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sabato 22 febbraio 2014

Matteo, in bocca al lupo !



Mi rivolgo in tono confidenziale al Presidente del Consiglio non per mancanza di rispetto ma per testimoniare simpatia per il  suo coraggioso tentativo di “cambiare verso”al Paese.
La compagine governativa che ha varato contiene importanti novità: ha una bassa età media, è basata sul principio della parità di genere e alle donne sono attribuiti, per la prima volta, alcuni fra i ministeri più “pesanti”: Esteri, Difesa, Pubblica Istruzione, Sviluppo economico, ecc.
Inoltre nella posizione più importante è stato collocato Piercarlo Padoan,  già Vicepresidente dell’OCSE, figura di spicco internazionale in grado di rappresentare al meglio il nostro Paese nelle assise cui partecipano i Ministri dell’Economia. Padoan, che è un convinto europeista, ha una posizione equilibrata sul rapporto da tenere fra le misure orientate al rigore e quelle finalizzate allo sviluppo. Il suo alto “peso specifico” consentirà di portare avanti in modo credibile, in sede europea e non solo, le richieste di flessibilità che il premier Renzi ha più volte evocato.
Nel Governo sono presenti anche figure del tutto nuove per la ribalta politica nazionale, sulla cui consistenza ci si potrà esprimere solo dopo che avranno iniziato ad agire. Mi sembra ingeneroso qualificarle tout court, come fa Peter Gomez su Il Fatto Quotidiano, come  “espressione delle  lobby che sono la causa del degrado del Paese”  e dire del Governo che “non è un dream team , ma solo una galleria di errori ed orrori”. Queste espressioni sono chiaramente il frutto di una visione ideologica e preconcetta che non può dare alcun contributo per superare le difficoltà presenti.  Ciò in linea con la posizione di opposizione “ a prescindere” che il quotidiano spesso assume.
Credo che il modo corretto di porsi di fronte all’evidente sforzo del Premier di avviare un processo di cambiamento sia quello di seguire con attenzione le iniziative politiche e legislative che verranno poste in essere  dal Governo ed esercitare, nei loro confronti, una vigilanza critica e costruttiva. A questo tono saranno improntati i post che scriverò al riguardo.
Rivolgo pertanto un appello ai lettori del blog ad attenersi possibilmente, quando invieranno i loro commenti,  a questo principio e colgo l’occasione per spiegare il motivo per cui io tendo ( come ho scritto ad un lettore rispondendo ad un suo commento all’ultimo post) a “vedere il bicchiere mezzo pieno”.  Non si tratta di  ingenuo e ingiustificato ottimismo ma della consapevolezza, che deriva dalla mia lunga esperienza professionale  sul cambiamento nei sistemi complessi, che esso è possibile solo se, oltre a rilevare le criticità da correggere , si cercano i punti di forza su cui far leva per ottenere sostanziali miglioramenti. Di questo sono assolutamente certo: i cambiamenti si fanno costruendo sui punti di forza e non solo eliminando i punti di debolezza.
In questo mi trovo totalmente d’accordo con Renzi che ripete spesso la necessità di una spinta in positivo come base per cambiare il Paese.

sabato 15 febbraio 2014

Renzi inizia male ma potrebbe farcela



Dopo un recente faccia a faccia con Letta,  Renzi aveva dichiarato “Io sono leale, ma Enrico non si fida di me”.  Bisogna dire, a cose fatte, che Enrico aveva ragione a non fidarsi.
Dopo aver detto al Premier più volte di “stare sereno”  e aver solennemente affermato che non si sarebbe mai proposto per il governo senza passare dalla  consultazione  elettorale, Renzi ha fatto tutto l’opposto di quanto promesso.
Anche dando per scontato che la politica non è un gioco per educande, questo voltafaccia fa perdere molta credibilità al Segretario del PD. Infatti le reazioni del pubblico, sul web e sui giornali, non è certo favorevole al  “molto ambizioso”  candidato premier. E anche nel mondo politico questa spregiudicatezza ha suscitato forti perplessità: come si può contare, per fare un governo o anche per fare le riforme, su chi si rimangia in quattro e quattr’otto e senza batter ciglio la parola appena data?
Passando dal discutibile metodo usato al merito della questione, ci sono due grossi limiti nel discorso con cui Renzi ha rottamato Letta: il primo è la mancanza totale di contenuti programmatici. Non si è capito, al di là dell’asserita necessità di un radicale cambiamento, in cosa questo consista; forse se ne riparlerà nella Direzione del PD della prossima settimana. Stiamo a vedere, ma il tempo stringe.
Il secondo è la pretesa di fare un governo di legislatura in base ad una maggioranza assai risicata, fatta da partiti che nella normalità della lotta politica dovrebbero stare in campi opposti. O Renzi ha qualche coniglio nel cappello che gli permetta di ottenere consensi trasversali oppure questa pretesa rischia di schiantarsi contro il muro della realtà, forse anche in tempi brevi.
Ho espresso senza peli sulla lingua il mio disappunto per come si è mosso il Segretario del PD pur avendo più volte, nei miei post, espresso giudizi positivi sulle sue doti di leadership e sulla sua attitudine al governo del Paese che, malgrado tutto, confermo.
Affinché questa attitudine diventi realtà è però  necessario che il probabile futuro Premier unisca al dinamismo e alla determinazione che tutti gli riconoscono e di cui c’è assoluto bisogno per superare lo stallo attuale, la coerenza fra le dichiarazioni e i fatti.
Avremo una prima verifica a questo proposito con la legge elettorale e con il Jobs Act: se Renzi riuscirà a farli approvare in tempi brevi, vorrà dire che – malgrado lo scivolone avuto con Letta -  è capace di mantenere gli impegni sulle cose che più contano. Se invece ciò non dovesse accadere sarebbe il segnale che, invece dell’inizio della Terza Repubblica, il suo arrivo al potere segna il ritorno della Prima.
A questo punto Grillo, che pure di errori ne ha fatti tanti e che rischia, a sua volta, di essere messo ai margini, potrebbe trovarsi la strada spianata nel raccogliere i cocci di un sistema politico decotto. Come ho già detto in precedenti post,  la strada più probabile per un eventuale successo del Movimento 5 Stelle, sarebbe un altro, definitivo autogol da parte del PD.
C’è da sperare peraltro, per il bene del Paese,  che il nuovo leader di questo partito trovi il modo per far quadrare un cerchio di alleanze costruttive e di risultati concreti che i cittadini da tempo aspettano.

venerdì 7 febbraio 2014

Casaleggio e Grillo: ora basta



Io sono uno di coloro che, in vista delle scorse elezioni politiche, si è messo in coda al gazebo di Largo Cairoli a Milano per mettere la firma affinché il Movimento 5 Stelle avesse la possibilità di presentarsi alla competizione elettorale.
Pur non condividendo i toni di Grillo né varie proposte politiche del M5S e, quindi, non avendo intenzione di votarlo, ho compiuto quel gesto perché ritenevo utile l’ingresso in Parlamento di una forza politica anticasta che fosse in grado di “scoprire gli altarini” dei vecchi partiti che hanno a lungo gabbato gli elettori distribuendosi laute prebende e mortificando la volontà espressa dagli stessi nei referendum.
Avevo però sottovalutato quanto Grillo da tempo affermava con una metafora,  e cioè che ” se una barca è piena di buchi, bisogna anzitutto eliminare chi li ha fatti e non limitarsi a tapparli perché gli stessi verrebbero riaperti”. Questo pensiero, che sembra avere una logica, non tiene però conto del fatto che, in attesa di eliminare le cause, la barca può tranquillamente affondare e che chi ha fatto i buchi, se si rende conto di affondare, può anche porre rimedio da solo al problema, anziché farsi cacciare o affogare.
Quello cui abbiamo assistito negli ultimi tempi  ( dalla richiesta, del tutto infondata, di impeachement di Napolitano,  all’apostrofare con violenza  lo stesso Presidente definito “un boia” , all’insultare la Presidente della Camera e  le donne del PD con riferimenti sessuali, al dichiarare l’ostracismo ai giornalisti scomodi) non sono che le conseguenze del tentativo, del tutto impossibile, di applicare alla realtà politica la predetta metaforica ricetta e sono anche gli indicatori della tremenda frustrazione di chi si rende conto che il suo disegno non può realizzarsi e quindi si sfoga nel modo peggiore contro chi ne impedisce l’attuazione. Non è un caso che la campagna denigratoria sia partita subito dopo l’accordo Renzi/Berlusconi sul sistema elettorale,  che non piace a molti perché “ha fatto resuscitare il defunto” e perché contiene indubbiamente grossi rischi, ma che è anche un coraggioso tentativo di produrre nel nostro Paese un “cambiamento di sistema”, che consenta una dinamica politica dell’alternanza non più sottoposta ai ricatti dei partitini e alle contraddizioni delle larghe intese.
Grillo e Casaleggio, i quali credono davvero che la loro missione sia quella di far fuori tutto l’establishment politico e di diventare i “deus ex machina” di una palingenesi della società italiana, sono stati totalmente spiazzati da questa mossa inattesa ed ora puntano al “tanto peggio, tanto meglio”, nella speranza di far saltare il sistema prima che lo stesso possa cambiare e mettere definitivamente fuori gioco la loro strategia. Il fatto è che, avendo messo in moto una spirale perversa, le conseguenze  della stessa potrebbero essere ben diverse da quelle da loro ipotizzate. Basta pensare a cosa sarebbe successo se la Presidente Boldrini non avesse applicato la “tagliola” e gli italiani fossero stati costretti, dopo aver pagato la mini IMU, a pagare interamente la tassa sulla prima casa: non ne avrebbero certamente incolpato i politici di maggioranza, ma l’avrebbero giustamente addebitata al M5S che, alle prossime elezioni , sarebbe stato “asfaltato”.
E’ tempo, quindi, che i due leader riflettano attentamente sulla situazione e prendano atto che “la politica è il mondo del possibile” non quello dei sogni. A tutti piacerebbe avere la bacchetta magica e spazzare via chi è stato causa dei nostri guai. Ma, dato che la bacchetta non c’è, bisogna fare i conti con i rapporti di forza, da un lato, e con le attese dei cittadini, dall’altro. I rapporti di forza non consentono a chi ha il 25% dei voti di decidere unilateralmente il cambiamento del sistema politico e le attese degli italiani non sono quelle della palingenesi, ma di una più modesta  riforma che metta in grado il Paese di ripartire. Se il M5S si ostinasse a negare questa realtà andando a testa bassa contro tutto e contro tutti,  i notevoli consensi che ha raccolto nel febbraio 2013 potrebbero rapidamente evaporare.
Gli italiani sono stanchi dei vecchi politici ma anche dei nuovi “apprendisti stregoni”.

sabato 1 febbraio 2014

Conflitto fra Stato e Regione Veneto

Pubblico di seguito tre documenti che illustrano diversi aspetti del conflitto che si è aperto con l'impugnazione di fronte alla Corte Costituzionale,da parte del Governo, della recente Legge regionale del Veneto sul Piano Casa:
- il primo è un articolo del battagliero e competente Gruppo d'intervento giuridico, un'associazione ambientalista che lotta con strumenti legali contro le leggi sbagliate e gli abusi da queste consentiti.
- il secondo è la lettera inviata alle autorità politico-istituzionali dal Coordinamento nazionale dei Comitati (CIVU) che richiede, fra l'altro, un depotenziamento delle Regioni in campo urbanistico
- il terzo è un articolo del Corriere della Sera - Veneto, che illustra l'accordo raggiunto a Roma per contenere il forte dissenso dei sindaci veneti contro il Piano Casa regionale. L'accordo riduce il dissenso ma non risolve le ragioni di fondo del conflitto, che richiedono un diverso assetto del repporto Stato/Regioni/Comuni, con la modifica del titolo quinto della Costituzione.

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Gruppo d'Intervento Giuridico
 

Il Governo ha impugnato il c.d. piano casa del Veneto davanti alla Corte costituzionale.

gennaio 25, 2014 

3 Votes

Venezia, panorama
L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus esprime la propria forte soddisfazione per la decisione del Governo nazionale, adottata nel corso della riunione del Consiglio dei Ministri del 24 gennaio 2014, di proporre ricorso davanti alla Corte costituzionale (art. 127 cost.) avverso la legge regionale Veneto 29 novembre 2013, n. 32 contenente la terza edizione del c.d. piano casa per la lesione delle competenze statali in materia di ambiente e urbanistica (artt. 117 e 118 cost.) e, indirettamente, per lo svuotamento delle competenze comunali in materia urbanistica.
Era quanto aveva chiesto con una specifica istanza (30 dicembre 2013), mettendo in proposito a disposizione di chiunque lo desiderasse un fac simile di istanza da completare con le proprie generalità e qualifica e da rivolgere direttamente al Governo perché impugnasse davanti alla Corte costituzionale questo vero e proprio regalo alla speculazione edilizia più becera.
Copia dell’istanza è stata fornita al Comune di Asiago, uno dei primi Comuni veneti, insieme a Cortina d’Ampezzo, a battersi apertamente contro il provvedimento legislativo, con una deliberazione consiliare (23 dicembre 2013) di disapplicazione del c.d. terzo piano casa, a numerosi amministratori locali, a parlamentari, ad associazioni ambientaliste, a liberi professionisti, a semplici cittadini.
Altopiano di Asiago
Altopiano di Asiago
Numerose polemiche e contrasti accompagnano questa normativa.
Quello veneto, infatti, è tutt’altro che un piano casa.
Bisogna ricordare che il vero e unico “piano casa” è stato  il piano straordinario di intervento dello Stato per realizzare edilizia residenziale pubblica su tutto il territorio italiano nell’immediato secondo dopoguerra, con i fondi gestiti da un’apposita organizzazione presso l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, la Gestione INA-Casa, in base alla legge n. 43/1949. Al termine (1963) saranno realizzati ben 355 mila appartamenti nei tanti quartieri “razionali” predisposti grazie anche al contributo di alcuni fra i più importanti architetti e urbanisti del tempo (da Carlo Aymonino a  Ettore Sottsass, da  Michele Valori a  Mario Ridolfi).
In realtà – così come in Sardegna e in altre regioni italiane – si tratta di un provvedimento legislativo adottato per favorire la più becera speculazione edilizia.
Modena, INA Casa, Viale Storchi (1950)
Modena, INA Casa, Viale Storchi (1950)
La terza proroga[1] del finto piano casa e vero piano scempi sarà applicabile fino al 10 maggio 2017 e sarà utilizzabile addirittura per gli edifici realizzati fino al 31 ottobre 2013 (art. 3, comma 2°), per il 20% della volumetria o della superficie esistente (aumentabile di un ulteriore 5% per edifici residenziali o del 10% per gli altri quando si faccia l’adeguamento per la sicurezza sismica), fino a mc. 150 per unità immobiliare, anche su corpi separati entro una distanza di 200 mt. dall’edificio principale.
Nel caso di demolizioni e ricostruzioni con miglioramenti energetici o con edilizia sostenibile gli aumenti volumetrici possono addirittura essere rispettivamente del 70% e dell’80% della volumetria esistente (art. 4, comma 2°), anche su aree di sedime diverse da quelle dell’edificio originario (artt. 4, comma 3° e 11).
Veneto, pianura alluvionata
Veneto, pianura alluvionata
Anche per l’obbligatoria rimozione dell’amianto è concesso un aumento volumetrico del 10% (art. 6), così come è incentivata la demolizione di edifici in zone a rischio idraulico con la ricostruzione in altre zone con un premio volumetrico del 50% della volumetria esistente (art. 7).   Per l’eliminazione delle barriere architettoniche è concesso un ulteriore ampliamento del 40% della volumetria (art. 12).
Sono inoltre consentiti nuovi centri commerciali nei centri storici anche in deroga agli strumenti urbanistici (art. 16).  Non esistono più limiti alle altezze degli edifici, né c’è la minima traccia delle necessarie autorizzazioni ambientali per le aree tutelate con il vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) o con il vincolo idrogeologico (regio decreto n. 3267/1923 e s.m.i.) o rientranti in siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale (direttive n. 92/43/CEE e n. 09/47/CE, D.P.R. n. 357/1997 e s.m.i.).
Ma soprattutto – incredibile per una regione come il Veneto dove la Lega Nord governa – di fatto saranno esautorati i 581 Comuni veneti, che non avranno alcuna possibilità di mitigare o adeguare le previsioni legislative alla realtà locale: gli strumenti urbanistici comunali saranno in pratica disapplicati.
Bassano del Grappa
Bassano del Grappa
Basti pensare a che cosa potrebbe accadere sull’Altopiano di Asiago, sulla Riviera del Brenta o nella conca di Cortina d’Ampezzo, nella stessa Venezia, una vera follìa, un autentico far west urbanistico in danno delle aree più pregiate sul piano ambientale e forti richiami per il turismo.
La pianura veneta, un tempo celebrata da poeti e scrittori e già ora a rischio di collasso ambientale, potrebbe divenire un unico capannonificio, inutile e sempre meno ricco di lavoro.
L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus confida che le ragioni del diritto, del buon senso, della tutela del territorio trovino accoglienza nel giudizio della Corte costituzionale.

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 Comitati Italiani per la Vivibilità Urbana



27   gennaio 2014
A:
-         Leader politici nazionali
-         Membri del Governo e del Parlamento.
-         Presidenti e Assessori all’Urbanistica delle Regioni e Province autonome
-         Sindaci e Assessori all’Urbanistica delle città capoluogo di provincia
-         Esponenti di Istituzioni e Associazioni nazionali e territoriali
-        Organi d’informazione

STOP ALLO STRAPOTERE DELLE REGIONI:
DA VENEZIA UN SEGNALE FORTE
IL 10 gennaio 2014 la Giunta del Comune di Venezia ha approvato un atto d’indirizzo col quale si è deciso di:
-         conferire mandato al Sindaco di agire in tutte le sedi ritenute più opportune per evidenziare le ragioni di illegittimità del terzo Piano Casa della Regione Veneto(L.R 32 / 2013), al fine di ripristinare in capo al Comune il pieno potere di regolamentare lo sviluppo del proprio territorio

-         informare il Governo del contenuto della legge predetta, anche ai fini della sua impugnazione in via diretta innanzi alla Corte costituzionale

-         redigere una proposta di Legge regionale di iniziativa del Consiglio Comunale e successivamente condividerla con gli altri consigli comunali dei comuni capoluoghi si provincia della Regione Veneto a modifica del Piano Casa.

In realtà più che un Piano Casa la legge approvata dalla Regione è un piano per il rilancio del settore delle costruzioni con l’intento, in sé condivisibile, di contribuire al rilancio economico del territorio. Però, come è già avvenuto in passato, ed anche in altre regioni italiane, si persegue un obiettivo socialmente utile ma non ci si preoccupa di valutarne e garantìrne la compatibilità con altri obiettivi primari, come la tutela dell’ambiente e la vivibilità urbana.
Nel territorio con la maggiore vocazione turistica d’Italia, in cui ha sede la più preziosa e delicata città d’arte del mondo, intensificare drasticamente la densità urbanistica appare delittuoso anche perché il Veneto è  già la seconda regione più cementificata del nostro Paese ed ha un tasso di urbanizzazione che è il triplo di quello medio europeo.
Tale politica, inoltre, è in netta contraddizione con le dichiarazione fatte al riguardo dai due ultimi Governatori regionali, entrambi i quali hanno riconosciuto  la necessità di contenere lo sviluppo edilizio. In particolare l’attuale Governatore Zaia aveva testualmente dichiarato un anno fa :
“ Nel Veneto si è costruito troppo, non possiamo continuare così: E’ necessario fermarci. Questo vale per i capannoni industriali, ma a maggior ragione per le abitazioni. E’ assurdo continuare ad approvare nuove lottizzazioni quando esistono già abbastanza case per tutti”.
A queste sensate, ma purtroppo non rispettate, parole del Governatore ci sentiamo di aggiungere “ad abundantiam”  che non solo ci sono in Veneto case per tutti ma ce ne sono di più: una ricognizione anche veloce del territorio regionale mette in evidenza la presenza di numerosi stabili nuovi totalmente o parzialmente disabitati.
Per tutti i motivi sopraelencati condividiamo pienamente la posizione assunta dal Comune di Venezia alla quale, a quanto ci consta, sono pronti ad allinearsi i maggiori capoluoghi di provincia delle regione. Invitiamo, pertanto, tutte le autorità destinatarie di questa comunicazione ad attivarsi, per quanto di loro competenza, per supportare l’iniziativa della Giunta veneziana ed attivarne altre che possano dare il segno di un’inversione di tendenza. Il nostro Paese ha bisogno che le politiche pubbliche siano improntate alla ricerca, talvolta frutto di una faticosa sintesi di diverse istanze, del bene comune e non alla soddisfazione degli appetiti delle lobby sempre pronte a fare i propri interessi a spese della collettività.
Un appello particolare rivolgiamo ai leader politici che sono, in questo periodo, impegnati in una difficile opera di riforma istituzionale che possa garantire governabilità al Paese e restaurare la credibilità della politica. Dato che uno degli aspetti da riformare è il titolo quinto della Costituzione, che riguarda la distribuzione dei poteri fra i diversi livelli della struttura centrale e territoriale dello Stato, suggeriamo un netto ridimensionamento dei poteri in materia urbanistica delle Regioni, che tanti danni hanno già fatto, anche travalicando spesso tali poteri e venendone successivamente sanzionate dalla Corte Costituzionale.
E’ assolutamente necessario che, come avveniva correttamente in passato, lo Stato definisca in modo fermo i vincoli cui tutte le istituzioni sotto ordinate devono attenersi, lasciando poi ai Comuni ( anche nelle diverse aggregazioni che si prospettano con la riforma) il compito di fare le scelte urbanistiche più appropriate per rispettare le specificità dei territori. Un ruolo delle Regioni e degli enti intermedi di area vasta va mantenuto per la tutela dei beni comuni non rinnovabili.
Cordiali saluti.
Roberto Barabino (Rete dei Comitati per la Qualità Urbanistica)- Milano – portavoce
Anna Maria Bianchi (Laboratorio Carteinregola)- Roma- portavoce

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 Corriere della Sera- Veneto

Accordo raggiunto sul Piano Casa
nei Comuni possibili nuovi vincoli

Sì alle varianti «ordinarie», niente poteri di blocco totale