Visualizzazioni totali

giovedì 27 dicembre 2012

Agenda Monti: occorre una lista unica


Il dado è tratto: con il suo tweet di Natale  Monti è  “salito in politica”  col motto “ lamentarsi non serve, spendersi sì” e non ha imbarcato i voltagabbana, come auspicato nel mio post precedente.
E’ una scelta coraggiosa perché Monti non può contare su una propria  base elettorale di partenza, ma soltanto sulla volontaria adesione alla sua agenda di forze politiche e sociali variegate e deve sperare che la sua scelta di rivolgersi con chiarezza ai cittadini, già provati dalla politica di rigore, si riveli vincente, malgrado egli non li lusinghi con facili promesse.
D’altronde non è più tempo di facili promesse. In un recente sondaggio, il Corriere della sera ha chiesto ai suoi lettori se avesse ragione Berlusconi proponendo di eliminare l’IMU e ridurre la pressione fiscale : il 90% ha detto di no. Ciò segnala una diffusa consapevolezza che la demagogia ci porterebbe definitivamente alla rovina e che il difficile percorso di risanamento delle finanza pubbliche intrapreso dal Governo tecnico deve essere proseguito dal governo politico che gli succederà, in quanto il peso del nostro debito non consente cedimenti.
Scrivevo al riguardo in un post precedente (“La Grande coalizione” del 24 luglio 2012) quanto segue:
“Il rientro da una follia collettiva che è durata oltre 30 anni richiederà necessariamente tempi lunghi ed un assetto politico ben diverso da quello che ci ha portato sull'orlo del baratro. Invece di una lotta politica apparentemente esasperata sul proscenio e totalmente disattesa dietro le quinte, occorrerà un approccio meno demagogico e  più trasparente, capace di dire ai cittadini la verità: i sacrifici da fare saranno ancora molti e per molto tempo perchè il nostro Paese ha vissuto troppo a lungo al di sopra dei propri mezzi. Solo un doloroso ma salutare rigore ci porterà a risorgere.
Monti è stato criticato per aver detto che "il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni", ma io sono d'accordo con lui.
Abbiamo bisogno di statisti.”

La sfida che Monti ha lanciato alle forze politiche è  proprio da statista: uscire dalla logica del consenso a breve termine, ottenuto invariabilmente a carico del debito pubblico e, quindi, delle prossime generazioni, per costruire un consenso sulle scelte di lungo termine necessarie a riacquistare competitività e peso internazionale e garantire un futuro ai giovani. Per fare ciò ha stabilito dei “paletti” all’interno dei quali dovrebbero  porsi i partiti per poter credibilmente competere per la guida del Paese. Cito, a questo proposito due articoli: il primo di Maurizio Ferrera sul Corriere del 24 dicembre:

“Il Presidente del Consiglio non lo ha detto esplicitamente, ma ha fatto capire che c’è una “Cornice Monti” e, al suo interno, una più specifica “agenda”. La cornice definisce un perimetro di ragionevolezza programmatica di base e comprende essenzialmente due elementi: il rispetto del quadro di riferimento europeo…..e……..il mantenimento dell’IMU ….perchè è diventata un simbolo di serietà fiscale e di impegno al risanamento.”

Il secondo di Massimo Giannini su La Repubblica del 24 dicembre:

“Da ieri il quadro politico è già cambiato……….grazie a Monti il bipolarismo italiano è già diverso da quello che abbiamo conosciuto negli ultimi venti anni. Con la definitiva esclusione della destra forza-leghista dal perimetro della governabilità, cade quella “anomalia necessaria”che ha giustificato le Larghe intese di un anno fa”.

Naturalmente ora la parola spetta agli elettori: se premieranno la forza politica che si sta costruendo in relazione all’ “agenda Monti” e confermeranno quanto i sondaggi dicono circa il successo del PD, si porranno le basi per un nuovo contesto politico in cui competeranno per il governo del Paese una forza politica di centrosinistra ed una di centro, in attesa che in futuro anche la destra possa porsi all’interno del “perimetro di ragionevolezza programmatica” citato in precedenza, dal quale si è autoesclusa a seguito delle posizioni massimaliste assunte.
Per il successo della formazione di centro è però indispensabile la costituzione di una Lista unica, non solo al Senato dove essa è imposta dai meccanismi elettorali del “porcellum”, ma anche alla Camera, dove c’è più libertà di azione. Le resistenze alla lista unica vengono, in parte,  dall’UDC e da FLI  che vorrebbe mantenere la possibilità di scegliere i propri candidati e, in parte, da Italia Futura che non vorrebbe confondersi con i partiti tradizionali della coalizione.
Queste resistenze devono comunque essere superate perché solo un’identità forte e visibile del Centro può sperare di attrarre il voto degli indecisi e di coloro che sono propensi ad astenersi dal voto, nonché  di coloro che sono insoddisfatti delle posizioni assunte dai loro partiti di riferimento. Su questo punto non vi possono essere tentennamenti e non credo che Monti li avrà.


lunedì 17 dicembre 2012

Monti non imbarchi i voltagabbana

Stiamo assistendo in questi giorni a un vero e proprio "teatro dell'assurdo": dopo aver fatto cadere il Governo Monti usando, fra l'altro, espressioni molto offensive nei suoi confronti e critiche pesantissime sull'operato del Governo, al quale avevano dato peraltro supporto per quasi un anno, molti esponenti del PDL, Berlusconi in testa, si stanno spendendo in sperticate lodi del Presidente del Consiglio che viene da loro visto come l'unico in grado di "unificare tutti i moderati".
A parte il fatto che non si vede cosa vi sia di moderato nel PDL, a partire dalle tristi vicende personali del suo leader, che ha pensato tardivamente di scusarsi, addossando però la colpa delle sue " allegre serate" alla magistratura che gli avrebbe teso una trappola, è chiaro che, se Monti, presentando la sua "agenda" ai partiti, accettasse davvero il supporto di chiunque, anche di chi lo ha affossato, non farebbe molta strada e offrirebbe un incredibile "assist" al Movimento 5 Stelle.

Il PDL darebbe davvero segno di moderazione se la smettesse una buona volta di "prendere per i fondelli" i suoi stessi (ex?) elettori con le solite vacue promesse di eliminare l'IMU e di ridurre le tasse di un punto all'anno e si rendesse conto che, per riscattarsi dei danni prodotti, deve mettere in conto di "saltare un giro".
E'chiaro che i cittadini, anche coloro che in passato hanno, in una o più occasioni, dato fiducia al Cavaliere, non sono più disposti ad accettare le sue illusorie affermazioni ( ad esempio, l'ormai mitica negazione della crisi "perchè i ristoranti sono pieni") e quelle dei suoi epigoni: trattare i cittadini come "minus habens" non porterà certo fortuna elettorale al PDL.
Cito dall'interessante editoriale odierno di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera un caso emblematico della schizofrenia in atto nel PDL:

"Monti è ok, la sua agenda è la nostra": parola di Renato Brunetta. Chi ieri ha letto questo tweet dell'ex Ministro della Funzione Pubblica si dev'essere chiesto se l'ha scritto lo stesso Brunetta che soltanto quattro giorni prima rivendicava sul Corriere di aver convinto Berlusconi a staccare la spina. " Sostenere Monti non è stato solo una cosa assolutamente sbagliata, ma anche spaventosamente negativa per il PDL e per l'Italia", sentenziava Brunetta.

Dato che Monti ha chiesto agli Italiani di fare grossi sacrifici per salvare il Paese dal default e molti hanno, sia pure con fatica, accettato la drastica cura dell'austerità, il requisito minimale che deve essere soddisfatto da chiunque aspiri ad un ruolo politico significativo nella prossima legislatura è la serietà: chi, come gli esponenti citati e molti altri, continua a dare pessima prova di sè cercando di "imbrogliare le carte", non può far parte , ad alcun titolo, di una futura coalizione di governo.

Se il Presidente del Consiglio passasse sopra al requisito predetto, metterebbe a serio repentaglio la sua indubbia credibilità e la sua possibilità di riconferma e vedrebbe necessariamente crescere la massa di coloro che intendono contestare radicalmente il presente, screditato sistema politico.





giovedì 6 dicembre 2012

Lettera a Bersani sul finanziamento ai partiti

Milano, 6 dicembre 2012

All’Onorevole
Pier Luigi Bersani

p.c.:
Direttori dei maggiori quotidiani:
Mario Calabresi – La Stampa
Ferruccio De Bortoli – Corriere della Sera
Ezio Mauro – La Repubblica

Oggetto: finanziamento ai partiti

Onorevole Bersani,
desidero anzitutto farLe vivi complimenti per la netta vittoria alle primarie del centrosinistra, che rafforza le Sue legittime aspettative di concorrere con successo alla leadership del Paese, in occasione delle prossime elezioni politiche.
Ritengo, come molti lettori del mio blog  e, credo, gran parte dei cittadini, che il futuro capo del Governo debba soddisfare anzitutto il requisito di rispettare la volontà degli elettori.
Sul tema del finanziamento ai partiti gli elettori si sono inequivocabilmente espressi, nel 1993, tramite un referendum che, con oltre il 90% dei voti, lo ha cancellato
Già otto mesi dopo tale evento i partiti, senza eccezioni, hanno approvato in Parlamento nuove norme che ripristinavano le erogazioni, chiamandole furbescamente “ rimborsi elettorali”. Non mi dilungo sulla questione, che Lei conosce bene, e mi limito ad aggiungere che i ripetuti aumenti di tali elargizioni hanno messo a disposizione dei partiti, non solo quelli attivi ma anche quelli defunti, somme spropositate che sono state l’occasione e lo stimolo del diffuso malaffare che abbiamo rilevato, soprattutto negli ultimi tempi, dalle cronache politiche e giudiziarie.
A fronte di questa situazione riteniamo insoddisfacente la posizione da Lei assunta al riguardo durante il confronto televisivo con Matteo Renzi. Ho scritto, a tale proposito nell’ultimo post del mio blog ,quanto segue:



  Su quella base si può già trarre una conclusione: se al ballottaggio vincesse Bersani, che è favorevole  al finanziamento e propone un' insufficiente riduzione dello stesso, il PD dovrebbe essere bocciato, alle prossime consultazioni politiche, dagli elettori che considerano prioritario il tema in oggetto; se vincesse Renzi, che è favorevole alla cancellazione totale del finanziamento pubblico, anche per rispettare la volontà espressa dagli elettori nell'apposito referendum, dovrebbe essere promosso”

Desidero motivare tale conclusione dicendo che l’argomentazione centrale da Lei usata, per spiegare il suo orientamento favorevole al finanziamento pubblico, e cioè la necessità di “ non consentire solo ai ricchi di fare politica” , non regge. Infatti gli eletti  - da qualunque fascia sociale provengano - godono di retribuzioni e di privilegi notoriamente eccessivi  e quindi non hanno certamente problemi economici nello svolgimento della loro attività politica.
Se la Sua argomentazione intendeva invece esprimere la necessità di sostenere gli apparati di partito, l’ ammontare da Lei  ritenuto appropriato (la metà di quello attuale) è esorbitante, in quanto è comunque il doppio delle spese elettorali denunciate dai partiti, che sono state esposte, peraltro,  con grande larghezza e, spesso, senza pezze giustificative e senza alcun controllo.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che i partiti tradizionali sono fortemente sfidati dal Movimento 5 Stelle che, rinunciando totalmente ai finanziamenti pubblici e decurtando gli stipendi dei propri eletti,  ha dimostrato che tutti possono fare politica con risorse nettamente ridimensionate  rispetto a quelle correnti ed inoltre che, usando la Rete, i costi della politica possono essere ulteriormente ridotti. Se tale sfida non viene raccolta, una gran parte degli elettori sceglierà questa forza politica come unico modo per manifestare il proprio dissenso contro il “sistema”.
Avendo Lei recentemente dichiarato che il PD si propone un forte rinnovamento, in vista delle prossime scadenze elettorali, è essenziale che  ci si muova in tale direzione anche per il tema in oggetto, che è quello che sta maggiormente a cuore ai cittadini e che è per loro l’indicatore essenziale della credibilità delle forze politiche.
La invito, quindi, a riesaminare l’orientamento del partito nelle sedi opportune,  tenendo anche conto di quanto sostenuto da Matteo Renzi, in modo da proporre ai cittadini una soluzione che sia per loro allettante. Se il PD riuscisse in questo intento,  potrebbe riavvicinare alla politica molti elettori che ne sono attualmente disgustati.
Le segnalo che un lettore del mio blog ha dato un utile suggerimento che potrebbe essere la base  per la sostituzione del finanziamento pubblico con quello privato, che è la norma nelle attuali  democrazie occidentali più mature:  dare ai contribuenti la possibilità di destinare l’8 per mille del  loro reddito Irpef anziché genericamente allo Stato, a specifiche forze politiche. Questa soluzione presenta diversi vantaggi:
-       non aggiunge nuovi oneri ai contribuenti
-       permette di focalizzare meglio il loro contributo
-       sarebbe presumibilmente gradito alle forze politiche
-       istituirebbe una forma di finanziamento continuativa, cui potrebbero affiancarsi ulteriori contributi  privati volontari in occasione delle consultazioni elettorali
Il blog seguirà con attenzione le dichiarazioni che verranno fatte, su questo tema, da Lei e da altri esponenti del PD e altrettanto verrà fatto nei confronti delle altre forze politiche alle quali rivolgeremo, in forme analoghe,  la richiesta di una precisa presa di posizione sul finanziamento ai partiti.
Nel ringraziarLa della cortese attenzione e augurandole buon lavoro, Le porgo i più cordiali saluti.

Roberto Barabino

Blog “ La politica dei cittadini” – www.civicum.blogspot.it


lunedì 3 dicembre 2012

Taglio ai costi della politica


Riproduco integralmente l'ironico articolo di Massimo Gramellini, dal titolo" L'ultimo treno ",  pubblicato il 30 novembre nella rubrica quotidiana "Buongiorno", collocata nella  prima pagina de "La Stampa" :

" Come Bertoldo che non riusciva mai a trovare l'albero a cui impiccarsi, il Senato ha rinviato a martedì il voto di fiducia sul decreto che taglia i costi della politica, a causa di uno sciopero dei treni.
Sono venuto a capo per consentirvi di smaltire l'incredulità: Martedì cosa s'inventeranno, un'indigestione di cozze collettiva? Oltretutto pare che la storia dello sciopero sia stata raffazzonata lì per lì, pur di nascondere i dissidi interni ai partiti e giustificare la più politica delle arti: il rinvio. Ma come fanno a non capire che qualunque verità risulterebbe meno fastidiosa di quella penosa bugia? Un Paese dove un operaio scompare in mare durante la bufera cadendo da una gru su cui non doveva nemmeno stare, e dove una barista pendolare muore di stanchezza alla fermata della metro dopo essersi alzata per l'ennesima volta di domenica alle quattro del mattino,ecco, un Paese così serio e duramente provato pretende di non essere offeso dagli sfoggi di tracotanza di coloro che dovrebbero fornire il buon esempio. Questa era davvero l'ultima occasione per un colpo d'ala. Immaginate il presidente dell' assemblea Schifani che annuncia alle telecamere: "Abbiamo deciso all'unanimità di restare a Roma nel  weekend per votare una legge tanto attesa dall'opinione pubblica. Il Senato rimane aperto sabato e domenica. Invito i cittadini ad assistere dai palchi al nostro lavoro". Non dico che si sarebbero guadagnati la rielezione, ma uno sconto del venti per cento sulle pernacchie sì. Così invece niente, neanche la mancia":

Sul tema segnalo anche l'ultimo commento al post precedente, in cui ho indicato le posizioni di Bersani e Renzi in merito al finanziamento ai partiti, emerse dal loro recente confronto televisivo.  Su quella base si può già trarre una conclusione: se al ballottaggio vincesse Bersani, che è favorevole  al finanziamento e propone un' insufficiente riduzione dello stesso, il PD dovrebbe essere bocciato, alle prossime consultazioni politiche, dagli elettori che considerano prioritario il tema in oggetto; se vincesse Renzi, che è favorevole alla cancellazione totale del finanziamento pubblico, anche per rispettare la volontà espressa dagli elettori nell'apposito referendum, dovrebbe essere promosso.