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domenica 12 novembre 2017

Trump: basta con i pregiudizi




In un recente intervento pubblicato su La Stampa  il 26 ottobre col titolo  “ Non dobbiamo isolare Trump”                                                                                                                                                               Charles A,. Kupchan, già Assistente  speciale per la sicurezza Nazionale del Presidente Obama, fa un ritratto apocalittico del PresidenteTrump e afferma:” I partner dell’America sono comprensibilmente preoccupati e si chiedono se sia giunto il momento di smettere di lavorare con lui e iniziare a lavorare senza di lui, se non contro di lui ….. gli alleati americani devono accettare la dura realtà: i leader più esperti potrebbero non riuscire a contenere Trump, e la sua presidenza nei prossimi mesi potrebbe andare peggio invece che migliorare …. Trump cavalca il suo populismo sfrenato … il nazionalismo con tinte razziali è rimasto , e addirittura diventato più radicato”. Poi invita i partner a coinvolgerlo perché “snobbarlo o isolarlo  non farà che peggiorare le cose”.
Dopo queste considerazioni che dipingono il Presidente USA come una specie di “minus habens” che deve essere protetto da se stesso, Kupchan ammette che  “perfino quando Trump si mostra pronto a smantellare quello che non gradisce, tende ad offrire una scappatoia: Invece di cancellare semplicemente l’accordo con l’Iran, l’ha passato al Congresso. Ha annunciato la fine del programma dei “dreamers” (i residenti entrati o rimasti negli USA illegalmente …)ma ha iniziato con i democratici un dialogo su come preservarlo ……” e si domanda  con apparente candore “non possiamo sapere se questo stile sia frutto di un congenito essere scostante, o parte di una abile strategia negoziale”.
L’articolo infine si conclude con il tono che aveva all’inizio: “A giudicare dal discorso di Trump alle Nazioni Unite di settembre, vuole riportarci indietro, in un mondo dove ogni nazione stia per conto suo. Dobbiamo fare in modo che non ci riesca”.
Francamente è un ritratto che non convince sia per il tono esageratamente negativo  che  per l’evidente contraddizione fra l’immagine offerta di Trump come persona incapace e intrattabile e l’abilità riconosciutagli, sia pure “obtorto collo”, di un approccio flessibile ai problemi.
Nello stesso giorno e sempre su La Stampa è comparso un articolo che riporta dichiarazioni di Steve Bannon, già Chief Strategist della Casa Bianca, ritenuto comunque la sua eminenza grigia, dipinto dai suoi avversari politici come l’ispiratore delle posizioni estremiste di Trump. Cito alcuni passaggi del suo discorso: “associare America First all’isolazionismo non ha senso. Trump non è disconnesso dal mondo. Lo vede attraverso la lente jacksoniana dell’interesse vitale per la sicurezza degli USA, che però può coincidere con l’interesse degli alleati. L’Isis ad esempio è stato distrutto con l’aiuto dei curdi e di altre forze….Nessuno in America vuole combattere per generazioni. Perciò ero contrario ad inviare altri soldati in Afghanistan, dove cerchiamo di imporre un sistema liberal-democratico ad una società che non lo vuole. Basta con il nation building, abbiamo una nazione da ricostruire qui in America. Ad Alleati come l’Arabia o l’Egitto abbiamo detto che la riforma dell’Islam, la sfida contro l’estremismo, è una lotta loro, non nostra. Noi ci siamo ed aiutiamo ma devono condurla loro affinché abbia successo. Abbiamo valori che riteniamo universali, però gli altri devono arrivare ad una propria conclusione su come si vogliono governare. La pax americana non si realizzerà imponendo i nostri principi agli altri. Dobbiamo essere una società forte e mostrare al mondo come li applichiamo, sperando poi che il mondo li voglia emulare”.
Mi sembrano considerazioni moderate, di notevole buon senso, ben lontane dalla filosofia dell’”esportare la democrazia con le armi” che ha caratterizzato la politica estera americana per molti decenni.
Forse è opportuno guardare al fenomeno Trump, che è certamente inusuale perché rifiuta il “politically correct” , con occhi più attenti alla sostanza che alla forma.
Se avesse quest’ottica, Sergio Romano avrebbe potuto evitare l’evidente pregiudizio che lo porta a scrivere, nell’odierno editoriale sul Corriere della Sera, che Trump è contradditorio perché, dopo avere a suo tempo, criticato Obama per aver dato un’accoglienza regale a Xi Jinping quando era vicepresidente della Cina “ora il presidente americano dichiara pubblicamente che il popolo cinese ha il diritto di andare orgoglioso del suo leader”:  si aspettava forse che in una visita di Stato Trump dicesse qualcosa di diverso?   Anche il disagio che Romano esprime circa l’insistenza di Trump sul principio “America First” è sorprendente : ritiene forse che  Xi o la Merkel o Macron mettano gli interessi altrui davanti a quelli della loro nazione?
Come ha ben detto Bannon nel passo citato in precedenza, Trump non vuole che gli USA facciano gli "indottrinatori democratici” e i poliziotti del mondo, il che mi sembra un passo avanti, non indietro.