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sabato 24 dicembre 2011

Il "bazooka" della BCE: opportunità e rischi

La BCE ha messo a disposizione delle banche europee circa 500 miliardi di euro al tasso dell'1% e con scadenza medio lunga per fornirle di liquidità sufficiente  a far superare il "credit crunch", cioè il taglio netto dei crediti a famiglie e imprese, che si è già ampiamente manifestato in tutta la zona euro.
Un secondo obiettivo, non dichiarato ma implicito, è quello di indurre le banche ad acquistare titoli di stato dei Paesi in difficoltà per ridurre i tassi d'interesse che gli stessi devono pagare sul debito e lo spread con i bund tedeschi.
E' la più grande manovra finanziaria mai messa in atto nel nostro continente e testimonia, da un lato, la gravità della crisi e, dall'altra il difficile tentativo che la BCE sta attuando di mantenere fermo il suo ruolo primario di garante della stabilità dei prezzi e del valore della moneta unica, che non le consente di finanziare direttamente gli stati, cercando nel contempo di ricreare la fiducia dei mercati nei confronti delle economie della zona euro, attraverso appunto un forte sostegno al sistema finanziario.
La posizione che i mercati hanno assunto a fronte di  questa maxi manovra è mista, in quanto le borse hanno reagito in modo cautamente positivo, mentre gli spread obbligazionari hanno continuato a mantenersi molto elevati. Il punto critico sta proprio nella risposta che le banche europee daranno agli stimoli della BCE: c'è infatti il rischio che le stesse possano "parcheggiare" la liquidità ricevuta nella stessa BCE anzichè destinarla a dare credito o ad acquistare titoli di stato, in attesa di maggiori chiarimenti da parte dei mercati. Questo comportamento attendista sarebbe, in certa misura, comprensibile perchè le banche sono già oberate da molti crediti inesigibili e da un attivo pieno di titoli di dubbio valore, ma esso potrebbe dar luogo a un circolo vizioso: i mercati tengono alti gli spread per stimolare le autorità monetarie e gli stati ad agire in modo risoluto, con ciò aumentando la riluttanza delle banche a comprare obbligazioni ad alto rischio/rendimento. La prudenza delle banche, a sua volta, alimenterebbe la sfiducia dei mercati.

Il crinale su cui si sta muovendo la BCE è quindi molto stretto anche perchè al suo interno non vi è concordanza di vedute, come dimostra il dibattito a distanza fra il consigliere italiano Bini Smaghi e il capo economista Jurgen Stark: il primo, in una  recente intervista al Financial Times, si è detto a favore di misure di "quantitative easing" , anche attraverso l'emissione di eurobond, il secondo ha confermato l'orientamento tedesco a non snaturare il ruolo della BCE e, implicitamente, il rifiuto della Germania di accollarsi i costi derivanti dai debiti eccessivi degli altri stati.
Il Presidente Draghi deve muoversi fra queste diverse istanze. A mio avviso, come ho già affermato in precedenti post,  fa molto bene a dimostrarsi "più tedesco dei tedeschi", evitando di cedere alla pressioni di chi vorrebbe una BCE a immagine della Federal Reserve americana. Molta importanza nella riuscita della manovrà avrà l'opera di "moral suasion" che la Banca Centrale dovrà discretamente esercitare sul sistema bancario dei vari Paesi. ricordando in particolare ai Paese più forti ( o apparentemente più forti ), che il potenziale tracollo di quelli deboli segnerebbe la fine delle loro banche, che sarebbero travolte dalle svalutazioni degli attivi e andrebbero in sicura bancarotta.

Un altro aspetto importante della partita in gioco è quello della ricapitalizzazione delle banche, richiesta dall'EBA, l'autorità finanziaria europea, diretta dall'italiano Andrea Enria. Questa richiesta ha suscitato vivaci reazioni, soprattutto dal sistema bancario del nostro Paese, che ritiene i requisiti richiesti penalizzanti per le nostre banche. Tuttavia ritengo che non solo la richiesta sia opportuna, fatti salvi eventuali aggiustamenti per ridurre possibili distorsioni, ma che la stessa, nel medio termine,  sia insufficiente. Infatti, negli anni delle "vacche grasse" le banche si erano abituate a ridurre al minimo il capitale  per esaltare i risultati, misurati principalmente in termini di ROE, cioè di ritorno sul capitale proprio: meno capitale voleva dire, migliori risultati e, soprattutto, maggiori incentivi e stock options per i manager di vertice. Ciò portava il sistema manageriale a correre sempre maggiori rischi  per ottenere maggiori benefit.
Nel mondo che ci attende nei prossimi anni, in cui la prudenza gestionale sarà vincente sulla spericolatezza, i requisiti  di capitale attualmente richiesti dall'EBA, intorno al 9% degli attivi, dovranno essere  accresciuti per rendere realmente solido il sistema creditizio, impedire nuovi disastri finanziari e avere una redditivà delle banche più compatibile con la logica economica e con il buon senso: i ROE superiori al 20%, talvolta vicini al 30%, che varie banche europee esibivano verso la metà dello scorso decennio erano, infatti, pura follia.

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Colgo l'occasione di questo post per fare a tutti i lettori del blog i migliori auguri per le Feste e il Nuovo Anno che, se tutti terranno la testa sul collo, potrebbe contribuire a superare la crisi e a preparare un futuro più equilibrato e sostenibile.

Invito coloro che fossero interessati a  dialogare con me e con altri lettori, a farsi vivi con loro opinioni, inseribili nel blog cliccando sulla parola "commenti", che si trova immdiatamente sotto ciascun post ,oppure inviandomeli via mail. Li pubblicherò firmando  il contributo con il solo nome del suo autore, salve diverse indicazioni.

sabato 10 dicembre 2011

Vertice europeo: ha vinto la Merkel, cioè l'Europa

Come avevo segnalato nel post precedente, la posizione della Merkel per affrontare la crisi ( creare un'unione economica europea a livello dei saldi di bilancio, istituire regole forti per sanzionare i paesi iandempienti, rinviare gli eurobond a dopo la realizzazione dei punti precedenti) era la ricetta giusta.
Il fatto che questa ricetta sia stata pienamente adottata dal vertice europeo di Cannes è quindi una vittoria per l'Europa e per chi ritiene necessaria una maggiore integrazione dei Paesi che la compongono.
Questa vittoria è stata confermata e amplificata dalla rinuncia della Gran Bretagna a partecipare al processo d'integrazione alle predette condizioni. La richiesta di Londra di esentare il proprio sistema finanziario dalle regole di trasparenza e di mantenere il principio dell'unanimità, che le avrebbe dato il potere di veto sui singoli provvedimenti, era irricevibile ed è stata giustamente respinta. Aver liberato l'unione Europea da questo fardello è fondamentale per poter procedere nella direzione di un'entità europea politica e non solo monetaria.
Come ha detto Prodi, che da ex Presidente della Commissione Europea se ne intende, in un'intervista al TG 3, la Gran Bretagna ha sempre scientificamente tentato d'impedire l'avanzamento della costruzione europea.  Senza questo ostacolo la prospettiva di unione economica si avvicina fortemente.
Come ho avuto modo di evidenziare in precedenti post, la City londinese è, insieme a Wall Street , l'ideatrice di quella "finanza creativa" che ha trasformato la Gran Bretagna da potenza industriale, ormai fortemente ridimensionata, a potenza finanziaria. E' quindi comprensibile che vi sia una difesa della maggiore fonte di benessere di questo Paese.  Quel tipo di finanza, però, ha creato degli autentici mostri: dai mutui subprime ai derivati (definiti da Warren Buffet, il maggior investitore mondiale "armi di distruzione di massa"), ai prodotti finanziari che impacchettavano titoli "spazzatura"  e che erano venduti, con la complicitàà delle agenzie di rating,  con la massima valutazione di solvibilità  (tripla A).
Gli squilibri sistemici attualmente esistenti nella finanza globale a causa di tali pratiche spericolate e rapaci non sono stati minimamente affrontati e saranno il terreno su cui si giocherà in futuro lo scontro fra le grandi potenze economiche. La crisi europea dei debiti pubblici ha per il momento oscurato questo  tema che verrà  però alla ribalta quando tale crisi sarà avviata definitivamente a soluzione. In tale scontro la Gran Bretagna probabilmente non sarà dalla parte dell'Europa.

Chi solleva critiche alle scelte fatte a Cannes ( ad esempio  Mario Deaglio su La Stampa di oggi 10 dicembre nel suo editoriale intitolato evocativamente "La camicia di forza") sostiene che la "ricetta Merkel" sia troppo rigida nell'imporre disciplina agli stati membri con il rischio di accentuare le tendenze depressive già in atto nelle economie europee e che ciò potrebbe avere serie implicazuioni sociali. Io non condivido affatto questa posizione perchè ritengo che siamo di fronte ad un cambiamento epocale, che comporta alti rischi ma potrebbe portare immensi benefici al nostro continente, consentendogli di acquisire uno status e una stabilità in precedenza ignoti. Per fare questo è necessario non essere spaventati dalla recessione: una riduzione dei consumi a favore di un aumento degli investimenti è indispensabile nei prossimi anni. Come dicono gli anglosassoni "non esistono pasti gratis": la recessione non è una iattura ma uno strumento, certamente doloroso ma necessario,  per riportare in equilibrio sistemi economici che hanno troppo a lungo vissuto al di sopra dei propri mezzi.
La cosiddetta "rigidezza"c della Merkel è ciò di cui abbiamo assolutamente bisogno e che, alla fine di un difficile percorso, ci salverà.
Venendo  ora alle iniziative volte a ricreare la fiducia dei mercati l'Italia, con la dura manovra messa a punto dall'attuale governo ," ha fatto la sua parte", come ha giustamente dichiarato il Presidente del Consiglio., che ha osservato peraltro come la manovra sarebbe stata migliore, sul piano dell'equità e della crescita, se vi fosse stato un tempo e strumenti più adeguati per confezionarla. Anche il Presidente Napolitano ha rimarcato che questa manovra è solo "il primo passo" cui altri dovranno seguire per raggiungere una migliore distribuzione  degli oneri e per evitare che l'impatto recessivo della manovra impedisca di riavviare il percorso di sviluppo dell'economia nazionale.
Circa le reazioni alla manovra, mi ha colpito il fatto che, per una volta, i politici sono più avanti dei cittadini: i primi, infatti, pur mugugnando (faccio riferimento ai partiti che sostengono il governo) hanno perfettamente capito che la manovra era inevitabile e non mancheranno certamente di approvarla. I secondi invece protestando per la reintroduzione dell'ICI sulla prima casa ( un sondaggio di Mannheimer ha messo in evidenza la contrarietà della grande maggioranza degli italiani a questo provvedimento) hanno manifestato non solo il legittimo  e comprensibile dispiacere a rinunciare al "regalo elettorale" fatto loro dal precedente governo, ma sembrano non capire che tale regalo era del tutto inconmpatibile con lo stato delle finanze pubbliche e non poteva assolutamente essere confermato. In tutti i Paesi europei, anche in quelli in condizioni assai migliori delle nostre, tale imposta viene pagata. Si potrà dire che i politici hanno potuto ingoiare più facilmente l'amara pillola della manovra perchè i loro privilegi sono stati solo minimamente toccati. Ma non va comunque sottovalutato il senso di responsabilità che le forze politiche hanno dimostrato in questa drammativa circostanza e che potrebbe avere positive conseguenze sull'evoluzione del nostro quadro politico, una volta superata la fase dell'emergenza. Pierferdinando Casini ha acutamente osservato in una recente intervista al Corriere della Sera che la forzata collaborazione imposta dalla crisi alle maggiori forze politiche è destinata a modificare profondamente il sistema delle future alleanze: non nel senso di portare alle "ammucchiate" ma di rivedere i confini storici delle alleanze  tradizionali per produrre coalizioni capaci di affrontare realmente e non rinviare le sfide non facili che ci attendono nei prossimi anni. L'atteggiamento che le forze politiche terranno verso  il governo Monti sarà il fattore discriminante fra le forze in gioco.

lunedì 28 novembre 2011

Crisi finanziaria: ha ragione la Merkel

La cancelliera tedesca è sottoposta a fortissime pressioni, da parte di Governi, soprattutto americano e inglese,  di economisti e di opinionisti affinchè acconsenta a che la Banca Centrale Europea acquisti quantità illimitate di titoli di Stati europei per calmare i mercati e riportare i tassi d'interesse a livelli sopportabili. Dovrebbe, cioè, imitare quanto gia fanno la Federal Reserve negli USA e la Banca Centrale nel Regno Unito.
 Un'altra richiesta che le viene fatta dalla Commissione Europea e in particolare da Sarkozy, data la situazione di deterioramento del debito francese, è quella di aderire alla proposta di emissione degli eurobond che dovrebbero essere garantiti dall'insieme degli Stati.
La cancelliera ha finora detto no ripetutamente ad entrambe le richieste perchè la prima è contraria a quanto prevedono i trattati europei, stravolgerebbe il ruolo della BCE e metterebbe a rischio la stabilità della moneta unica; la seconda perchè accollerebbe in sostanza alla Germania la parte maggiore dei costi e dei rischi e produrrebbe inevitabilmente un abbassamento del rating del suo debito.
Data questa "ostinata" opposizione, la Merkel viene accusata di mancare di visione e/o di coraggio: la sua ostinazione metterebbe a repentaglio l'euro e la stessa costruzione europea.
Che esista un rischio d'implosione della moneta unica e dell'area Euro non v'è dubbio, ma la proposta di rendere la BCE il "prestatore di ultima istanza" è una soluzione di gran lunga peggiore del male che si deve affrontare, in quanto vorrebbe dire che si cerca di curare le economie drogate dal debito, non cercando di ridurlo, ma offrendo agli Stati indebitati i mezzi finanziari per perpetuarlo e creando le condizioni per un ulteriore indebitamento. Ciò aumenterebbe fortemente l'"azzardo morale", cioè la propensione a prendere ulteriori rischi.
Che questa ricetta sia pessima lo dimostra quanto sta avvenendo negli USA dove essa viene applicata: i mercati hanno reagito molto positivamente alla "monetizzazione del debito", fatta dalla Federal Reserve,  ma il debito ha continuato a salire producendo il declassamento degli Stati Uniti. Ormai il rapporto debito/pil in questo Paese ha raggiunto il 105% e, considerando l'elevatissimo deficit federale, il prossimo anno sarà molto vicino al livello attuale del debito italiano, il che comporterà certamente un ulteriore downgrading. Nel frattempo, stante l'apparentemente minore drammaticità della crisi finanziaria USA rispetto a quella europea, la ricerca di vere soluzioni viene sempre rinviata: i democratici e i repubblicani non sono infatti riusciti a trovare un accordo per la riduzione del deficit federale. Così negli USA si continua ad agire sugli effetti, ignorando le cause e aggravando le difficoltà.
Quindi il vero malato è  proprio l'America perchè ha sei problemi irrisolti che s'intrecciano in modo perverso e che possono produrre esiti letali: le conseguenze dei mutui subprime sul mercato immobiliare, la bolla dei derivati, la crisi del sistema bancario, l'elevato indebitamento delle famiglie, l'abnorme debito pubblico e un crescente deficit federale.
Ha quindi pienamente ragione la Merkel a diffidare dei consigli che le vengono d'oltreatlantico. L'unica via che può salvare l'Europa è, come lei sostiene, la creazione di un governo unico dell'economia, a livello  di saldi di bilancio ( non delle singole misure, che resterebbero di competenza degli Stati) e un sistema forte di controlli e sanzioni nei confronti degli Stati membri che sgarrano rispetto alla disciplina fiscale. A questa posizione si obietta che richiede tempi lunghi e che i mercati non sono disposti ad aspettare. Ma è una falsa obiezione anzitutto perchè, con la scorciatoia degli accordi bilaterali fra Stati, i tempi sarebbero molto  ridotti rispetto a quelli richiesti dalla modifica dei trattati europei e poi perchè i mercati vogliono vedere proposte di soluzione credibili, anche se di medio periodo. Se le proposte che Merkel e Sarkozy presenteranno al summit europeo di dicembre saranno contemporaneamente ambiziose e realistiche, i mercati si calmeranno, dato che è ormai chiaro che le soluzioni puramente monetarie danno un beneficio a breve, ma complicano i problemi in un'ottica più lunga. La concessione della liquidità necessaria nella fase di transizione al nuovo assetto dell'area Euro potrebbe essere fatta dal Fondo Monetario Internazionale il cui ruolo è proprio quello di aiutare gli Stati in difficoltà e che, a differenza della Federal Reserve, ha sempre strettamente condizionato il finanziamento a uno stringente piano di rientro dal debito, riducendo così l"azzardo morale" dei debitori.
 E a quel punto la Merkel potrebbe anche accettare, come ha lasciato in qualche modo intendere, l'emissione di eurobond perchè il sacrificio che essi comporterebbero per la Germania sarebbe compensato dal giusto e riconosciuto ruolo di leadership che essa dovrebbe assumere nel processo d'integrazione europea.

lunedì 21 novembre 2011

Matteo Renzi: un potenziale leader nazionale?



Premessa
Secondo un sondaggio di Demopolis fatto fra il 26 e il 28 ottobre 2001,  Matteo Renzi, attuale Sindaco di Firenze e promotore della riunione tenuta alla stazione Leopolda dal 29 al 31 ottobre,  è conosciuto dal 66% degli italiani, in forte crescita rispetto a due anni prima, quando era noto solo al 25%. (E’ presumibile che dopo tale evento la notorietà sia ulteriormente aumentata).
Ha molta o abbastanza fiducia in lui il 49% degli elettori, mentre il 39% ne ha poca o nessuna
Il suo consenso è molto trasversale, in quanto si pronunciano a suo favore: il 44% degli elettori di centrosinistra, il 47% di quelli di centro e il 48% di quelli di centro destra. Secondo la società che ha condotto il sondaggio si tratta di un caso unico in un sistema politico sempre più polarizzato.

Aspetti  positivi

La trasversalità dei suoi consensi è un fatto dirompente nell’attuale quadro politico ed è causa di valutazioni molto differenziate sul “fenomeno Renzi”, che cercherò di sintetizzare nel seguito.
I punti di  forza sono, a mio avviso, i seguenti:

-    L’aver messo in discussione l’attuale funzionamento del partito democratico, sfidando apertamente l’”establishment”
Il coraggio di Renzi è indubbio, se si pensa che il PD non ha mai tollerato molto i dissenzienti, per antica cultura di c.d. “centralismo democratico”. Renzi ha detto chiaramente che la logica per cui i funzionari di partito danno le istruzioni agli amministratori locali che poi devono spiegarle al popolo elettore, forse andava bene nel secolo scorso, ma oggi va sostituita con un meccanismo di partecipazione diffusa, usando anche le moderne tecnologie. Alla Leopolda si è parlato di Wiki-PD, cioè di un partito che interagisce anche in rete e  che consente a tutti gli interessati di discutere e approfondire le “cento idee” nate in quel convegno.

-     L’aver chiesto un cambio generazionale e un rinnovo periodico della classe dirigente
Come quasi tutti i partiti anche il PD presenta da 20/30 anni le stesse facce nei ruoli di leadership. Vi è indubbiamente bisogno di un ricambio anche perchè, come dice Renzi, l’attuale classe dirigente del partito si è caratterizzata, negli ultimi 20 anni circa, più per il suo essere antiberlusconiana che per aver fatto proposte capaci di convincere gli elettori.  Concetto ribadito in un’intervista congiunta  a “Otto e mezzo” su La 7 da Marco Travaglio:  " chi ha tenuto in piedi Berlusconi per oltre tre lustri è la sinistra che non ha saputo costruire un’alternativa credibile". Naturalmente, l’essere giovani non è  né un merito, né una garanzia di rinnovamento, ma è un prerequisito per il ricambio generazionale.
Sul rinnovo periodico della classe dirigente, Renzi  ricorda nel suo libro "Fuori!" (Rizzoli Editore, 2011) che  " lo statuto del PD ci darebbe una mano perchè impone che, dopo tre mandati in Parlamento, ci si faccia da parte per fare spazio ad altri. E' una di quelle norme talmente ben fatte che non la rispetta nessuno". I politici non dovrebbero  considerare la politica come  una carriera “a vita”, ma come un percorso a tempo determinato, dopo il quale tornare nella società civile.

-     L’aver chiesto, come prerequisito per la riduzione della spesa pubblica, il taglio dei costi della politica
Cito sempre dal predetto libro "Sogno un gruppo dirigente che non abbia paura di dire con forza "metà parlamentari a metà prezzo": Perchè il problema sono i costi della politica, ma soprattutto i posti della politica e il troppo stroppia, sempre. Ci sono mille parlamentari. Andrebbero dimezzati, subito......Per non parlare di pensioni e vitalizi:un parlamento che non ha la forza di fare la riforma delle pensioni, si crea una corsia preferenziale dopo appena qualche anno di Montecitorio o Palazzo Madama ". 
Anche se questo taglio non è di per sé risolutivo rispetto alla crisi in atto, esso rappresenta un inderogabile esempio che dovrebbe essere dato da chi è chiamato a chiedere ai cittadini di fare pesanti sacrifici per salvare il Paese dalla bancarotta. Questa richiesta, oggi accettata un pò "obtorto collo" dai vertici del partito, è stata fatta da Renzi quando  il PD concorreva con altri partiti a rigettare gli ordini del giorno presentati dall'IDV su questi temi

- L’aver portato la discussione nel partito fuori dai  temi degli schieramenti e della contrapposizione al “nemico” e dentro i problemi della società
La discussione fatta alla Leopolda ha visto la partecipazione di  molte persone, alcune note e molte no, tratte dai più diversi segmenti della società: amministratori locali, studenti, imprenditori, politici, uomini di cultura, ecc ed è stata seguita, in rete, tramite facebook e i siti online dei giornali, da molte altre, che hanno potuto interagire. E’ stato quindi un esercizio di “democrazia partecipata” che non ha precedenti nel contesto politico nazionale
Le “cento idee” che hanno sintetizzato il dibattito  sono state giudicate da vari osservatori  in modi diversi: alcuni le vedono come un buon punto di partenza per  un approfondimento ed una selezione di quelle prioritarie; altri le vedono come “un minestrone” indigesto,  contenente alcune cose valide, altre da rigettare interamente, altre assolutamente indefinite.

-     L’aver superato i tradizionali confini fra sinistra, centro e destra
In un’intervista dell’1/4/2011 alla trasmissione TV “ Le invasioni barbariche”, Renzi  ha dichiarato “ mi sembra normale che chi fa politica cerchi di convincere anche coloro che fanno parte dell’altro schieramento”, ponendo così il tema di conquistare esplicitamente voti nello schieramento avversario, cosa che nel PD è sempre stata un tabù.
La ricetta di Renzi al riguardo è semplice ma potenzialmente efficace ( lo dimostrano i consensi, riportati nella premessa, che ottiene anche a destra): includere nell’offerta politica del partito alcuni valori e interessi della controparte che sono complementari ai propri ( ad esempio: facilitare la nascita , lo sviluppo  e il corretto funzionamento delle imprese per creare ricchezza  e quindi perseguire anche l’interesse dei lavoratori in termini occupazionali e reddituali) oppure interpretare certi valori fondanti della sinistra, come la giustizia sociale, non in termini di egualitarismo ma di uguaglianza delle opportunità e, quindi, di meritocrazia che è un valore da molti ritenuto, per Renzi erroneamente, appannaggio della destra.


- Possedere senso dell'humour e autoironia  

Il suo libro è piacevole perchè tratta temi seri con serietà ma anche con spirito, dote non comune fra i politici. E' quindi consigliabile a chi voglia approfondire la conoscenza del personaggio, al di là dei luoghi comuni che circolano sul suo conto. 

Rischi e limiti

-         L’inquietante e ambigua presenza, nel suo staff, di Giorgio Gori

Riporto una notizia trovata nel web:

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Ecco chi è l’autore delle 100proposte lanciate da Renzi
Pubblicato il 31 ottobre 2011 da Redazione
Ci eravamo chiesti come e da chi fossero state raccolte le 100 proposte lanciate da Renzi alla Leopolda. Aprendo le proprietà del file pdf, messo online ieri sera sul sito della Leopolda2011, si scopre una possibile risposta (http://leopolda2011.it/100proposte.pdf). L’autore del file è infatti GIORGIO GORI (ex direttore di Canale5 e di Italia1). La redazione del Termometro Politico ringrazia Gianluca Morganti per la segnalazione.


Questa notizia è impressionante perché dimostra, senza ombra di dubbio che Gori, gia Direttore di Canale 5 e di Italia 1, l’uomo che per oltre 11 anni ha diretto le reti di Mediaset, oltre che organizzatore anche mediatico della riunione della Leopolda ,è  quantomeno il “ghost writer” di Renzi o, come molti commentatori suppongono,  l’ispiratore delle proposte  politiche dello stesso. Una sorta di ideologo “dietro le quinte” (per ora).
Che l’impegno politico di Gori sia una cosa seria lo dimostra il fatto che si è dimesso, quasi in concomitanza con la predetta convention, da tutte le cariche operative nel Gruppo Magnolia di cui era fondatore e Presidente, dichiarando di volersi dedicare a una nuova esperienza.
Intervistata al proposito nella trasmissione “Verissimo”  sua moglie, la nota conduttrice del TG 5 Cristina Parodi , ha detto “Quel che è certo è che ha una gran voglia  di poter fare qualcosa, di essere utile all’Italia. Ma da qui a scendere in politica e prendere posizioni si vedrà”: Poi, alla domanda se lei si vedesse bene nei panni di first lady, ha risposto “Magari! In realtà non riesco nemmeno a immaginarmi in questo ruolo. Ma prendo la domanda come un buon augurio”.
Ora, francamente, dopo 17 anni di Berlusconismo, la sola idea di un governo di centrosinistra guidato da Gori, colui che gli amici chiamano “smiling cobra” o “smiling shark”, è qualcosa che fa rabbrividire. Non dimentichiamo che Gori è colui che ha introdotto in Italia la parte più “trash” della televisione commerciale  (dal Grande Fratello all’Isola dei famosi), che ha prodotto un vertiginoso aumento della volgarità, della banalità, e dell’arrivismo nella TV e in chi la segue e se ne fa influenzare (sono molti, purtroppo).
Può darsi che i critici di Renzi che lo immaginino come il “cavallo di troia” mandato dalla destra per conquistare anche la sinistra ( come fatto, a suo tempo con le TV di Stato) facciano solo della fantapolitica. Però devono indurre chi ha a cuore la nostra democrazia a vigilare su cosa si muove nell’entourage di Renzi, per evitare brutte sorprese. Io lo farò
Non vi nascondo che, dopo aver letto quanto ho riportato in precedenza, ho avuto la tentazione d’intitolare questo post: “Renzi e Gori: Dott. Jekill e Mister Hide?”


-         Il populismo e la logorrea

Renzi, come Berlusconi e sia pure con stile diverso, fa appello al cuore delle persone, ai sentimenti  e parla di “sogni” come elemento trainante dell' azione politica, che non può essere solo “amministrazione”. Tende quindi a creare un  forte legame emotivo con il suo pubblico, il che non è un male in sè, ma può diventarlo se la voglia di piacere e di "catturare" l'interlocutore prende il sopravvento sulla concreta proposta politica.
Malgrado Renzi parli spesso della necessità della concretezza, si deve fare un certo sforzo ascoltando i suoi lunghi ( a mio avviso troppo lunghi) discorsi per cogliere l’essenza delle sue proposte. Uno stile più asciutto allontanerebbe la vaga sensazione, che talvolta si prova ascoltandolo, di essere un po’ presi in giro.

Va detto che, nella scrittura, Renzi è più efficace e incisivo che nell'oratoria.

-         L’indecisione sul suo ruolo futuro

Renzi è chiaramente intenzionato  a giocarsi le sue carte alle primarie, chiedendo di superare la norma statutaria che  prevede che il PD abbia come unico candidato il Segretario del partito. Renzi lo chiede, a mio viso giustamente, in nome dell’esigenza prioritaria di un necessario rinnovamento della classe dirigente.

Renzi dice anche che bisogna fare nel partito “un’operazione di verità”, ma  quando si viene al dunque nega di volersi candidare a un ruolo di leadership e dice che alla Leopolda si è lavorato per candidare delle idee, non delle persone.
Si tratta evidentemente di tatticismo politico ma l’escamotage è poco convincente. Se si ritiene all’altezza di fare il candidato del centrosinistra per guidare un possibile governo di quest'area politica, dovrebbe dirlo. Nel suo libro cita, in modo convincente, diversi esempi di decisioni controcorrente e tempestive prese quale candidato prima e poi quale Presidente della provincia e come Sindaco di Firenze. Ora dovrebbe dimostrare di saper tenere lo stesso passo anche nella competizione a livello nazionale, ma per il momento non sembra riuscirvi.


Aree in cui potrebbe prendere voti

Come si è visto in premessa, Renzi  riscuote  significativi consensi in tutte le aree politiche ( in misura inferiore persino nell’estrema sinistra e nell’estrema destra).
Naturalmente tali consensi, per tradursi in voti, devono incontrarsi con una proposta programmatica esplicita, comprensibile e convincente.
L’equilibrio che finora vi è nelle varie aree dovrà essere superato per dar luogo ad un mix in cui l’area di sinistra risulti predominante; altrimenti il significato della candidatura di Renzi sarebbe altamente contradditorio con la sua collocazione politica dichiarata e potrebbe rivelarsi un boomerang.

Alleanze

Se si raggiungesse il miglior bilanciamento trattato nel punto precedente, la presenza di Renzi come politico nazionale sarebbe utile al PD anche in caso di sua sconfitta alle primarie, in quanto sarebbe in grado di intercettare, come “ala destra” del partito, molti elettori del centrodestra stanchi della lunga e fallimentare stagione berlusconiana.  L’alleanza con il Terzo Polo sarebbe facilitata da una presenza moderata e innovativa all’interno del maggior partito della sinistra.
Se però dovesse sfaldarsi il PDL, tale allenza sarebbe rimessa in discussione.




Conclusione

Lascio la parola a Michele Serra che, nella sua rubrica “L’amaca” , nen”La Repubblica”  del 1/11/2011 azzarda questo pronostico:
“ Ipotesi infausta: Renzi è il più riuscito tentativo di creare un “ Berlusconi di centrosinistra”. Molta confezione, dunque, e poco contenuto: esattamente come l’originale. Ipotesi fausta: Renzi è, con una ventina d’anni di ritardo, il nostro Tony Blair, traghettatore delle forze progressiste dal secolo ideologico a quello post-ideologico, con tutti i pro e i contro del caso. Niente di entusiasmante, ma qualcosa di nuovo e di spiazzante, sì: Quanto ai vent’anni di ritardo, non sarebbe colpa sua ma di un Paese che ha viaggiato, ultimamente, in costante retromarcia.. Un Tony Blair, anche usato, per un’Italia così conciata sarebbe un lusso”.

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mercoledì 9 novembre 2011

Ridare dignità al Parlamento e ridimensionarlo

Un'epoca politica si è finalmente conclusa ed è finita la lenta agonia che ha caratterizzato gli ultimi mesi del governo Berlusconi, che tanti danni ha prodotto all'economia e alla credibilità dell'Italia.

La netta maggioranza degli analisti politici ritiene che non vi siano i tempi e le condizioni per riformare la legge elettorale prima di andare a nuove elezioni.
Ma non possiamo dimenticare il tremendo spettacolo cui abbiamo assistito in questi ultimi anni, di un Parlamento ridotto a "un branco di pecore" asservite ai capibastone dei partiti. Ho già parlato più volte di questa anomalia che ha trasformato i cosiddetti "rappresentanti del popolo" in puri esecutori, costretti spesso a dire palesi menzogne pur di compiacere chi li ha messi nello scranno parlamentare.

Per quanto gravi siano le responsabilità della ex maggioranza di centrodestra che con la Legge Calderoli, il famigerato "porcellum", ha assecondato la propria vocazione autoritaria, causa principale della sua attuale rovina, neppure le opposizioni possono tirarsi fuori perchè hanno goduto anch'esse dell'esercizio improprio del potere che tale legge ha consentito.
Userò un'espressione molto forte: questa legge e l'uso che ne è stato fatto per aumentare i privilegi della casta e depauperare i cittadini dei loro diritti, è chiaramente frutto di una cultura mafiosa che purtroppo alligna in modo trasversale nella nostra classe politica. E' questa cultura che va abbattuta.

Non sappiamo se la saggezza del Presidente della Repubblica sarà sufficiente a superare gli ostacoli esistenti e a  mettere il Paese in grado di votare con una nuova legge, cosa che sarebbe altamente auspicabile. In ogni caso il cambiamento di tale normativa per ridare ai cittadini la possibilità di eleggere chi deve rappresentarli è la priorità assoluta per ripristinare nel Paese condizioni di reale democrazia, attualmente sospese.

Le urgenze che i mercati, la BCE e il Fondo Monetario Internazionale  pongono alla classe politica e ai cittadini per evitare il default del nostro debito pubblico sono  comunque un test di realtà che non può essere eluso. Non è il mondo esterno che ce l'ha con noi, ma siamo noi che, vivendo largamente al di là dei nostri mezzi per troppi anni, abbiamo creato un debito quasi insostenibile. A ciò va aggiunta l'ottusita dell'ex maggioranza che, con il suo inutile arroccamento, ha  negli ultimi mesi stracciato gli ultimi brandelli di credibilità  del Paese e vanificato gli sforzi compiuti con le già pesanti manovre approvate in estate: Manovre che, come ha detto chiaramente ieri il Commissario europeo all'economia Olli Rehn, non sono più sufficienti.

Spetta ai cittadini produrre, in occasione delle prossime consultazioni elettorali, il necessario cambiamento di maggioranza e spingere i partiti della coalizione che sarà vincente a  riformare, se ancora vigente, la legge elettorale e a ridurre finalmente numero, prebende  e vitalizi dei parlamentari
Nel frattempo un  contributo in questo senso può essere dato firmando la petizione pubblica  per dimezzare il numero dei Parlamentari, ed eliminare il diritto all'indennità pensionistica dopo soli 35 mesi di attività parlamentare che ti trova cliccando sul seguente link:

http://www.petizionepubblica.it/

e poi inserendo nel motore di ricerca dei sito che si trova in alto a destra della pagina il seguente codice: P2011N14356.
Dopo aver sottoscritto la petizione si riceverà una mail che richiede di confermare la firma per garantirne l'autenticità.
Suggerisco a tutti gli interessati di dare la maggiore diffusione possibile a questa opportunità di democrazia diretta trasmettendo ad amici e conoscenti il link e il codice predetti. Sarà un piccolo contributo per ridimensionare il nostro pletorico apparato politico e i suoi medievali privilegi.

giovedì 3 novembre 2011

Montezemolo in politica: parliamone

Di seguito pubblico due contributi nell'ordine in cui sono stati elaborati: quello di un lettore, Enrico, e il mio. Fra di essi vi sono convergenze ed anche divergenze, il che costituisce una buona base per la discussione. Il dibattito è aperto  a tutti i lettori del blog, che possono scrivere le loro osservazioni cliccando sulla parola "commenti" che si trova in fondo al post. Se si hanno difficoltà, è possibile fare le osservazioni inviandomi una mail; provvederò io ad inserirle, firmando ciascun contributo con il solo nome dell'autore (senza il cognome) per ragioni di riservatezza, a meno che nella mail mi vengano date diverse indicazioni. 


Enrico


Credo che l’ipotesi di una candidatura di Montezemolo ad elezioni politiche nazionali sia da vedersi all’interno del tipo di sistema politico e di legge elettorale con cui si andrà a votare.  Io sono da sempre a favore del bipolarismo, e anche a favore di una legge elettorale che favorisca premi ai partiti maggiori e stabilità di maggioranza / governo, rispetto a sistemi proporzionalistici con coalizioni larghe / leadership mutevoli e leggi elettorali che incentivano le piccole formazioni. (Per quanto criticabili penso che siano meglio i sistemi da Segni in avanti che prima).
In chiave bipolarista, Montezemolo credo che avrebbe senso solo o come sostituto del PdL o come alleato di una formazione di centro che puntasse alla maggioranza.  In entrambi i casi la pre condizione per un suo successo dovrebbe essere lo spappolamento del PdL.  Non riesco a vedere invece una sua collocazione nella coalizione di centro sinistra, né che riesca a prendere voti a sinistra.
L’unico aspetto positivo che vedo da una sua possibile candidatura sarebbe appunto quella di coprire un’area di centro destra nel momento in cui il Pdl si dissolvesse (esattamente come fece Berlusconi quando si dissolse la DC). Peraltro in quel caso se la dovrebbe giocare con i leader del terzo polo e con gli attuali colonnelli del PdL.
Non vedo alcun rischio se si candidasse, ma al momento non capisco cosa propone e in generale non mi piace l’idea che si riproponga il film del 94, cioè che invece di avere un partito (anche nuovo) che propone una visione della società e dei programmi, sostanzialmente si proponga invece un personaggio che cerca di ottenere il successo politico attraverso la sua notorietà e l’essere parte dell’establishment. Quanto alle competenze personali, indubbie quelle di pubbliche relazioni, per quelle di gestione ho dei dubbi: suggerisco di andare a vedere per quale motivo ad inizio anni ‘90 la Rizzoli stava per andare a picco quando entrò nel cinema e Montezemolo era a capo di RCS Video.  Infine, se servono leadership nuove, preferirei di gran lunga che emergesse un trentenne / quarantenne, piuttosto che un sessantenne / settantenne.



Roberto


Premessa


Un sondaggio effettuato su scala nazionale dalla società Demopolis fra il 29 settembre e il 3 ottobre 2011, mostra che l'ingresso in politica di Montezemolo è visto favorevolmente dal 60% degli intervistati (un campione rappresentativo della popolazione italiana), mentre è contrario il 33%. Guardando alla collocazione politica degli intervistati, sono favorevoli: il 39% degli elettori di Centro Destra, il 68% di quelli di Centro e il 63% di quelli di Centro Sinistra.
Montezemolo è conosciuto dal 93% degli intervistati.
Hanno molta o abbastanza fiducia in Montezemolo il 54% degli intervistati ( il 65% fra i giovani di età fra i 18 e i 34 anni).
Circa la capacità di rappresentare gli interessi del Paese nel ruolo di premier, è d'accordo il 49%, contrario il 40%, astenuto l'11%.


Aspetti positivi della candidatura


I dati riportati in premessa indicano che la "discesa in campo" di Montezemolo  è legittimata da un potenziale significativo consenso, anche se la traduzione di tale consenso in voti è molto incerta perchè dipende da vari fattori: la collocazione che avrà nello schierameno politico, il tipo di legge elettorale vigente al momento del voto e la novità percepita del suo progetto politico.


Personalmente vedo come potenziali vantaggi i seguenti aspetti:


- lo "sparigliamento delle carte" dell'attuale gioco politico, che è ormai cristallizzato.


 C'è una sinistra molto divisa, che non riesce ad esprimere nè un leader, ne un programma comune e dà l'impressione di chi, avendo vinto al superenalotto un'ingente fortuna, abbia perduto la schedina.
Il declino di Berlusconi e del berlusconismo offre alla sinistra una grande opportunità, ma se continua l'attuale fase di stallo, essa consegnerà  nuovamente il Paese ad un centro destra formalmente rinnovato dal cambiamento di nome del PDL, dal cambiamento del leader e da qualche altra invenzione, ma sostanzialmente immutato.


Il centro occhieggia sia a destra, sia a sinistra senza decidere mai da che parte stare: sarebbe disposto a collaborare con un centrodestra privo di Berlusconi, ma nel contempo tratta con Bersani.


Il centrodestra ha pure forti divisioni, fra PDL e Lega e fra le varie correnti dei due partiti, ma è arroccato nel tentativo di sopravvivere.


In questa palude qualunque forza "nuova" dotata di  intelligenza sociale, mezzi economici e  capacità organizzative (doti che non difettano a Montezemolo) è in grado di portare lo sconquasso, perchè potrebbe  pescare consensi sia nella grande massa di persone che si sono astenute dal voto e che cercano qualche punto di riferimento con un minimo di credibilità, sia in coloro che, in entrambi gli schieramenti, sono insoddisfatti di chi attualmente li rappresenta.
Bisogna ricordare, a questo riguardo, che in occasione dei referendum di giugno, una gran parte degli  elettori di centro e di  destra (circa 10 milioni) ha "disobbedito" a Berlusconi, andando al voto e votando sì, mandando così un chiaro segnale d'insofferenza verso l'attuale maggioranza.
Sull'altro versante politico c'è una diffusa stanchezza per l'indecisione del PD che è stato spiazzato dalla raccolta di firme per il referendum volto ad  abolire il "porcellum". La raccolta, fatta in piena estate e in breve tempo, ha raccolto oltre 1,2 milioni di firme e solo alla fine ha ricevuto un blando supporto dal partito.
 L'ingresso di Montezemolo potrebbe essere il catalizzatore di un cambiamento che le attuali forze politiche di opposizione non sono in grado di fare da sole.


- il rinnovamento della spinta alla crescita e dell'immagine del Paese


Montezemolo rappresenta nell'immaginario collettivo, nazionale e internazionale, il "made in Italy" eccellente, capace di vincere anche nelle alte tecnologie. Ciò per i successi a ripetizione della Ferrari sia nel campionato piloti che in quello costruttori in quasi tutto il primo decennio di questo secolo.
Le idee espresse da Italia Futura , l'associazione fondata da Montezemolo, per uscire dalla crisi e riprendere un cammino  di crescita indicano che vi è un'acuta sensibilità per questo aspetto, in linea con la carriera e i ruoli da lui svolti in qualità di manager, imprenditore, Presidente di Confindustria. La recente proposta di un "governo di salute pubblica" per far fronte all'attacco dei mercati sta trovando positivi riscontri in varie forze politiche e istituzionali.
L'immagine personale di Montezemolo è  positiva e finora non inquinata da scandali anche se nel suo passato ci sono alcune ombre, di cui parlerò fra poco. Una sua presenza a livello istituzionale, se supportata da azioni politiche  incisive, alzerebbe anche l'immagine del Paese, oggi ai minimi termini ( vedi le ironie di Merkel e Sarkozy) a causa di indecisioni, inaffidabilità del governo, scandali e così via.


Rischi


Vedo questi punti di debolezza:


- il conflitto d'interessi


In quanto Presidente e rilevante azionista di NTV, la società che si appresta a entrare in concorrenza con le Ferrovie dello Stato nel trasporto passeggeri ad alta velocità, sarebbe in evidente conflitto se assumesse un ruolo di governo. In questo senso la sua situazione è molto simile a quella di Berlusconi; quindi, se non risolve con chiarezza tale conflitto prima o al momento di scendere in campo, la sua credibilità sarà fortemente minata.


- la cultura autocratica di provenienza


Come Berlusconi, Montezemolo è figlio della cultura d'impresa che è, allo stato attuale delle cose, fortemente autocratica: chi è al vertice è abituato a comandare, non a mediare ( caratteristica invece necessaria in politica). Chi non è d'accordo col capo viene messo da parte, nel migliore dei casi, oppure allontanato. Nella vicenda berlusconiana è ormai famosa la frase "Che fai? Mi cacci?" detta da Fini a un congresso del PDL, che testimonia di questa interpretazione aziendalista della politica da parte del premier.
Considerando poi che Montezemolo, per estrazione familiare e vicinanza alla Famiglia Agnelli non ha dovuto mai "fare gavetta", tale orientamento potrebbe essere acuito.


- la mancanza di esperienza


La politica come tutte le professioni richiede un certo apprendistato. Chi salta tale fase e va subito al vertice rischia di avere una visione distorta della realtà. Ancora una volta Berlusconi è l'esempio di questa lacuna: per velocizzare i lavori del parlamento avrebbe voluto far votare solo i capigruppo dei partiti, considerando gli altri parlamentari degli "impiegati", necessariamente ossequienti. Non credo che Montezemolo arriverebbe a questo, ma il rischio di distorsioni c'è anche per lui.


- le ombre del passato e i detrattori


Dei trascorsi nel Gruppo FIAT, quando il govane Montezemolo era il pupillo dell'avvocato Agnelli e fu improvvisamente spedito alla Cinzano si ricordano le feroci parole pronunciate da Cesare Romiti, per 24 anni al vertice del Gruppo torinese "Abbiamo pescato un paio di persone che prendevano denaro per presentare qualcuno all'Avvocato. Uno dei due l'abbiamo mandato in galera, l'altro alla Cinzano". Il tema è stato ripreso in un'intervista fatta da Il Giornale a Romiti il 18 aprile 2010.


Quattro anni fa Montezemolo ha detto agli studenti della LUISS, università di proprietà di Confindustria,  " A scuola ero campione mondiale di copiatura e questo dimostra che anche chi copia ha speranza. Credo di non avere rivali per tecniche e sofisticatezza. Trovavo sempre il modo di mettermi vicino ad uno bravo e generoso che mi permettesse di copiare". Per uno che propugna il merito come base dell'avanzamento di carriera è una contraddizione niente male, anche se mitigata dal tono scherzoso e dal fatto che dimostra una certa consapevolezza dei propri limiti.


Partendo da questi precedenti la stampa a lui ostile  cercherà  ossessivamente di trovare altre ombre e non mancherà di metterle, se esistenti, in grande risalto.
Non sono da sottovalutare, infine, i tantissimi detrattori che Montezemolo ha nel "popolo della rete" ( dato un pò contradditorio con il fatto, segnalato in precedenza, che  sono i giovani ad avere maggiore fiducia in lui): basta fare un giro nei blog, nei quotidiani online, nei forum per vedere che in quel contesto Montezemolo è  oggetto di epiteti non edificanti e fortemenetre osteggiato. Data l'influenza che ha oggi il web nella formazione della pubblica opinione, ciò potrebbe creare difficoltà sia al Montezemolo candidato che all'eventuale attore politico


Aree in cui  potrebbe prendere prendere voti


Come già accennato, questa candidatura può, a mio avviso,  trovare consensi non solo nell'area dell'astensionismo, se la proposta programmatica sarà convincente, ma in tutto l'arco politico, fatte salve le frange estreme dei due schieramenti.  Provando a ipotizzare una distribuziuone dei consensi, direi: 25/40% dalla destra, 30/50%dal centro, 10/30% dalla sinistra.


Alleanze


Se il sistema elettorale resta quello attuale ( proporzionale con liste bloccate) Montezemolo ha convenienza a presentarsi come indipendente dagli attuali schieramenti, ma comunque alternativo all'attuale maggioranza.
Se si tornasse a votare con il mattarellum (maggioritario), gli accordi preventivi avverrebbero probabilmente con le forze di opposizione.


lunedì 24 ottobre 2011

Italia contro Repubblica delle Banane

Pubblico una storiella satirica su politica e dintorni, di autore sconosciuto, che mi è stata inviata da un lettore del blog e che ironizza sui comportamenti stereotipati e, in molti casi, discutibili di alcuni protagonisti della scena nazionale. E' una storia che fa ridere, ma anche pensare.


Vi siete mai chiesti cosa succederebbe se una potenza nemica attaccasse l'Italia?
Proviamo ad immaginare.
Il nemico, diciamo la Repubblica delle Banane, dichiara guerra ed ammassa il suo esercito lungo le Alpi e la sua flotta lungo il Tirreno.

Primo giorno
Il TG1 dà la notizia dopo lo sport. Nessuna reazione dei politici.

Secondo giorno
Berlusconi dice che va tutto bene, lui è amico del Presidente della Repubblica ddelle Banane, non sussiste pericolo: Bossi insulta chi lo intervista. Calderoli va in TV con la maglietta "Repubblica delle Banane m..da".
Di Pietro chiede le dimissioni di Berlusconi.
Napolitano si appella all'unità nazionale.
Casini chiede un gesto di discontinuità.
Le parti sociali chiedono di essere sentite.

Terzo giorno
Berlusconi compare in TV e dice che, invero, si tratta di una mossa eversiva dei  magistrati di Milano.
Bossi dice che la Padania non corre alcun pericolo. Degli altri non gli frega niente (pernacchia).
La FIOM dice che è un complotto della FIAT. Intanto, il nemico sfonda al Brennero.
La CGIL esprime contrarietà. Pannella inizia lo sciopero della fame. Di Pietro chiede le dimissioni di Berlusconi.
Bersani chiede un passo indietro.

Quarto giorno
Berlusconi compare in TV e, con un sorriso complice, dice: "ho risolto tutto, grazie ad una serata galante con la figlia del Presidente della Repubblica delle Banane. Ora siamo amici, il loro esercito si è ritirato dal Brennero"
Berlusconi non sa che il nemico ha cambiato sttrategia ed ora attacca dal mare.

Quinto giorno
La TV annuncia che il nemico è sbarcato in Sicilia. Bossi dice: "la cosa non ci riguarda". Gli fanno notare che la Sicilia fa parte dell'Italia. Lui mostra il dito medio.
Casini chiede la convocazione di un tavolo di crisi con le forze sociali. D'Alema si dice contrario e propone l'istituzione di una Commissione Bicamerale ( si dice pronto a presiederla) per decidere la strategia difensiva.
La CGIL minaccia uno sciopero.

Sesto giorno
Il nemico arriva in Calabria e, nel contempo, sfonda in Friuli.
Il governo convoca le parti sociali e le opposizioni per decidere come difendere la Patria.
Napolitano manda un messaggio di auguri nel quale ricorda che sarebbe increscioso essere conquistati da una potenza nemica proprio nel 2011. Bossi chiede cosa c'entra il 2011; gli spiegano che è per via del centocinquantesimo dell'Unità d'Italia. Lui rutta.

Settimo giorno
Ha inizio la riunione. Berlusconi dà il benvenuto a tutti ma pare distratto. Il suo sguardo è attratto dal vestito trasparente della Prestigiacomo. Bossi si è portato il figlio Renzo ("il Trota") per fare pratica: gli dice di prendere appunti perchè dovrà fare il riassunto del convegno.Renzo appare disorientato e , di nascosto, telefona al CEPU per farsi spiegare il significato di "appunti" (pensava fossero punti appuntiti) e "riassunto".
Di Pietro chiede le dimissioni del Governo. Bersani chiede un passo indietro.
La Russa propone di bombardare il nemico con l'aviazione; Tremonti si oppone perchè costa troppo, La Russa allora propone di usare il gas almeno contro il nemico che ha invaso la Sicilia e la Calabria. Casini si oppone perchè sarebbe messa in pericolo la popolazione locale. Bossi dice : " che se ne frega, son tutti terroni". Brunetta gli fa notare che sono italiani anche loro. Bossi replica: "non rompere i c.......i nano" E mostra il dito medio.
La Russa propone di mandare i bersaglieri; la CGIL chiede che prima sia rinnovato il contratto, sia concesso un aumento di salario e siano diminuite le ore di lavoro. Sacconi, Ministro del Lavoro, fa notare che non esiste il CCNL dei bersaglieri. La Camusso, indignata, proclama sei giorni di sciopero generale. Pannella inizia lo sciopero della sete.
Ore 18: la riunione è sospesa perchè questa sera gioca l'Inter in Coppa e il Ministro della Difesa deve prendere un aereo ( di Stato ) per arrivare in orario allo stadio.
Renzo Bossi ne approfitta per copiare gli appunti della Bindi; poi li manda al CEPU per farsi fare il riassunto.
Berlusconi si assenta per qualche per rilassarsi con la Minetti.

Ottavo giorno
Arriva un messaggio di Napolitano che contiene un severo monito.
Il nemico è arrivato a Verona. La Russa è furibondo: l'Inter ha perso ed è stata eliminata dalla Coppa.
Bossi arriva in ritardo fumando il sigaro. Casini chiede serietà. Di Pietro chiede le dimissioni del Governo. Bersani chiama Penati ed esulta: "abbiamo i fondi per per finanziare la difesa; però serve un passo indietro del governo".
Si va avanti a discutere fino a sera. Alla fine arriva un telegramma di Napolitano che dice di essersi stufato: si mandi l'esercito a difendere la Patria. (Renzo Bossi chiama di nascosto il CEPU per sapere cosa sia l' "apatria""). Calderoli è felicissimo perchè può mostrare la sua nuova maglietta con scritto : " vi romperemo le ossa".
La CGIL, pur esprimendo rispetto per il Presidente, fa notare che, fino a quando non si è rinnovatio il CCNL, i soldati non si muovono: altri sei giorni di sciopero!

Nono giorno
Tutti al mare

Decimo giorno
Compare in TV il Presidente della Repubblica delle Banane ed annuncia di aver conquistato l'Italia e arrestato governo, deputati, senatori e parti sociali. Tutti mandati a lavorare nel circo locale dove, peraltro, si trovano benissimo: Bossi ha fatto amicizia coi gorilla e rutta in continuazione; Berlusconi ha trovato una femmina di scimpanzè che è carinissima.  Bersani passa il tempo a smacchiare i leopardi.
Unico problema, la Camusso ha convinto i clown del circo a scioperare.

Un mese dopo
Gli italiani decidono di fare da soli e, armati di forche e badili, si sbarazzano in tre giorni delle forze nemiche.

Secondo voi, andranno al circo a liberare i politici e le parti sociali?
Fine.

giovedì 13 ottobre 2011

Il dramma dell'economia globale e le prospettive per l'Italia

Felix Zulauf, uno dei maggiori esperti mondiali di finanza, ha delineato in due  articolate e pungenti interviste televisive le prospettive dell'economia e dei mercati, che sono - a suo avviso - molto negative.

Gli ingenti sforzi fatti, dopo la crisi del 2008, negli Stati Uniti e in altri Paesi per rilanciare l'economia con misure monetarie e fiscali hanno avuto un esito assai modesto, in quanto la ripresa si sta rivelando, nei paesi industrializzati, anemica. Ciò è dovuto al fatto che, a seguito della crisi che riduce occupazione e redditi, i consumi ristagnano, quali che siano le politiche governative di supporto.

Tali sforzi hanno però prodotto un aumento enorme e insostenibile  dei debiti pubblici e, in molti Paesi, un significativo aumento dell'inflazione.
A questo punto stanno prevalendo politiche di austerità, soprattutto in Europa,  mirate a rientrare dai deficit di bilancio e dagli elevati debiti pubblici e a contenere le spinte inflazionistiche.
Tali politiche, secondo Zulauf, si inaspriranno con la nomina di Draghi quale Presidente della Banca Centrale Europea, perchè "...questo italiano agirà come un tedesco, più di quanto farebbe un tedesco".

Ma le politiche di austerità non dureranno a lungo perchè esse rinforzano le tendenze recessive  e  i Governi cercheranno di trovare soluzioni meno penose, anche a fronte delle ribellioni popolari che si stanno manifestando in vari Paesi. A suo avviso, nelle democrazie non è possibile perseguire con determinazione politiche di austerità perchè vi è la necessità di perseguire il consenso e perchè i sistemi poilitici, anche quelli bipolari,si stanno sfrangiando, con la creazione di sempre nuove formazioni politiche che rendono difficile formare maggioranze forti e coerenti, capaci di adottare misure impopolari.

Nei prossimi anni si tornerà quindi  nuovamente a cercare di stimolare  artificiosamente l'economia, ma ciò avrà solo l'effetto di procrastinare la soluzione dei problemi, che passa necessariamente attraverso un prolungato e  doloroso  periodo di bassa crescita, e ad alimentare  alla lunga le spinte inflazionistiche.

Ciò avrà, verso la meta del decennio, un forte impatto negativo sui mercati finanziari che li porterà in prossimità o oltre i minimi raggiunti nel marzo del 2009.  Un tracollo non lontano da quello degli anni '30 del secolo scorso.

Come si vede è una diagnosi impietosa e che può apparire pessimistica ma che, date le argomentazioni molto stringenti di Zulauf, è a mio avviso realistica, a bocce ferme. Bisogna valutare se e quali mosse è possibile fare per evitare la deriva descritta da questo esperto e quali condizioni di contesto si richiedono per avere una probailità ragionevole di successo.

A questo riguardo vorrei considerare le recenti dichiarazioni di Draghi che, a proposito dell'Italia, ha opportunamente ricordato che non c'è possibilità di uscire dalla crisi sperando in interventi esterni, tipo quelli adottati temporaneamente dalla BCE per sostenere il nostro debito pubblico, riducendo lo "spread" nei confronti dei bund tedeschi. L'Italia (come peraltro gli altri Paesi) se vuole continuare a esistere come Paese avanzato, deve trovare al suo interno le risorse, anzitutto morali, necessarie per affrontare una situazione che non ha precedenti,  perchè mai nella storia il livello globale d'indebitamento pubblico e privato ha raggiunto i livelli attuali e quelli, ancor maggiori, che si avranno in futuro. Anche se la cooperazione internazionale sarà necessaria, le risorse disponibili per aiutare gli altri saranno sempre più limitate. Quindi si produrrà un fenomeno di "selezione naturale" che porterà a persistere solo i sistemi  nazionali  o sovranazionali dotati di maggiore capacità di adattamento ad un contesto rischiosissimo e ultra competitivo.

La lotta per la sopravvivenza che si produrrà nel prossimi anni vedrà come vincitori i Paesi che sapranno far accettare ai loro cittadini  fortissimi sacrifici per un lungo periodo di tempo, con una netta riduzione degli standard medi di prosperità, per ottenere faticosamente e gradualmente una situazione finanziaria sostenibile e un elevato livello di produttività, premessa per un effettivo rilancio dell'economia e del benessere.
Dato che, per ottenere tutto questo è necessario un sistema politico complessivo e  in particolare un Governo molto credibili, si potrebbe considerare la partita perduta in partenza, visto il degrado cui assistiamo quotidianamente nella scena politica, con un Governo che ha perso gran parte del suo consenso ed un'opposizione incapace di proporre una coalizione coesa, con un programma chiaro e sostenibile. Anche la congenita tendenza degli italiani ad autoflagellarsi non aiuta.

Ma non dobbiamo dimenticare che, con tutti i nostri difetti e la perdita di competitività che abbiamo avuto nell'ultimo decennio, l'Italia è ancora un grande paese industriale (la seconda manifattura d'Europa, dopo la Germania), con un sistema bancario più sano della maggior parte dei nostri "competitors", con doti d'imprenditività e creatività di alto livello. Tutte le forze produttive del Paese, dei settori industriale, commerciale, artigianale, bancario e assicurativo hanno saputo proporre in breve tempo un piano in cinque punti per il rilancio del Paese, che è certamente opinabile ma che rappresenta comunque una buona base di confronto con le forze politiche e sindacali.
Una volta terminata la fase di acuta instabilità politica che stiamo vivendo e che, a mio avviso, terminerà entro la prossima primavera con nuove elezioni politiche, si potrà partire da qui per ricostruire la credibilità del Paese e di chi lo rappresenta e creare le basi per affrontare la sfida.

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Chi fosse interessato alle interviste di Zulauf, che sono in inglese, può farmelo sapere via mail: gli fornirò le coordinate per trovarle sul web: