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venerdì 15 giugno 2012

Il crack dell'euro: si può evitare?

I venti di tempesta che stanno soffiando impetuosamente in Europa e che investono fortemente il nostro Paese, titolare del terzo debito pubblico più alto al mondo, dicono con estrema chiarezza che è arrivato il momento del "redde rationem": la fragile costruzione europea, basata sull'unione monetaria ma non accompagnata dall'integrazione politica, rischia di essere abbattuta dai mercati nel giro di poche settimane o mesi.
E' ormai evidente che il nocciolo del problema è la disparità esistente, in Europa, fra i Paesi virtuosi, che hanno saputo tenere sostanzialmente in ordine i loro conti e fare riforme di struttura per mantenere la loro competitività internazionale e i Paesi "cicala", che hanno vissuto per decenni al di sopra dei propri mezzi, creando forti sbilanci nei conti dello Stato e accumulando ingenti debiti pubblici e/o privati. Diversi di questi ultimi paesi (Irlanda, Portogfallo, Spagna) hanno dovuto ricorrere agli aiuti europei, che pesano in misura assolutamente prevalente sulla Germania, il cui Governo ha già stanziato e, in larga parte, pagato ben 420 miliardi di euro per il salvataggio delle economie in difficoltà.
A fronte di questa oggettiva situazione, da varie parti la Germania viene accusata di miopia, perchè non vedrebbe altro che l'esigenza di austerità senza preoccuparsi della crescita, e di egoismo perchè la sua economia avrebbe tratto beneficio più di altre ,soprattutto in termini di esportazioni, dall'esistenza dell'area Euro. Queste critiche non tengono conto del fatto che, senza l'austerità. la crescita verrebbe fatta alimentando il deficit statale e ciò produrrebbe certamente il definitivo tracollo dell'intero sistema ecnomico internazionale e che la competitività della Germania è stata mantenuta, malgrado il costo del lavoro fra i più alti del mondo, con coraggiose e  condivise riforme della struttura produttiva e del mercato del lavoro, cosa che i Paesi cosiddetti "PIIGS" (Portogallo, Irlanda. Italia. Grecia. Spagna) non sono stati capaci di fare quando sarebbe stato possibile e necessario.
Come stanno le cose lo ha chiarito, in un notevole editoriale sul Corriere della Sera del 5 giugno, Antonio Polito , del quale cito alcuni passaggi illuminanti, :

"Lo schema di gioco è sempre lo stesso: tutti vogliono che si tamponi la falla con i soldi tedeschi, tranne i tedeschi.............. i termini del problema sono ormai chiari. I Paesi che hanno goduto per dieci anni di crediti con bassi tassi d'interesse come se fossero la Germania, e che li hanno sperperati al contrario della Germania, non reggono più. A questo punto o saltano, e con essi salta l'euro; oppure la Germania, per salvare l'euro e se stessa, salva loro.....................Però questa strada, oggi preclusa, è percorribile solo se si comprende che nemmeno alla Germania si può impore una deroga al principio cardine della democrazia: no taxation without representation......è impossibile chiedere ai contribuenti tedeschi di essere pronti a rimborsare gli eurobond senza che essi abbiano la possibilità di scegliere chi spende quei soldi........tutti coloro che accusano la Germania di egoismo e di miopia, compresa la nostra spendacciona classe politica, hanno ben chiaro che significa fare questo passo? Sono pronti a cedere cruciali poteri sovrani sul bilancio, sul welfare, sulle tasse?. Prima o poi a questa domanda bisognerà dare risposta. E in quel momento scopriremo che non è affatto scontata, soprattutto in Francia, vero cronografo e limite del processo d'integrazione........Un tempo si diceva che l'Europa è nata per nascondere la potenza tedesca e la debolezza francese. Per continuare a vivere, deve oggi riconoscerle entrambe".

Questa chiarissima analisi ci dice anche implicitamente che, se l'Italia vuole giocare un ruolo effettivo nella soluzione della crisi europea, non  può limitarsi a sponsorizzare, con l'aiuto della Francia e della Spagna, l'emissione di eurobond, che graverebbero in massima parte sulla Germania, ma favorire un processo di cessione di sovranità da parte degli Stati nazionali alle Istituzioni europee, con un ruolo di leadership attribuito alla Germania.
E' una soluzione che può non piacere ma è un "test di realtà" che non può essere eluso, pena - appunto - il crack dell'euro.








9 commenti:

Francesco Mancini ha detto...

Caro Roberto,come non essere d'accordo.
Lo sviluppo deve essere unito al rigore. Come molti pensano solo Monti può risolvere il nostro problema, tuttavia dopo le ultime manovre mi sembra il caso di dirgli:
Egr. Professor MONTI,
NON diventi anche Lei un Politico,anche perchè di quella razza ne abbiamo fin sopra i capelli!!!

Un saluto Francesco

A.Roselli ha detto...

Le politiche per uscire dal'impasse si dividono in due categorie: supply side, che tendono a razionalizzare l'offerta - prime tra queste le politiche "istituzionali" (aumento concorrenza, miglioramento infrastrutture - materiali e immateriali, come giustizia, lotta a criminalita', promozione ricerca e sviluppo -, istruzione..); e politiche demand side. Queste ultime si distinguono tra misure monetarie e fiscali. Il governo Monti sta agendo, troppo lentamente, sulle prime, istituzionali. Circa le seconde: la Germania deve espandere la domanda interna (gli squilibri di conto corrente di bdp intra-UE devono ridursi) e la BCE (la Germania?)deve allentare la politica monetaria con ribasso dei tassi di interesse.
A.Roselli

roberto ha detto...

Rispondo a Francesco:
Non mi è del tutto chiaro cosa intendi dicendo a Monti di non diventare un politico: fai forse riferimento a qualcosa come la vicenda "esodati" in cui il Governo ha cercato di nascondere la verità?
Dammi qualche indicazione più precisa.
Grazie.
Roberto

roberto ha detto...

Rispondo ad A. Roselli:
Concordo sul fatto che l'azione del Governo sul piano istituzionale sia lenta, anche se il recentissimo Decreto Sviluppo è un primo passo nella giusta direzione.
Sul piano delle politiche monetarie e fiscali è certamente possibile agire nel senso che tu dici per espandere la domanda in Germania e in tutta la UE, ma resta il nodo politico dei gravi squilibri nei conti e nei debiti pubblici dei Paesi periferici, in merito ai quali l'indispensabile supporto tedesco non potrà avvenire senza congrue contropartite.

Ettore ha detto...

La prospettiva di cedere sovranità alle istituzioni europee non mi sembra negativa, vista la pessima prova che i Paesi del Sud Europa hanno dato di sè nel gestire le risorse pubbliche.
Lasciamo che siano i Paesi virtuosi a guidarci in un percorso di responsabilità.
In fondo abbiamo l'ottimo precedente di quanto fatto in passato dall'Austria nel lombardo-veneto a dimostrare che possiamo imparare da chi sa gestire meglio di noi.

roberto ha detto...

Concordo al 100%.
In lombardia il riferimento alla gestione seria e razionale degli austriaci è ancora molto forte e positivo.
Gli italiani hanno molte virtù da far valere in Europa ma non quella di una gestione oculata della cosa pubblica.

roberto ha detto...

Fra le dichiarazioni rilasciate dal Premier Monti prima di partire per il G 20, vi è la seguente, a proposito della capacità dell'Italia di fronteggiare la crisi: " Quando dico che ce la faremo da soli....intendo dire da soli, nel solco di una parziale e volontaria cessione di sovranità, ma non sotto il tallone di una troika". Come si vede, tale affermazione conferma quanto da me sostenuto nel post circa l'esigenza di una cessione di sovranità, anche se sottolinea l'esigenza di farla non in condizioni di passiva subordinazione al volere altrui, cosa su cui sono d'accordo.

Fausto ha detto...

Un sistema di norme di politica finanziaria made in Europe rappresenta la base e lo scopo della moneta unica.

Tutto ciò esige regole, forme di vita e sforzi congiunti, come mai si sono manifestati nel corso della storia europea.



In assenza di una potenza leader riconosciuta e capace di imporre decisioni, come lo furono gli Stati Uniti che, in momenti di crisi mondiali, per ben due volte, hanno aiutato l'Europa a ritrovare se stessa, ma l’America avrà la forza di farlo per la terza volta?



Difficile dirlo, in una fase di massimo impegno degli Stati Uniti a livello globale, con un cronico deficit finanziario ed uno spostamento inevitabile dei loro interessi strategici ed economici verso il Pacifico.



Questa volta l’Europa dovrà aiutarsi da sola,e non sarà certo cosa facile. Non sarà certo dal vuoto dirigenziale di Bruxelles che arriverà l’aiuto ed è veramente un atto di fede pensare che possa giungere da ventisette capitali diverse. L’unico paese in grado di garantire un futuro all’Europa, la Germania, è ostacolata dal suo stesso passato. Una Europa tedesca non è concepibile, ed una Germania europea dovrebbe convincere prima di ogni altra cosa gli stessi tedeschi.



Nel frattempo è in gioco la sopravvivenza della moneta unica. E’ possibile che crolli? Se ciò accadesse, a seguire si avrebbe la dissoluzione dell’Unione Europea?

Di fatto l’Europa si trova oggi al centro di una terza grave crisi della sua economia politica. Forse una fuga in avanti, l’integrazione dei più importanti ambiti politici, incluse le sterminate formazioni e deformazioni delle politiche sociali, con le loro mille richieste, aspettative e diritti riconosciuti può rappresentare una risposta? Per certo sappiamo che, in alcuni casi, la cura può rivelarsi peggiore della malattia: gli eurobond non sarebbero che l’inizio di una deriva.

La cancelliera Angela Merkel all’inizio ha continuato a difendere la clausola no bailout del trattato di Maastricht, la quale aveva lo scopo di tranquillizzare i tedeschi e con loro olandesi, austriaci, finlandesi sul fatto chela zona euro non sarebbe diventata una unione basata sul prestito dei virtuosi ai meno virtuosi.

Ma a poco a poco si è potuto ignorare che gli istituti finanziari tedeschi e francesi erano esposti pesantemente verso i paesi più deboli della zona euro. Da allora è evidente che tutti gli sforzi si concentrino in direzione della conservazione a qualsiasi costo della moneta unica. Non è possibile imporre tardivamente ad alcuni paesi europei da Germania Austria, Paesi Bassi e Finlandia comportamenti virtuosi. Certo, se questi dovessero realizzarsi, ogni sforzo sarebbe giustificato .Nel caso invece che ciò non avvenga, allora sarebbe meglio finirla il prima possibile, fintanto che vi è ancora uno spazio di manovra.Stavolta manca un potere decisionale razionale ed insieme riconosciuto; è la germania a giocare un ruolo chiave, ma è certo che il paese al centro dell’Europa abbia in mano la chiave?

Fausto

roberto ha detto...

Condivido quanto dici a proposito dell'impossibilità dell'America di fare per la terza volta il salvatore dell'Europa e della impensabile prospettiva di un'Europa tedesca, dato il pesante passato che tuttora grava su questa nazione.
I guai finanziari degli USA non sono certo minori di quelli del Vecchio Continente, anche se sono attualmente oscurati dalla crisi dell'euro e ,a mio avviso, verrano a galla dopo le prossime elezioni americane.
La rottura della moneta unica, tuttaltro che improbabile, avrebbe - a mio avviso - un esito catastrofico per l'Unione europea; per questo motivo sono incline a pensare che, pur con un percorso non lineare e fra molti patemi d'animo, la strada dell'unione politica sarà percorsa. La Germania, che dovrà contribuire finanziariamente in modo massiccio al salvataggio dell'euro avrà necessaraimente un ruolo chiave nel processo d'integrazione ma dovrà farlo con la logica che usarono gli Americani con il Piano Marshall: stimolare le risorse positive dei Paesi in difficoltà, non imporre rigide prescrizioni: qui si vedrà la sua capacità di leadership.