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mercoledì 26 marzo 2014

La fretta di Renzi: vizio o virtù ?



L’Economist ha definito Renzi “Il giocatore d’azzardo con una grande fretta”.
Su questo tema si è  espresso  anche l’economista Mario Deaglio che, in un editoriale del 15 marzo  sul “Corriere della Sera”  intitolato “ La politica dell’azzardo in quattro atti” , ha messo al primo posto, fra le scommesse  di Renzi, quella di “ riuscire a cambiare subito qualcosa d’importante nel processo di decisione politico-amministrativa del Paese: approvare una legge elettorale in poche settimane, mettere a punto  progetti legislativi importanti in pochi giorni, rendere operative decisioni sempre rinviate nei fatti, come quella della vendita delle auto blu, passare da un eterno dire a un rapidissimo fare….Si tratta di una scommessa molto ardita  perché prevede il rovesciamento del gattopardismo che ha governato a lungo la politica e l’economia italiana”.
Dopo il primo viaggio a Bruxelles  in cui Renzi ha esposto le linee d’azione del Governo e ha dovuto  incassare  i risolini di Barroso e Van Rompuy, “Il Fatto Quotidiano”  ha interpellato alcuni esperti  in merito a questo episodio e tutti hanno convenuto che si tratta di una manifestazione del deficit di credibilità che tuttora pesa sull’Italia e che non si è ancora ristretto. Una delle cause, nel caso specifico del Premier, è ritenuta l’eccessiva fretta. Daniel Gros, Direttore del Center for European Policy Studies e buon conoscitore dell’Italia ( si è laureato a Roma e ha incarichi nel nostro Paese) ha detto : “dal lato della politica fiscale un Governo può promettere dei risultati che sono subito certificabili…..se liberalizziamo il mercato del lavoro i risultati non possiamo conoscerli in anticipo. Queste riforme devono ancora passare dal Parlamento, poi ci vogliono i decreti attuativi, bisognerà vedere come sarà applicata la legge, come si comportano i tribunali e le parti sociali. Renzi ci mette del suo, dice “ce la faccio in 30 giorni”….perchè dovrebbe riuscire dove gli altri hanno fallito? Sono cose che richiedono tempo. Poi c’è la copertura per la riduzione delle tasse, per il momento è davvero troppo vaga e poco credibile. Quegli accenni di risata forse si riferivano a questo.”
Un terzo contributo sul tema è di Roger Abravanel, uno dei massimi consulenti d’impresa, che in un articolo sul Corriere del 24 marzo, a proposito della promessa di Renzi di mettere 1000 euro in busta paga di molti lavoratori entro maggio,  ha scritto: “ Avendo preso un impegno così forte (“se non ci riesco sono un buffone”) un modo per riuscirci lo troverà. Ma se lo farà  semplicemente aumentando il deficit spending…sarà un successo minore….il vero successo sarà se riesce a farlo in gran parte con un taglio di spesa strutturale come un primo passo verso quei 35 miliardi di tagli previsti dalla spending review fra due anni…..Soprattutto sarà necessario un grande miglioramento della capacità di realizzare le iniziative e non solo di studiarle”.
Come si vede i pareri non sono convergenti: la fretta è vista da alcuni  come un requisito indispensabile per rompere il blocco politico – burocratico  che da sempre impedisce le riforme nel nostro Paese: se qualcosa non si vede subito, il rischio è che anche Renzi venga risucchiato dall’Italica incapacità di cambiare. Per altri invece il rischio  è che Renzi prometta l’impossibile e diventi vittima della sua ansia di “cambiare verso” al Paese
A mio avviso c’è del vero in entrambe le posizioni: solo se riesce a dare dimostrazione di saper rompere realmente i tabù, soprattutto della sinistra, e “portare a casa” dei risultati, Renzi può sperare di sopravvivere politicamente e diventare un vero agente di cambiamento. Ma per fare questo non può trattare tutti i problemi con la stessa urgenza, altrimenti non è credibile.
Sul primo aspetto bisogna dire che un buon passo avanti è  stato quello di intestarsi pienamente la responsabilità delle decisioni governative, senza farsi condizionare dai vecchi riti della “concertazione” con le parti sociali. Sul secondo è necessario che venga distinto con chiarezza ciò che può essere ottenuto a breve (ad esempio il taglio delle spese militari) e ciò che, come dice Gros, “richiede tempo” (ad esempio la riforma del mercato del lavoro).
In ogni caso per ricreare un accettabile livello di credibilità internazionale, bisogna rinunciare alle scorciatoie, che non ci sono, e imboccare la strada maestra del  taglio strutturale delle spese, che ovviamente non può essere indolore e accontentare tutti,  ma deve anzi forzare le resistenze delle lobby e dell’apparato burocratico. Di questo sembra esservi consapevolezza nel Governo avendo dichiarato il Ministro del lavoro, a proposito dell’opposizione di Confindustria e CGIL alla riforma proposta, “se strillano entrambi vuol dire che forse l’abbiamo imbroccata”

venerdì 14 marzo 2014

Pagherà l'azzardo di Renzi ?





Su “Il Fatto Quotidiano” del 13 marzo Stefano Feltri  ha scritto:
“ Nessuno si augura che Matteo Renzi fallisca e nessuno pensava che “cambiare verso” all’Italia fosse facile. Il consenso di cui gode il premier, lo ha ammesso lui stesso, deriva dal fatto che non ci sono alternative. Proprio per questo, per le attese che Renzi ha creato, si rischia sempre di rimanere delusi. Il suo “mercoledì da leoni”è stato molto renziano: energia, comunicazione perfetta per la tv, una mitragliata di numeri, impegni e scadenze. Ma il provvedimento decisivo, quello che taglia le tasse ai lavoratori e alle imprese non c’è”.
Su “Libero” dello stesso giorno, Maurizio Belpietro  ha scritto:
“Matteo Renzi è uno straordinario giocatore d’azzardo, che ama le puntate forti e soprattutto i bluff. Tuttavia, nonostante la sua passione per le sfide, stavolta rischia grosso perché si è giocato tutto. …… Il consiglio dei Ministri tenutosi poco prima dell’incontro con la stampa non ha licenziato un decreto che riducesse le imposte  né ha varato qualcosa di immediatamente esecutivo: ha semplicemente preso atto delle intenzioni del capo del Governo  e dei suoi impegni…..con la sortita di ieri il presidente del Consiglio si gioca i nostri soldi e, vista la situazione, non c’è che da augurarsi che gli vada bene perché, altrimenti altro che ultima spiaggia: finiremo l’ultimo cent”.
Come si vede, due opinionisti di aree politiche molto  diverse esprimono opinioni sostanzialmente convergenti: sull’auspicio che Renzi ce la faccia per il bene del Paese e per mancanza di valide alternative e sull’azzardo che si è preso con promesse assai precise e impegnative ma non suffragate da dati di copertura certi.
La situazione è quindi veramente difficile anche perché, oltre alle sfide sul piano economico Renzi dovrà affrontarne altre, altrettanto dure, sul piano delle riforme: lo scarso margine con cui è stata approvata alla Camera la nuova legge elettorale dimostra quanto pesino ancora i dissidi interni del PD sulle prospettive e sulla tenuta della coalizione di governo. Ora il provvedimento deve passare attraverso “le forche caudine ” del Senato e qui potrebbero verificarsi sgradevoli sorprese, non solo per il desiderio di rivalsa dei “perdenti” del PD , ma anche  per la logica resistenza di molti senatori, di tutte le parti politiche, ad essere azzerati con la riforma della Camera Alta che Renzi considera un punto centrale e irrinunciabile del proprio programma politico.
Anche se Renzi ostenta notevole sicurezza ed è indubbiamente dotato di molto coraggio, i rischi di una rapida involuzione del quadro politico sono elevati; in questo senso possono essere letti anche i dati dello spread che sono, negli ultimi giorni,  in aumento, mentre  il premier ha, un po’ imprudentemente, detto di voler contare sulla loro riduzione per reperire risorse atte a finanziare il taglio del cuneo fiscale.
In termini di contenuti Il giudizio che si può dare del programma renziano è piuttosto positivo perché propone “misure shock” senza le quali è difficile che la “macchina Italia” possa ripartire, perché mira a favorire  anzitutto le fasce deboli sia per ridurne il disagio sia per favorire un immediato sviluppo della domanda di beni e servizi dal quale dipende la propensione delle imprese ad investire,  e infine perché taglia il costo dell’IRAP finanziandolo con l’aumento delle rendite finanziarie.
E’ un programma di sinistra ma attento anche ad alcune tematiche care alla destra. Il problema è vedere se la riduzione delle tasse, su lavoratori e imprese, potrà essere finanziata con misure permanenti e certe  anziché  con misure transitorie e non molto affidabili, come alcune di quelle prospettate dal Premier. Su questo punto cito ancora Belpietro:
“ Si capisce che quella di Renzi è finanza creativa: l’ex sindaco sta puntando fiches che non ha. Rompendo gli schemi, i rituali e anche le resistenze della burocrazia, il capo del governo si gioca tutto, senza paracadute e senza possibilità di ritorno, nella speranza che l’urto serva a far smuovere l’economia e l’occupazione: Forse è giusto così. Forse è il solo modo di rompere l’accerchiamento dei ragionieri di Bruxelles. E forse, come ogni buon giocatore d’azzardo, alla fine vincerà lui contro ogni previsione e ogni buon senso.”
La reazione di Bruxelles agli annunci di Renzi è stata un misto di  cautela e di apertura : si vogliono evitare pericolosi sforamenti che potrebbero ricreare forti condizioni d’instabilità nei mercati finanziari con rischi per tutta la zona Euro; ma si accoglie con favore un approccio decisionista che ponga termine ad una pericolosa situazione di stallo.
A favore del premier potrebbe giocare il fattore psicologico che ha così grande valore nel mondo dell’economia e della  finanza come dimostra il caso di Draghi, che è riuscito a fermare la crisi dell’euro, ritenuta da molti ormai irreversibile, semplicemente  pronunciando  la famosa frase “faremo tutto quanto è necessario (whatever it takes)” per evitare il tracollo della moneta unica.  Anche Draghi aveva giocato d’azzardo perché era tutt’altro che scontato l’appoggio della Germania a misure d’intervento  nello stile del “quantitative easing” americano. Prendendo il rischio di essere smentito, Draghi ha risolto il problema senza dover fare un solo intervento.
Nel caso di Renzi gli interventi sono invece necessari, ma non meno necessaria, per uscire dal pantano e rilanciare il Paese,  è la  creazione di un clima di fiducia, che potrebbe rapidamente diffondersi se quanto da lui promesso arriverà davvero nella busta paga dei lavoratori interessati durante il prossimo mese di maggio. Auguriamoci che sia così.



martedì 4 marzo 2014

Prime ombre e luci del governo Renzi



La Tasi è una bella botta” così si è espresso, con la consueta e un po’ ruvida franchezza il Presidente di Confindustria, a sottolineare che il primo “ fatto” del nuovo governo è stato  un aumento delle tasse, azione  tipica delle compagini di centrosinistra.
Va detto inoltre che è stato confermato il processo di progressiva revisione degli estimi catastali che dovrebbe portare, nel giro di quattro-cinque anni a valorizzare gli immobili a pressi di mercato. Con le aliquote attuali delle imposte sulla casa, la botta diventerà “bellissima” ( si fa per dire!) e il suo gravame potrebbe diventare insostenibile visto che in gran parte si tratta di imposte patrimoniali non temporanee ma permanenti: un vero e proprio  salasso ed  un paradosso in un Paese dove si finge contrarietà a questa forma d’imposizione, ma si continua a praticarla e ad aggravarla.
Il primo passo concreto, di natura economica,  del Governo è quindi un passo falso perché va in direzione opposta al contenimento delle spese dello Stato che resta l’unica strada seria per trovare risorse da dedicare alla crescita. Su questo versante, a parte la riduzione dei costi della politica che, sia pur gradualmente e parzialmente, è stata avviata, finora nulla si è visto. Se non si fa qualcosa di concreto a breve su questo terreno, la credibilità dell’esecutivo ne risentirà pesantemente.

L’altra grossa ombra del governo Renzi riguarda la nomina di sottosegretari indagati o comunque chiacchierati: il caso  del sottosegretario alle Infrastrutture Gentile, recentemente dimissionario, è il più eclatante ma non il solo: che dire di Francesca Barraciu,  esclusa in Sardegna dalla corsa alla Presidenza regionale perché indagata e  poi compensata con un sottosegretariato? Ci sono poi altri casi  di indagati, a conferma che il sottogoverno rappresenta il”buco nero” della  politica italiana.
L’argomentazione usata da Cicchitto per difendere Gentile (“non è indagato”) è un’ipocrisia che non possiamo accettare: abbiamo il diritto di pretendere che chi occupa incarichi istituzionali non sia neppure sfiorato da legittimi sospetti. Bisogna ridare alla parola “Onorevole”, di cui si fregiano i Parlamentari, il suo significato di “persona meritevole di onore”. Senza requisiti etici  inattaccabili non si dovrebbe stare  in Parlamento e certamente non si può accedere a incarichi governativi. Auspichiamo che Presidente del Consiglio accolga la richiesta della meritoria e consistente associazione “Eticasempre” di sottoscrivere il codice etico dalla stessa messo a punto e già in passato proposto agli attori della politica.

Venendo alle luci, l’aspetto più sorprendente e significativo di questo primo scorcio di azione governativa è  la determinazione con cui Renzi ha messo alla base del rilancio del Paese l’educazione e il ruolo sociale degli insegnanti. E’ certamente il primo Presidente del Consiglio che coglie e mette al primo posto delle priorità nazionali  un fattore “di lungo periodo” come è quello dello sviluppo della conoscenza e delle condizioni materiali in cui si trovano le scuole: senza una loro adeguata sistemazione e messa in sicurezza è impossibile un insegnamento di qualità. A mio avviso questo approccio lungimirante, non condizionato dalle urgenze, che pure ci sono, di  breve periodo è una mossa da statista. Se Renzi saprà portare avanti questa partita in modo efficace potrebbe davvero “cambiare verso al Paese”.

Un altro aspetto innovativo è  l’approccio alla politica estera. Iniziare i propri contatti internazionali dal bacino del Mediterraneo, area  strategica per l’Italia ( per le forniture energetiche, i flussi migratori,  le opportunità  di scambi commerciali e culturali) indica la consapevolezza di dover agire anzitutto nel contesto a noi più vicino ,col quale possiamo avere una positiva interazione, per poi misurarci con le problematiche europee ed extraeuropee, senza porci in una logica di subordinazione verso i  nostri partner, come il Premier ha più volte evidenziato. E’ un approccio  realistico che mira a costruire un ruolo internazionale dell’Italia coerente con il suo status di Paese industrialmente avanzato e  di media potenza regionale.

E’ ancora troppo presto per dare giudizi ma è il tempo giusto per segnalare con approccio costruttivo i punti di debolezza e quelli di forza che via via si manifestano nell’operato dell’esecutivo.
Invito pertanto i lettori a integrare le mie prime osservazioni con i loro commenti sui temi da me trattati e su altri che non ho preso in considerazione .Seguendo senza pregiudizi e con vigile attenzione ciò che “bolle in pentola” possiamo dare un contributo ad una positiva evoluzione del nostro Paese.