Nell’articolo
di commiato al Corriere della Sera, il Direttore Ferruccio De Bortoli ha definito Renzi “un maleducato di talento”,
mirabile sintesi delle due caratteristiche salienti del premier.
Non c’è
dubbio che Renzi sia arrogante e che mal sopporti le critiche, ma ha una
scusante e cioè che viene fortemente provocato da una minoranza incontentabile
che, secondo un costume che viene da lontano, vorrebbe costantemente
rinegoziare gli accordi appena fatti e negare fermamente il diritto della
maggioranza di governare. E’ un atteggiamento che ha tenuto per decenni “la Ditta”, come la chiama Bersani, fuori dall’area
del potere oppure dentro ma in modo assai precario ed è esattamente quello
contro cui si batte Renzi, che vuole rivoluzionare la cultura del partito,
facendolo uscire dalla perenne palude in cui si è dibattuto, per dargli una
forte vocazione decisionale.
Per essere
“fair”, bisogna anche riconoscere che Renzi le provocazioni se le va a cercare
con il suo atteggiamento guascone e con la sua voglia di “asfaltare” gli
avversari e non solo di batterli, il che produce reazioni forti anche in chi è
moderato (basta pensare all’ex Capogruppo Speranza).
Detto questo,
non si può non riconoscere che il nostro è dotato di un talento politico non
comune, come dimostra non solo la sua capacità di raggiungere in tempi brevi
obiettivi sempre più sfidanti ( primarie, governo, governabilità) ma ,
soprattutto, quella di costringere i
suoi avversari a uscire allo scoperto e, contandosi, a dover prendere atto
della propria debolezza. Il primo voto di fiducia sull’Italicum è stato, da
questo punto di vista, esemplare: Il fatto che fra coloro che sono usciti
dall’aula al momento di votare vi fossero tutti i pezzi grossi della Ditta che
fu ( Bersani, Cuperlo, Civati, Fassina) più altri due di altra matrice (Letta e
Bindi) non ha portato ad un aumento della dissidenza rispetto a quella
manifestatasi in precedenti occasioni, anzi ha portato ad un’ulteriore
spaccatura nella minoranza, gran parte della quale ha votato per approvare la
riforma.
A questo
punto, se non interverrà una sorpresa, sempre possibile nel voto finale sulla
legge che verrà fatto a scrutinio segreto, si vedrà la fine di un’era in cui
nel partito e nel Paese le minoranze
erano sempre in grado di mettere veti a chi aveva il compito di dirigere.
Il fatto
che, malgrado i forti dissensi interni ed esterni, Renzi mantenga un elevato
livello di gradimento nei sondaggi dimostra che molti italiani, anche quelli
che vorrebbero da lui un atteggiamento meno spocchioso, ritengono che, nella
sostanza, il Segretario del PD e Premier abbia ragione: non è più il tempo dei
compromessi al ribasso ed è necessario portare a termine le riforme di cui da
tanto si discute. L’Italicum non è certo una legge perfetta ma non è peggio di
quelle esistenti in primari paesi europei: tanto per fare un solo ma significativo esempio, in
Germania i “nominati”in parlamento sono il 50% e in Spagna il 100% e nessuno
grida al golpe o alla fine della democrazia, come – un po’ pateticamente – si
fa da noi, dimenticando, fra l'altro, che le preferenze sono il terreno del voto di scambio e che, in passato, erano state eliminate da un referendum, a furor di popolo.
La prossima
settimana sapremo come andrà a finire; in ogni caso, la resa dei conti farà
chiarezza nel quadro politico nazionale.