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sabato 26 luglio 2014

Oltre la manfrina: una sfida per Renzi



C'è qualcosa di profondamente falso nell’apparente contrapposizione frontale fra il Governo e le variegate minoranze che gli si oppongono: Renzi è poco credibile quando pretende di etichettare come “gufi” o “frenatori delle riforme” tutti coloro che non accettano il Pacchetto a suo tempo da lui confezionato con Berlusconi nel “Patto del Nazareno” e che avanzano proposte di modifica del tutto plausibili e fondate, come quelle che ho riportato nel mio precedente post.
Ancor meno credibile è Grillo quando sconfessa platealmente l’ala dialogante del suo movimento il giorno dopo che vi è stato l’incontro con il PD e ripete in modo  rituale e stucchevole la solita solfa del “colpo di stato” e la richiesta di dimissioni del Presidente della Repubblica.
Trattandosi di persone intelligenti, è impossibile che non si rendano conto di darsi la zappa sui piedi con comportamenti propagandistici che, se sono tollerabili  in campagna elettorale, non lo sono più quando si tratta di affrontare sul serio i problemi.
L’unica spiegazione logica di tale contraddizione è che, forse, siamo ancora in campagna elettorale e che, senza dirlo, entrambi i principali contendenti dello schieramento politico si stiano preparando ad elezioni  che potrebbero essere molto anticipate rispetto alle previsioni correnti che le collocano nel 2015 o addirittura nel 2018. Il motivo di questo orientamento può essere, per Renzi, il constatare che le sue iniziative non stanno dando i frutti sperati e che il pessimo andamento dei PIL e del debito pubblico costringeranno nel prossimo anno ad una manovra correttiva dei conti pubblici molto pesante, non realizzabile da un governo non legittimato dal voto popolare ( il consenso di cui gode Renzi a seguito del voto per le Europee non è, infatti una legittimazione sufficiente ad affrontare un’altra stagione di “lacrime e sangue”). Forse ha ragione  il senatore PD ed ex magistrato Felice Casson che,  in un’intervista al “Fatto Quotidiano”, sostiene che Renzi “cerca il pretesto per portarci alle elezioni” presentandosi così come il fautore del cambiamento, impedito dai suoi oppositori a fare le riforme. Tale pretesto potrebbe venire dal prossimo voto a scrutinio segreto su alcuni emendamenti che potrebbero vedere una larga coalizione trasversale contraria alla proposta governativa.
Per Grillo, invece, visto che il tentativo di rompere il “Patto del Nazareno”, che ha ispirato l’abboccamento con il PD, è fallito a causa dell’assoluzione di Berlusconi in appello nel “processo Ruby”, che ha ridato fiato all’ex Cavaliere e alla sua forza politica, il ritorno alla contrapposizione frontale può essere un modo per nascondere le dilanianti lacerazioni che esistono all’interno del M5S e che né lui né Casaleggio sono  attualmente in grado di gestire, ed anche di cavalcare ancora le protesta, non essendo in grado di agire realmente sul piano della proposta.
Vi è quindi un’oggettiva convergenza d’interessi nel tenere molto alto il tono della polemica, con lo scambio di accuse anche via twitter (al “colpo di stato” denunciato da Grillo, Renzi ha risposto trattarsi di un  “colpo di sole”). 
Ci sono poi gli interessi di SEL che , presentando lo sproposito di oltre 6000 emendamenti alla proposta di legge sul Senato,  non mira come sembra a bloccare le riforme, ma ad ottenere un potere negoziale in vista della futura legge elettorale, per far abbassare la soglia di sbarramento prevista dall’Italicum, che sarebbe proibitiva per questa forza politica. Se Vendola dovesse convincersi che l’intenzione dei due contendenti predetti di andare alle elezioni è seria, potrebbe facilmente rinunciare a buona parte delle sue obiezioni in cambio di una legge elettorale più favorevole.
Naturalmente, al di là della feroce contrapposizione di facciata, sono in corso anche le consuete manovre sottobanco per verificare i margini di accordo che possano portare alla soddisfazione delle istanze dei vari interlocutori.
In questo “gioco delle parti” un ruolo non indifferente potrà svolgerlo anche Berlusconi che, dato perennemente per finito, trova ancora una volta uno spazio di manovra non indifferente, essendo l’attore più interessato ad evitare le elezioni che sarebbero assai difficili per Forza Italia e ad intestarsi le riforme, avendo sperimentato che la sua versione “istituzionale”  ha contribuito a modificare il clima politico e a rendere possibili atteggiamenti più equilibrati nei suoi confronti anche da parte della magistratura.
La situazione è  quindi fluida e l’esito della contesa è incerto. Un accordo sul Senato e sulla legge elettorale sono ancora possibili, ma occorre che il “braccio di ferro”finisca e si mettano davvero le carte in tavola.
Dopo aver contingentato il tempo per la discussione, forzando molto la mano, Renzi dovrà ora andare a un reale confronto sui contenuti, smettendo di accusare le minoranze di puro ostruzionismo. Se non lo farà, vorrà dire che vuole davvero le elezioni anticipate ma in tal caso gli elettori, che non sono sprovveduti e capiscono ormai i giochi strumentali, potrebbero riservargli una brutta sorpresa vedendo tradite le promesse da lui fatte ripetutamente.

domenica 6 luglio 2014

Stop ai pasticci sul Senato !

Nell’interessante editoriale sul Corriere della Sera del 6 luglio Alesina e Giavazzi mettono in guardia sulle pesanti conseguenze della norma, approvata in Commissione, che prevede di attribuire al nuovo Senato competenze sul bilancio dello Stato, ipotesi esclusa dalla bozza originale del Governo. Con tale norma si creerebbe un conflitto permanente fra i due rami del Parlamento perché il Senato, composto in maggioranza da membri non eletti dai cittadini ma dalle assemblee regionali, farebbe inevitabilmente gli interessi delle Regioni, orientate a richiedere risorse aggiuntive, con ciò creando un “moltiplicatore della spesa” pubblica, mentre c’è assoluto bisogno di contenere gli ingenti sprechi di cui le Regioni hanno la responsabilità. Se a questo fatto si aggiunge la norma sull’immunità, pure approvata in Commissione, che prevede l’estensione dell’immunità dei senatori anche alle attività da loro svolte in quanto consiglieri regionali, si capisce che si sta preparando un’autentica “bomba atomica”: un meccanismo di ulteriore dilatazione dei bilanci regionali e la totale impunità di coloro che fossero responsabili di malversazioni e corruzione in relazione al distorto uso delle risorse economiche. Esattamente l’opposto di quanto il Governo dice di volere, con la recente nomina del Commissario anticorruzione e con quanto proposto nella lettera al Movimento 5 Stelle in vista del prossimo incontro fra le due parti politiche: “Siete disponibili a trovare insieme una soluzione sul punto delle guarentigie costituzionali per i membri di Camera e Sanato, individuando una risposta al tema immunità che non diventi l’occasione di impunità?” Ai due “pasticci” segnalati in precedenza va poi aggiunto quello relativo alla composizione numerica dei due rami del parlamento: con una Camera di 630 membri e un Senato di 100, il partito che ottenesse il premio di maggioranza alla Camera e controllasse solo un terzo del Senato potrebbe far eleggere da solo il Presidente della Repubblica, i membri del CSM e di altri organismi di garanzia. Ciò potrebbe portare ad una situazione abnorme sulla quale il senatore Gotor del PD ha detto: “ Si rischia il modello russo plebiscitario: il candidato premier che vince le elezioni potrebbe farsi eleggere al Colle e mandare il suo delfino a Palazzo Chigi. Come Putin e Medvedev. Un presidenzialismo indiretto pericoloso, senza contrappesi”. Contro questa eventualità Gotor propone di “tornare ad avere un migliaio di grandi elettori, coinvolgendo anche parlamentari europei e sindaci”. Il combinato disposto delle tre misure precedenti porterebbe ad una forte distorsione della democrazia perché creerebbe un’anomala concentrazione di potere in una sola forza politica e, nel contempo, sottrarrebbe al controllo elettorale e a quello della magistratura una fetta importante dei rappresentanti del popolo a livello centrale e regionale. E’ auspicabile che il Parlamento, cui verrà sottoposta in doppia lettura la proposta di riforma, corregga le storture segnalate e ristabilisca un quadro corrispondente alle aspettative dei cittadini, che certamente non vedono di buon grado un completo stravolgimento dei delicati equilibri istituzionali. In questo contesto dovrà anche essere ripresa l’ipotesi dell’elezione diretta dei senatori da parte degli elettori, che tanti consensi riscuote nel Paese oltre che in varie componenti della maggioranza e delle opposizioni. Un ruolo importante al riguardo potrà averlo il prossimo confronto fra PD e M5S su legge elettorale e riforme, in quanto sarà l’occasione per verificare l’effettiva disponibilità del Movimento a farsi carico dei problemi del Paese e a controbilanciare le forze che, all’interno dei partiti tradizionali, puntano ad accentuare le caratteristiche autoreferenziali del sistema politico, con il rischio tutt’altro che contenuto di una possibile deriva autoritaria