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giovedì 30 aprile 2015

Partito Democratico: la resa dei conti



Nell’articolo di commiato al Corriere della Sera, il Direttore Ferruccio De Bortoli  ha definito Renzi “un maleducato di talento”, mirabile sintesi delle due caratteristiche salienti del premier.
Non c’è dubbio che Renzi sia arrogante e che mal sopporti le critiche, ma ha una scusante e cioè che viene fortemente provocato da una minoranza incontentabile che, secondo un costume che viene da lontano, vorrebbe costantemente rinegoziare gli accordi appena fatti e negare fermamente il diritto della maggioranza di governare. E’ un atteggiamento che ha tenuto per decenni  “la Ditta”, come la chiama Bersani, fuori dall’area del potere oppure dentro ma in modo assai precario ed è esattamente quello contro cui si batte Renzi, che vuole rivoluzionare la cultura del partito, facendolo uscire dalla perenne palude in cui si è dibattuto, per dargli una forte vocazione decisionale.
Per essere “fair”, bisogna anche riconoscere che Renzi le provocazioni se le va a cercare con il suo atteggiamento guascone e con la sua voglia di “asfaltare” gli avversari e non solo di batterli, il che produce reazioni forti anche in chi è moderato (basta pensare all’ex Capogruppo Speranza).
Detto questo, non si può non riconoscere che il nostro è dotato di un talento politico non comune, come dimostra non solo la sua capacità di raggiungere in tempi brevi obiettivi sempre più sfidanti ( primarie, governo, governabilità) ma , soprattutto,  quella di costringere i suoi avversari a uscire allo scoperto e, contandosi, a dover prendere atto della propria debolezza. Il primo voto di fiducia sull’Italicum è stato, da questo punto di vista, esemplare: Il fatto che fra coloro che sono usciti dall’aula al momento di votare vi fossero tutti i pezzi grossi della Ditta che fu ( Bersani, Cuperlo, Civati, Fassina) più altri due di altra matrice (Letta e Bindi) non ha portato ad un aumento della dissidenza rispetto a quella manifestatasi in precedenti occasioni, anzi ha portato ad un’ulteriore spaccatura nella minoranza, gran parte della quale ha votato per approvare la riforma.
A questo punto, se non interverrà una sorpresa, sempre possibile nel voto finale sulla legge che verrà fatto a scrutinio segreto, si vedrà la fine di un’era in cui nel partito e nel Paese le minoranze erano sempre in grado di mettere veti a chi aveva il compito di dirigere.
Il fatto che, malgrado i forti dissensi interni ed esterni, Renzi mantenga un elevato livello di gradimento nei sondaggi dimostra che molti italiani, anche quelli che vorrebbero da lui un atteggiamento meno spocchioso, ritengono che, nella sostanza, il Segretario del PD e Premier abbia ragione: non è più il tempo dei compromessi al ribasso ed è necessario portare a termine le riforme di cui da tanto si discute. L’Italicum non è certo una legge perfetta ma non è peggio di quelle esistenti in primari paesi europei: tanto per fare un solo ma significativo esempio, in Germania i “nominati”in parlamento sono il 50% e in Spagna il 100% e nessuno grida al golpe o alla fine della democrazia, come – un po’ pateticamente – si fa da noi, dimenticando, fra l'altro, che le preferenze sono il terreno del voto di scambio e che, in passato, erano state eliminate da un referendum, a furor di popolo.
La prossima settimana sapremo come andrà a finire; in ogni caso, la resa dei conti farà chiarezza nel quadro politico nazionale.

10 commenti:

Mario ha detto...

Bell’intervento Roberto.
A mio parere la tua analisi ha colto nel segno.

Un caro saluto.

Mario

roberto ha detto...


Grazie Mario, sono lieto che ti sia piaciuto.
Ciao.
Roberto

Vittorio Bossi ha detto...

Ciao Roberto,

per coerenza i componenti della DITTA dovrebbero dare le dimissioni dal PD e con SEL costituire un partito di sinistra forte, che segua gli interessi dei nuovi lavoratori precari, dei call center, di quelli a progetto, insomma degli ultimi.

L'uscita dal PD di RENZUSCONI darebbe nuova credibilità a chi ha dimostrato fin'ora di essere interessato alle poltrone e alle vecchie logiche della EX DC e PCI

Un saluto,

Vittorio

roberto ha detto...

Ciao Vittorio, effettivamente quella che proponi sarebbe una soluzione logica ed anche opportuna perchè c'è bisogno di una forza rilevante di sinistra sociale, che davvero abbia come obiettivo primario le persone meno abbienti e svantaggiate e agisca soprattutto per la redistribuzione della ricchezza.
Il PD come lo vuole Renzi è un partito di sinistra liberale, che si preoccupa anzitutto della creazione della ricchezza, anche se fa alcune politiche redistributive. Le due anime non si prendono ed una separazione farebbe chiarezza, ma bisogna vedere se la minoranza saprà trarre le conseguenze dall'eventuale sconfitta.
Saluti.
Roberto


Unknown ha detto...

Renzi perde tante tessere per strada, ma fa il pieno di voti! Anche Alcide De Gasperi venne messo in croce per la legge truffa, ma non mise in pericolo la democrazia!

roberto ha detto...


E' proprio come dici.
Chi sostiene che nel decisionismo renziano ci sia un attentato alla democrazia, o parla addirittura di fascismo, non si rende conto che, così facendo, porta acqua al mulino del leader PD.
La gente vuole un governo che governi e che non sia paralizzato da estenuanti compromessi o da ricatti; quando sente le affermazioni apocalittiche di alcuni esponenti della minoranza PD o dell'opposizione, si convince sempre più di dover sostenere l'esecutivo.

Laura Banchelli ha detto...

Sto sentendo cosa dicono a SERVIZIO PUBBLICO.molto interessante. Il mio pensiero su Renzi,al di la' di certe virtù indiscutibili dell'uomo,mi rende molto perplessa sugli ultimi eventi.vedremo..come dice Fassina" tutti vogliono le riforme.ma per andare avanti,non indietro"

roberto ha detto...


Il punto è cosa si intende per "andare avanti": prendendo ad esempio la riforma elettorale, per qualcuno significa garantire la governabilità, per altri è garantire la rappresentanza più o meno proporzionale di tutte le forze politiche. Renzi punta alla prima, Fassina alla seconda. Bisogna fare una scelta e poi magari inserire opportuni contrappesi per evitare, nel primo caso, lo strapotere dell'esecutivo e, nel secondo, la frequente caduta dei governi.
Un aggiustamento potrebbe essere trovato, se passa l'Italicum, nella riforma del Senato.

Umberto ha detto...

Bell’intervento, caro Roberto, e centrato in pieno; me ne dà la certezza il tono di alcune fra le reazioni che hai ricevuto. L’Italia è ormai divisa in due parti, pro o contro Renzi come ai tempi di Berlusconi. In democrazia è naturale essere pro o contro, ma a questi ultimi chiediamo: chi mettiamo al suo posto? Fuori i nomi, per piacere! se poi non si ha nessuno in mente che sia decentemente proponibile, si smetta di remare contro e ci si limiti a critiche costruttive.

Di norma i partiti di maggioranza sono a favore del governo, gli altri sono naturalmente contro. Il PD di oggi è un caso anomalo e mostra chiaramente quello che tutti sapevano già: le due anime dalle quali è nato, la sinistra comunista e la sinistra democristiana, non si sono mai amalgamate e che il matrimonio di convenienza è ormai maturo per il divorzio. Quella che trattiene marito e moglie è solo una ragione di convenienza: chi provocherà la scissione avrà molte probabilità di non tornare in Parlamento, e chi la subirà non avrà la forza e i numeri per tornare al governo. Assistiamo quindi al miserevole spettacolo dei separati in casa: convivono ma si odiano; l’uno attacca briga a prescindere, l’altro finge di essere tollerante per pura convenienza.

Ciao a tutti,

Umberto

roberto ha detto...

Grazie Umberto, condivido, come sempre, le tue considerazioni.

C'è un interessante articolo di Michele Salvati sul Corriere di oggi (pag. 29) in cui parla delle accuse fatte a Ranzi da membri del suo partito di "minaccia alla democrazia" e osserva "Quali tabù ha toccato Renzi per suscitare questa reazione? In gioco c'è ...il passaggio da una concezione di partito ad un'altra. Da un partito di notabili in servizio permanente effettivo, in cui la strategia del partito emerge da accomodamenti e mediazioni continue, a un partito del leader il quale giudica quando il tempo delle mediazioni è finito e l'ulteriore dilazione nella decisione contrsterebbe con l'efficacia della decisione stessa".

Quindi lo scontro sull'Italicum, che non si giustifica sui contenuti (Salvati ricorda che un'analoga riforma era già stata ipotizzatai tempi dell'Ulivo) è in realtà la lotta fra una visione conservatrice degli assetti di potere tradizionali ed una che vuole cambiarli e che, a mio avviso, è assai più coerente col contesto socioeconomico attuale, che richiede rapidità e determinazione.

Un caro saluto anche a te.
Roberto