I lettori
abituali del blog sanno che, pur non avendo fatto mancare critiche anche severe
all’azione di governo, ho sempre visto con favore il tentativo di Renzi di
cambiare il Paese , sfidando alcuni dei tabù più radicati nella sinistra, quali
il legame fra partito e sindacato, la
rigidità nel mercato del lavoro, il
rapporto conflittuale con il mondo delle imprese.
A mio avviso
la maggiore intuizione politica di Renzi
è l’aver colto che, nel mondo globalizzato
in cui la competizione è fra sistemi-Paese, la lotta di classe è morta e
deve essere sostituita da un costruttivo rapporto di collaborazione fra
produttori, cioè fra imprese e lavoratori. Solo così si possono costruire
insieme realtà aziendali e filiere d’imprese fortemente
concorrenziali, capaci di vincere sui mercati internazionali e di
produrre ricchezza, da
distribuire opportunamente fra capitale e lavoro, ovviamente tramite una giusta dialettica sindacale e magari
mediante una compartecipazione dei
lavoratori alla gestione, come nell’esperienza tedesca, di grande successo
economico e sociale. Non è un caso che Renzi sia in forte sintonia con
Marchionne, che partendo da un’azienda semifallita, la FIAT, è riuscito –
soprattutto con la collaborazione dei sindacati Chrysler - a costruire la nuova azienda FCA che è diventata attore protagonista nel
mercato mondiale dell’auto e che ha fortemente investito anche negli
stabilimenti italiani, alcuni dei quali sono al top in termini di qualità e
produttività. Oggi chi vuole davvero tutelare il lavoro, deve anzitutto darsi
l’obiettivo di salvaguardare la possibilità di fare impresa, creando un
ambiente favorevole agli investimenti produttivi.
Una conseguenza
di questa visione è che l’Italia deve fare le riforme che la rendano credibile
agli occhi della comunità internazionale
e attrattiva a quelli degli investitori
esteri, senza il cui contributo non è possibile un forte rilancio dell’economia, data la carenza di
capitali interni privati e pubblici: da
qui nascono il jobs act, le norme
anticorruzione, la riforma della P.A. e quella avviata della giustizia.
Il successo
di queste azioni è testimoniato da vari fatti: il calo dello
spread, che è dovuto anche ad altri fattori ma al quale l’azione di governo ha
contribuito, gli accordi conclusi con investitori stranieri, già consolidati
nel Paese o nuovi, che hanno consentito di rilanciare imprese in difficoltà e
di avviare nuove iniziative, i primi segnali di ripresa del mercato del lavoro.
Un paio di giorni fa l’autorevole quotidiano britannico Times ha paragonato
Renzi a Tony Blair dicendo che, “come lui ha sfidato i dogmi della sinistra
tradizionale”. Su questi temi il bilancio del Governo è senz’altro positivo,
malgrado ci siano ancora varie riforme da attuare, istituzionali e non.
Ora Renzi si
accinge ad un nuovo difficile compito: rimodellare la cultura del PD e renderlo governabile . Esso ha
infatti perso le caratteristiche di un partito forte , come era stato il PC, ed
è diventato una instabile“federazione di cacicchi”, cioè di
notabili locali spesso in aperto conflitto con le strutture centrali e
orientati a sviluppare un potere totalmente autonomo e incontrollabile : i casi
di Emiliano in Puglia, di De Luca in Campania,
di Crocetta in Sicilia sono quelli più emblematici, ma molti altri ne esistono.
Renzi ha
fatto approvare recentemente alcune norme interne che consentono al Segretario politico di
sostituire gli esponenti locali a seguito di reiterato rifiuto di conformarsi
alle direttive del partito e di
commissariare, ove necessario, le strutture mal funzionanti. Ma per venire a
capo del problema dell’ingovernabilità non bastano le misure repressive, è necessario cambiare
una mentalità diffusa nel gruppo dirigente, orientata più a coltivare il
conflitto interno che a cercare di vincere
nel Paese: è quella forma di
inspiegabile masochismo che ha portato, ad esempio, in un recente passato a far cadere le
candidature di Prodi e Marini alla Presidenza della Repubblica a causa dei famosi 101 dissidenti. Da questo punto di vista la fuoriuscita dal
PD di alcuni dei dirigenti che
maggiormente incarnano tale mentalità è
un fatto positivo perché contribuisce a fare chiarezza e a delineare uno spartiacque fra una
sinistra nostalgica di un passato che non tornerà ed una che cerca di adattarsi
pragmaticamente ad un difficile
contesto, dove più che l’ideologia, conta
la capacità di risolvere i
problemi del Paese.
Ma, per
produrre il necessario cambiamento culturale, Renzi deve affrontare anche altre
problematiche alcune delle quali vengono da lontano. Esse, emergendo
contemporaneamente, stanno facendo evaporare gran parte dei consensi che Renzi
aveva ottenuto alle elezioni europee.
Sono temi
che hanno reso, in vari casi, opaca e ambigua l’azione dell’esecutivo:
-
La tradizionale scarsa attenzione
all’esigenza di legalità: ho scritto qualche tempo fa al
Premier segnalando numerosi episodi in cui lo Stato ha ceduto di fronte ai
prepotenti ed ai violenti ed ho avuto da lui una risposta rassicurante sulla fermezza che s’intende
adottare. La recentissima presa di
posizione del Ministro dell’Interno in merito alla vicenda dei tecnici rapiti
in Libia (“Con gli scafisti non si tratta”) è un primo importante segnale in
questa direzione.
La passata disattenzione
è stata il “brodo di coltura” in cui
hanno potuto svilupparsi le collusioni
con la criminalità organizzata, che hanno coinvolto diversi esponenti del
partito nell’inchiesta su Mafia Capitale. Il cambio di passo su questo tema è quindi indispensabile
-
La mancanza di strategia nella
gestione del fenomeno immigrazione: il tema è epocale e va affrontato, ma ciò non può essere
fatto solo con la logica “buonista” tipica della sinistra . Bisogna partire da un assunto
incontrovertibile, che è stato recentemente
e correttamente espresso (sia pure in un contesto improprio) dalla
Cancelliera Merkel: “Non possiamo accogliere tutti”. Il governo dei flussi migratori,
inoltre, non può essere lasciato alle
bande criminali della Libia che incassano
500.000 euro al giorno dalla tratta dei migranti ed ora forse ci
ricattano con il rapimento di alcuni
tecnici italiani. E neppure ai
malavitosi nostrani che lucrano, un tanto al giorno, sulla pelle dei
disgraziati migranti. E’ positivo il lavoro di intelligence e di mediazione
politica discreta che si sta sviluppando in Libia per favorire una maggiore stabilità
del Paese, ma bisogna anche agire in termini di contrasto del business
criminale. La sola mediazione senza la forza diventa arretramento e poi
collusione.
-
La carente lotta agli sprechi : negli encomiabili servizi dei
giornalisti Rizzo e Stella vengono spesso presentate autentiche
“gallerie degli orrori” che
testimoniano di uno Stato incapace di
fermare la dilapidazione del pubblico denaro malgrado le leggi più stringenti.
Non è possibile ad esempio, accettare che un gruppo di arbitri abbia decretato
il pagamento di 1,8 miliardi di euro da parte dello Stato ( per lavori
assegnati e non completati) al
costruttore Longarini di Ancona , plurindagato e condannato, che fra
l’altro, aveva chiesto solo ( si fa per
dire) 300 milioni. Arbitri che si sono anche
auto assegnati prebende pari a 40
volte il massimo consentito dalla Legge. Il tutto sotto gli occhi di numerosi
organismi di controllo che sono stati a guardare. Queste follie devono finire
una volta per tutte e il Governo deve agire, nelle opportune sedi istituzionali
, perché ciò avvenga davvero . I cittadini che pagano le tasse non vogliono più
essere presi in giro da chi dispone in modo osceno delle risorse pubbliche.
-
L’elusione del problema delle coperture finanziarie :
come ho scritto in un paio di commenti al post precedente, c’è
un’evidente sproporzione fra il
grandioso e condivisibile piano di tagli
alle tasse annunciato da Renzi e il silenzio, o quasi, su dove trovare le
risorse per finanziarlo. I
cittadini chiedono di sapere quali sprechi verranno realmente tagliati,
quali risparmi si otterranno, ad esempio, con la riduzione delle stazioni
appaltanti e la centralizzazione degli acquisti , quali sconci privilegi verranno aboliti, fra i quali
quello di dichiarare redditi irrisori e irridenti da parte di categorie che vantano un ricco
stile di vita. Ci vuole, su questo, un’operazione verità.