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domenica 8 settembre 2013

No alla guerra. Punto.

Il monito di Papa Francesco “Mai più la guerra!” , seguito da concrete azioni diplomatiche intese a scongiurare un attacco militare alla Siria, è la linea in cui mi riconosco. L’unica eccezione possibile a questo principio, che giustificherebbe un intervento bellico. è la risposta ad un atto di aggressione.
Ma il regime Siriano sta combattendo un’insurrezione interna e non ha portato minacce alla comunità internazionale: per quanto gravi e odiose siano le sue azioni, non giustificano un atto di guerra da parte di potenze esterne. Consentono, a chi condivide le ragioni degli insorti, un aiuto agli stessi ma niente di più.
A parte le questioni di principio, c’è poi un risvolto pratico di grande rilievo: la Storia dimostra che gli Stati Uniti non sono mai riusciti a vincere una guerra “sul campo” in cui gli avversari usassero le tecniche della guerriglia; ne sono la riprova le guerre del Vietnam, della Somalia, dell’Iraq e dell’Afganistan. In Siria pertanto gli USA si accingono ad agire solo “dal cielo”: per quanto si parli in questi casi di “attacchi mirati” e di “bombe intelligenti” è provato che gli effetti collaterali, in termini di uccisione di civili inermi, sono sempre micidiali e non necessariamente inferiori a quelli derivanti dall’uso di armi chimiche da parte del regime.
Circa la posizione italiana non condivido quanto scrive Massimo Gramellini ( con quale sono d’accordo nel 90% dei casi e di cui apprezzo la fine ed acuta ironia) nella sua rubrica “Buongiorno” su La Stampa del 7 settembre: sostiene che l’Italia, sulla falsariga di notevoli precedenti storici, quale l’”otto settembre 1943”, non ha preso una posizione netta fra Obama e Putin e afferma “siamo d’accordo con Obama nel ritenere Assad un criminale di guerra e siamo d’accordo con Putin nel non volerlo bombardare: E’ così complicato? A me sembra di una chiarezza cristallina. Ma non faccio testo: sono italiano.” La sua ironia in questo caso mi sembra fuori luogo perché il Ministro degli Esteri Bonino ha preso, come è suo costume, una posizione netta e assai poco diplomatica, dichiarandosi assolutamente contraria all’intervento e paventandone  le possibili conseguenze su scala mondiale. Il suo messaggio, forte e chiaro, è andato a segno, tanto  è vero che la diplomazia americana si è attivata per ridurne l’impatto , ottenendo da Letta una posizione più morbida: mi sembra un ragionevole “gioco delle parti” in cui comunque la contrarietà del nostro Paese, sostenuta dall’opinione pubblica, è risultata evidente. Quello che conta è che non andiamo in guerra e non sosteniamo che, per fermare un criminale, l’unico mezzo sia quello bellico.
Anche se il boicottaggio economico  è un’arma a non rapida  e sicura azione, vi sono casi eclatanti, quale quello dell’IRAN, che dimostrano che alla lunga esso produce effetti. Ci sono poi le armi  dell’intelligence, del supporto agli oppositori, della diplomazia politica e di quella economico-finanziaria che, in un mix appropriato, possono condizionare fortemente un regime ostile.
Portare il mondo sull’orlo della terza guerra mondiale non è certamente la soluzione auspicabile. Per questo motivo si può sensatamente e a testa alta riconoscere  le ragioni morali espresse dagli Stati Uniti ma rifiutarne la ricetta proposta per la soluzione del problema.
Ci lamentiamo tanto dei nostri politici e dei nostri governi: questa volta dobbiamo riconoscere la saggezza del loro operato.

6 commenti:

Dario ha detto...

Tutte le guerre sono insensate, o meglio tutte posseggno qualcosa di perverso che offende la personalità umana, quella che Aristotele definisce cartterizzata da virtù dianoetiche. Ma certo la storia è piena di esempi dei danni causati dall'assenza di un'azione preventiva e purtroppo brutale: basta pensare a Danzica. Oggi esistono una sessantina di guerre nel mondo, causate da varie ingiustizie occidentali; per quanto riguarda il Medio Oriente, da una confusione dovuta alle vecchie divisioni terroriali operate da Francia e Inghilterra all'indomani della caduta dell'Impero Ottomano. Certo occorre fare di tutto per evitare il conflitto internazionale in Siria, ma c'è la reale volontà di farlo? Oppure l'intervento sarebbe un pretesto, il solito pretesto petrolifero, come recentemente capitato in Libia? (D'altro canto, senza petrolio che si fa?.) Chi pensa veramente alla popolazione civile? Fosse stato così, Assad andava fermato subito, non bisognava aspettare l'uccisione di oltre 100.000 persone. Perchè, non dimentichiamolo, 100.000 persone sono morte ammazzate dal regime di Assad e chissà quante seguiranno se si sta guardare e a sentire la Bonino. A mani giunte bisognerebbe pregare l'intervento di politici capaci di scongiurare il pericolo guerra. Ricorrere alle abituali, nobili parole, serve sicuramente a qualcosa, ma non a molto. La gente comune è tuttora alla mercè di politicanti, persone spesso incapaci e in malafede.

Ciao, Dario

roberto ha detto...


Convengo con te che molti problemi in Medio Oriente sono dovuti all'eredità del periodo coloniale e che la questioner petrolio è sempre presente in tali vicende ( e non potrebbe non esserlo).
Dissento invece sull'utilità delle guerre preventive che spesso vengono giustificate con autentiche menzogne (basta pensare alle fantomatiche "armi di distruzione di massa" che hanno costituito la base per la sciagurata guerra in Iraq e che nessuno ha mai trovato). Non so quanti pensino alla popolazione civile, ma io lo faccio: non mi pare il caso di aggiungere ai molti ammazzati dal regime siriano anche quelli di un'ipotetica azione internazionale.

lorenzo ha detto...

caro roberto, d'accodo con te al 100%.
spero che le tue parole trovino ascolto. perché non scrivi a Gramellini?
lorenzo oggero

roberto ha detto...

Ti ringrazio dell'accordo e del suggerimento: Proverò ma in passato le mail indirizzate a lui mi sono sempre tornate indietro; nella mia mailing list ho ben 16 giornalisti de La Stampa, ma l'invio a Gramellini non riesce.Ti farò sapere l'esito.
Ciao.
Roberto

Fausto ha detto...

Non mi sento nella condizione di disquisire circa la saggezza dei nostri politici riguardo il problema Siria,ma mi domando, al contrario, quanto abbia inciso la crisi economico finanziaria che stiamo vivendo nella scelta di non essere partecipativi.
Fausto

roberto ha detto...


Personalmente penso che abbia inciso abbastanza,dato che le risorse sono poche e l'Italia è già esposta in molti Paesi critici in operazioni di peace-keeping e non solo.
Tuttavia credo che l'opposizione alla guerra in Siria sia basata anche su una realistica ponderazione dell'enorme sproporzione fra i costi economici e umani che sono certi e altissimi e i benefici (abbattimento/contenimento del regime di Assad) che sono assai incerti. E' questo il motivo per cui ho parlato di saggezza del nostro governo.
Roberto