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«Il massimo ribasso è morto, viva il massimo ribasso!». Avrebbero potuto annunciare così, venerdì scorso, il nuovo codice degli appalti. Una riforma che avrebbe dovuto rendere più agevole e trasparente la strada delle opere pubbliche, e soprattutto stroncare la corruzione. Dove invece non mancano sorprese: nella migliore tradizione di una politica per cui il confine fra gli interessi della collettività e quelli delle lobby è sempre impalpabile.
I due pilastri della rivoluzione
I
pilastri della rivoluzione dovevano essere solidi e qualificanti. Due,
sopra tutti. Il primo: la fine della regola del massimo ribasso. Si
tratta del meccanismo per cui le gare vengono assegnate a chi offre il
prezzo minore, salvo poi consentire all’impresa di recuperare con lauti
interessi grazie a varianti sempre generosamente concesse da compiacenti
stazioni appaltanti. Ragion per cui è considerato uno dei principali
incubatori della corruzione .
Il potere dei gruppi di pressione
Ecco
allora la promessa: non più gare aggiudicate al prezzo minore bensì con
la valutazione dell’offerta più vantaggiosa sotto vari aspetti. Una
rivoluzione epocale capace di mettere in ginocchio un sistema collaudato
da decenni. E i gruppi di pressione si sono subito messi all’opera. Il
braccio di ferro sulla soglia minima dell’importo da cui partire per
applicare il nuovo metodo si è rivelato inevitabile, non appena la bozza
del codice degli appalti scritta dal governo in base alla legge delega è
sbarcato in parlamento per il parere. Non soltanto con le imprese e i
burocrati degli uffici legislativi, ma pure con le Regioni guidate dal
presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, e con l’Anci di Piero
Fassino: entrambi esponenti del Partito democratico.
Il braccio di ferro
In
quindici mesi i due relatori (Stefano Esposito e Raffaella Mariani,
entrambi del Pd) hanno cercato di sanare le magagne ed eliminare le
pillole avvelenate. Si erano guadagnati anche l’approvazione del
presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone, il quale
considerava il parere parlamentare un ottimo risultato. Avevano proposto
150 mila euro come soglia oltre la quale il massimo ribasso doveva
essere bandito. E non era stato facile. L’Ance, l’associazione dei
costruttori edili presieduta da Claudio De Albertis, chiedeva,
all’unisono con la Conferenza Stato-Regioni, di alzare il tetto a due
milioni e mezzo. Sia pure con l’esclusione automatica delle cosiddette
«offerte anomale».
Una mezza Caporetto
Per
i due relatori è finita con una mezza Caporetto. Il testo finale varato
dal consiglio dei ministri venerdì 16 aprile non ha tenuto in alcun
conto su questo punto, uno dei più delicati, il parere delle Camere. E
non ha avuto successo neppure la mediazione del ministero delle
Infrastrutture, che puntava su una soglia di 500 mila euro. Dunque il
massimo ribasso, in una forma di fatto identica, sopravviverà pure con
il nuovo codice per le gare fino a un milione di euro. Che sono l’81 per
cento del totale.
Il ruolo dell’Anticorruzione
Il
secondo pilastro era il coinvolgimento dell’Anticorruzione. La scelta
dei commissari di gara sarebbe stata affidata a Cantone, che li avrebbe
sorteggiati da un apposito elenco. Questo per evitare qualunque rischio
insito nella nomina delle commissioni aggiudicatrici da parte delle
amministrazioni locali. Le quali non hanno fatto salti di gioia all’idea
di perdere tutto quel potere. E hanno lavorato in profondità. Con
successo.
12 commenti:
In realtà anche questa riforma si muove nel solco abituale della RI-FORMA, cioè del dare una diversa forma alle cose, senza cambiarne la sostanza. Al di la del fatto che un appalto multimilionario si può in alcuni casi spezzare in più appalti di minore importo, se lo scopo dell'abolizione del minor prezzo è quello duplice di impedire che si tratti di uno specchietto per allodole con rialzi successivi ed allo stesso tempo di assegnazioni di appalti che risultano in opere di qualità scadente (ponti di sabbia e non di cemento armato)il risultato non si ottiene, perchè il criterio della valutazione del rapporto qualità/prezzo è l'unico che garantisce il miglior risultato, ma richiede competenze nella formulazione dei capitolati di gara e nella loro valutazione tecnico economica che probabilmente sono assenti nella Pubblica Amministrazione, come spesso anche nel mondo del privato, perchè non è il caso di illudersi che nelle aziende private siano tutti super professionisti, e poi spesso non è facile per nessuno valutare accuratamente questo rapporto.
Quindi, invece di investire nella qualità degli organi della P.A. si fa l'ennesima legge di forma e non di sostanza.
Non dimentichiamo inoltre che, per gli appalti dove non vale più la regola del minimo prezzo, la discrezionalità nelle assegnazioni, basate su una valutazione tecnico-economica potrà offrire anche maggiori spazi di corruzione a chiunque riesca a truccare le carte nella valutazione delle prestazioni offerte in rapporto ad un dato prezzo. Cambiare tutto per non cambiare nulla.
Convengo sui rischi che tu hai evidenziato, ai quali ne aggiungerei un altro che è stato segnalato da Sala, Candidato Sindaco di Milano, nel corso dell'incontro con l'associazione "Le Forme della politica" avvenuto ieri sera, e cioè che, inserendo maggiore discrezionalità ci si espone ad un aumento significativo dei ricorsi da parte delle ditte escluse, che possono bloccare la realizzazione di opere magari urgenti.
E' una materia delicata su cui bisogna procedere con grande attenzione. Io sono disponibile ad approfondire la questione anche fuori del blog.
Roberto
E’ una questione annosa, la cui perniciosità l’ho provata diverse volte sulla mia pelle. Tuttavia, per rimuoverla non basta l’aspirina, occorre una cura forte, fatta da medici coscienziosi e saggi. Non tanto norme dall’alto e accademiche, quanto misure oggettive, sulla scorta dei guai creati nel tempo da un sistema verticale e vergognosamente castale. Una casa si costruisce dalle fondamenta, non dal tetto.
Dario
Condivido la tua valutazione: occorrono misure oggettive.
Ti segnalo che, al riguardo, nell'associazione "Le Forme della Politica" si è costituito un Gruppo di Lavoro che ha dato vita ad una proposta rivolta ai candidati Sindaco di Milano sul tema della trasparenza, con particolare ma non esclusivo riferimento agli appalti. La proposta potrebbe essere rivolta ai candidato Sindaco di qualsiasi comune.
Roberto
credo, come hanno ribadito di recente alcuni magistrati, che in molti italiani,in primis tra i politici ( di tutti gli schieramenti), la corruzione sia nel DNA ....e se ci sono i corrotti ci sono anche i corruttori....perchè l'Italia è tra i paesi piu' corrotti al mondo ? Perchè gli italiani sono...italiani !
Ovviamente c'è del vero nelle tue affermazioni: il nostro è un Paese dove è molto diffusa la ricerca di "scorciatoie" per ottenere vantaggi o anche solo per avere il dovuto.
In un recente convegno di "Riparte il Futuro", un giovane e brillante professore italiano che insegna a Parigi, ha portato significativi esempi di azioni svolte dal basso in vari Paesi europei, che hanno portato a cambiamenti importanti (es: L'eliminazione del "roaming" nella telefonia mobile internazionale oppure il trattamento dei dati personali da parte di Facebook).
Volere è potere: basta imitare i buoni esempi, senza abbandonarsi alla rassegnazione.
Roberto
Non sono sufficientemente esperto della materia per giudicare l’impatto delle innovazioni introdotte dal nuovo codice degli appalti, ma da cittadino comune mi domando se, per evitare gli sprechi e gli abusi resi possibili dalla normativa vigente, non sia possibile immaginare di rendere semplicemente inammissibile la richiesta da parte dell’esecutore di una maggiorazione del compenso a fronte di varianti al progetto originario (anche se al di sotto del limite vigente del 20%, che andrebbe abolito o quanto meno ridotto drasticamente al 5%) . Il semplice fatto che il progetto originario richieda delle modifiche dovrebbe farlo considerare inadeguato e determinare automaticamente: i) la decadenza del contratto, ii) una penalizzazione per imperizia nella progettazione, pari a una riduzione prefissata del compenso relativo alle opere portate a termine sino al momento della richiesta di modifica e iii) la necessità di indire una nuova gara alla luce delle più approfondite conoscenze delle problematiche esistenti, senza nessuna prelazione per il primo esecutore.
Mi pare insufficiente che l’esecutore non sia selezionato sulla base del massimo ribasso, come mi pare di capire che una delle riforme preveda. L’approccio sopra descritto sposterebbe completamente la responsabilità della progettazione sui concorrenti che sarebbero così forzati a sopportare in pieno le conseguenze delle proprie errate valutazioni.
Le tue osservazioni toccano il tema centrale, cioè le varianti al progetto, che sono troppo spesso il "cavallo di Troia" con cui vengono commessi incredibili abusi a danno dell'Amministrazione. In una ricerca che ho fatto lo scorso anno sul sito del Comune di Roma , quando ho iniziato ad occuparmi di questo tema, ho rilevato che certi fornitori del Comune facevano sistematicamente ribassi anche dell'ordine (incredibile) del 60% del prezzo base d'asta, poi compensati da varianti dello stesso ordine di grandezza. E' una cosa resa possibile dalla colpevole assenza di controlli interni oltre che da evidenti collusioni e corruzioni, messe in luce dall'inchiesta su Mafia Capitale.
La tua proposta di ridurre drasticamente per legge le possibilità di varianti mettendo a carico dell'assegnatario dell'appalto le conseguenze di un progetto avventato è interessante e condivisibile e potrà essere discussa nel Convegno sulla Trasparenza. Comunque la soluzione del problema non può essere solo legislativa ma richiede anche il contributo della società civile, che deve abituarsi a verificare gli atti della Pubblica Amministrazione. A questo tema è dedicata la proposta fatta da "Le Forme della Politica" ai Candidati Sindaco di costituire una Commissione composta da cittadini sorteggiati per la verifica degli appalti.
insomma un passo avanti per farne tre indietro: sono patetici se non fossero pericolosi...
ciao!
a lunedì
eddi
La distanza fra le intenzioni dichiarate e la realtà è grande e preoccupante.
Comunque non demordiamo.
A lunedì.
Roberto
Ciao Roberto,
non c'è niente da fare in Italia è così, l'interesse comune e il buon senso non esistono, ora questa legge di fatto
consente una scappatoia per i soliti intrallazzi e i lavori fatti male e in economia che dire in parlamento la maggioranza
e questo PD tutelano gli interessi non delle collettività ma del sistema malato.
Aiuto chi ci può salvare ?
Buon WE Vittorio
Ciao Vittorio,
possiamo salvarci solo noi in due modi, fra loro complementari:
- tentando di favorire la modifica delle norme inadeguate ma anche e soprattutto della mentalità capziosa e levantina che ci sta dietro.Ovviamente è un'impresa tremenda e di lunga durata, ma non ci sono vie più semplici e lo dobbiamo ai nostri figli e nipoti.
- "cambiando cavallo" alle prossime elezioni amministrative e/o politiche se quello finora scelto è ritenuto corresponsabile della situazione lamentata, ma senza illudersi che tale azione sia risolutiva.
L'importante è rendersi conto che il miglioramento del nostro Paese passa necessariamente attraverso la riduzione della delega ai politici, il che può essere fatto non solo "tampinandoli" a dovere ma anche mediante l'uso appropriato degli strumenti di democrazia diretta che già esistono o che si possono costruire: vedi il Gruppo Trasparenza proposto ai candidati Sindaco di Milano che, come ho già segnalato può essere proposto ai candidati di qualsiasi Comune.
Buon w.e. anche a te.
Roberto
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