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lunedì 20 aprile 2015

Il dramma dell'immigrazione: che fare?



Dopo l’ennesima e gravissima tragedia del mare di fronte alle coste libiche s’impone una riflessione seria sull’argomento che superi la sterile contrapposizione fra due tesi entrambe sbagliate
Da un lato c’è chi, per ragioni umanitarie, afferma la necessità di accogliere i migranti indiscriminatamente e illimitatamente: è una posizione moralmente apprezzabile ma politicamente irresponsabile che, se è comprensibile nei cittadini, è inaccettabile se espressa dalle Istituzioni, che non possono ignorarne le tremende implicazioni in termini di sostenibilità e quindi di conflittualità sociale. Per non dire di peggio visto che, fra chi approda nel nostro Paese, ci sono fanatici integralisti che buttano a mare e fanno morire vari compagni di sventura solo perché cristiani.
Dall’altro c’è chi si propone solo di difendere i nostri confini propugnando il respingimento dei migranti oppure un vago “aiutarli a casa loro”, senza uno straccio di programma concreto e di dibattito su come farlo.
Sulla perenne situazione emergenziale che si produce, s’inseriscono poi le bande criminali che, come dimostra il caso di Mafia Capitale, lucrano ingenti profitti sulla pelle dei disgraziati e a spese dei contribuenti, come da affermazione intercettata  di Salvatore Buzzi: “ con gli immigrati si guadagna più della droga”.
Bisogna cambiare strada subito e per farlo occorrono idee nuove e fattibili e non nuovi slogan buonisti o razzisti.
E’ certamente necessario chiedere il coinvolgimento dell’Europa, ma ciò non può costituire un alibi: è il nostro Paese che, essendo quello maggiormente investito dal problema, deve indicare la strada, con azioni ragionate e mirate, sia in terra africana che sul nostro territorio. Bisogna lasciar stare le strumentalizzazioni politiche e agire con senso dello Stato cercando soluzioni possibili e concrete e non operazioni di facciata.
Un suggerimento positivo è venuto da un lettore de “La Stampa” che ha scritto, su uno specifico aspetto, una lettera al Direttore cui è seguita una risposta che contiene suggerimenti altrettanto concreti sulla gestione complessiva del fenomeno.  Riporto entrambi gli scritti come  ulteriore stimolo alla riflessione e al dibattito.
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Un “patto” con i migranti ospitati in Italia? Una proposta sensata di cui discutere

Gentile Direttore, desidero condividere con lei un pensiero in merito al problema legato al numero sempre più consistente di immigrati provenienti dall’Africa. È un fenomeno complesso, e non è possibile immaginare una soluzione facile.  
Negli ultimi tempi continua ad aumentare il malumore generato dai costi che vengono attualmente sostenuti per ospitare le migliaia di profughi in arrivo. Bisognerebbe agire immediatamente su questi costi e studiare soluzioni alternative. Per esempio si potrebbero implementare forme di autogestione supervisionate. Gli immigrati potrebbero cucinare, occuparsi della pulizie dei locali e della manutenzione. In molti Comuni potrebbero dedicarsi ad attività socialmente utili e svolgere lavori di manutenzione ordinaria per i quali non servono grandi qualifiche. In questo modo potrebbero imparare lavorando, senza gravare sulla società. Ovviamente non parlo di lavori forzati, ma di attività volte a coprire i costi di gestione e di formazione. Attualmente queste povere persone vengono ospitate in alberghi spesso in condizioni di degrado. Inoltre, non potendo svolgere nessuna attività, tendono a bighellonare per le strade, non sapendo come far passare le giornate. 
Spero che queste idee possano esser lette e condivise da chi ha il potere di attuarle. 
Andrea Vottero Ris


La sua proposta mi sembra sensata e meritevole di essere discussa. Ha il pregio di uscire dall’alternativa forzata, presente oggi nel dibattito italiano, tra accoglienza o respingimento. 
Di fronte a queste ondate migratorie è sempre più necessario intervenire alla fonte, ovvero nel Nord Africa, contribuendo a stabilizzare la Libia innanzitutto. Fino ad allora dovremmo essere capaci di salvare vite umane, di controllare chi arriva e di proporre patti vincolanti a chi resta sul nostro territorio. 
Questo non viene fatto perché preferiamo voltare la testa dall’altra parte nella speranza che la maggior parte dei migranti utilizzi l’Italia solo come passaggio per raggiungere i Paesi del Nord Europa.  
L’idea di stipulare degli accordi con chi viene ospitato nei centri italiani ha illustri precedenti, ma bisogna avere la forza politica di stabilire percorsi virtuosi. 


13 commenti:

Dario Lodi ha detto...

Occorre partire dai dati di fatto. Prima di tutto la destabilizzazione della Libia, un errore incommensurabile. Si doveva avere un governo nuovo pronto, poi abbattere quello vecchio, se necessario.
Insieme alle politiche estere sgangherate da parte dell'Occidente, va messa in risalto la sostanziale indifferenza verso gli Africani: sì siamo razzisti e va riconosciuto. Non è vero che solo l'Italia deve preoccuparsi, poi, del problema in
quanto l'Italia è parte dell'Europa e quest'ultima non può esistere solo per l'Euro. Soluzione brutale: per il momento bloccare le partenze, sconfiggere gli scafisti una volta per tutte. Un blocco navale intelligente potrebbe farci respirare e pensare a più valide soluzioni future. Tutta l'Europa si deve muovere in questo senso. La corrispondenza riportata è lodevole, ma mi pare superficiale perché non mi sembrano esistano i presupposti per operazioni del genere. Gli immigrati, a quanto si sa, vanno al nord d'Europa, per la maggior parte, e quelli che si fermano vengono semplicemente schiavizzati: manca in Italia una politica ordinata per loro.
Fermiamo gli arrivi alla partenza, per il loro bene.

roberto ha detto...

Concordo sull'errore della destabilizzazioneln Libia senza soluzioni alternative a Gheddafi.
Dissento invece sul razzismo come caratteristica nazionale: se lo fossimo non avremmo accolto così tanti migranti. I razzisti non mancano certo nel nostro Paese ma prevalgono di gran lunga coloro che vogliono non porre limiti all'accoglienza il che, essendo una posizione ideologica e non realistica alimenta proprio le pulsioni xenofobe.
Non ho detto che solo l'Italia deve occuparsi del problema, ma che deve essere leader nella sua gestione: non può aspettare che la soluzione venga dall'Europa se noon si muove con decisione. Qui si vedrà di che pasta è fatto Renzi.
Sul cosa fare suggerisco a te e a tutti coloro che seguono il blog di leggere l'eccellente articolo di Gianantonio Stella sul Corriere di oggi.
A mio avviso, poi il contributo del lettor de La Stampa, pur trattando un tema apparentemente marginale, va al cuore del problema che è quello di attivare, come tu dici, una "politica ordinata", fatta anche di cose semplici, ma fatta. Faccio presnte che la sua lettera è stata pubblicata il 18 c..m., prima della recente tragedia.

Marcello Mancini ha detto...

Grazie dell'invio, ben calibrato. La mia posizione è quella di smettere di lamentarci e di far pervenire alla EU, per le vie istituzionali, la nostra proposta specifica degli interventi per limitare questa ecatombe. Spetta a noi farla a noi implementarla insieme agli altri stati mediterranei. Spetta alla EU dare i mezzi in natura e finanziari e di schierarsi interamente a sostegno politico di ci opererà per motivi geografici.


Ma la doppia cantilena tra EU e ITALIA, va evoluta in una sana e ponderata proposta da sottoporre a EU. Parlare di Libia prima con intervento militare, più diplomatico, poi forse è solo deleterio,

M.

roberto ha detto...

Concordo al 100% con il tuo orientamento, che contempla un giusto mix di ponderazione e di decisione ed una opportuna suddivisione dei ruoli fra Italia ed Europa, che è quanto serve per venir fuori dalla palude.
Roberto

Umberto ha detto...

Il tema è talmente vasto e variegato da richiamare appetiti mediatici e proposte a non finire. Plaudo all’iniziativa del lettore che ha avanzato un suggerimento, fattibile subito e a costo zero; ma sappiamo che si tratta di una soluzione transitoria, di modesta portata. Il problema ha già tanti e autorevoli solutori, quindi mi guardo bene dall’ambire ad inserirmi nella lista; vorrei portare invece qualche piccolo contributo all’analisi del fenomeno in atto dell’invasione dell’Europa.



In primo luogo, sappiamo o dovremmo sapere che nessuna soluzione può essere “italiana”; deve essere europea. La lettura dei giornali e le dichiarazioni dei politici (Renzi compreso) ci fanno vedere un’Italia che lamenta di essere lasciata sola e nel contempo ha l’ambizione (o la velleità) di imporre la sua volontà in Europa ottenendo la leadership nella lotta all’immigrazione clandestina. Se andiamo a leggere le notizie di oggi sulla stampa francese, inglese, tedesca e spagnola e ascoltiamo le loro televisioni, vediamo che la tragedia dei 900 annegati ha un rilievo modestissimo, declassato quasi sempre nelle notizie di cronaca; non solo, ma nella maggior parte dei casi il lettore non ha nessuna idea del ruolo che l’Italia ha giocato nella vicenda. E questa è la regola costante, da sempre: ci illudiamo di essere al centro dell’attenzione del mondo, ma lo siamo soltanto quando il Times pubblica una sciagurata e insultante vignetta dello stivale italiano che dà un calcio alla barca dei migranti. Usciamo dalle illusioni: o ci procuriamo amici – o alleati, almeno – e andiamo a Bruxelles per battere i pugni sul tavolo sapendo di avere la forza di essere ascoltati, oppure lasciamo perdere: da soli non otterremo un bel niente.

( il testo prosegue in un altro commento perchè supera la lunghezza massima accettata di 4096 caratteri)

Umberto ha detto...

In secondo luogo, smettiamola di far finta di non sapere che nessun dialogo, nessuna trattativa, possono essere condotti con i tagliagole dell’Islam; l’idea di una “soluzione diplomatica” è chimerica al limite del grottesco. Smettiamola di credere che tutti quelli che arrivano siano dei poveretti in cerca di pace e di pane: fra di essi si annidano dei feroci nemici della nostra civiltà, come abbiamo visto nell’episodio dei cristiani buttati a mare per la loro fede cristiana. Questi elementi sono, o diverranno presto, dei terroristi o dei propagandisti del verbo fondamentalista; bisogna avere il coraggio di interrogarli individualmente e buttare fuori senza complimenti, senza ipocrisie e senza crisi di coscienza gli elementi che sono, ora o potenzialmente, i nostri nemici. Mi rendo conto che su questo punto ci sarà una levata di scudi dei buonisti di ogni fede e colore in difesa della democrazia, della carità, dell’accoglienza ad ogni costo: sono loro che ci fanno paura, molto più dei fondamentalisti. Salvini non c’entra: si tratta solo di distinguere, per una volta, gli amici dai nemici sapendo che con questi ultimi non esiste possibilità di dialogo: bisogna che lo sappiano i fondamentalisti, ma anche i buonisti.



Ciao,

Umberto

roberto ha detto...

Certamente il tema dell'immigrazione è ampiamente sottovalutato dai Paesi che sono poco coinvolti dalla pressione migratoria e lo dimostra il fatto che, a parte generiche manifestazioni di cordoglio e solidarietà in occasione delle tragedie, l'Europa ha fatto assai poco finora per contribuire ad una soluzione. Non mi è del tutto chiaro a chi fai riferimento quando parli di "amici o alleati almeno" con cui andare a Bruxelles a battere i pugni: ti prego di darmi lumi al riguardo.
Quanto dici sul rapporto con i tagliagole non fa ua piega: nei tempi procellosi in cui siamo e sempre più saremo, è essenziale distinguere gli amici dai nemici e non farsi illusioni di affrontare i secondo con le "armi" del dialogo. Non solo l'Italia, ma tutta l'ormai molle società occidentale deve rendersi conto che è di fronte ad una sfida mortale e che la perderà se pensa di potersela cavare con le buone maniere. Non si tratta certo di fare guerre sconsiderate, come quella attuata da alcuni Paesi in Libia per abbattere Gheddafi, ma bisogna far capire con la massima durezza ai tagliagole e ai mercanti di morte che adotteremo la tolleranza zero e non il folle atteggiamento per cui, ad esempio, uno scafista tunisino è potuto entrare sette volte nel nostro Paese senza essere mai arrestato.
Le Istituzioni si sveglino e gli Stati agiscano come tali, non come onlus.

Ciao.
Roberto

Giuseppe Nava ha detto...

Mi sono ritrovato a vivere in un luogo dove non so più dove guardare per non vedere lo sperpero del denaro raccolto con imposte salatissime; in un luogo dove per un miscuglio di demagogia e mancanza di concretezza arriva chiunque lo voglia. Uno Stato, per esistere, deve avere una esclusiva di territorio. Almeno riconosciamo che questo luogo non è più uno Stato.
gn

roberto ha detto...

La tutela del territorio è una dimensione fondante dello Stato, come tu dici. Questo non vuole dire chiusura verso chi soffre e preme su quel confine, ma certo non può significare apertura totale e indiscriminata, come si è voluto far credere da molti politici e opinionisti. Ora la dura realtà comincia a farsi sentire.
Roberto

Umberto ha detto...

Dicevo di andare a Bruxelles sicuri di avere dalla nostra gli amici, o almeno gli alleati. Mi spiego: in Europa non abbiamo veri e propri amici, ma qualcuno lo possiamo catalogare come tale in certe circostanze. Quindi, e solo con questa condizionale, gli “amici” sarebbero quelli del Club Med e la Francia, che hanno (quasi) i nostri stessi interessi. Gli alleati potrebbero essere quei Paesi che avrebbero interesse a sostenerci se fossero minacciati da ondate di profughi, legali o illegali che siano: Germania, Olanda, Belgio, più Polonia e Austria qualora cedessero alle pressioni della Germania (da sole non ci appoggerebbero mai). Poi ci sarebbero i Paesi che stanno al vento, e che si lascerebbero convincere se ne vedessero la convenienza: i Paesi dell’Est. Infine gli irriducibili, quelli che considerano i mediterranei come gente di seconda categoria: i Paesi nordici e i Baltici (questi ultimi soprattutto, chissà perché). Su quelli, inutile fare pressioni o tentare di convincerli.

Questa classificazione è mia, e solo mia: ma sedici anni di vita in mezzo a una numerosa rappresentanza di questi popoli mi avranno pure insegnato qualcosa.

Ciao,

Umberto

roberto ha detto...

Grazie, ora ho le idee più chiare.
Pare che adesso gli amici-alleati abbiano cominciato a tirar fuori la testa dalla sabbia:le prese di posizione di Hollande e Merkel sembrano indicare un mutato atteggiamento.
Stiamo a vedere cosa faranno in concreto, a Bruxelles e,poi, sul campo.
Ciao.
Roberto

Laura Banchelli ha detto...

Scusa Roberto,non ti ho risposto..ma come mostra la realtà',e' troppo difficile una risposta.soprattutto per una semplice cittadina come me.sento da giorni,alla radio,proposte d'ogni genere ma gli ostacoli, per ogni soluzione,cozzano contro insormontabili ostacoli logici,umani,geografici e di diritto.oggi ho sentito dire da un'anziana e colta signora,che finché' la sottomissione della donna nella società islamica,renderà' impossibile un controllo delle nascite,il problema demografico( unito alle guerre,più' o meno di religione) produrrà' questi fenomeni all' infinito .L'ignoranza,madre di tutti i mali....non so che dire.

roberto ha detto...


La pressione demografica è certamente una delle concause dei flussi migratori, ma quelle principali sono le guerre civili e la povertà: ai profughi di guerra va dato asilo e gli altri vanno aiutati, per quanto possibile. Ma, dato che l'Europa latita e le nostre possibilità di accoglienza sono limitate, non c'è alternativa al contenimento dei flussi migratori, che non può essere fatto esplicitamente con un intervento militare ma che dovrà avvenire usando l' " intelligence" per individuare i barconi e poi gli incursori per neutralizarli. Come fatto a suo tempo in Albania, anche se in Libia la situazione è più difficile data l'esistenza di due governi e di numerosi poteri tribali.