L’Italia è l’unico Paese occidentale che non pone limiti
all’immigrazione, che viene considerata dalle Autorità, da varie forze
politiche e dai media come un “fenomeno epocale ed ineluttabile”.
E’ un approccio ideologico molto pericoloso perché si ammanta di valori quali la necessità
di salvare vite umane a rischio, l’accoglienza e l’inclusione che sono in linea
di principio condivisibili, ma che non lo sono più se diventano il pretesto per
adottare un modello di apertura indiscriminata, necessariamente ingestibile.
L’unico altro Paese
occidentale che ha provato, in tempi recenti, ad applicare questo modello è
stata la Germania che nel 2015 si era proposta di accogliere senza limiti i
profughi siriani ma ha dovuto fare rapidamente marcia indietro perché travolta dalla
marea di richiedenti asilo.
Tutti gli altri Paesi europei hanno sistemi di controllo dei
flussi che sono più o meno efficienti ma che escludono comunque il concetto
dell’apertura totale.
Ne consegue che l’Italia accoglie ormai oltre l’80% dei
profughi che attraversano il Mediterraneo mentre altri Paesi che si trovano in
condizioni teoricamente simili alle nostre, come la Spagna, assorbono una quota
irrisoria degli arrivi.
Le cause di tutto ciò sono due: anzitutto il buonismo, alimentato dalle posizioni della
Chiesa Cattolica e di Papa Francesco, per cui è necessario trattare tutti come
fratelli: principio valido a livello religioso e come valore personale ma che
non può essere il principio guida di uno Stato. Il secondo è il lassismo, per
cui si tollerano varie forme di collusione con le bande che organizzano il
lucroso traffico e che speculano sul dramma dei migranti.
Le dodicimila persone recentemente arrivate in soli due giorni sulle nostre coste,
trasportate da 25 delle 70 navi che
fanno la spola dalle coste libiche ai nostri porti, segnalano che il problema
non è affatto sotto controllo ma che dipende dalla volontà di bande criminali
che possono regolare a loro piacimento la dimensione di flussi anche con la
concreta minaccia di aumentarli drasticamente in tempi brevi, se ostacolate. Lo
Stato italiano è quindi ostaggio di gruppi criminali e la consapevolezza di
questa triste situazione è ben diffusa a livello internazionale ed è uno dei
fattori che alimentano il flusso migratorio. E’ quindi un cane che si morde la
coda.
Per affrontare seriamente il problema non servono gli
anatemi lanciati da alcune forze politiche d’opposizione che vorrebbero
semplicemente bloccare i flussi oppure, come si dice “aiutare i migranti a casa
loro”, perché entrambe queste soluzioni sono impraticabili: la prima perché
comporterebbe un vero e proprio blocco navale con respingimenti dei battelli
usati dai migranti e il rischio assai concreto di pesanti tragedie del mare; la
seconda perché “casa loro” è il mondo ed è impensabile che ci si possa fare
carico dei problemi di sussistenza e sviluppo dell’intera umanità.
L’unica soluzione possibile è governare il problema senza
subirlo passivamente, il che comporta anzitutto accettare e praticare il
principio per cui uno Stato che non difende i propri confini di fatto non
esiste. In termini pratici ciò implica numerose
azioni; ne indico solo alcune come esempio e stimolo per un dibattito:
1 – Affermare e farlo sapere ovunque che l’Italia, pur
essendo aperta ai fenomeni migratori, intende stabilire dei limiti annuali
al numero di persone accoglibili e che, al raggiungimento di tali limiti si
provvederà a riportare ai Paesi o alle coste di provenienza i migranti in
eccedenza in base a criteri legati all’esistenza o meno di certi requisiti. Ciò
richiede la collaborazione degli Stati interessati, in particolare la Libia.
Con tali Stati andrebbero concordate azioni di serio contrasto alle bande
criminali
E’ certo che basterebbe
un numero limitato di rientri per creare
un deterrente alle partenze indiscriminate e per affermare la necessaria
autorità dello Stato. Si tratta di mandare, con atti concret,i un messaggio
forte e chiaro: siamo accoglienti ma non siamo in grado di accogliere tutti.
2 – Prevedere l’impiego sistematico degli immigrati accolti in lavori socialmente utili in cambio
dei costi sostenuti per l’accoglienza, fino a che abbiano trovato un posto di
lavoro in grado di renderli autonomi. Ciò ridurrebbe le resistenze all’immigrazione
e trasformerebbe, almeno in parte, il problema in un’opportunità.
3 – Dare supporto ai migranti per l’apprendimento della nostra lingua , dei fondamenti della nostra
cultura e delle regole vigenti, con verifiche periodiche sullo stato della
loro integrazione nel nostro Paese.
Le predette iniziative non sono in sé risolutive ma
segnerebbero un’inversione di tendenza rispetto all’attuale critica situazione
che fa dell’Italia il “ventre molle
dell’Europa” e che è vissuta assai negativamente dai nostri connazionali, come
dimostrano recenti sondaggi e gli stessi risultati delle elezioni
amministrative.
E’ proprio ai risultati di queste elezioni che si deve la
reazione del Governo che finalmente si è deciso a porre precise condizioni
all’Europa per continuare ad accettare nei nostri porti navi cariche di
immigrati, fra cui una distribuzione degli sbarchi anche nei Paesi da cui
provengono le navi.
Bisogna dare atto al Governo di aver fatto una giusta mossa
e all’opposizione di averlo riconosciuto, sia pure a volte a denti stretti. Il tema dell’immigrazione
è troppo serio per trattarlo come terreno di lotta e di speculazione politica:
occorre un approccio “bipartisan” se non vogliamo che la situazione sfugga
completamente di mano.
Ribadisco che, pur essendo importante chiedere agli altri
Paesi europei di fare la loro parte, il pallino resta in mano all’Italia: solo
se riafferma la propria autorità nel gestire i flussi e e nel coniugare l’accoglienza
e il rispetto delle regole, il problema potrà essere risolto.