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venerdì 15 settembre 2017

Intervista al Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati




Giovanni Bianconi - Corriere della Sera, 2 settembre 2017
Albamonte: «Dobbiamo tutelare il diritto alla proprietà. Noi non siamo toghe con l’eskimo»

Il presidente dell’Anm dall’aprile di quest’anno, parla dello sgombero del palazzo di via Curtatone avvenuto nell’ambito di un’inchiesta per occupazione abusiva: «Il resto tocca alla politica»

ROMA - Dottor Albamonte, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, è d’accordo con Magistratura democratica che rivendica la «prevalenza dei diritti sociali e umani su quelli di proprietà»?
«Penso che i diritti debbano convivere, secondo le indicazioni contenute nella Costituzione, e che sia improprio stabilire a priori delle gerarchie alle quali i giudici si debbano attenere a prescindere dal caso concreto». Eugenio Albamonte non è soltanto l’attuale leader dell’Anm. È anche un aderente a Md, la corrente di sinistra delle toghe che dopo lo sgombero di via Curtatone ha emesso un comunicato molto critico nei confronti di quell’intervento. Ed è il pubblico ministero che, ormai quattro anni fa, chiese e ottenne il sequestro preventivo del palazzo occupato da cui sono derivati gli scontri della scorsa settimana.
Quindi è sbagliato invocare, come fanno i colleghi della sua corrente, «un radicale cambio di paradigma, anche da parte della magistratura» in materia di tutela dei diritti?
«Mi sembra una conclusione fuorviante, che ci espone alla strumentalizzazione di chi vuole dipingerci come quelli con l’eskimo che difendono la legittimità dell’esproprio proletario. Non è e non può essere così. La giurisdizione deve tutelare i diritti di tutti, compresi i proprietari di immobili e chi non deve subire violenze nelle operazioni di polizia; è fondamentale che i cittadini abbiano questa convinzione».
Perché?
«Perché solo in questo modo potranno avere piena fiducia nei giudici. Altrimenti c’è il rischio di una delegittimazione del nostro ruolo. Un cittadino non può avere la sensazione che sia inutile rivolgersi a un giudice perché esiste una classifica nella quale i suoi diritti vengono dopo quelli di altri».
Ma tra diritto alla casa e proprietà privata, chi deve vincere?
«Il diritto alla casa non è rivendicabile davanti a un giudice, a differenza del diritto di proprietà, e noi da questo non possiamo prescindere. Anche perché c’è il rischio di una ulteriore deresponsabilizzazione della politica e della pubblica amministrazione, che invece sono chiamati a farsi carico, ad esempio, del diritto alla casa. La sicurezza sociale non può essere ridotta a un problema di ordine pubblico in capo alle forze dell’ordine, come dice il capo della polizia; allo stesso modo non si possono caricare sulla magistratura scelte che spettano alla pubblica amministrazione e agli enti locali».
E di fronte a situazioni di ingiustizia sociale che arrivano sul suo tavolo, un magistrato che deve fare?
«Certamente non può disapplicare la legge per garantire ciò che la politica non ha saputo o voluto risolvere. Noi abbiamo dei confini entro i quali muoverci, che sono quelli stabiliti dalle norme, pur con lo spazio interpretativo che le stesse norme ci consentono. Come avviene sui cosiddetti “nuovi diritti”, dal fine vita alla stepchild adoption, per i quali la domanda di giustizia viene scaricata sui magistrati in assenza di decisioni della politica. Detto questo, è certamente legittimo che anche i magistrati partecipino al dibattito pubblico per sollecitare il legislatore a fare leggi migliori, come fa spesso Md. Probabilmente in questo caso, per un eccesso di sintesi, sono state usate espressioni che rischiano di essere equivocate».
Nel documento si dice che quello di via Curtatone è stato un «episodio impietoso, caratterizzato da un tasso di violenza allarmante».
«Io preferisco non entrare nel merito della vicenda, proprio perché ho richiesto il provvedimento di sequestro poi adottato dal gip. Tuttavia ricordo che i magistrati sono responsabili delle decisioni che sollecitano o prendono, non della loro esecuzione che normalmente non viene diretta né concordata con le Procure. Se nel caso specifico ci sono state modalità spropositate rispetto all’esito da raggiungere, come sembra, sarà accertato dall’indagine in corso».
Condivide la direttiva del ministro dell’Interno Minniti di intervenire con la forza pubblica solo dopo l’individuazione di altre soluzioni?
«Sì, poiché va incontro all’esigenza di ridurre le situazioni di conflittualità. È uno dei modi in cui la politica può assolvere al suo compito di garantire i diritti di tutti, come indicato nel documento di Md. In ogni caso, detto che è sbagliato dare indicazioni ai giudici sui diritti che vanno garantiti prima di altri, è giusto che nell’applicazione della legge ci sia sempre l’attenzione a proteggere i soggetti più deboli, quanto meno nei tempi di applicazione dei provvedimenti; come avviene ad esempio nei casi di sfratto».