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venerdì 16 dicembre 2016

Cos'è la democrazia



Definizione:

è un sistema di governo fondato sulla sovranità popolare, che può essere esercitata direttamente dai cittadini, tipicamente tramite referendum, o parzialmente delegata a organismi rappresentativi, soggetti a controllo non solo al termine del mandato ricevuto ma anche durante il suo svolgimento.

Caratteristiche  originali  e mutamenti successivi

La democrazia (letteralmente:” governo del popolo”) è stata inventata e realizzata ad Atene nel quinto secolo a.c. e si avvaleva di quattro organismi principali:
-          l’Assemblea, cui spettavano le decisioni maggiori ed era aperta a tutti i cittadini  maschi e maggiorenni
-          il Consiglio, che aveva funzioni preparatorie ed esecutive e rispondeva all’assemblea: era sorteggiato fra tutti coloro che vi si proponevano
-          le Magistrature, cioè gli organismi politici e tecnici di gestione, che venivano  in parte sorteggiate e in parte elette, come le gerarchie militari.
-           i Tribunali, che amministravano la giustizia e che venivano sorteggiati
Nella Grecia antica vi era la piena consapevolezza che le elezioni producono elite che tendono a dar vita ad oligarchie e quindi era previsto e spesso esercitato il potere di revoca, spettante all’assemblea, quando le elite trascendevano il loro mandato.
Dopo l’esperienza greca il termine democrazia è scomparso dal vocabolario politico ed è riemerso solo nel settecento in occasione delle rivoluzioni americana e francese che hanno dato vita alle rispettiva repubbliche: questo termine è stato evocato dalle due sponde dell’atlantico come il “nemico da battere”: i fondatori delle due repubbliche erano assolutamente contrari a dare il potere a popolo, ritenuto incapace di esercitare razionalmente un ruolo di guida e foriero di minacce per la  classe borghese emergente. Sia l’elettorato attivo che quello passivo vennero quindi assegnati ad una minoranza della popolazione. Si instaurarono quindi delle “oligarchie elettive”.
Nei primi decenni dell’800, a seguito del graduale aumento della platea di cittadini ammessi al suffragio, si avviò un’opera di consolidamento del potere oligarchico etichettandolo con il termine democrazia e sviluppando in Occidente una vasta campagna mirante a convincere le popolazioni di essere portatrici di una sovranità che in realtà rimaneva appannaggio delle elite.
L’adozione  nel 900 del suffragio universale ha completato  tale illusione che è durata a lungo ma che è progressivamente sfumata man mano che i popoli si rendevano conto di  non poter esercitare un’effettiva influenza: il caso italiano è emblematico perché la massima espressione della volontà popolare cioè il referendum è stata spesso successivamente bypassata dalle forze politiche, come è avvenuto ad esempio con il finanziamento ai partiti, eliminato con una consultazione popolare e  surrettiziamente ripristinato sotto forma di “rimborso spese”.
Il crescente aumento dell’astensionismo che coinvolge ormai, in vari Paesi, la maggioranza della popolazione è la testimonianza del rifiuto crescente di un sistema pseudo democratico.

L’evoluzione in prospettiva

Oggi siamo consapevoli che la cosiddetta “democrazia rappresentativa” ha il peccato originale dell’elitismo e che urge un cambiamento nelle forme della politica, in più direzioni:

-          la fine del “professionismo politico” , con un limite inderogabile ai mandati rappresentativi per tagliare alla radice le fondamenta del potere oligarchico

-           la separazione fra potere legislativo e potere esecutivo,  per mantenere l’equilibrio dei poteri ed evitarne l’eccessiva concentrazione

l’introduzione della democrazia nei partiti politici, per garantire una corretta scelta della classe dirigente

-          la creazione di sistemi di controllo democratico degli eletti durante il loro mandato, con la possibilità di revoca dell’incarico in caso di gravi deviazioni 

-           l’ampliamento degli istituti di democrazia diretta: è ovvio che non si possa aspirare ad una democrazia assembleare come quella dell’antica Grecia ma è  possibile aumentare in modo oculato e mirato l’uso dell’istituto referendario,  studiare  e sviluppare le esperienze di utilizzo della rete per far crescere la partecipazione, sperimentare il sorteggio come mezzo per dare realmente a tutti i cittadini la possibilità di accedere ad incarichi pubblici dopo un’adeguata informazione e formazione sui temi da trattare, ampliare l’uso di strumenti di consultazione  come il “dibattito pubblico inventato in Francia e già positivamente utilizzato anche nel nostro Paese per la valutazione da parte dei cittadini interessati dell’impatto delle grandi opere sulle comunità coinvolte.

Oltre all’evoluzione nelle forme della politica occorre un’azione di tipo culturale mirante a superare la logica esasperatamente conflittuale del nostro sistema politico, frutto di un passato contrasto ideologico profondo di cui ormai si sono persi i contenuti ma si è mantenuta la mentalità, che porta alla frequente delegittimazione reciproca fra le forze politiche. Occorre adottare un approccio laico, cioè non ideologico, che consenta di guardare al bene comune, al di là della fisiologica dialettica politica, cosa che avviene già nei sistemi democratici più evoluti.Tutto ciò vale anche tra i cittadini, specie nell’utilizzo di internet e dei social media.
Occorre anche ridurre le distanze reali e simboliche fra eletti ed elettori,  garantendo a tutti i cittadini la pari dignità sociale e l’uguaglianza di fronte alla legge, come previsto dall’art. 3 della Costituzione
4 novembre 2016

lunedì 5 dicembre 2016

New York Times e Wall Street Journal ancora uniti nell'errore



Durante la campagna elettorale  per le elezioni presidenziali  americane,  I due grandi giornali hanno capitanato la quasi unanime schiera delle pubblicazioni USA che contrastavano il candidato Trump.
Dopo le elezioni hanno dovuto ammettere di non aver capito cosa volesse il popolo americano ed uno di loro si è pubblicamente scusato per lo sbaglio commesso, ma evidentemente la lezione avuta in patria non è servita, oppure l’Italia è ritenuta non meritevole di altrettanta attenzione. Leggete cosa hanno scritto dopo il referendum costituzionale italiano:
-          New York Times : “Renzi  incassa la sconfitta per mano del  populismo: Italia nell’incertezza”
-          Wall Street Journal: “ Una vittoria del populismo nel cuore dell’Europa” e “l’Unione nell’incertezza”
Questo modo di commentare è una grave offesa del  popolo italiano che ha votato in piena libertà e si è espresso con una massiccia, indiscutibile e inequivocabile maggioranza sia contro la riforma sia contro il Premier che aveva preso l’azzardo di usare il cambiamento della carta fondamentale dello stato  per cercare un plebiscito a suo favore.
Etichettare, con tono dispregiativo, come populismo l’espressione della volontà popolare è indice di un atteggiamento elitario che  la maggioranza dei  cittadini in tutti i paesi occidentali non può  più sopportare.  Il  popolo è sovrano e le sue decisioni devono essere rispettate, non ridicolizzate o viste come fattore destabilizzante. Se c’è una cosa sicura, infatti, è che il risultato del voto referendario italiano è un fattore di stabilità perché indica che il popolo, al di la delle legittime posizioni di parte, è unito nelle valutazioni fondamentali che concernono il bene comune. A dimostrazione di questo, scommetto che i mercati finanziari, cui non manca la capacità di valutare i contesti sociopolitici, apprezzeranno la scelta fatta dagli italiani e, dopo piccole turbolenze iniziali, premieranno la chiarezza del verdetto.
E’ utile ricordare il significato di populismo, cioè un “atteggiamento ideologico che esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi”, che non ha evidentemente nulla da spartire con l’espressione della volontà popolare, a meno che non si intenda  dire, come qualcuno ha fatto dopo l’elezione di Trump, che forse bisognerebbe togliere il suffragio universale perché il popolo non sarebbe in grado di esprimere giudizi ponderati.
Il grave errore commesso dai due giornali statunitensi e replicato da alcune  testate nazionali indica l’inderogabile esigenza di evidenziare in modo comprensibile anche ai giornalisti e agli intellettuali, la cui cieca alterigia ho già stigmatizzato in un recente post, che cosa sia davvero la democrazia.
Lo farò nel prossimo post in cui riporterà la sintesi di un dibattito avvenuto nell’associazione “Le forme della politica”.