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venerdì 11 ottobre 2013

Cuperlo e Renzi a confronto



Pubblico un eccellente articolo di Federico Geremicca ( "La Stampa") che,  commentando il confronto avvenuto recentemente fra i due principali candidati alla segreteria del PD, tratteggia in modo assai efficace le due diverse idee di partito, di leadership e di società che ispirano i due contendenti. E' un prezioso contributo per capire gli sviluppi che il principale partito della sinistra potrà avere  a seconda di chi prevarrà nelle primarie di dicembre. Ciò influirà sensibilmente sull'intero quadro politico e sulla realtà nazionale.

I due (veri) contendenti

All’Assemblea del Partito democratico, prima ha parlato Gianni Cuperlo, e poi Matteo Renzi. Può piacere o non piacere, ma adesso il quadro è chiaro, e una scelta  “informata dei fatti” è diventata possibile. Ora,  non ostante l’abbraccio e il fair play dei due candidati, fra di loro corre la stessa differenza che fra il giorno e la notte: di conseguenza gli elettori che si recheranno alle urne per le primarie l’8 dicembre, avranno di fronte un bivio che più chiaro non si può. Da una parte c’è la rottura con tutti i modelli del passato: dalla forma partito ai temi scottanti della politica e dell’economia, fino alle strategie di comunicazione. Dall’altra, si ha ciò che in passato si sarebbe definito “rinnovamento nella continuità”, cioè ripartire da quel che si è, cambiando quel che va cambiato. Senza personalismi e senza rivoluzioni.

Se questo è il profilo (ed il progetto) dei due maggiori candidati, non può sorprendere il fatto che nella sala mezza vuota dell'Auditorium della Conciliazione, Cuperlo sia risultato più convincente del suo competitor. Più convincente e più rassicurante. Il filo del ragionamento, svolto di fronte alla platea di dirigenti Pd - una sorta di <veniamo da lontano e andiamo lontano> - ha avvolto come in un caldo bozzolo le avanguardie di un partito scosso dalla mancata vittoria del febbraio scorso e intimorito dalla possibile rottamazione prossima ventura. Il richiamo alle tradizioni, alle radici e alla solidità organizzativa che sarebbe indispensabile per vincere, ha convinto i più: <Serve un partito> ha concluso Cuperlo: Renzi pensa più o meno il contrario.

È la solita faccenda dell'uomo solo al comando, metafora usata di frequente per contestargli un “difetto” che il sindaco di Firenze - naturalmente - non ritiene affatto tale. Un uomo solo al comando, nell'idea dell'ex rottamatore è la fotografia della politica così come si è trasformata dagli Anni 80/90 ad oggi, forti leadership, messaggi semplificati, decisioni rapide ed il partito concepito un po' come cinghia di trasmissione e un po' come cassa di risonanza delle intuizioni del leader. Può non piacere, naturalmente, e infatti a molti non piace: ma davvero non si può più dire che <quel che vuole Renzi non si capisce affatto>. Al contrario: sì capisce talmente bene che l'Assemblea del Pd non ha accolto con entusiasmo l'intervento di Matteo Renzi, e lo stato maggiore del partito - è storia nota - gli ha dichiarato fin da subito (intendiamo fin dalle primarie dell'autunno scorso) una guerra senza quartiere (salvo poi sfaldarsi dopo i ripetuti e dolorosi traumi post-elettorali). E forse è stata proprio la consapevolezza di giocare “fuori casa” che ieri ha condizionato il sindaco di Firenze, imprigionandolo in un intervento che è parso preoccupato soprattutto di non spaventare ulteriormente quel che un tempo sì sarebbe definito il “corpo del partito”.

Ma l'idea, il progetto, di Renzi non ne è uscito mutilato: quel che si doveva intendere, infatti, s'è inteso. Né è cambiato il suo modo (sgradito ai più) di parlare alle platee del partito democratico: addirittura il  “Signori, non pensiate che...” quasi fosse di fronte ad un consesso di architetti, di odontotecnici o di commercialisti. Il giorno e la notte, appunto. Da una parte il migliore tra gli allievi di Massimo D'Alema, dall'altra un puro esempio di post-ideologismo. In qualunque elezione, Cuperlo farebbe il pieno tra gli elettori del centrosinistra, mentre Renzi ne perderebbe un bel po' per strada: ma sfonderebbe nel campo avverso. Il bivio è chiaro. Il Pd deve soltanto scegliere. Senza più alibi, ipocrisie e incomprensibili giochi al rinvio.

6 commenti:

dario ha detto...

Cuperlo mi convince più di Renzi. Il secondo, per molti versi, mi pare superato. Cuperlo ha il difetto, ai miei occhi, di essere troppo intellettuale, ergo la massa tende a non capirlo. certo, poi, contano le idee e la possibilità di realizzarle. A questo riguardo temo che la maggior parte degli uomini politici non conosca il paese e non sia preparata, neanche Cuperlo, a metterci seriamente mano. Questo non significa che tutto debba andare a fondo, ma che sia giunto il tempo di cambiare personaggi, sulla base di competenze e personalità.

roberto ha detto...


La situazione attuale è un cane che si morde la coda: la possibilità di cambiare (almeno in parte) la classe politica dipende da una nuova legge elettorale che, a sua volta, dipende dall'attuale classe politica
Ciò spiega la resistenza dei partiti a fare la riforma elettorale. Anche il Movimento 5 Stelle, che aveva raccolto 350.000 firme per cambiare il porcellum, ora, per meschini calcoli elettorali, vorrebbe andare al voto con questa legge. Disogna premere perchè si diano una mossa.
Noi non demordiamo.

Pasquale Mirante ha detto...

Nel Pd, tra un candidato di sinistra e uno di destra, vince quello di destra, cioè Renzi.
Pasquale Mirante

roberto ha detto...


Definire Renzi di destra mi sembra improprio; io direi che, come la Merkel, è "transpartitico": appartiene chiaramente ad un'area politica, ma ha la sensibilità e la capacità di cogliere le ragioni della parte avversa compatibili con i propri valori e di soddisfarle, in una certa misura. Così pesca voti in un arco più ampio di quello tradizionale, cosa che Cuperlo non può fare.

Umberto ha detto...

Caro Roberto,

Ottimo l’articolo di Geremicca; finalmente uno che vede chiaro. E chiarezza sarà fatta per gli italiani se dalle primarie emergerà una forte maggioranza per l’uno o per l’altro dei candidati. Sapremo finalmente se con la vittoria di Renzi il PD è la metamorfosi di un’anima democristiana di sinistra che si ispira alla filosofia del partito democratico americano, del quale finora ha usurpato il nome (il PD americano si qualifica liberale, democratico e progressista…); oppure se mantiene la prevalenza della mentalità e delle tendenze post comuniste di tanti suoi iscritti e dirigenti che si identificano in Cuperlo. Ma la vera chiarezza emergerà solo da una maggioranza netta che porterà magari ad una spaccatura del partito: di qua una sinistra socialista e moderata insieme ai centristi di ogni tendenza, di là la sinistra vera e propria, che agisca da sinistra senza celarsi dietro a nomi che non le sono congeniali. Oppure prevarrà l’eterno opportunismo: quello che porterà tutti a rimanere insieme, con il risultato del solito pateracchio di un partito del quale non si è mai capito il credo politico (ma questo vale anche per gli altri, beninteso).

Ciao, buona giornata

Umberto

roberto ha detto...


Caro Umberto,
sono d'accordo con te: è una partita decisiva, dalla quale verrà forse un chiarimento su un partito che non ha mai assunto una connotazione precisa.
Se il risultato delle primarie sarà netto, verrà posto un secondo tassello per fare dell'Italia un paese politicamente normale. Il primo essendo stato l'emergere, per la prima volta, nel PDL di una vera dialettica politica che ha messo in minoranza il suo fondatore.
Ciao.
Roberto