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domenica 16 agosto 2015

Progetto Trasparenza: il punto della situazione - agosto 2015





Il progetto è nato da una discussione nel blog a seguito della prima inchiesta su Mafia Capitale e si è proposto, anzitutto, di verificare in quale misura le informazioni reperibili nei siti dei Comuni italiani, a partire da quello romano, consentissero ai cittadini di esercitare il ruolo di controllo loro attribuito da un decreto legislativo del 2013.
La ricerca ha messo in evidenza che, in generale, i dati disponibili non sono sufficienti e soprattutto sono spesso difficilmente reperibili oppure aggregati in modo tale da risultare poco comprensibili. Prevale ancora una logica formalistica per cui i Comuni si preoccupano di adempiere agli obblighi di pubblicazione che la legge impone, senza però porsi il problema di quale uso potrà esserne fatto dai cittadini desiderosi di informazioni.
Anche di questo problema si è parlato in un interessante convegno  sulla trasparenza organizzato in aprile dalla Regione Lombardia in cui il Dott. Pilloni, Responsabile Sistema dei Controlli, Anticorruzione e Trasparenza di questo Ente, ha giustamente sostenuto l’esigenza di applicare le norme in modo sostanziale e non solo formale, andando anche oltre i meri obblighi di legge, al fine di garantire un’effettiva accessibilità e intelligibilità delle informazioni.
Abbiamo avuto occasione di parlare del tema sia con il Dottor Pilloni che, in un secondo momento, con la Dott.ssa Morandini, Direttore Generale e Responsabile Trasparenza del Comune di Trento che è risultato, nella predetta ricerca, il più virtuoso fra quelli da noi presi in considerazione. Ne è scaturita l’idea di avviare un progetto metodologico che, partendo da un nostra ipotesi dei dati occorrenti per un efficace controllo degli appalti, consentisse di verificare e integrare la predetta lista e di mettere a punto una struttura dei dati tale da poterli rilevare e inserire in automatico  in appositi  contenitori, in modo da renderli disponibili ai cittadini tramite un motore di ricerca. Si tratterebbe , quindi, di un’operazione di  “ voluntary disclosure”, pienamente consentita dalla legge,  da discutere anche  con altre amministrazioni interessate ad una costruttiva collaborazione con la cittadinanza attiva.
Sono stato successivamente invitato dal Dott. Gentili, Presidente della Commissione Antimafia del Comune di Milano a riferire del nostro Progetto in una audizione della Commissione, alla quale ha partecipato anche la dott.ssa Lucente del Servizio Anticorruzione e Trasparenza, con cui ho scambiato interessanti idee e condiviso l’opportunità di proseguire il confronto.
In settembre verranno ripresi i contatti con le amministrazioni citate per valutare i successivi sviluppi del progetto.
Secondo le linee guida per la riforma della Pubblica Amministrazione, recentemente approvate alla Camera e che andranno al vaglio del Senato, è prossima l’introduzione in Italia  del “Freedom of information act ”, che consentirà a tutti i cittadini di accedere, con alcune limitazioni, all’intera  documentazione in possesso della P.A..  Ciò aumenterà molto il livello di trasparenza ma non farà venir meno l’esigenza della predetta operazione di “voluntary disclosure”, perché non basta accedere ai dati ma è necessario che gli stessi siano organizzati e presentati in modo tale da consentire a chiunque di rilevare potenziali anomalie, cosa che può essere fatta solo da chi li produce

sabato 1 agosto 2015

Stop al diritto di sciopero selvaggio



Nella seduta del 15 ottobre 1946 la prima sottocommissione del’Assemblea Costituente, presieduta da Umberto Tupini, approvava il seguente testo: “Il diritto di organizzazione sindacale è garantito. E’ assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero. La legge ne regola la modalità di esercizio unicamente per quanto attiene: alla procedura di proclamazione, all’esperimento preventivo dei tentativi di conciliazione, al mantenimento dei servizi assolutamente essenziali alla vita collettiva. Il diritto al riposo è garantito.”
La formulazione definitiva, contenuta nell’art. 40 della  Costituzione  dice “ Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”.
La differenza fra i due testi indica, in modo inequivocabile, che nell’assemblea si è giunti ad una formulazione più generica a causa di contrasti fra le forze politiche, appianati rinviando la soluzione del problema al legislatore ordinario che, però, in 70 anni non è stato in grado di provvedere. Ciò è dovuto al timore, radicato nelle forze che avevano partecipato alla Resistenza, che una qualsiasi regolamentazione potesse in qualche modo rievocare le famose e vituperate norme del codice Rocco del periodo fascista che avevano vietato lo sciopero.
Questo tabù, comprensibile nel periodo storico dell’immediato dopoguerra, si  è mantenuto inalterato per decenni, lasciando sempre più spazio a forme di sindacalismo totalmente irresponsabile di cui abbiamo alcuni esempi clamorosi nei recenti scioperi in Alitalia, nella Metropolitana di Roma, nel sito archeologico di Pompei. In tutti questi casi gli scioperi sono stati proclamati da sigle sindacali minori, non dai sindacati confederali; a Pompei la vertenza, fra scioperi a sorpresa e assemblee straordinarie, dura da 20 anni ed è guidata da un sindacalista.prima UIL e poi CISL, cui erano state ritirate le deleghe già da Raffaele Bonanni e da cui ha preso le distanze la segretaria  della CISL Annamaria Furlan con le seguenti parole “ Non condividiamo la sua linea e lo abbiamo dimostrato  interrompendo i rapporti con lui”.
Ha anche detto Furlan “Noi siamo assolutamente contrari sia allo sciopero dei piloti Alitalia, sia a quello che è successo a Pompei. Specie in questo momento, il turismo è una fonte di ricchezza straordinaria e quindi proteste del genere, per di più attuate  nel pieno della stagione stiva, sono forme di autolesionismo”.
Condivido pienamente questo giudizio al quale aggiungerei solo che si tratta anche di forme di  sabotaggio e boicottaggio, non più tollerabili in un Paese civile perché procurano un elevato danno economico e, quindi,  sociale. Un boomerang per gli stessi lavoratori di un Paese che ha un disperato bisogno di recuperare condizioni favorevoli al creare e far prosperare le imprese e con esse il lavoro. Il calpestare elementari diritti di civismo (di civiltà) procura contrapposizioni e divisioni utili solo a chi ha interessi nel far precipitare l'Italia nel sottosviluppo.
Bisogna porre fine  ad una situazione che fa sbeffeggiare il nostro Paese sulla stampa internazionale e che è incompatibile con la democrazia, in quanto permette a infime minoranze un potere di veto che danneggia l’intero Paese. E’ opportuno ricordare che già nel lontano  1946 la sottocommissione citata affermava la necessità di regolamentare la procedura  per  evitare che lo sciopero fosse proclamato per il capriccio di poche persone”.
A questi principi si ispira il disegno di legge presentato il 14 luglio  in Parlamento dal Senatore Ichino che prevede due possibilità;  lo sciopero può essere proclamato da organizzazioni che rappresentino il 50% più  uno dei dipendenti oppure da sigle minoritarie purché superi un referendum fra i lavoratori dell’azienda, con il 50% dei sì fra i votanti e un quorum del 50% dei dipendenti. Il ddl per ora riguarda solo il trasporto pubblico ma si sta valutando di estenderlo al settore dei beni culturali che gestisce un patrimonio dell’umanità e quindi svolge  un servizio per il mondo intero.
D’altronde, come ha detto Ichino “Cisl e Uil  hanno già firmato con la FCA di Marchionne un accordo aziendale che applica lo stesso principio di democrazia sindacale previsto nel nostro ddl,  e quello non è nemmeno un servizio pubblico.”
Il che conferma quanto sostenuto nel precedente post circa la necessità, per garantire la competitività del sistema-Paese,  di un “patto dei produttori” che, nel pieno rispetto dei diritti legittimi dei lavoratori, tuteli anche l’efficacia e l’efficienza delle organizzazioni che producono beni e servizi,  siano essi privati o pubblici.
E’ compito  urgente e inderogabile della politica dare una risposta all’annosa  e mai affrontata questione della regolamentazione del diritto di sciopero, dalla cui adeguatezza  dipenderà in larga misura la credibilità delle forze attualmente in campo.