voti in occasione sia del primo che, soprattutto, del secondo turno nelle recenti elezioni amministrative, potrebbe  funzionare, anche in assenza di un sistema di ballottaggio, nelle elezioni politiche, soprattutto se parte di coloro che finora si sono astenuti dal voto decidesse di “entrare in partita” con la consapevolezza di poter “rompere le uova nel paniere” di chi non è di proprio gradimento. Ciò potrebbe alterare fortemente l’esito elettorale dei diversi contendenti, in base alla maggiore o minore credibilità delle loro proposte.
Gli esiti del nuovo schema di gioco non sono predefiniti, ma si può certamente affermare che le future consultazioni elettorali  non saranno dei noiosi rituali.