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sabato 26 ottobre 2013

Per la riscossa dell'Italia occorre pensiero positivo




Una delle caratteristiche degli italiani che più stupisce gli stranieri è l’irresistibile tendenza all’autoflagellazione, che è sempre esistita, anche nei periodi di vacche grasse, e che si è fortemente acuita con la crisi in atto. Questa tendenza contrasta singolarmente con la creatività, il buon gusto e l’apprezzabile stile di vita di molti connazionali, che gli stranieri spesso ci invidiano.
Questa caratteristica si riflette fortemente sulle analisi che vari opinionisti fanno delle cause delle nostre difficoltà passate ed attuali ed ha raggiunto l’acme nel  lunghissimo editoriale (oltre una pagina) di Ernesto Galli della Loggia nel Corriere della Sera del 20 ottobre che inizia così “L’Italia non sta precipitando nell’abisso: Più semplicemente si sta perdendo, sta lentamente disfacendosi”. Gli aspetti della crisi che cita sono numerosi, a partire dall’ “economia che è l’aspetto più evidente, ma solo perché è quello più facilmente misurabile. In realtà si tratta di qualcosa di più vasto e profondo”. E a questo proposito dice (cito solo piccoli passi delle argomentazioni portate): “tutte le nostre istituzioni appaiono arcaiche”…. “del sistema politico è inutile dire perché ormai è gia stato detto tutto mille volte”…….”cade a pezzi tutto il nostro sistema culturale”…..”siamo ai vertici di quasi tutte le classifiche negative europee”….anche il tessuto unitario del Paese si va progressivamente logorando”. La critica investe poi i capitalisti italiani  in merito alle “ aziende pubbliche  che i suddetti hanno acquistato dallo Stato, perlopiù a prezzo di saldo , e che ….. hanno condotto al disastro”  ed anche le banche “organismi che invece di essere un volano per l’economia nazionale  si rivelano ogni giorno di più una palla al piede” e non risparmia  neppure la società civile “…che naturalmente non legge un libro neppure a spararle”.
La conclusione è che “ di tutte queste cose si nutre lo scoraggiamento generale che guadagna sempre più terreno ….mentre comincia a serpeggiare sempre più insistente l’idea che per l’Italia non ci sia più speranza”.
E’  evidente che molte delle critiche sono pienamente centrate ma quello che è, a mio avviso, inaccettabile è  il tono apocalittico e la logica che sta dietro a questo ragionamento e cioè il voler  vedere  e insistere solo sugli aspetti negativi, senza fare neppure un tentativo di cercare i punti di forza che pure il nostro Paese ha e solo sui quali si può pensare di costruire una via d’uscita. Chi si occupa professionalmente di gestione del cambiamento in sistemi complessi sa bene che la diagnosi dei problemi è il primo passo ma che il cambiamento non può avvenire solo cercando di correggere gli errori e le debolezze messe in luce dalla stessa. Occorre invece capire quali risorse ha il sistema per reagire alla malattia e rimettersi in salute e fare leva soprattutto sulla loro valorizzazione.
Fortunatamente a Galli della Loggia  (e a Piero Ostellino che ha scritto un editoriale successivo di analogo tenore), hanno risposto Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sempre sul Corriere della Sera del 24 ottobre con un editoriale intitolato “Lasciate spazio a chi sa fare”, in cui, dopo aver riconosciuto che quella di Galli della Loggia “ E’ una descrizione dell’Italia molto deprimente ma che purtroppo in qualche modo coglie nel segno”, aggiungono “ Altri dati però raccontano un Paese diverso: Quello più significativo è l’attivo della nostra bilancia commerciale…..manteniamo le nostre quote di mercato … ci sono imprese che hanno grande successo sui mercati internazionali…. e non è una divisione fra Nord e Sud… le esportazioni sono cresciute dell’11% in Puglia e del 10,7% in Toscana mentre il Nord Est è fermo. Ma ad essere positivi ci sono anche altri elementi: alcuni dei nostri licei fanno invidia a quelli del Nord Europa  ed alle migliori high school inglesi e americane. Nei programmi di dottorato dei più prestigiosi atenei del mondo gli studenti italiano sono sempre fra i più bravi. Vi sono decine di giovani professori italiani con cattedre nelle prime università americane, medici negli ospedali più ambiti” E poi:  c’è eccellenza anche nel settore pubblico: lo staff di economisti della Banca d’Italia è  considerato uno dei migliori in assoluto….I funzionari che..gestiscono il nostro debito pubblico sono rispettati dagli investitori di tutto il mondo…..Un Paese in cui tutti sono mediocri, quello sì sarebbe senza speranza. Ma non è il caso dell’Italia. Per ricominciare a crescere basterebbe trasferire risorse ed  energie dal Paese che non funziona a quello  che cammina e spesso corre”.
“Servono imprenditori che sappiano assumersi i propri rischi… dobbiamo avere il coraggio di mandare a casa i professori fannulloni … .e i sindacati devono convincersi che più flessibilità non significa meno ma più lavoro… Ma per fare tutto ciò serve un grande sforzo comune che cominci dalla classe dirigente….A essere convinta  però non deve essere la sola classe dirigente ma tutti noi”.
Mi sembra opportuno citare, in merito ai talenti italiani all’estero quanto scrive Beppe Severgnini nella sua rubrica “Italians” del 24 ottobre “ E’ italiano, di Padova, il professore d’inglese di Eaton Insegnare lingua inglese a Eaton e Oxford è come dirigere il samba al carnevale di Rio. Chi ci riesce? Gli italiani”.
Sempre sul versante positivo segnalo anche quanto detto da Matteo Renzi  in una recente intervista:  se diventerà segretario del PD affronterà il cambiamento necessario “non con il cacciavite, ma con il Caterpillar”, rispondendo quindi implicitamente a Galli della Loggia che, nel citato articolo scriveva: “Mai come oggi, infatti, abbiamo bisogno di segni coraggiosi di discontinuità, di scommesse audaci sul cambiamento, di gesti di mutamento radicale”.

mercoledì 16 ottobre 2013

Anche Napolitano può sbagliare




Il nostro paese deve essere molto grato a Giorgio Napolitano che a 88 anni si è assunto il grave fardello di un secondo, non richiesto, mandato presidenziale: si deve  a lui, in larga misura, se l’Italia ha evitato il default e se si sta gradualmente avviando ad un confronto politico più civile e ad un rapporto più ragionevole fra avversari, attualmente costretti dalla crisi a collaborare nella “strana maggioranza”.
E’ pertanto particolarmente dissonante e sgradevole la minaccia di “impeachement” lanciata da un esponente del Movimento 5 Stelle, forza che si distingue spesso per dichiarazioni tanto roboanti quanto inverosimili e  improduttive.
E’ invece corretto, a mio avviso, quanto affermato da Matteo Renzi e  da Guglielmo Epifani: il primo ha detto che “ non è lesa maestà” contraddire il Presidente della Repubblica, il quale ha tutto il diritto di mandare messaggi e suggerimenti,  ma che spetta alla politica valutarli ed ha aggiunto che i provvedimenti di clemenza generale, soprattutto se fatti a breve distanza l’uno dall’altro, sono “diseducativi”. Il secondo ha affermato che “amnistia e indulto sono l’ultima possibilità”: prima bisogna tentare altre strade per risolvere l’annoso problema del sovraffollamento delle carceri.
E così la pensano i cittadini ( non solo quelli di sinistra): in un recente sondaggio è emerso che il 71% degli elettori è contrario a tale provvedimento e che anche il 63% ei votanti per il PDL è di questa opinione.
Su questo tema si è espresso con grande chiarezza il primo Presidente del Circolo Rosselli mediante il conciso e acuto intervento riportato di seguito:


Amnistia e indulto

(Luciano Belli Paci, Circolo Rosselli) Il problema delle condizioni disumane nelle quali vivono gli ospiti delle carceri italiane è drammatico e richiede, da tempo, interventi anche emergenziali. Molte cose si potrebbero fare: allargare magari temporaneamente i requisiti per l’applicazione delle pene alternative ai detenuti meno pericolosi, adibire a carcere temporaneo qualche ex caserma, depenalizzare alcune fattispecie (immigrazione clandestina, droghe leggere, reati colposi, violazioni privacy, ecc.), costruire nuove carceri.  Le ultime due si devono fare in ogni caso e rappresentano le uniche soluzioni “strutturali” al problema, che altrimenti è destinato a ripresentarsi ciclicamente e ad intervalli sempre più brevi.

L’amnistia e l’indulto – così come in altri campi i condoni, le sanatorie, ecc. – sono invece falsi rimedi che producono danni profondi nel tessuto sociale e civile del nostro Paese. L’Italia non è solo un paese di santi, poeti e navigatori.  Molto più numerosi di questi sono gli evasori fiscali, i truffatori, i mafiosi (camorristi ecc), gli autori di abusi edilizi, gli inquinatori, i violentatori, i rapinatori, i corrotti e i corruttori, i ladri, eccetera.
L’Italia funziona male perché l’illegalità è diffusa, è capillare, non suscita riprovazione, ma trova comprensione, spesso consenso, perfino ammirazione. L’effetto dei provvedimenti collettivi di clemenza in un paese fatto così sono devastanti.

Il furbo si conferma nell’idea di essere davvero furbo; l’imputato si convince dell’opportunità di affrontare sempre e comunque tutti i gradi di giudizio nella speranza di giovarsi dell’amnistia che verrà; la polizia e la magistratura vedono frustrati sforzi enormi grazie ai quali hanno fatto funzionare una macchina farraginosa che pare costruita apposta per favorire i delinquenti; la vecchietta vede tornare davanti all’ufficio postale il guappo che poco tempo fa le ha scippato la pensione … A me personalmente che l’amnistia possa giovare a Berlusconi interessa fino a un certo punto.  Quel che mi “frega” invece, è che produce guasti profondi all’Italia.  Produce un debito di civiltà, non meno opprimente del debito pubblico.


venerdì 11 ottobre 2013

Cuperlo e Renzi a confronto



Pubblico un eccellente articolo di Federico Geremicca ( "La Stampa") che,  commentando il confronto avvenuto recentemente fra i due principali candidati alla segreteria del PD, tratteggia in modo assai efficace le due diverse idee di partito, di leadership e di società che ispirano i due contendenti. E' un prezioso contributo per capire gli sviluppi che il principale partito della sinistra potrà avere  a seconda di chi prevarrà nelle primarie di dicembre. Ciò influirà sensibilmente sull'intero quadro politico e sulla realtà nazionale.

I due (veri) contendenti

All’Assemblea del Partito democratico, prima ha parlato Gianni Cuperlo, e poi Matteo Renzi. Può piacere o non piacere, ma adesso il quadro è chiaro, e una scelta  “informata dei fatti” è diventata possibile. Ora,  non ostante l’abbraccio e il fair play dei due candidati, fra di loro corre la stessa differenza che fra il giorno e la notte: di conseguenza gli elettori che si recheranno alle urne per le primarie l’8 dicembre, avranno di fronte un bivio che più chiaro non si può. Da una parte c’è la rottura con tutti i modelli del passato: dalla forma partito ai temi scottanti della politica e dell’economia, fino alle strategie di comunicazione. Dall’altra, si ha ciò che in passato si sarebbe definito “rinnovamento nella continuità”, cioè ripartire da quel che si è, cambiando quel che va cambiato. Senza personalismi e senza rivoluzioni.

Se questo è il profilo (ed il progetto) dei due maggiori candidati, non può sorprendere il fatto che nella sala mezza vuota dell'Auditorium della Conciliazione, Cuperlo sia risultato più convincente del suo competitor. Più convincente e più rassicurante. Il filo del ragionamento, svolto di fronte alla platea di dirigenti Pd - una sorta di <veniamo da lontano e andiamo lontano> - ha avvolto come in un caldo bozzolo le avanguardie di un partito scosso dalla mancata vittoria del febbraio scorso e intimorito dalla possibile rottamazione prossima ventura. Il richiamo alle tradizioni, alle radici e alla solidità organizzativa che sarebbe indispensabile per vincere, ha convinto i più: <Serve un partito> ha concluso Cuperlo: Renzi pensa più o meno il contrario.

È la solita faccenda dell'uomo solo al comando, metafora usata di frequente per contestargli un “difetto” che il sindaco di Firenze - naturalmente - non ritiene affatto tale. Un uomo solo al comando, nell'idea dell'ex rottamatore è la fotografia della politica così come si è trasformata dagli Anni 80/90 ad oggi, forti leadership, messaggi semplificati, decisioni rapide ed il partito concepito un po' come cinghia di trasmissione e un po' come cassa di risonanza delle intuizioni del leader. Può non piacere, naturalmente, e infatti a molti non piace: ma davvero non si può più dire che <quel che vuole Renzi non si capisce affatto>. Al contrario: sì capisce talmente bene che l'Assemblea del Pd non ha accolto con entusiasmo l'intervento di Matteo Renzi, e lo stato maggiore del partito - è storia nota - gli ha dichiarato fin da subito (intendiamo fin dalle primarie dell'autunno scorso) una guerra senza quartiere (salvo poi sfaldarsi dopo i ripetuti e dolorosi traumi post-elettorali). E forse è stata proprio la consapevolezza di giocare “fuori casa” che ieri ha condizionato il sindaco di Firenze, imprigionandolo in un intervento che è parso preoccupato soprattutto di non spaventare ulteriormente quel che un tempo sì sarebbe definito il “corpo del partito”.

Ma l'idea, il progetto, di Renzi non ne è uscito mutilato: quel che si doveva intendere, infatti, s'è inteso. Né è cambiato il suo modo (sgradito ai più) di parlare alle platee del partito democratico: addirittura il  “Signori, non pensiate che...” quasi fosse di fronte ad un consesso di architetti, di odontotecnici o di commercialisti. Il giorno e la notte, appunto. Da una parte il migliore tra gli allievi di Massimo D'Alema, dall'altra un puro esempio di post-ideologismo. In qualunque elezione, Cuperlo farebbe il pieno tra gli elettori del centrosinistra, mentre Renzi ne perderebbe un bel po' per strada: ma sfonderebbe nel campo avverso. Il bivio è chiaro. Il Pd deve soltanto scegliere. Senza più alibi, ipocrisie e incomprensibili giochi al rinvio.

sabato 5 ottobre 2013

Verso la normalità



Alcuni miei lettori ritengono che io sia troppo ottimista, al che  replico che, se non si cerca uno spiraglio di luce anche nelle situazioni più critiche, non si può cambiare nulla. Lamentarsi soltanto non porta da nessuna parte.
Negli ultimi post e relativi commenti ho affermato che Berlusconi non avrebbe potuto far cadere il governo e che forse avrebbe, con una delle sue giravolte, cambiato idea rispetto al tentativo di rovesciarlo. Ho scritto anche che la fronda interna al suo partito stava mostrando di voler uscire dall’ombra e infrangere lo stato di assoluta dipendenza dal leader. Ciò  avrebbe potuto avviare, sia pure faticosamente, il nostro Paese verso la normalità.
Qualcuno era incredulo al riguardo. Ciò che è accaduto in Parlamento il 2 ottobre  ha confermato entrambe le ipotesi predette. Ciò che fino a ieri sembrava impensabile, si è rivelato di colpo  possibile.
 Letta e Alfano sono i due vincitori di una dura partita  e la loro vittoria deriva dalla determinazione del primo a “giocarsi il tutto per tutto” con la richiesta della fiducia e dal coraggio del secondo  nello sfidare il suo “padre politico”, e nel farlo senza perdere il rispetto nei suoi confronti malgrado questi, tempo fa,  lo avesse azzoppato dicendo che non possedeva il  “quid” necessario per fare il leader. Alfano ha superato questo pesante handicap e ha dimostrato di avere le doti per guidare il partito.
Ora si tratta di valutare le prospettive che emergono dalla sconfitta di Berlusconi, anche se  è opportuno non sottovalutare mai  le sue capacità di recupero e il fatto che solo il responso delle urne potrà dire se la “rivoluzione” che si è realizzata nel PDL / Forza Italia sarà duratura, perché approvata dagli elettori.
Mi sembra che i punti nodali siano i seguenti, con riferimento ai protagonisti principali:
1 – Letta è saldo in sella e non ha più alibi: le condizioni in cui ha lavorato in questi mesi, sottoposto a continui ricatti da parte di un alleato riottoso, hanno certamente condizionato i suoi  risultati, solo parzialmente soddisfacenti. Ora che questi vincoli sono venuti meno, è necessario che l’azione di governo sia realmente coraggiosa e si concentri soprattutto sul versante che si è rivelato finora più debole e cioè il taglio delle spese. La nomina  come responsabile della “spending  review”di Carlo Cottarelli , altissimo Dirigente del Fondo Monetario Internazionale, incaricato da questa  istituzione di controllare  i conti di alcuni Paesi fra cui il nostro, dimostra che le intenzioni sono serie e che le competenze sono adeguate, anche perché Cottarelli – a differenza di  Enrico Bondi che ebbe questo incarico con Monti – disporrà di uno staff di esperti consistente.
Senza tagli alle spese mirati e non lineari è impossibile trovare le risorse necessarie per la crescita. Non avendo agito finora su questo versante e avendo dedicato una certa quantità di mezzi finanziari a fini pur commendevoli ( cassa integrazione, incentivi per i giovani, rimborsi alle imprese., ecc.) i conti dello Stato hanno ripreso a traballare e il debito pubblico ha continuato a salire.
2- Alfano ha la possibilità di dar vita ad un centrodestra realmente liberale, di stampo europeo
Le alternative  che si stanno discutendo in questi giorni sono due:
         la creazione di gruppi parlamentari separati come premessa ad una nuova formazione politica moderata, distinta dal partito del Cavaliere.

-          Il controllo del PDL, con eventuale fuoriuscita degli “estremisti” che hanno dominato recentemente il partito
 Il pregio della prima ipotesi è quello di aiutare a fare chiarezza nell’attuale contesto politico, separando coloro che sostengono il governo per convinzione da quelli che lo fanno “obtorto collo” e che potrebbero mettere i bastoni fra le ruote del governo. Comporta  però Il rischio che, col tempo, si dia vita  ad un “rassemblement” di tutti gli ex-democristiani  dell’intero arco politico che potrebbe avere come conseguenza la nascita della nuova DC, con una forte vocazione a riproporre un sistema di larghe intese permanente e un sistema elettorale proporzionale che lo consoliderebbe.
La difficoltà del secondo starebbe  nel tenere a bada il revanscismo dei berlusconiani e del Cavaliere stesso, ma avrebbe il merito di confermare il carattere maggioritario del sistema elettorale. La mia preferenza, pesando i pro e i contro, va alla seconda soluzione.
3 – Renzi può giocare un ruolo essenziale nell’evoluzione del quadro politico
Se, come è probabile, le primarie lo renderanno Segretario del Partito, potrà anzitutto , come convinto sostenitore del maggioritario, indirizzare il percorso della riforma elettorale verso una soluzione che riduca lo sproporzionato premio di maggioranza attuale, ma consenta il formarsi di coalizioni stabili,in grado di governare. Ciò darebbe vita ad una normalità dell’alternanza fra forze politiche di centrodestra e forze di centrosinistra, una volta venute meno le ragioni dell’attuale “strana maggioranza”. Renzi ha recentemente dichiarato in modo inequivocabile: “ noi saremo per ill bipolarismo senza se e senza ma, non vogliamo il ritorno all’antico e alla prima Repubblica, non vogliamo un sistema elettorale che istituzionalizzi le larghe intese, e non ci sono ex-democristiani che tengano”.
Potrà inoltre attuare il suo piano di superamento del “correntismo distruttivo” , che ha fatto tanto male al PD anche nel recente passato, e ciò rafforzerà la logica dell’alternanza.-