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venerdì 24 agosto 2018

Le vergogne intorno al ponte crollato

Elenco le principali magagne che, al di là degli aspetti tecnici oggetto d’indagine,  hanno concorso a causare il dramma di Genova e che potrebbero rendere più difficile fare giustizia e rinnovare le necessarie infrastrutture. Ne traggo poi alcune conclusioni in base alla forma “ sotto / sopra” che ho indicato nel precedente post come chiave di lettura necessaria per capire quanto sta avvenendo.
 
1 – Lo Stato ha abdicato alle sue funzioni essenziali di gestione e controllo a netto favore dei privati
Come risulta dalla parte pubblica della convenzione con Autostrade per l’Italia è stato ceduto a questa società un autentico monopolio a condizioni economiche per essa vantaggiosissime, tali da eliminare, come ha detto l’ex Ministro alle Infrastrutture Lupi, il rischio d’impresa (ad esempio la clausola aberrante che aumenta automaticamente le tariffe se il traffico diminuisce, come avvenuto nel periodo più acuto della crisi economica). C’è poi una parte assurdamente secretata    ( gli allegati) in un accordo che dovrebbe essere all’insegna della massima trasparenza . L’ex Ministro alle Infrastrutture Di Pietro, che ha sottoscritto la convenzione, ha affermato di non essere l’autore della secretazione ed ha fatto un appello affinché si indaghi su chi ha l’ha decisa, per quali motivi e con quale atto formale. Mi unisco a questa richiesta rivolta all’attuale Ministro competente Toninelli che si è dichiarato favorevole alla desecretazione ed  ha giustamente affermato “è inconcepibile che una tragedia del genere rimanga senza sanzioni esemplari”. Esse dovrebbero riguardare  non solo il concessionario, ma anche chi, a livello istituzionale, ne avesse consentito omissioni e iniziative improprie o tardive. Toninelli ha aggiunto, a proposito di possibili scambi di favori fra concessionari e politica,  che possono essere alla base della scarsa trasparenza degli accordi: “Ci sono finanziamenti ai partiti alla luce del sole di cui tutti sanno e poi valzer di poltrone che hanno interessato gli ultimi governi. Ma poi ci sono bilanci segreti di molte fondazioni politiche, in cui sarebbe interessante andare a mettere il naso”.
In merito all’abdicazione dello Stato alla funzione di controllo, riporto alcuni passaggi di un’intervista rilasciata dal procuratore della Repubblica di Genova Cozzi cui competono le indagini sul caso: “ho qualche difficoltà ad accettare l’idea che il tema della sicurezza pubblica stradale sia rimesso nelle mani dei privati. La filosofia del nostro sistema vede oggi uno Stato espropriato dei suoi poteri, una sorta di proprietario assenteista che ha abdicato al ruolo di garante della sicurezza. Come se avesse detto al privato: veditela tu………….Cercheremo di capire quali sono esattamente i poteri degli organi di controllo del ministero anche se temo che siano molto blandi. Il concessionario è come se fosse diventato il proprietario  delle autostrade, non l’inquilino che deve gestirle.. Se la suona e se la canta, decide che spese fare, quando intervenire, fa  controlli periodici sulla rete che gestisce…”.
Richiesto di dire se è d’accordo che le pene previste per i reati presi in considerazione siano risibili, ha risposto: “ Purtroppo sì. Per esempio la pena del disastro va da uno a cinque anni.. Un anno, come il furto in abitazione ….”.
Per prevenire altri disastri, sarà necessario mettere mano alle lerggi e prevedere pene  più congrue. Altrimenti c’è il rischio che la tragedia si trasformi in una beffa, come già avvenuto in passato per altri  eventi in cui nessuno ha pagato.

2 -  Autostrade per l’Italia ha consapevolmente messo a repentaglio la vita degli utenti autostradali per aumentare i suoi profitti.
I difetti del Ponte Morandi erano ben noti fino dagli anni 70 tanto che il suo progettista aveva indicato una serie di manutenzioni indispensabili ed erano stati certificati da appositi studi negli anni 90  e poi nel 2001 e nel 2017. Ma di fronte alle esplicite richieste dei cittadini e delle autorità locali, la Società aveva sempre minimizzato i problemi e dato rassicurazioni.
Fra le parti secretate della convenzione fra la Società e il Ministero dei Trasporti vi sono i piani finanziari per le manutenzioni e gli investimenti sui quali nessun controllo viene di fatto esercitato e/o reso pubblico. Nel 2017 a fronte di spese di manutenzione calanti la Società ha registrato un utile netto di 980 milioni di euro, con un’incidenza sul fatturato di quasi il 30%, fra le maggiori al mondo.
L’investimento fatto nel 2003 da Atlantia, la Società che controlla Autostrade per l’Italia,  per passare dal 30% del capitale all’84% è stato ripagato in soli tre anni dagli utili conseguiti.
Il Direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, Roberto Cingolani, che percorreva da 15 anni  per ragioni di lavoro il ponte Morandi più volte al giorno ha detto: “  Da quando sono arrivato sento parlare del Morandi come di un ponte inadeguato perché progettato per traffici inferiori e mezzi più leggeri …….   Ora che è accaduta una catastrofe epocale scopro che i ponti fatti con la stessa tecnologia e dallo stesso ingegnere erano 6 o 7 e sono tutti chiusi o crollati. La scuola di ingegneria di Genova, che è di assoluto livello, già negli anni Novanta diceva che il Morandi era pericoloso. Ci hanno mandato a rischiare la pelle ogni giorno, pagando un pedaggio?”.

3 – Presunti esperti di varia estrazione hanno cercato di fermare l’azione sanzionatoria del Governo verso il concessionario palesemente inadempiente
Sul versante economico è stato espresso dalla Consob un parere circa l’inopportunità di turbare i mercati, essendo Atlantia una società quotata. Un imprenditore esponente di Confindustria, Paolo Scudieri, ha detto che questo Governo, ipotizzando la revoca della concessione,  è irresponsabile e  pericoloso, precisando: “Siamo davanti all’aggravarsi di una situazione anti imprenditoriale senza precedenti: c’è troppa leggerezza e superficialità”. Evidentemente, a chi ragiona solo con il portafoglio proprio e altrui, poco importa della sicurezza dei cittadini e della responsabilità di chi la mette a rischio.
Ciò dimostra anche l’inopportunità di mettere in mani private il bene pubblico.
Sul  versante giuridico, è stato da più parti espressa l’idea che prima di agire il governo debba attendere i risultati delle indagini e le sentenze dei magistrati. E’ un approccio aberrante, frutto della storica  e distorta subordinazione della politica e delle istituzioni dello Stato rispetto al potere giudiziario, quasi che il potere esecutivo non possedesse facoltà decisionali autonome e dovesse aspettare il placet dei giudici. Il potere sanzionatorio del concedente rispetto al concessionario è previsto dal Codice civile, da quello degli appalti e, nello specifico, dall’art 7 della Convenzione fra Ministero e Autostrade per l’Italia.
Va anche detto che le indagini  avviate a Genova mirano ad accertare le responsabilità penali del disastro e che “la responsabilità penale è personale”, riguarda cioè gli individui, mentre l‘accertamento delle responsabilità della società Autostrade per l’Italia in quanto concesssionaria, sono di competenza del Ministero, non della magistratura, alla quale eventualmente la società potrà rivolgersi in caso di revoca. Dato che questi principi  sono ovviamente  ben noti ai giuristi, c’è da domandarsi per quale motivo il Presidente emerito della Consulta ed ex Ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick abbia parlato addirittura, a proposito dell’iniziativa di revoca,  di  “un tentativo di disapplicare la Carta costituzionale” ed abbia affermato “ mi lascia perplesso l’assunzione di un ruolo molto autoritario e di dogmatica condanna preventiva, fra l’altro sostituendosi alla autorità giudiziaria”. In realtà, lo ripeto, non c’è alcuna sostituzione ma solo l’esercizio del potere  valutativo e sanzionatorio che compete all’esecutivo in base alle leggi vigenti.

4-  Conclusioni
Le privatizzazioni  favoriscono il grande capitale e spesso non portano benefici agli utenti ( si veda, a titolo di esempio, la concorrenza puramente fittizia nei servizi di acqua, luce e gas e nel settore telefonico, dove gli operatori fanno il bello e il cattivo tempo con accordi di cartello e la benevola negligenza delle Autorità di controllo). Non possono quindi essere considerate azioni di sinistra , eppure sono state realizzate in Italia da governi di centro-sinistra. La convenzione con Autostrade per l’Italia è stata attivata dal Governo D’Alema e modificata dai governi Prodi e Letta.
L’apparente contraddizione si scioglie se si adotta la forma “sotto/sopra” perché, con tutta evidenza, il maggiore partito della sinistra ha sposato da un paio di decenni l’ideologia del globalismo, del liberismo ad oltranza, della flessibilità del lavoro che aumenta la competitività delle imprese  ma precarizza la situazione economica dei più. Si è collocato quindi a supporto di chi sta “sopra” ed ha lasciato un enorme spazio vuoto, che è stato occupato da forze totalmente o parzialmente nuove che non solo hanno colto il profondo disagio di chi sta “sotto”, ma hanno capito che, in un periodo di rapida ed estrema concentrazione della ricchezza e del potere, si ritrovavano “sotto” anche ampie fasce imprenditoriali e professionali e  categorie più vaste come gli utenti di servizi pubblici, fra cui quello autostradale.  Oggi quindi il PD è diffusamente percepito come l’ ”amico  dei potenti” ed a ciò si deve il suo tracollo elettorale ed anche i fischi che il suo Segretario ha ricevuto al funerale delle vittime del ponte.
Come ha ben scritto Massimo Gramellini in merito a quanto avvenuto al funerale : “ Il bersaglio della rabbia non è dunque lo Stato ma la politica che si fa dare ordini dalla finanza, ne subisce il fascino e ha pero il contatto con la realtà quotidiana dei suoi elettori”:
E’ su questo che le forze di sinistra devono riflettere: la notizia  che PD e LEU  mostrano aperture all’ipotesi di nazionalizzazione delle autostrade indica che forse hanno iniziato a farlo.

mercoledì 8 agosto 2018

Il governo del cambiamento: un bluff o un nuovo paradigma?


Innumerevoli osservatori della scena politica hanno messo in evidenza le  contraddizioni su cui si basa il governo gialloverde, di cui le principali sono: la sproporzione fra quanto promesso in campagna elettorale e quanto realisticamente fattibile e la diversa colorazione politica dei due partiti che lo formano (più di sinistra i Cinque Stelle, più di destra la Lega). Su questa  base molti pronosticano una breve durata del governo che potrebbe entrare in crisi già a settembre quando si dovrà approvare la legge di stabilità, che farebbe esplodere le predette contraddizioni. E’ uno scenario che appare plausibile ma che è messo in dubbio dai seguenti fatti:
-         Il consenso ai partiti della coalizione è in crescita: non solo la Lega che, nelle intenzioni di voto, si colloca ormai oltre il 30% ma anche i Cinque Stelle, il cui decreto dignità riceve l’approvazione della maggioranza dei cittadini, con punte del 75% per alcuni aspetti quali la lotta alle delocalizzazioni produttive e alla pubblicità del  gioco d’azzardo e l’intenzione di modificare il “jobs act”

-                                                   La forma “destra/sinistra” è ormai obsoleta perché non consente di capire cosa sta avvenendo e va sostituita con la forma “sotto/sopra”, cioè: esclusi verso privilegiati. Con tale chiave di lettura si capisce che una delle due contraddizioni segnalate è del tutto inesistente: su questo piano la sintonia fra i due partiti è perfetta perche entrambi si collocano dalla parte degli esclusi. Va notato che per esclusi non vanno intesi solo i poveri o coloro che rischiano di diventarlo, ma tutti coloro che si sentono vessati da forze al di fuori del loro controllo ( la globalizzazione, l’immigrazione incontrollata, i privilegi di alcune categorie, la precarietà crescente, la burocrazia imperante ecc). Rientrano in questa categoria anche fasce imprenditoriali e professionali, oltre a lavoratori e disoccupati, che in passato  sarebbero stati su fronti opposti.

Il “contratto di governo” è percepito come impegno di lungo periodo. Se gli elettori si aspettassero una realizzazione in tempi brevi dei principali punti dello stesso sarebbero degli sciocchi, cosa da escludere se ci riferiamo alla maggioranza degli italiani, che ha votato o ha intenzione di votare i partiti di governo. Ne è riprova sia la posizione del Ministro dell’Economia che, confermando i punti programmatici, ne ha evidenziato la gradualità di realizzazione, sia quella del Capo del Governo che, in sede internazionale, ha riaffermato l’intenzione di “cambiare il sistema” senza rinnegare la vocazione europeista del nostro Paese.
Sulla base di quanto precede, risulta sconcertante la scelta autolesionista delle opposizioni ( PD e Forza Italia, principalmente) di insistere con la forma  “ tutto ciò che fa il governo è sbagliato”, anche quando il governo fa cose evidentemente vicine ai desiderata, almeno dichiarati, dell’opposizione: ha ragione Di Maio a dire che è inconcepibile che una forza che si dice di sinistra, il Partito Democratico, si dichiari pregiudizialmente contraria a provvedimenti che intendono ridurre la precarietà, fenomeno indiscutibile dato che il 90% dei nuovi contratti è a termine. L’ affermazione del Segretario PD Martina che, con il nuovo decreto, migliaia di insegnanti perderebbero nel 2019 il posto di lavoro per la scadenza del loro contratto biennale non giustifica ulteriori prolungamenti se i loro posti non sono più necessari; se invece lo sono, occorre un contratto a tempo indeterminato trattandosi di un lavoro stabile, non a termine. La riluttanza del PD ad ammettere  questo  è probabilmente dovuta alla difficoltà di riconoscere i propri errori (in particolare l’aver favorito l’uso improprio dei contratti a termine per ricoprire incarichi permanenti), ma, se non fa questo, chi ha perso le elezioni è destinato ad ulteriori sconfitte. Lo scollamento fra queste forze e l’elettorato è confermato dalle intenzioni di voto che collocano il PD al 17% e Forza Italia al 7,7% e dalle risposte al sondaggio sul Decreto Dignità, la maggior parte dei cui provvedimenti sono approvati anche dagli elettori del PD e di FI.

Il rischio maggiore che le forze di governo corrono non è tanto legato a ciò di cui vengono spesso accusate, ma piuttosto all’eventualità che il crescente consenso faccia “montare la testa” ai suoi dirigenti, inducendoli a compiere scelte troppo azzardate o intempestive, che è il difetto su cui è franato il potere di Renzi: non va dimenticato cha  Renzi  aveva ottenuto un grande  successo alle elezioni europee del 2014, con oltre il 40% dei consensi, ma ciò lo ha illuso di essere invincibile  e lo ha perduto. Che tale rischio esista  lo prova la decisione unilaterale di nominare Marcello Foa Presidente della RAI, che è un ruolo di garanzia richiedente il 75% dei consensi nella Commissione di Vigilanza, senza consultare l’opposizione. Altro esempio è l’ambiguo  rinvio dell’obbligo vaccinale che può esporre a gravi rischi la popolazione infantile più fragile.

Per le forze di opposizione il rischio è l’irrilevanza, invitabile se si continua  a svolgere tale ruolo in base a forme ormai obsolete  (destra/sinistra ,chiusura/apertura, respingimento/accoglimento ). Occorre trovare nuove forme che sintetizzino, in modo diverso da quello delle forze di governo, le plurime e variegate istanze di molte fasce della popolazione che, pur differenziate in termini economici e di status, sono accomunate da analoghi bisogni ( sicurezza fisica e sociale, lavoro tendenzialmente stabile, certezza del diritto e delle pene, tutela del territorio, ecc.).
Va segnalato che le modalità adottate da Lega e Cinque Stelle ( il contratto di governo e la coesistenza di esigenze disomogenee) potrebbero, se di successo, configurare la nuova forma dell “’Unito”, cioè una forza che accoglie programmaticamente istanze fortemente differenziate per dar luogo ad una sintesi che possa piacere ai più. Ciò segnerebbe la fine della forma “Partito”, che ha  dominato la scena politica dall’800 ad oggi, caratterizzata da una visione inevitabilmente di parte.