Avevo sostenuto, nel mio precedente post, che Berlusconi non aveva alcuna possibilità di far cadere il Governo. Tale previsione sembra smentita dalle mosse recenti del Cavaliere, ma non è ancora detta l’ultima parola.
L’improvvisa spallata al Governo ordinata da Berlusconi e la puntuale, anche se per alcuni sofferta, ubbidienza dei suoi ministri, conferma per l’ennesima volta l’anomalia di un partito, Forza Italia, che funziona come un’azienda: il capo dispone e gli altri, volenti o nolenti, si adeguano. I ministri non sono neppure stati consultati sulla decisione ed anche i più stretti consiglieri di Berlusconi, come Gianni Letta, sono stati esclusi. Hanno invece imperversato i falchi Santanchè, Verdini e Ghedini.
Al di là dell’assurdità di una decisione del capo che, come ho segnalato nel mio precedente post, va contro i suoi stessi interessi e quelli delle sue imprese (tanto che anche sua figlia Marina era contraria a questa accelerazione), il vero nodo per i dirigenti di Forza Italia è se possono ancora continuare in un rapporto col leader che non ha nulla di democratico, che li umilia e li espone al ridicolo e che alla fine li porterebbe alla rovina.
Finora solo due voci si sono espresse in chiaro dissenso da Berlusconi: Cicchitto che ha opportunamente dichiarato “ Una decisione così rilevante avrebbe richiesto una discussione approfondita e avrebbe dovuta essere presa dall’Ufficio di Presidenza del PDL e del gruppi parlamentari” e Alberto Giorgetti, Sottosegretario al Tesoro, che ha detto “Contesto il metodo usato per i ministri, non lascio da deputato”: Sono probabilmente le avvisaglie di un diverso agire della fronda interna al partito che esiste da tempo ma che ha paura di uscire allo scoperto.
Ora siamo arrivati al “redde rationem”: coloro che, in Forza Italia, hanno svolto un ruolo moderato, tendente a salvaguardare gli interessi del Paese e non solo quelli personali del leader, hanno un’occasione storica e probabilmente irripetibile, di dimostrare di avere una statura politica adeguata alle sfide drammatiche che l’Italia sta affrontando: quella di non far mancare la fiducia al Governo Letta o al successivo “governo di scopo” che si cercherà di varare se il precedente dovrà concludere la sua esperienza.
Essendo impossibile un ricorso a breve alle urne, dovrà mettersi in moto un esecutivo in grado di fare tre cose: il patto di stabilità, la revisione della legge elettorale e la guida italiana della comunità europea nel secondo semestre 2014. Dopo tali adempimenti, assolutamente irrinunciabili, si potrà dare voce agli elettori che, rimessi in condizione di scegliere i propri rappresentanti, potranno esprimere un giudizio su chi avuto responsabilità nella guida del Paese.
E’ chiaro che la pesante incertezza in cui si troverà il Paese nelle prossime settimane potrebbe essere mal digerita dai nostri partner e dai mercati, con pesanti implicazioni sullo spread e sui conti pubblici. Ma già il 4 ottobre, con la verifica che si farà in Parlamento e le decisioni della giunta sulla decadenza di Berlusconi potrebbero risolvere la questione e avviare il nostro Paese, sia pure faticosamente, verso un cammino di normalità.