In un post del 25 febbraio scorso ( "La politica per il dopo Monti") avevo ipotizzato la nascita di una grande coalizione come evoluzione di quella attuale imposta dal rischio default del nostro Paese. Tale coalizione potrebbe derivare dalla scomposizione e ricomposizione delle attuali forze politiche con la creazione di un nuovo partito che aggregherebbe le componenti più vicine alla logica liberista, seguirebbe le orme del Governo Monti e sarebbe guidato, se non da lui, da un esponente di spicco del suo Governo. Tale partito sarebbe il punto di riferimento della coalizione.
Questa ipotesi è tuttora realistica, ma ora il quadro è complicato dal costante attacco dei mercati ai Paesi deboli dell'Unione europea, fra cui il nostro.
Recentemente la stampa ha dato notizia di febbrili trattative che sarebbero in corso fra i tre partiti dell'attuale maggioranza al fine di trovare un ragionevole compromesso sulla nuova legge elettorale che consentisse di anticipare a novembre il ricorso alle urne. La logica di tale iniziativa è quella di ottenere la legittimazione popolare per fare eventualmente ulteriori scelte difficili in politica economica, atte a contrastare l'attacco della speculazione e convincere i mercati, che hanno forti dubbi sulla capacità del nostro sistema politico di proseguire nell'opera di risanamento dei nostri conti. Casini ha detto chiaramente al riguardo "Un'altra manovra prima del voto nessuno può reggerla".
Condivido questa logica ma ho forti dubbi che si possa trovare una soluzione nei pochissimi giorni che restano: per votare a novembre sarebbe necessario trovare l'accordo entro i primi di agosto.
E' quindi più probabile che le elezioni si tengano alla scadenza naturale della prossima primavera, naturalmente se non accade prima l'irreparabile, cioè un ulteriore, insopportabile rialzo dello spread, che sancirebbe l'impossibilità di far fronte ai nostri impegni nei confronti della comunità finanziaria e aprirebbe scenari drammatici.
Nessuno è in grado di dire, al momento attuale, dove ci porteranno i prossimi mesi.
Se la nostra economia sopravviverà, la grande coalizione sarà comunque necessaria perchè, come ha acutamente osservato Giovanni Belardelli sul Corriere della Sera del 22 luglio, il nostro problema principale, cioè l'abnorme debito pubblico, è frutto di un'altra grande coalizione: " Cos'altro è stato infatti il consociativismo, per il quale l'opposizione votava quasi tutte le leggi di spesa della maggioranza, se non una forma molto sui generis delle larghe intese?.....una tale spesa non ha ingrassato soltanto il ceto dei politici, non ha favotito soltanto corporazioni e poteri forti. Ha fatto anche questo, certo, ma al 120 del Pil di debito siamo arrivati perchè il ricorso alla spesa è stato il modo principale, e da un certo punto in poi l'unico, attraverso il quale è stato costruito in Italia il consenso politico...".
Il rientro da una follia collettiva chè è durata oltre 30 anni richiederà necessariamente tempi lunghi ed un assetto politico ben diverso da quello che ci ha portato sull'orlo del baratro. Invece di una lotta politica apparentemente esasperata sul proscenio e totalmente disattesa dietro le quinte, occorrerà un approccio meno demagogico e più trasparente, capace di dire ai cittadini la verità: i sacrifici da fare saranno ancora molti e per molto tempo perchè il nostro Paese ha vissuto troppo a lungo al di sopra dei propri mezzi. Solo un doloroso ma salutrare rigore ci porterà a risorgere.
Monti è stato criticato per aver detto che "il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni", ma io sono d'accordo con lui.
Abbiamo bisogno di statisti.
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martedì 24 luglio 2012
sabato 7 luglio 2012
Politica e mercati: un passo in avanti
In attesa che la riunione dell'eurogruppo del 9 e 10 luglio dica se potranno venire risultati concreti dal vertice europeo di fine giugno, è opportuno fare qualche riflessione sulla reazione dei mercati, che è stata in un primo tempo entusiastica, poi si è gradualmente raffreddata, rimanendo però in territorio positivo.
A fronte di un vertice in cui non sono state prese decisioni univoche e chiare sui temi in corso (manovra anti spread, finanziamento e controllo degli istituti di credito, misure per la crescita) il dato più positivo è di natura psicologica: è cambiato il "clima" fra i principali leader europei, essendosi instaurata per la prima volta, dopo la diarchia Merkel-Sarkozy, una reale dialettica fra i paesi mediterranei (Francia, Italia, Spagna) e la Germania, in cui non sono mancati momenti di tensione come quando Monti ha minacciato il veto alle decisioni sulla crescita se non si fossero presi in considerazione anche i meccanismi anti-spread. Quindi, come ha giustamente osservato Andrea Bonanni in un editoriale su La Repubblica del 30 giugno, vi è stato "il ritorno della politica", che è fatta di confronto, anche duro, fra diverse posizioni in vista di una sintesi di comune interesse: la politica che, negli ultimi mesi aveva seguito timorosamente e passivamente le reazioni dei mercati, "si ripropone come interlocutore delle finanza: ne ascolta attentamente i segnali, ma si riserva il diritto sovrano di accettarli o meno". Inoltre è stata impostata una traccia per andare verso l'unione monetaria e politica, che finora la Francia aveva sempre osteggiato. Cito ancora Bonanni: " I mercati potranno cambiare idea tramutando l'euforia in depressione...... La road map verso l'unione economica e politica subirà ritardi, inciampi e anche batoste, come già avvenne per quella verso l'unione monetaria; Ma, almeno ieri, i capi di governo hanno dato l'idea di sapere dove vogliono andare e di averlo deciso tutti insieme, senza farsi dettare la strada dala sola Germania. E questo è certamente molto di più di quanto i mercati, e le stesse opinioni pubbliche europee, si potessero aspettare".
Un'interessante e concordante riflessione su questo punto è venuta da Francesco Giavazzi, nell'editoriale del Corriere della Sera del 3 luglio, che ha affermato " I risultati del vertice europeo della scorsa settimana potrebbero segnare un punto di svolta nella lunga crisi dell'eurozona. E tuttavia essi rendono ancor più urgente accelerare le riforme. Perchè fra gli annunci di Bruxelles e le azioni concrete che ora dovranno seguire trascorrerà molto tempo e i mercati si interrogano se alla fine tutto andrà come il comunicato di venerdì scorso ha lasciato intendere. In questa incertezza è solo la determinazione di ciasun Paese a fare i propri "compiti a casa" che può tranquillizzare gli investitori".
Su questa linea si sta muovendo con forza il Governo Monti che ha realizzato in tempi brevi la "spending review" ed avviato un serio programma di tagli alla spesa pubblica per presentarsi alle prossime scadenze europee con i "compiti a casa" ben eseguiti.
Di strada ne resta da fare molta, ma non si può negare che il cammino avviato sia virtuoso. Le nostre forze politiche hanno preso atto dei buoni risultati ottenuti da Monti in Europa e gli hanno assicurato, sia pure fra vari tormenti, un supporto adeguato. E' importante che tale responsabile orientamento venga mantenuto fino alla naturale scadenza dell'attuale legislatura, dato che i prossimi mesi saranno quelli in cui il negoziato fra i partner europei entrerà nel vivo e il Governo Monti dovrà essere ben saldo per portare a casa ulteriori risultati atti a facilitare la gestione del nostro abnorme debito pubblico.
A fronte di un vertice in cui non sono state prese decisioni univoche e chiare sui temi in corso (manovra anti spread, finanziamento e controllo degli istituti di credito, misure per la crescita) il dato più positivo è di natura psicologica: è cambiato il "clima" fra i principali leader europei, essendosi instaurata per la prima volta, dopo la diarchia Merkel-Sarkozy, una reale dialettica fra i paesi mediterranei (Francia, Italia, Spagna) e la Germania, in cui non sono mancati momenti di tensione come quando Monti ha minacciato il veto alle decisioni sulla crescita se non si fossero presi in considerazione anche i meccanismi anti-spread. Quindi, come ha giustamente osservato Andrea Bonanni in un editoriale su La Repubblica del 30 giugno, vi è stato "il ritorno della politica", che è fatta di confronto, anche duro, fra diverse posizioni in vista di una sintesi di comune interesse: la politica che, negli ultimi mesi aveva seguito timorosamente e passivamente le reazioni dei mercati, "si ripropone come interlocutore delle finanza: ne ascolta attentamente i segnali, ma si riserva il diritto sovrano di accettarli o meno". Inoltre è stata impostata una traccia per andare verso l'unione monetaria e politica, che finora la Francia aveva sempre osteggiato. Cito ancora Bonanni: " I mercati potranno cambiare idea tramutando l'euforia in depressione...... La road map verso l'unione economica e politica subirà ritardi, inciampi e anche batoste, come già avvenne per quella verso l'unione monetaria; Ma, almeno ieri, i capi di governo hanno dato l'idea di sapere dove vogliono andare e di averlo deciso tutti insieme, senza farsi dettare la strada dala sola Germania. E questo è certamente molto di più di quanto i mercati, e le stesse opinioni pubbliche europee, si potessero aspettare".
Un'interessante e concordante riflessione su questo punto è venuta da Francesco Giavazzi, nell'editoriale del Corriere della Sera del 3 luglio, che ha affermato " I risultati del vertice europeo della scorsa settimana potrebbero segnare un punto di svolta nella lunga crisi dell'eurozona. E tuttavia essi rendono ancor più urgente accelerare le riforme. Perchè fra gli annunci di Bruxelles e le azioni concrete che ora dovranno seguire trascorrerà molto tempo e i mercati si interrogano se alla fine tutto andrà come il comunicato di venerdì scorso ha lasciato intendere. In questa incertezza è solo la determinazione di ciasun Paese a fare i propri "compiti a casa" che può tranquillizzare gli investitori".
Su questa linea si sta muovendo con forza il Governo Monti che ha realizzato in tempi brevi la "spending review" ed avviato un serio programma di tagli alla spesa pubblica per presentarsi alle prossime scadenze europee con i "compiti a casa" ben eseguiti.
Di strada ne resta da fare molta, ma non si può negare che il cammino avviato sia virtuoso. Le nostre forze politiche hanno preso atto dei buoni risultati ottenuti da Monti in Europa e gli hanno assicurato, sia pure fra vari tormenti, un supporto adeguato. E' importante che tale responsabile orientamento venga mantenuto fino alla naturale scadenza dell'attuale legislatura, dato che i prossimi mesi saranno quelli in cui il negoziato fra i partner europei entrerà nel vivo e il Governo Monti dovrà essere ben saldo per portare a casa ulteriori risultati atti a facilitare la gestione del nostro abnorme debito pubblico.
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