Il Circolo, che riunisce cittadini interessati al dibattito economico e politico, ha recentemente deciso di focalizzare l'attenzione sul tema cruciale della competitività, dal quale in larga misura dipende l'auspicato rilancio del nostro Paese.
Questo articolo è l'inizio di un programma che si svilupperà attraverso altri articoli, incontri con esperti e interviste a economisti rappresentativi di diverse scuole di pensiero.
Per seguire l'attività del circolo e partecipare agli incontri, che si tengono in un locale del centro di Milano e vengono periodicamente annunciati, ci si può collegare al relativo blog, al seguente indirizzo:
http://www.nondimenticareilfuturo.org/
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Mai come in questo periodo il nome del nostro circolo, “Non dimenticare il futuro”, risulta azzeccato.
Dall’estate del 2011 l’Italia è stata sottoposta ad una pressione internazionale senza eguali, esercitata dai mercati finanziari, dagli organismi internazionali e dai partner europei. Il nostro debito pubblico, e il costo del suo rifinanziamento, sono stati al centro delle preoccupazioni non solo degli italiani, ma anche di tutti i Governi e di tutti gli operatori finanziari del mondo. La crisi attuale, s’è detto, ha il suo epicentro in Europa e in Europa l’epicentro sta in Italia. “L’Italia rischia di saltare e se salta l’Italia salta tutto” è stata per mesi l’affermazione rimbalzata in tutte le lingue del pianeta.
Abbiamo tutti parlato di “emergenza” e per una volta il termine non era esagerato. Ora l’emergenza non è superata, anche se il rischio di fallimento sembra allontanarsi. Contemporaneamente, si è forse capito che i problemi endemici italiani, alto debito pubblico e bassa competitività di sistema, non sono risolvibili solo attraverso le “ricette di rigore” raccomandate a gran voce dai partner nordici e da molti organismi internazionali. Servono, ma non bastano se si vuole tornare a crescere.
Siamo dunque di fronte a una duplice sfida: superare l’emergenza oggi e insieme creare le condizioni per tornare ad essere competitivi in un prossimo futuro.
La tabella seguente prova ad elencare i nodi che sul primo e sul secondo fronte sono a mio parere da affrontare.
Emergenza e tenuta conti pubblici | Competitività per il futuro |
Cosa sta consentendo / consentirà di superare l’emergenza: - credibilità Governo - larga maggioranza politica per scelte anche impopolari - rigore sulla spesa pubblica + tasse di breve per bilanci pubblici senza deficit - evitare troppa recessione a breve (1-2 anni), attraverso: . quantitative easing in versione BCE . patti europei che lasciano spazi per investimenti . svalutazione euro ? | Comunque ci serve essere competitivi su questi terreni: - offerta politica elezioni 2013 che dia credibilità (salto di qualità della politica) e possibilità di largo consenso - produttività (costo per unità di prodotto) - costo energia / materie prime (politica energetica) - efficienza pubblica amministrazione (snellimento, tempi più brevi di autorizzazione, meno soggetti, ecc) - liberalizzazioni di sistemi – chiave - lavoro (flessibilità + tutele + reimpiego) - giustizia civile (tempi e semplificazioni) - investimenti infrastrutturali - ricerca e istruzione - politica industriale a favore settori in crescita e senza sovvenzioni per settori dove è impossibile competere - modello di sviluppo (capitalismo micro- familiare ?, capitalismo finanziario ?, modello tedesco di economia sociale di mercato ?, impresa sociale ?) |
Sulla prima sfida (superare l’emergenza), improvvisamente noi italiani ci stiamo muovendo con una certa velocità e determinazione, anche se rimangono moltissime incognite e, soprattutto, una discreta confusione su quali scelte politiche ed economiche prevarranno a livello europeo; confusione che non è dettata solo da interessi nazionali diversi e da nuove diffidenze tra popoli del Nord e del Sud Europa, ma anche da dubbi pesanti sulla capacità delle dottrine economiche tradizionali di affrontare con efficacia la situazione.
Ma se anche si riuscirà a non fallire tenendo sotto controllo i bilanci degli Stati e a farlo senza infilarsi in un tunnel di recessione e di conflitto sociale (e chi riesce a trovare la “chiave” per risolvere questo problemino è già da premio Nobel), comunque ci ritroveremo ancora con la fatidica domanda: e in futuro?
Riusciremo a crescere ? Come potrà aumentare il PIL nei prossimi anni ? Cosa fare per essere ancora fra 5 anni nel girone dei primi dieci paesi del mondo e non finire invece in serie B ? Come potranno i nostri figli e le future generazioni di italiani mantenere lo stesso tenore di vita di chi è più avanti negli anni ?
Il contesto politico nel quale fare le riforme è fondamentale. Ce la faranno la politica e i partiti a trovare in tempi brevissimi (2013) le formule che consentiranno di decidere e poi realizzare con passo deciso le numerosissime riforme di fondo di cui abbiamo bisogno per ridarci slancio ?
Per ognuno dei nodi prima elencati (politica energetica, riforma del lavoro, politica industriale, snellimento della pubblica amministrazione, eccetera eccetera) servono cambiamenti radicali e scelte decise. Sappiamo tutti come l’Italia, da questo punto di vista, sia un campione dell’immobilismo e della conservazione: grandi interessi e comportamenti quotidiani diffusi sono in grado di annacquare qualunque riforma.
Se c’è qualcuno che riesce a proporre un progetto condiviso di sviluppo e di cambiamento anche oltre l’emergenza batta un colpo. Al momento non si vede nessuno.
Enrico Oggioni
26 febbraio 2012