Visualizzazioni totali

sabato 1 agosto 2015

Stop al diritto di sciopero selvaggio



Nella seduta del 15 ottobre 1946 la prima sottocommissione del’Assemblea Costituente, presieduta da Umberto Tupini, approvava il seguente testo: “Il diritto di organizzazione sindacale è garantito. E’ assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero. La legge ne regola la modalità di esercizio unicamente per quanto attiene: alla procedura di proclamazione, all’esperimento preventivo dei tentativi di conciliazione, al mantenimento dei servizi assolutamente essenziali alla vita collettiva. Il diritto al riposo è garantito.”
La formulazione definitiva, contenuta nell’art. 40 della  Costituzione  dice “ Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”.
La differenza fra i due testi indica, in modo inequivocabile, che nell’assemblea si è giunti ad una formulazione più generica a causa di contrasti fra le forze politiche, appianati rinviando la soluzione del problema al legislatore ordinario che, però, in 70 anni non è stato in grado di provvedere. Ciò è dovuto al timore, radicato nelle forze che avevano partecipato alla Resistenza, che una qualsiasi regolamentazione potesse in qualche modo rievocare le famose e vituperate norme del codice Rocco del periodo fascista che avevano vietato lo sciopero.
Questo tabù, comprensibile nel periodo storico dell’immediato dopoguerra, si  è mantenuto inalterato per decenni, lasciando sempre più spazio a forme di sindacalismo totalmente irresponsabile di cui abbiamo alcuni esempi clamorosi nei recenti scioperi in Alitalia, nella Metropolitana di Roma, nel sito archeologico di Pompei. In tutti questi casi gli scioperi sono stati proclamati da sigle sindacali minori, non dai sindacati confederali; a Pompei la vertenza, fra scioperi a sorpresa e assemblee straordinarie, dura da 20 anni ed è guidata da un sindacalista.prima UIL e poi CISL, cui erano state ritirate le deleghe già da Raffaele Bonanni e da cui ha preso le distanze la segretaria  della CISL Annamaria Furlan con le seguenti parole “ Non condividiamo la sua linea e lo abbiamo dimostrato  interrompendo i rapporti con lui”.
Ha anche detto Furlan “Noi siamo assolutamente contrari sia allo sciopero dei piloti Alitalia, sia a quello che è successo a Pompei. Specie in questo momento, il turismo è una fonte di ricchezza straordinaria e quindi proteste del genere, per di più attuate  nel pieno della stagione stiva, sono forme di autolesionismo”.
Condivido pienamente questo giudizio al quale aggiungerei solo che si tratta anche di forme di  sabotaggio e boicottaggio, non più tollerabili in un Paese civile perché procurano un elevato danno economico e, quindi,  sociale. Un boomerang per gli stessi lavoratori di un Paese che ha un disperato bisogno di recuperare condizioni favorevoli al creare e far prosperare le imprese e con esse il lavoro. Il calpestare elementari diritti di civismo (di civiltà) procura contrapposizioni e divisioni utili solo a chi ha interessi nel far precipitare l'Italia nel sottosviluppo.
Bisogna porre fine  ad una situazione che fa sbeffeggiare il nostro Paese sulla stampa internazionale e che è incompatibile con la democrazia, in quanto permette a infime minoranze un potere di veto che danneggia l’intero Paese. E’ opportuno ricordare che già nel lontano  1946 la sottocommissione citata affermava la necessità di regolamentare la procedura  per  evitare che lo sciopero fosse proclamato per il capriccio di poche persone”.
A questi principi si ispira il disegno di legge presentato il 14 luglio  in Parlamento dal Senatore Ichino che prevede due possibilità;  lo sciopero può essere proclamato da organizzazioni che rappresentino il 50% più  uno dei dipendenti oppure da sigle minoritarie purché superi un referendum fra i lavoratori dell’azienda, con il 50% dei sì fra i votanti e un quorum del 50% dei dipendenti. Il ddl per ora riguarda solo il trasporto pubblico ma si sta valutando di estenderlo al settore dei beni culturali che gestisce un patrimonio dell’umanità e quindi svolge  un servizio per il mondo intero.
D’altronde, come ha detto Ichino “Cisl e Uil  hanno già firmato con la FCA di Marchionne un accordo aziendale che applica lo stesso principio di democrazia sindacale previsto nel nostro ddl,  e quello non è nemmeno un servizio pubblico.”
Il che conferma quanto sostenuto nel precedente post circa la necessità, per garantire la competitività del sistema-Paese,  di un “patto dei produttori” che, nel pieno rispetto dei diritti legittimi dei lavoratori, tuteli anche l’efficacia e l’efficienza delle organizzazioni che producono beni e servizi,  siano essi privati o pubblici.
E’ compito  urgente e inderogabile della politica dare una risposta all’annosa  e mai affrontata questione della regolamentazione del diritto di sciopero, dalla cui adeguatezza  dipenderà in larga misura la credibilità delle forze attualmente in campo.


11 commenti:

MIchele Sacerdoti ha detto...

Trasmetto comunicato della CGIL di Ateneo - Università degli Studi di Milano:

----
La Montatura

In questi giorni i mass media si sono abbondantemente dedicati a un polverone su Pompei: non quello dovuto all’eruzione del Vesuvio nel 79 dc, ma quello determinato da un’assemblea sindacale del 2015 dc.
Ormai dovremmo esserci abituati: gran parte di quel che ci raccontano i media è propaganda. Tuttavia stupisce che non ci si preoccupi più neppure di salvare le forme.
L’assemblea di Pompei era stata regolarmente comunicata e autorizzata, come riporta Il Fatto Quotidiano: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/28/pompei-assemblea-sindacale-selvaggia-era-autorizzata-da-giorni-soprintendente-stupito-diede-ok-ecco-il-documento/1911737/
Le motivazioni dell’assemblea erano: il forte ritardo del pagamento dei festivi e le mancate assunzioni. Al posto di bandire dei concorsi sono stati inviati solo 30 lavoratori a tempo determinato da un’agenzia del ministero, tra i quali nessun restauratore.
A fronte di un ritardo nell’apertura del sito di 1 ora e 20 minuti, il ministro Franceschini ha parlato di “Danno incalcolabile all’immagine degli scavi” (quegli scavi dove si verificano crolli periodici da anni a questa parte). In perfetta continuità con il governo Berlusconi, Renzi ne ha approfittato per annunciare l’ennesima riforma, quella del diritto di sciopero. Il testo che verrà discusso a settembre è stato depositato nel 2014, dai soliti sempreverdi Sacconi e Ichino. A suggellare la guerra lampo estiva sul diritto di sciopero, l’immancabile sondaggio che vede gli italiani largamente favorevoli alla “riforma” (e a Renzi).
Se questa non è la cronaca di un regime all’opera, poco ci manca: dopo aver tagliato lo statuto dei lavoratori ora si passa al diritto di sciopero, tra un taglio della sanità passato per decreto legge e un nuovo rincaro preannunciato della bolletta elettrica (questa volta per chi consuma poco!). Il tutto in un clima di conformismo opprimente, al quale si aggiungono pure le organizzazioni sindacali nazionali, pronte a condannare l’accaduto per evitare azioni legislative, non capendo che è stata una solenne montatura, finalizzata a creare consenso, proprio per l’ennesimo attacco a dei diritti sanciti da leggi e contratti.


roberto ha detto...

La posizione assunta dalla CGIL prescinde totalmente dallo scopo per cui i lavoratori dovrebbero operare, cioè dare il miglior servizio possibile ai turisti in visita al sito archeologico, ma si limita ad asserire che l'assemblea era autorizzata dal Soprintendente.
In verità ciò che è stato pubblicato da Il Fatto non è il testo dell' autorizzazione, ma solo i destinatari e la parte finale di un documento, il cui contenuto resta ignoto.
Anche se fosse vero che l'autorizzazione esiste, dimostrerebbe solo che pure il Soprintendente prescinde dallo scopo che il sito archeologico deve perseguire.
Il problema è che troppo spesso nel settore pubblico ci si limita all'escuzione di compiti ma non ci si preoccupa di garantire un servizio di qualità. Ciò significa che il nostro sistema-Paese non è competitivo con altre realtà (vedi ad esempio il turismo)e questo non è più tollerabile
Se tutto ciò non è compreso dai lavoratori, dai sindacati e magari dai soprintendenti, è la legge che deve chiarire le regole del gioco.L'attuale anarchia è un suicidio collettivo.

Angelo Sanelli ha detto...


Le circostanze storiche che hanno portato l 'Italia a mantenere una sostanziale deregolamentazione degli scioperi sono ormai superate ed è un bene che le nefaste conseguenze di questa situazione siano emerse con forza nei recenti episodi.
Le forze politiche di maggioranza e di opposizione devono dare prova di maturità e di capacità di tutelare i superiori interessi della nostra comunità nazionale, adottando soluzioni legislative equilibrate, che salvaguardino sia i diritti dei lavoratori che quelli degli utenti dei pubblici servizi, nonchè l'immagine del nostro Paese.
Su questo delicato tema non vorrei vedere le solite facili strumentalizzazioni da una parte e dall'altra.

Angelo

roberto ha detto...


Hai ragione, un tema così delicato non deve diventare un strumento per rese di conti.
Anzi, è un'ottima occasione per fare della buona politica.
A me la proposta Ichino piace perchè non svilisce i sindacati minori ma li obbliga alla responsabilità, dovendo ottenere il consenso della maggioranza dei lavoratori.
Ma naturalmente è necessario sentire anche altre proposte. La cosa importante è metterci sul sentiero dei Paesi democraticamente più maturi, che non reprimono certamente i diritti, ma che pretendono anche il rispetto di doveri.
Ciao.
Roberto

Umberto ha detto...

Caro Roberto,

Grazie per aver sollevato la questione; c’è da sperare che finalmente in Parlamento si muovano i difensori dei diritti dei cittadini, calpestati da un sindacalismo da sempre senza controlli e ormai fuori controllo. E’ finita anche l’autoregolamentazione, invocata dai sindacati per evitare di assoggettarsi alle leggi che la Costituzione prevedeva, e che nessun Parlamento ha mai avuto il coraggio di approvare. Su questo argomento ti avevo già scritto nel maggio scorso, mettendo in evidenza come la nostra Costituzione sia nata da una Costituente dove figuravano i più bei nomi della nomenklatura comunista; non è un caso, quindi, che sia l’unica in Europa ad affermare che la Repubblica è “fondata sul lavoro” e non sui suoi cittadini; si è introdotta quindi una differenza fra “lavoratori” e “cittadini”, assegnando ai primi una priorità sui secondi.

Per passare dalle discussioni all’attuazione di una legge dovrebbe bastare il riconoscimento da parte della Consulta che i diritti fondamentali dei cittadini sono inviolabili e che lo Stato ha il duplice dovere di proteggerli e di punirne la violazione. Come relazione alla legge basterebbero i filmati dei bivacchi causati dai lavoratori del trasporto pubblico che difendono i “loro” diritti. Ci si indigna di fronte alle scene degli immigrati recuperati dai barconi; molta meno simpatia manifestiamo agli italiani che si trovano in condizioni anche peggiori e i cui diritti sono tranquillamente calpestati.

Una nota che riguarda i media: mi trovavo a Roma un paio di mesi fa, quando tutti i mezzi pubblici si sono fermati lasciando per strada decine di migliaia di disgraziati, me compreso: girava una troupe televisiva che intervistava la gente in coda, esasperata e imprecante. Non ho visto niente di tutto questo nei reportage: solo qualche commento pacato, uno persino di solidarietà con gli scioperanti. Libertà di informazione è anche di non-informazione…




roberto ha detto...


Caro Umberto,

non c'è dubbio che il privilegio dato ai lavoratori rispetto alla generalità dei cittadini sia uno dei tratti ormai meno accettabili della nostra Repubblica. Il dispregio per i diritti dei secondi è eclatante e insostenibile anche perchè i cittadini coinvolti non sono solo quelli italiani e ciò incide pesantemenete sulla credibilità del nostro Paese nel contesto internazionale.
Come dici giustamente l'autoregolamentazione è fallita e questo perchè manca ai sindacati la capacità di guardare al di là degli immediati interessi dei loro assistiti. Ora è la politica che deve farsi carico del problema, riequilibrando il peso da dare alle istanze delle diverse categorie sociali.
Circa i media bisogna dire che recentemente, di fronte all'evidenza, l'atteggiamento compiacente si è alquanto ridimensionato.

Umberto ha detto...

Vedo ora il comunicato della CGIL Ateneo, riportato da Michele Sacerdoti. I signori della CGIL sono fieri di informarci di essere in regola con le leggi; dei diritti degli altri e dell’interesse del Paese se ne infischiano allegramente.Non c’è che da trarre una conclusione: una legge è necessaria, e SUBITO. Sono indignato ma evito di commentare per non trascendere.

roberto ha detto...


La tua conclusione non fa una piega.
Possiamo girarla come vogliamo, ma la legge ci vuole.
Spero che il Governo, senza indulgere in polemiche con i sindacati, tiri dritto e vada allo scopo: i cittadini glie ne saranno grati e lo dimostreranno al momento opportuno,quando verranno chiamati alle urne.

Manuela ha detto...

Nel titolo del post parli di diritto di sciopero selvaggio, ma per me non è affatto un diritto, è un abuso.
Vorrei capire se è nel titolo c'è un disguido oppure no.
Grazie.
Manuela

roberto ha detto...


No, non c'è un disguido: per quanto sembri ( e sia ) assurdo, lo sciopero selvaggio è un diritto, come stabilito dalla sentenza n. 711/1980 della Corte di Cassazione. Secondo la Corte, non avendo il legislatore regolamentato il diritto di sciopero come previsto dalla Costituzione, ogni forma di lotta che non sia un reato è ammessa.
Ciò conferma l'assoluta necessità di legiferare in materia per superare questa insostenibile situazione.
Ciao.
Roberto

roberto ha detto...


Anche i cittadini-lavoratori vanno tutelati, soprattutto in periodi di crisi in cui varie aziende, a volte con l'alibi delle difficoltà economiche, si rifiutano di confrontarsi per il rinnovo dei contratti, magari scaduti da molto tempo e non più in linea con la realtà.
Ci sono certamente molti datori di lavoro che "ci marciano" e approfittano della situazione per dilazionare le trattative e giocare al ribasso.
Ci sono però anche imprenditori che hanno davvero capito il valore strategico delle loro risorse umane ed hanno adottato politiche favorevoli ad una più corretta distribuzione dei risultati fra capitale e lavoro. Non a caso sono le aziende che hanno mostrato capacità di competere sui mercati internazionali, proprio facendo leva sul vantaggio derivante dalla professionalità e dalla motivazioe dei lavoratori.
Mi piacerebbe che sia da parte dei media che da parte sindacale venissero maggiormente divulgate le esperienze positive, di leale anche se duro confronto fra le parti, che portano ad accordi favorevoli ad entrambi gli attori.