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sabato 25 maggio 2013

Il riscatto della politica


L’annuncio, dato dagli organi d’informazione, del raggiunto accordo politico fra le forze di maggioranza per una legge che abolisca il finanziamento pubblico ai partiti, in tutte le sue forme, per introdurre un sistema agevolato di finanziamento volontario da parte dei cittadini è non solo un’ottima notizia ma il segnale di una svolta che può avere un ruolo epocale.
L’abolizione del finanziamento pubblico è il “chiodo fisso” di questo blog, tanto che un lettore mi ha accusato di essere troppo ripetitivo. In realtà conosco bene, per lunga esperienza professionale nel campo del Change Management, le virtù dell’adagio latino “repetita iuvant”: i pensieri seri, riproposti con serenità e costanza, fanno breccia – prima o poi -  anche negli scettici più incalliti.  L’aver sentito riecheggiare, nelle parole di alcuni leader, argomentazioni usate in questo blog, mi induce a ritenere che un contributo al mutato orientamento delle forze politiche sia ascrivibile, senza falsa modestia,  anche alla nostra battaglia.
Abbiamo sempre affermato che l’abolizione del finanziamento pubblico è la “conditio sine qua non” per ricreare un rapporto di fiducia fra politica e cittadini,  che si sono sentiti “imbrogliati” dal modo impudente e surrettizio con cui il finanziamento, abrogato da un referendum, è stato reintrodotto e moltiplicato, diventando lo strumento principe del degrado della politica. Senza risolvere questo problema sarebbe impossibile attuare credibilmente le importanti riforme che il Paese si attende per “uscire dal guado” , riguadagnare efficienza e competitività e offrire lavoro e dignità ai cittadini, soprattutto ai giovani.
Dando atto al Presidente Letta e alle forze che lo sostengono di aver mostrato sensibilità e coerenza, desidero sottolineare che il mutato orientamento è condiviso anche dalle forze di opposizione. Mi sembra opportuno proporre, senza commenti, quanto dichiarato dalle diverse forze politiche su questo argomento:
Partito Democratico
Ha presentato in aprile una proposta di legge al Senato e, in maggio, alla Camere. Cito la frase iniziale della relazione relativa alla seconda proposta :
Il finanziamento pubblico ai partiti, che venne introdotto in Italia con la c.d. legge Piccoli n. 195 del 2 maggio 1974, anche per far emergere il finanziamento occulto che tutta la politica italiana riceveva nell’ambito della c.d. guerra fredda, mostra ormai palesemente i suoi limiti politici, economici e soprattutto sociali. Un finanziamento pubblico insostenibile, a maggior ragione di fronte a una politica che si mostra sempre più incapace di decidere ma che, al tempo stesso, continua ad autoalimentarsi senza una reale trasparente responsabilità e, per certi aspetti, pure non vedendo per nulla la necessità che la fase storica che stiamo vivendo ci impone, ossia quella di un cambio di parametro culturale nel rapporto tra denaro e politica, tra cittadini ed istituzioni, tra eletti ed elettori, mettendo al centro di questo criterio, appunto, il cittadino e la sua volontà di scegliere liberamente. Se si vuole, secondo un chiaro slogan: “scegli tu”.”
Movimento 5 Stelle
Dalla proposta di legge presentata alla Camera nell’aprile 2013
“Il finanziamento pubblico fu eliminato,per volontà popolare, dal risultato del
Referendum dell’aprile 1993, nel quale il 90,03 per cento dei cittadini italiani si
espresse in maniera inequivocabile negando tale forma di beneficio alle forma-
zioni politiche. Diversamente nominato e malamente celato nella legge n. 157 del 1999, il
finanziamento pubblico è tuttavia tornato, in qualità di rimborso elettorale
previsto per le elezioni della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica e
dei consigli regionali, nonché dei componenti del Parlamento europeo spettanti
all’Italia, con ciò aggirando la volontà popolare e vanificando il senso di un
istituto della democrazia diretta previsto dalla Costituzione.”

Lega Nord
Dalla proposta presentata al Senatonel marzo 2013:
“ E’ indubbio che esiste la necessità di intervenire sulla disciplina del finanziamento pubblico dei partiti, rispetto al quale, specie nell’ultimo periodo, numerose sono le contestazioni sollevate da parte dei cittadini.Non si può infatti disconoscere che il referendum abrogativo della legge allora vigente sul finanziamento pubblico ai partiti, nell’aprile 1993, ha visto ben il 90,3 per cento dei voti espressi a favore dell’abrogazione di questo sistema, nel clima di sfiducia seguito allo scandalo di “ tangentopoli”. E tuttavia la netta decisione popolare del 1993 è stata disattesa dal Parlamento che, anche dopo l’abrogazione degli articoli 3 e 9  della legge 2 maggio 1974 n. 195, ha reintrodotto nel 1996 il meccanismo del finanziamento pubblico sotto il nome di “rimborsi elettorali” “

Popolo delle Liberta’
l’On. Brunetta ha affermato che l’abolizione del finanziamento è oggetto di un disegno di legge del PDL, ma non mi risultano progetti formalizzati, presentati in Parlamento.  Cito la recente dichiarazione del portavoce Daniele Capezzone:
“ L’abrogazione  del finanziamento ai partiti è stato un punto della campagna del PDL e di Silvio Berlusconi. Bene quindi l’annuncio di Enrico Letta. Ora sarebbe saggio avvicinarci al modello americano : trasparenza delle lobbies e favore fiscale per le donazioni private. E’ questa, nell’Occidente avanzato, la strada maestra della buona politica: che non pesa sullo Stato, che ottiene soldi in modo libero, trasparente e rendicontabile, e che disciplina in  modo aperto, liberale e conoscibile da tutti l’attività di lobbying”
Scelta civica
L’Agenda Monti proponeva “ la drastica riduzione del contributo pubblico, anche indiretto, ai partiti e ai gruppi parlamentari e dei rimborsi elettorali”. Alcuni deputati di questa forza politica hanno sottoscritto la proposta di legge presentata alla Camera nel maggio 2013 dal Partito Democratico.

La sostanziale convergenza raggiunta dalle forze politiche su questo tema indica che sarà possibile ottenere un consenso unanime, o quasi, in Parlamento quando verrà sottoposta ad approvazione la legge annunciata dal Premier e attualmente in gestazione.
Sarebbe un segnale molto potente per la rappacificazione fra politica e cittadini.

domenica 19 maggio 2013

Il governo durerà


Molti commentatori politici sottolineano le contraddizioni esistenti nell’attuale maggioranza, sia fra i Partiti maggiori (ad esempio le posizioni  molto divergenti assunte inizialmente sulla vicenda IMU), sia all’interno degli stessi (ad esempio la surreale richiesta di ineleggibilità di Berlusconi fatta dal Capogruppo  PD al Senato Zanda “ a titolo personale” (sic!),  dopo che su questo punto non si è eccepito per 20 anni e appena dopo aver fatto un governo con Berlusconi) e nel PDL ( le iniziative di piazza contro la magistratura con la presenza di ministri).
Queste contraddizioni, a detta di tali osservatori,  potrebbero logorare rapidamente il fragile equilibrio che si è creato con l’”assunzione di responsabilità” che i maggiori partiti hanno dichiarato per dare vita al governo di larghe intese.
Non si può certo negare che esistano fibrillazioni e che queste rendano il percorso del Governo Letta più “in salita” di quanto inizialmente previsto, ma da qui a pensare che tali malesseri possano mettere seriamente a repentaglio la sopravvivenza del Governo ce ne corre e parecchio.
La situazione in cui si trovano attualmente PD e PDL ricorda “in piccolo” ( molto in piccolo) il rapporto fra URSS e USA ai tempi della Guerra Fredda: malgrado le fortissime tensioni, nessuna possibilità concreta di superare il “punto di non ritorno” perché entrambe in possesso di un deterrente micidiale.
Ma qual è il deterrente di cui dispongono i due contendenti nostrani?
Nel caso del PDL è il  rilevante e crescente consenso che questa forza ha ( malgrado tutti processi in corso e forse anche a causa di essi) in base all’unanime valutazione  delle intenzioni di voto fatte dai diversi Istituti che producono sondaggi politici. Se il PD volesse sfidare il PDL in una prova elettorale in tempi brevi e medi potrebbe uscirne frantumato, soprattutto se si votasse ancora con il porcellum.
Nel caso del PD il fatto che il Presidente Napolitano non consentirebbe mai una conclusione del Governo Letta prima del raggiungimento degli obiettivi di minima che sono stati i motivi della sua nascita. Se Napolitano si dimettesse, vi sarebbe la quasi certezza che, nell’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica, il PD e il M5S non ripeterebbero i clamorosi errori di strategia che li ha portati a far vincere Berlusconi. E per lui sarebbe davvero la fine.
C’è poi un altro potente fattore che lavora contro l’ipotesi di una caduta del Governo ed è la “pubblica opinione”, cioè quei molti milioni di cittadini di diversi orientamenti politici che, pur contestando la corruzione e la intrinseca debolezza della classe politica, hanno  compreso e accettato, sia pure a malincuore,  la necessità di dare il “via libera” alle larghe intese, in un contesto in cui sono presenti tre forze politiche di peso quasi equivalente, di cui una ha deciso di tenersi fuori dai giochi, sperando nel fallimento delle altre due.
In effetti se i partiti tradizionali fallissero anche in questo ultimo tentativo, il Movimento 5 Stelle potrebbe ottenere un successo elettorale travolgente che cambierebbe in modo radicale il quadro politico nazionale, con rilevanti ricadute anche a livello internazionale, e con i rischi che sono connaturati ad una forza politica nuovissima,  che presenta rilevanti elementi di interesse ma non ha ancora compiuto il processo di maturazione necessario per guidare la “Nave Italia” nel mare procelloso che stiamo attraversando.
Data l’estrema consistenza e serietà di questi argomenti, i partiti che supportano il Governo hanno l’assoluta convenienza a far cessare una volta per tutte i toni stucchevolmente  preelettorali che tuttora permangono nelle loro comunicazioni pubbliche, adottare un approccio di “basso profilo” e concentrarsi nel trovare soluzioni sostenibili. Non c’è dubbio che il cumulo di attese che si è creato e si è scaricato sul governo  ( IMU, cassintegrati in deroga, esodati, precari, rimborsi alle imprese,  ecc) comporta il rischio di far saltare i vincoli  e gli impegni presi in sede europea. Come ha detto giustamente Letta “non possiamo fare miracoli”.
Se  invece prevalesse la logica del’ “assalto alla diligenza”, la pagherebbero carissima.


domenica 12 maggio 2013

Tagliare sul serio i costi della politica


Nel suo discorso in Parlamento in vista del voto di fiducia,  il Capo del Governo ha indicato chiaramente fra le priorità fondamentali per il rilancio del Paese la Riforma della politica. Cito alcuni passi del suo intervento:

“ Per cominciare bisogna recuperare decenza, sobrietà, scrupolo, senso dell’onore e del servizio e infine la banalità della gestione di un buon padre di famiglia. Ognuno deve fare la sua parte. …..
Su questo sfondo la riduzione dei costi della politica diventa un dovere di credibilità. Pensate ai rimborsi elettorali: tutte le leggi introdotte dal 1994 ad oggi sono state ipocrite e fallimentari. Non rimborsi ma finanziamento mascherato. Per di più di ammontare decisamente troppo elevato, come la Corte dei Conti ha recentemente confermato:2 miliardi e mezzo di euro dal 1994 al 2012, a fronte di spese certificate di circa mezzo miliardo.…………
Partiamo dunque dal finanziamento pubblico ai partiti, abolendo la legge troppo timida approvata l’anno scorso e introducendo misure di controllo e di sanzione  anche sui gruppi parlamentari e regionali. Occorre poi avviare percorsi che finalmente consegnino alla libera scelta dei cittadini, con opportuni interventi sul versante fiscale, la contribuzione all’attività politica dei partiti”.

Sono parole molto chiare che segnano un’inversione di tendenza rispetto al deleterio approccio consociativo del passato che ha prodotto  uno sperpero del denaro pubblico di dimensioni inaudite e scandali a  ripetizione sia a livello statale che territoriale, i quali  – in ambito regionale – hanno assunto un livello di diffusione e d’indecenza inimmaginabili.
Per questo motivo i cittadini si aspettano dalle Istituzioni, in particolare da quelle regionali che più hanno lasciato a desiderare, una linea di condotta inappuntabile, che porti ad un ridimensionamento reale dei costi della politica e dei privilegi della casta. Non ci sembra in linea con questo principio ciò che sta avvenendo nella Regione Lombardia ( ma pare che la situazione non sia migliore in molte altre regioni) in merito alla riduzione dei  predetti costi, alla quale fa riferimento la lettera seguente, recentemente inviata al Presidente della Regione. Questo documento è  la prima iniziativa del Gruppo di lavoro “Riforma della politica” che si è costituito nell’ambito di questo blog.

Milano 11 maggio 2013

Lettera Aperta al Presidente della Regione Lombardia
p.c.
al Presidente del Consiglio Regionale
al Presidente del Tavolo di lavoro per la riduzione dei  costi della politica
ai Consiglieri regionali

Oggetto: Emolumenti dei Consiglieri regionali

La stampa ha riportato recentemente la notizia che  è in corso di elaborazione una legge regionale mirante a ridurre i costi della politica in linea con quanto previsto dalla Legge statale 213/2012.
A quanto ci risulta una delle proposte presentate è quella di ridurre l’indennità di carica lorda dei Consiglieri regionali  da 8531 euro a 6600 euro mensili, aumentando contemporaneamente il rimborso spese  forfettario netto da  2341 euro a 4500 euro mensili. Al riguardo osserviamo quanto segue:
-          La riduzione netta dell’indennità è sensibilmente inferiore all’aumento netto del rimborso forfettario, il che non risponde ai criteri dichiarati di riduzione degli emolumenti

-          Il concetto stesso di rimborso forfettario è una contraddizione in termini; se di rimborso si tratta deve essere documentato e commisurato a quanto effettivamente speso

-          L’importo complessivo netto appare comunque sproporzionato rispetto alle remunerazioni vigenti per posizioni di  analoga responsabilità e impegno lavorativo di chi opera nel settore privato e nella pubblica amministrazione

-          La proposta è un escamotage per far apparire una riduzione senza attuarla realmente

Dato che la politica, se vuole riguadagnare credibilità agli occhi dei cittadini, deve dimostrare  serietà e sobrietà, Invitiamo gli organi competenti a predisporre una normativa che  risponda realmente allo spirito della legge nazionale  e non suoni offensiva nei confronti dei lavoratori che faticano ad arrivare a fine mese.
Cordiali saluti.

Per il Gruppo di  lavoro “Riforma della politica” del blog  “ La politica dei cittadini”
Il portavoce – Roberto Barabino


Il Movimento 5 Stelle ha ritirato il proprio rappresentante dal Tavolo di lavoro istituito dalla Regione per la riduzione dei costi della politica, al fine di segnalare il proprio dissenso dalla linea seguita dalla maggioranza.
E’ quindi necessario che il Consiglio Regionale, tenendo conto anche dei motivi di tale azione, trovi soluzioni in linea con la richiesta del Presidente del Consiglio riportata in precedenza, e che gli organi dello Stato preposti al controllo dell’operato degli Enti locali svolgano un attento monitoraggio , anche in via preventiva, sulle iniziative legislative avviate in questa delicata materia.
Auspichiamo infine che la stampa segua con particolare attenzione l’iter di approvazione della proposta di legge suindicata,  e di quelle analoghe delle altre Regioni, al fine di segnalare all’opinione pubblica eventuali ulteriori distonie.



lunedì 6 maggio 2013

Senso del pericolo e responsabilità: fattori determinanti delle fortune politiche


Ho deciso di trattare questo tema perché mi sono convinto, in base agli eventi degli ultimi mesi, che un lungo ciclo politico, fatto di promesse non mantenute, si sia concluso in quanto i cittadini – pressati dalla crisi economica – si sono stancati di vane parole e chiedono soluzioni.  Ciò ha prodotto un’estrema mobilità dei voti  perché molti elettori non sono più condizionati da pregiudiziali ideologiche e sono disposti a cambiare anche radicalmente le proprie scelte politiche se si sentono “traditi”. Questo è un fenomeno assolutamente nuovo, di portata storica.

Cito alcuni fatti a supporto della mia tesi:
-          Il Movimento 5 Stelle si è presentato alle elezioni politiche per la prima volta ed ha ottenuto oltre un quarto dei voti, fatto mai avvenuto in alcun paese del mondo
-          Il PDL, dato quasi per morto a gennaio (12% nei sondaggi) è oggi, nelle intenzioni di voto, la prima forza politica
-          Il PD che a gennaio era, nelle intenzioni di voto, sopra di oltre 10 punti al PDL , non solo non ha vinto le elezioni ma, se si facessero nuove consultazioni a breve, rischierebbe una sonora sconfitta
La conseguenza di questo fenomeno è che nessun partito può più contare su rendite di posizione e deve convincersi che, o contribuisce alla soluzione dei problemi del Paese, oppure verrà “bastonato” dagli elettori.
In una recente trasmissione televisiva Giuliano Ferrara, parlando a proposito dell’elezione del Presidente della Repubblica, ha detto che Berlusconi “se l’è cavata per un pelo” in quanto ha rischiato davvero di essere spazzato via dalla scena politica, se sul nome di Prodi non ci fosse stata la manovra dei “101 traditori” nel PD.
Concordo con lui e ritengo opportuno evidenziare che, oltre a un pizzico di fortuna, nell’esito per Berlusconi positivo della vicenda ha giocato molto il suo acuto senso del pericolo.
Già molto prima di questa elezione, sentendo avvicinarsi uno tsunami, Berlusconi ha dismesso i panni del leader barricadero e ha indossato quelli dello statista, compreso dei gravi problemi del Paese e interessato soprattutto alla loro soluzione. In occasione dell’elezione del Presidente ha indotto anche i suoi più fidati collaboratori a mettere la sordina alle polemiche e a seguirlo nella “logica della responsabilità”: è significativo al riguardo il mutato atteggiamento delle “amazzoni” e, in particolare di Daniela Santanchè.
Sapendo che la partita era dura, ha giocato la carta della massima disponibilità, consentendo che a tutte le principali cariche del Paese ( Presidenti di Camera e Senato, della Repubblica e del Consiglio) arrivassero esponenti della sinistra. Non facendo resistenza ha impedito che questa parte politica si compattasse contro di lui; ciò ha favorito la divisione del PD sul nome di Prodi, la cui eventuale elezione avrebbe significato la fine politica di Berlusconi, e poi la virtuale scomparsa del suo  partito.
A differenza di Berlusconi, Grillo – inebriato dall’improvviso e inatteso successo elettorale - ha ritenuto di dover continuare,  anche dopo che i suoi eletti sono entrati in Parlamento, a inveire contro tutti e a mantenere un atteggiamento di totale rifiuto (“con loro non ci mescoleremo mai”), non capendo che in questo modo perdeva un’occasione storica di porre fine all’epoca berlusconiana e correva il grave rischio di un futuro clamoroso flop elettorale, di cui una chiara avvisaglia è venuta nelle elezioni in Friuli – Venezia Giulia, dove il M5S ha perso un terzo dei consensi ottenuti alle politiche. Il problema è che, in politica, i treni spesso passano una volta sola e, se non li si prende al volo, diventa impossibile recuperare.
Nella trasmissione  “Servizio pubblico” Massimo Cacciari, di cui apprezzo spesso le acute analisi politiche, ha detto che Grillo ha ottenuto ciò che voleva : cioè indurre PD e PDL all’inciucio , su cui lucrare alle prossime elezioni.  L’ipotesi è suggestiva, ma presenta notevoli rischi. Lascio la parola, al riguardo a Luca Ricolfi che, nell’articolo  “Il vantaggio del velo d’ignoranza” su La Stampa del 26 aprile ha scritto opportunamente: “Se il governo Letta fallisse, e i partiti maggiori rimandassero in scena il mortificante spettacolo di questi anni, Grillo potrebbe anche puntare al 51%, naturalmente dopo essersi trasformato in un partito di governo , con un programma e una squadra credibili. Se invece il governo letta dovesse avere successo, e il PD trovasse il modo di restare sulla scena (magari con due partiti), al movimento di Grillo potrebbe toccare un destino non molto migliore di quello dell’Uomo Qualunque, una meteora improvvisamente apparsa nel cielo della politica italiana e poi inabissatasi per sempre”.
Il rischio maggiore che accomuna i due leader è la difficoltà di tenere a freno il proprio narcisismo, che in entrambi è molto sviluppato. Questo atteggiamento di autocompiacimento ha fatto sì che Grillo, chiudendosi a ogni accordo,  offrisse a Berlusconi un formidabile “assist” che ha consentito a quest’ultimo di “mettere in rete”, diventando il vincitore di fatto del post-elezioni. Ma Berlusconi potrebbe restituire il favore se non controllasse la tentazione sua e dei suoi  di stravincere, che si è manifestata chiaramente nella vicenda dell’IMU, con la pretesa di una cancellazione immediata e totale dell’imposta sulla prima casa, senza indicare i modi per finanziarla.
Quanto al PD, è evidente che deve sviluppare la percezione del pericolo, che gli è completamente mancata in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica ,e che lo ha indotto ad un clamoroso autogol.
Chi vuole acquisire il consenso dei cittadini deve dimostrare (come ha fatto Berlusconi in una prima fase) di essere disposto a “fare un passo indietro” , non puntando al proprio immediato tornaconto, in nome del senso di  responsabilità,  ma deve poi dar seguito a tale intenzione con i fatti. Se gli elettori scoprono di essere davanti ad una finzione ( come spesso  è accaduto con le promesse berlusconiane) ritireranno la fiducia e “cambieranno cavallo”. Le scelte fatte per puri  motivi elettorali si riveleranno un “boomerang”.
In questa situazione, se si dovesse arrivare a elezioni anticipate, verrà premiato chi saprà dimostrarsi più coerente, agli occhi degli elettori, nel rapporto fra un “ dire” ragionevole e un “ fare” effettivo.