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domenica 10 agosto 2014

Pro e contro della Riforma del Senato




Bisogna dare atto a Renzi (che Marco Travaglio chiama, non senza ragione,  “lo spregiudicato” e vede in coppia con Berlusconi, da lui detto “Il pregiudicato”) che la sua temerarietà sta pagando.
L’  “accordo del Nazareno” da lui fatto con l’ex Cavaliere, che ha ridato centralità politica al suo interlocutore, è visto da molti come un vero e proprio “patto col diavolo” ed ha fatto infuriare  coloro che vedono nel ventennio berlusconiano la causa principale del forte degrado politico, economico e civile del Paese. Eppure, guardando alla furibonda battaglia in Senato per la riforma di questa istituzione e all’esito della stessa bisogna riconoscere che Renzi, su questo punto,  aveva visto giusto: senza l’accordo col capo di Forza Italia le riforme nel nostro Paese non sono possibili, piaccia o no. Quindi ha fatto bene a percorrere questa strada,che è molto scivolosa non solo per la carica di ostilità che la stessa gli procura in un arco assai trasversale di forze politiche, ma anche per l’inaffidabilità  direi “programmatica”del suo interlocutore, che è noto per fare dell’incoerenza una delle sue armi di “disorientamento di massa” e che cambia opinione, volendo, un giorno sì ed uno no e anche più volte al giorno per lasciarsi le mani libere e giocare la partita nel modo a lui preferibile. Dando per scontato il grosso rischio che ciò comporta per Renzi, non si può negare, peraltro, che il cambiamento impresso dal leader di Forza Italia  (contribuire alle riforme, porsi come un’opposizione responsabile, proporsi di contribuire anche alle necessarie riforme economiche) potrebbe essere un frutto non passeggero del clima di “legittimazione dell’avversario” che Renzi ha avviato e Berlusconi ha ricambiato, da cui solo può derivare una prospettiva di alternanza fra forze politiche diverse ma che si riconoscono in un comune quadro di riferimento istituzionale. E’ una prospettiva che, con il PD in mano agli ex-comunisti, era impossibile, mentre ora è diventata plausibile.
Da qualcuno, però, questa legittimazione reciproca  è vista come un grandissimo imbroglio che nasconde l’affermazione di un pericoloso “pensiero unico”. Scrive  al proposito Marco Travaglio su “Il Fatto Quotidiano” del 9 agosto: “ Non è più neanche questione di inciuci e di larghe intese. E’ più e peggio: idem sentire, comunanza d’intenti e spesso d’interessi (altro che conflitto), pensiero e linguaggio. Due cuori (si fa per dire), una capanna. Il Renzi dell’”andate in vacanza belli allegri”, dell’opposizione che non lo lascia lavorare, della stampa nemica che non decanta i suoi trionfi, dell’Europa cinica e bara, dei gufi e sciacalli che parlano male dell’Italia, è la fotocopia 2.0 del Caimano modello  Cannes 2001, quello dei ristoranti pieni e degli aerei imprenotabili”.
Non nego che la critica di Travaglio abbia un certo fondamento anche per l’eccesso di entusiasmo dell’ex Cavaliere per il  Premier, solo recentemente attutito per ragioni di  prudenza  da un asserita opposizione di Forza Italia alla politica economica del Governo e per l’’altrettanto eccessiva profusione di baci e abbracci scambiati al termine della votazione in Senato fra gli esponenti delle due forze politiche, che vanno al di là di una normale soddisfazione per una battaglia vinta insieme.  Tuttavia ritengo che il giudizio vada dato sui fatti e non sulle sensazioni, che pure sono utili per cogliere rischi e problemi potenziali., sui quali è doveroso vigilare. Perciò espongo quelli che sono, a mio avviso, i pro e i contro della situazione, iniziando con le conseguenze apprezzabili della riforma del Senato:
- Il superamento del bicameralismo perfetto consentirà di accelerare i processi legislativi e soprattutto di evitare gli insabbiamenti che si sono sempre verificati nei passaggi da una camera all’altra. Dimostra inoltre la capacità della politica di autoriformarsi, anche se su questo piano bisogna fare di più.
- la forza della maggioranza riformatrice  consentirà di approvare, dopo una battaglia in Parlamento che non sarà indolore, una legge elettorale favorevole alla governabilità, di cui il Paese ha assoluto bisogno. I rischi di una deriva autoritaria derivante da un  cospicuo premio di maggioranza  denunciata da molti oppositori, sono il facile alibi con cui gli stessi cercando di nascondere il loro disegno di perpetuare il potere di veto delle minoranze, che ci ha portato all’attuale crisi.
- la dialettica emersa nei partiti   indica una crescita democratica: nel PD l’opposizione ha saputo esprimersi con forza ma senza le tentazioni suicide così frequenti in passato, in Forza Italia si è visto per la prima volta un dissenso autentico, che tradizionalmente era molto  mal visto e represso.
Detto degli aspetti positivi, vediamo le principali  conseguenze negative della riforma del Senato
-  l’elezione del Presidente della Repubblica e di altri organi di garanzia  potrà essere largamente determinata dal partito vincitore delle elezioni, in virtù dell’assoluta prevalenza  numerica dei deputati rispetto ai senatori  e agli effetti del premio di maggioranza. L’aver aumentato il numero di votazioni in cui è necessaria una maggioranza qualificata non ha risolto il problema. Se questo aspetto non venisse corretto, l’accusa di una deriva autoritaria troverebbe fondamento.
- l’immunità concessa ai senatori  anche per le attività svolte come consiglieri regionali e sindaci è contraria al principio  di equità verso gli altri rappresentanti delle istituzioni locali,  che non godranno di questo privilegio,  e a quello di prudenza, visti i pessimi precedenti dei consiglieri regionali di tutta Italia nell’uso delle risorse pubbliche.
Non ritengo invece negativa l’elezione indiretta dei Senatori, che è presente nella costituzione di molti Paesi europei ed extraeuropei; anche se io avrei preferito un Senato eletto direttamente  dai cittadini, la scelta fatta è rispettabile.
E’ auspicabile che, avendo dimostrato ai propri alleati ed agli avversari  di avere la forza per portare avanti il proprio programma, Renzi adotti  ora un approccio più aperto all’ascolto, per rendere possibile un cambiamento realmente condiviso e non solo subito.
Anche perché vi è il tema delle riforme economiche che premono a fronte della riduzione del PIL: su questo si è espresso recentemente  il Presidente della BCE Draghi, evidenziando la necessità di  affrontare tre temi:  la produttività, la competitività e la crescita e affermando che le pur necessarie riforme istituzionali non devono pregiudicare i tempi di approvazione di quelle economiche., sulle quali soprattutto ci giudicheranno i nostri interlocutori europei. E’ questo un difficile compito che non potrà essere affrontato con la logica del “muro contro muro” che abbiamo visto nella battaglia sul Senato.