Pubblico di seguito tre documenti che illustrano diversi aspetti del conflitto che si è aperto con l'impugnazione di fronte alla Corte Costituzionale,da parte del Governo, della recente Legge regionale del Veneto sul Piano Casa:
- il primo è un articolo del battagliero e competente
Gruppo d'intervento giuridico, un'associazione ambientalista che lotta con strumenti legali contro le leggi sbagliate e gli abusi da queste consentiti.
- il secondo è la lettera inviata alle autorità politico-istituzionali dal
Coordinamento nazionale dei Comitati (CIVU) che richiede, fra l'altro, un depotenziamento delle Regioni in campo urbanistico
- il terzo è un articolo del
Corriere della Sera - Veneto, che illustra l'accordo raggiunto a Roma per contenere il forte dissenso dei sindaci veneti contro il Piano Casa regionale. L'accordo riduce il dissenso ma non risolve le ragioni di fondo del conflitto, che richiedono un diverso assetto del repporto Stato/Regioni/Comuni, con la modifica del titolo quinto della Costituzione.
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Gruppo d'Intervento Giuridico
Il Governo ha impugnato il c.d. piano casa del Veneto davanti alla Corte costituzionale.
gennaio 25, 2014

L’associazione ecologista
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus esprime
la propria forte
soddisfazione per la
decisione del
Governo nazionale, adottata nel corso della
riunione del Consiglio dei Ministri del 24 gennaio 2014, di proporre
ricorso davanti alla
Corte costituzionale (art. 127 cost.) avverso la
legge regionale Veneto 29 novembre 2013, n. 32 contenente la
terza edizione del c.d.
piano casa per la
lesione delle competenze statali in materia di ambiente e urbanistica (artt. 117 e 118 cost.) e, indirettamente, per lo svuotamento delle competenze comunali in materia urbanistica.
Era quanto aveva chiesto con una specifica
istanza (
30 dicembre 2013), mettendo in proposito a disposizione di chiunque lo desiderasse un
fac simile di
istanza da completare con le proprie generalità e qualifica e da rivolgere direttamente al
Governo perché impugnasse davanti alla
Corte costituzionale questo vero e proprio
regalo alla
speculazione edilizia più becera.
Copia dell’istanza è stata fornita al
Comune di Asiago, uno dei primi Comuni veneti,
insieme a Cortina d’Ampezzo, a
battersi apertamente contro il provvedimento legislativo, con una deliberazione consiliare (23 dicembre 2013) di disapplicazione del c.d. terzo
piano casa, a numerosi
amministratori locali, a
parlamentari, ad
associazioni ambientaliste, a
liberi professionisti, a
semplici cittadini.
Altopiano di Asiago
Numerose
polemiche e contrasti accompagnano questa normativa.
Quello veneto, infatti, è tutt’altro che un
piano casa.
Bisogna ricordare che il vero e unico
“piano casa” è stato il
piano straordinario di intervento dello
Stato per realizzare
edilizia residenziale pubblica su tutto il territorio italiano nell’immediato secondo dopoguerra, con i fondi gestiti da un’apposita organizzazione presso l’
Istituto Nazionale delle Assicurazioni,
la Gestione INA-Casa, in base alla legge n. 43/1949. Al termine (1963)
saranno realizzati ben 355 mila appartamenti nei tanti quartieri
“razionali” predisposti grazie anche al contributo di alcuni fra i più
importanti architetti e urbanisti del tempo (da
Carlo Aymonino a
Ettore Sottsass, da
Michele Valori a
Mario Ridolfi).
In realtà – così come in
Sardegna e in altre regioni italiane – si tratta di un
provvedimento legislativo adottato per favorire la più becera
speculazione edilizia.
Modena, INA Casa, Viale Storchi (1950)
La terza proroga
[1] del finto
piano casa e vero
piano scempi sarà applicabile fino al
10 maggio 2017 e sarà utilizzabile addirittura per gli
edifici realizzati fino al 31 ottobre 2013 (art. 3, comma 2°), per il
20% della volumetria o
della superficie
esistente (aumentabile di un ulteriore 5% per edifici residenziali o
del 10% per gli altri quando si faccia l’adeguamento per la sicurezza
sismica), fino a
mc. 150 per
unità immobiliare, anche su corpi separati entro una distanza di 200 mt. dall’edificio principale.
Nel caso di
demolizioni e ricostruzioni con miglioramenti energetici o con
edilizia sostenibile gli aumenti volumetrici possono addirittura essere rispettivamente del
70% e dell’
80% della
volumetria esistente (art. 4, comma 2°), anche su
aree di sedime diverse da quelle dell’edificio originario (artt. 4, comma 3° e 11).
Veneto, pianura alluvionata
Anche per l’obbligatoria
rimozione dell’amianto è concesso un
aumento volumetrico del 10% (art. 6), così come è incentivata la
demolizione di
edifici in zone a rischio idraulico con la
ricostruzione in altre zone con un
premio volumetrico del 50% della volumetria esistente (art. 7). Per l’
eliminazione delle barriere architettoniche è concesso un
ulteriore ampliamento del 40% della volumetria (art. 12).
Sono inoltre consentiti nuovi
centri commerciali nei centri storici anche in deroga agli strumenti urbanistici (art. 16).
Non esistono più
limiti alle altezze degli edifici, né c’è la
minima traccia delle necessarie autorizzazioni ambientali per le aree tutelate con il
vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) o con il
vincolo idrogeologico (regio decreto n. 3267/1923 e s.m.i.) o rientranti in
siti di importanza comunitaria e
zone di protezione speciale (direttive n. 92/43/CEE e n. 09/47/CE, D.P.R. n. 357/1997 e s.m.i.).
Ma soprattutto – incredibile per una regione come il
Veneto dove la
Lega Nord governa – di fatto saranno esautorati i 581
Comuni veneti, che non avranno alcuna possibilità di mitigare o adeguare le previsioni legislative alla realtà locale: gli
strumenti urbanistici comunali saranno in pratica
disapplicati.
Bassano del Grappa
Basti pensare a che cosa potrebbe accadere sull’
Altopiano di Asiago, sulla
Riviera del Brenta o nella conca di
Cortina d’Ampezzo, nella stessa
Venezia, una vera follìa, un autentico
far west urbanistico in danno delle aree più pregiate sul piano ambientale e forti richiami per il turismo.
La
pianura veneta, un tempo celebrata da poeti e scrittori e già ora a rischio di collasso ambientale, potrebbe divenire un unico
capannonificio, inutile e sempre
meno ricco di lavoro.
L’associazione ecologista
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus confida che le ragioni del
diritto, del
buon senso, della
tutela del territorio trovino accoglienza nel giudizio della
Corte costituzionale.
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Comitati Italiani per la Vivibilità Urbana
27 gennaio 2014
A:
-
Leader politici nazionali
-
Membri del Governo e del Parlamento.
-
Presidenti e Assessori all’Urbanistica delle Regioni e
Province autonome
-
Sindaci e Assessori all’Urbanistica delle città
capoluogo di provincia
-
Esponenti di Istituzioni e Associazioni nazionali e
territoriali
-
Organi d’informazione
STOP ALLO STRAPOTERE DELLE REGIONI:
DA VENEZIA UN SEGNALE FORTE
IL 10 gennaio 2014 la Giunta del Comune di Venezia ha
approvato un atto d’indirizzo col quale si è deciso di:
-
conferire mandato al Sindaco di agire in tutte le
sedi ritenute più opportune per evidenziare le ragioni di illegittimità del terzo Piano Casa della Regione Veneto(L.R 32 /
2013), al fine di ripristinare in capo al Comune il pieno potere di
regolamentare lo sviluppo del proprio territorio
-
informare
il Governo del contenuto della legge predetta, anche ai fini della sua impugnazione in via diretta innanzi alla
Corte costituzionale
-
redigere
una proposta di Legge regionale di iniziativa del Consiglio
Comunale e successivamente condividerla con gli altri consigli comunali dei
comuni capoluoghi si provincia della Regione Veneto a modifica del Piano Casa.
In realtà più che un Piano Casa la legge approvata dalla
Regione è un piano per il rilancio del settore delle costruzioni con l’intento,
in sé condivisibile, di contribuire al rilancio economico del territorio. Però,
come è già avvenuto in passato, ed anche in altre regioni italiane, si persegue
un obiettivo socialmente utile ma non ci si preoccupa di valutarne e garantìrne
la compatibilità con altri obiettivi primari, come la tutela dell’ambiente e la
vivibilità urbana.
Nel territorio con la maggiore vocazione turistica d’Italia,
in cui ha sede la più preziosa e delicata città d’arte del mondo, intensificare
drasticamente la densità urbanistica appare delittuoso anche perché il Veneto
è già la seconda regione più
cementificata del nostro Paese ed ha un tasso di urbanizzazione che è il triplo
di quello medio europeo.
Tale politica, inoltre, è in netta contraddizione con le
dichiarazione fatte al riguardo dai due ultimi Governatori regionali, entrambi
i quali hanno riconosciuto la necessità
di contenere lo sviluppo edilizio. In particolare l’attuale Governatore Zaia aveva testualmente dichiarato un anno fa
:
“ Nel Veneto si è costruito troppo, non possiamo continuare così: E’
necessario fermarci. Questo vale per i capannoni industriali, ma a maggior
ragione per le abitazioni. E’ assurdo continuare ad approvare nuove
lottizzazioni quando esistono già abbastanza case per tutti”.
A queste sensate, ma purtroppo non rispettate, parole del
Governatore ci sentiamo di aggiungere “ad abundantiam” che non solo ci sono in Veneto case per tutti
ma ce ne sono di più: una ricognizione anche veloce del territorio regionale
mette in evidenza la presenza di numerosi stabili nuovi totalmente o
parzialmente disabitati.
Per tutti i motivi sopraelencati condividiamo pienamente la
posizione assunta dal Comune di Venezia alla quale, a quanto ci consta, sono
pronti ad allinearsi i maggiori capoluoghi di provincia delle regione.
Invitiamo, pertanto, tutte le autorità destinatarie di questa comunicazione ad
attivarsi, per quanto di loro competenza, per supportare l’iniziativa della
Giunta veneziana ed attivarne altre che possano dare il segno di un’inversione di
tendenza. Il nostro Paese ha bisogno che le politiche pubbliche siano
improntate alla ricerca, talvolta frutto di una faticosa sintesi di diverse
istanze, del bene comune e non alla soddisfazione degli appetiti delle lobby
sempre pronte a fare i propri interessi a spese della collettività.
Un appello particolare rivolgiamo ai leader politici che
sono, in questo periodo, impegnati in una difficile opera di riforma
istituzionale che possa garantire governabilità al Paese e restaurare la
credibilità della politica. Dato che uno degli aspetti da riformare è il titolo
quinto della Costituzione, che riguarda la distribuzione dei poteri fra i
diversi livelli della struttura centrale e territoriale dello Stato, suggeriamo
un netto ridimensionamento dei poteri in materia urbanistica delle Regioni, che
tanti danni hanno già fatto, anche travalicando spesso tali poteri e venendone
successivamente sanzionate dalla Corte Costituzionale.
E’ assolutamente necessario che, come avveniva correttamente
in passato, lo Stato definisca in modo fermo i vincoli cui tutte le istituzioni
sotto ordinate devono attenersi, lasciando poi ai Comuni ( anche nelle diverse
aggregazioni che si prospettano con la riforma) il compito di fare le scelte
urbanistiche più appropriate per rispettare le specificità dei territori. Un
ruolo delle Regioni e degli enti intermedi di area vasta va mantenuto per la
tutela dei beni comuni non rinnovabili.
Cordiali saluti.
Roberto Barabino (Rete dei Comitati per la Qualità
Urbanistica)- Milano – portavoce
Anna Maria Bianchi (Laboratorio Carteinregola)- Roma-
portavoce
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Corriere della Sera- Veneto
Accordo raggiunto sul Piano Casa
nei Comuni possibili nuovi vincoli
Sì alle varianti «ordinarie», niente poteri di blocco totale
VENEZIA — Hanno
vinto i sindaci. Ha vinto la Regione. E ha vinto pure il governo, abile
a placare le inquietudini di democrats e alfaniani, gli alleati-
contro. Insomma, hanno vinto tutti. Le «parole di nebbia» con cui è
intessuta la nota diramata lunedì sera da Palazzo Chigi, al termine
dell’incontro convocato a Roma tra i tecnici della Regione e quelli dei
ministeri dell’Ambiente, della Cultura, delle Infrastrutture e degli
Affari regionali sul Piano Casa ter, lasciano margini d’interpretazione
così ampi ai duellanti, da rendere impossibile il tentativo di dirimere
la contesa una volta per tutte. Due soltanto sono le certezze.
La prima: il
governo tirerà dritto in direzione Corte Costituzionale su due punti, a
onor del vero piuttosto marginali rispetto all’impianto complessivo del
provvedimento. Si tratta dell’articolo 11, comma 1 e 2, che elimina
l’obbligo di rispettare la sagoma esistente quando si interviene con una
ristrutturazione e degli articoli 7 e 10, comma 6, che estendono gli
interventi edilizi anche alle aree a rischio idrogeologico. La seconda
certezza: la Regione rimetterà mano al contestato articolo 3,comma 3, e
cioè la norma che prevede la possibilità di applicare i bonus del Piano
fino a 200 metri di distanza dal lotto di partenza. Previsione, questa,
che era all’origine di molte proteste tra i sindaci, in particolare nei
Comuni turistici di montagna (su questo, per dire, faceva leva l’oramai
celeberrima ricostruzione fotografica del primo cittadino di Asiago
Andrea Gios, che mostrava uno chalet all’ombra del Sacrario della Grande
Guerra).
Sul punto focale della
diatriba che da mesi si trascina tra la Regione e i sindaci, invece,
resta in piedi più d’una perplessità. Il comunicato della Presidenza del
Consiglio afferma che «durante il vertice è stato trovato un punto di
equilibrio fra le esigenze regionali di sviluppo del territorio e le
competenze comunali sulla tutela delle proprie zone». Da ciò si evince
che questo aspetto è stato sostanzialmente «stralciato» e non sarà più
impugnato di fronte alla Consulta. Qual è questo punto di equilibrio?
«La Regione - continua la nota - si è impegnata ad apportare alcune
modifiche alla legge riconoscendo ai Comuni la possibilità, attraverso
le procedure della variante semplificata dei piani urbanistici, di
apporre limiti al nuovo Piano Casa. L’impegno sottoscritto esplicita che
gli interventi previsti dal Piano non troveranno applicazione per
quegli edifici oggetto di specifiche norme di tutela urbanistica e
territoriale anche in relazione a quegli strumenti che saranno approvati
dai Comuni dopo l’entrata in vigore della suddetta legge. Rimane quindi
fermo l’ordinario potere urbanistico dei Comuni interessati dalle
disposizioni del nuovo Piano». Proprio qui, a ben vedere, sembra stare
la chiave per comprendere l’esito del fatidico incontro: «Anche in
relazione a quegli strumenti che saranno approvati dai Comuni dopo
l’entrata in vigore della suddetta legge».
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