La vittoria
del Movimento 5 Stelle alle recenti elezioni amministrative, la flessione del
PD e la temporanea marginalizzazione del centrodestra creano un contesto molto diverso da quello di
due anni fa, quando il netto successo dei
democratici, col 41% dei voti,
alle elezioni europee dava un forte impulso all’azione del governo.
L’aspetto più rilevante della nuova
situazione è che la fluidità nelle scelte politiche degli elettori è diventata assoluta e nessuna forza politica
può più “vivere di rendita”.
Ne sa
qualcosa Renzi che si era illuso, sulla scorta del predetto successo, di poter
dirigere in modo incontrastato il processo di riforme avviato; da qui era
scaturita la contrapposizione frontale nei confronti della minoranza dem e
l’estrema disinvoltura con la quale il premier ha prima concordato il “patto
del Nazareno” per poi scioglierlo improvvisamente e accordarsi con la componente verdiniana del centrodestra.
Ora Renzi si sta forse rendendo conto che gli elettori non hanno gradito la sua
eccessiva sicurezza, spesso sfociata in sfrontatezza, e la
personalizzazione del confronto sulle
riforme (“ o con me o contro di me”) che lo ha messo in un “ cul de sac” dal
quale fatica ad uscire.
Ma ne sa
qualcosa anche Salvini che, alzando troppo la voce ed estremizzando situazioni
serie ma delicate come quella migratoria, si è alienato molte simpatie anche in
quella parte dell’elettorato di centrodestra che è alla disperata ricerca di
una leadership credibile, dopo il fallimento di quella berlusconiana.
Per i 5
Stelle che sono ora sulla cresta dell’onda e che possono realmente candidarsi alla
guida del Paese, se riusciranno a gestire in modo appropriato la difficile
situazione romana e a non far rimpiangere Fassino nel capoluogo piemontese, c’è
il problema di come attrezzarsi seriamente per fare il salto di qualità
necessario per un impegno di governo. In positivo c’è il “passo di lato” fatto
da Grillo che gli consente di esercitare il ruolo di garante senza interferire
nella maturazione della giovane classe dirigente del movimento.
Sull’evolvere
del quadro politico giocherà un ruolo cruciale il referendum costituzionale di
ottobre, strettamente legato alla legge elettorale recentemente entrata in
vigore.
Renzi non ha
più la convenienza a mantenere la logica dello scontro frontale con i fautori
del no perché, come hanno chiaramente dimostrato i ballottaggi delle
amministrative, rischia di finire schiacciato dall’alleanza tattica fra 5
Stelle e Centrodestra, mirante a “farlo fuori”. Deve quindi scendere a patti ma
non può farlo favorendo una modifica
dell’Italicum mirante ad attribuire il premio di maggioranza alla coalizione anziché
al primo partito perché ciò produrrebbe due conseguenze nefaste:
-
si
favorirebbe nuovamente la frammentazione partitica e il potere di veto delle
minoranze
-
si
manderebbe il segnale che si vuole
impedire ai 5 Stelle, refrattari alle coalizioni, di candidarsi alla guida del
Paese e ciò potrebbe portare ad una rivolta del corpo elettorale
E’ quindi necessario procedere ad un confronto serio e reale
su alcuni punti controversi della riforma elettorale che lasciano perplessi non
solo gli oppositori di Renzi ma anche gran parte dei cittadini: faccio
riferimento in particolare a:
-
la mancanza di una soglia minima per l’attribuzione
del premio di maggioranza che davvero renderebbe possibile che il Paese venisse governato da una
forza rappresentativa di una minoranza sparuta dell’elettorato.
-
la presenza delle liste bloccate, espressione delle segreterie dei
partiti, ritenuta dai più come una perpetuazione dell’inviso potere della
casta.
Sia la minoranza dem sia l’opposizione di centrodestra hanno
un’occasione di dimostrare nei fatti di voler contribuire al miglioramento del
sistema di governo e non solo quella di scalzare chi ha attualmente il ruolo di
gestirlo.
Ci vuole maturità da parte di tutti, compresi i 5 Stelle, che
non possono esimersi da dare un contributo costruttivo se vogliono candidarsi
al governo del Paese.
I cittadini valuteranno i comportamenti delle diverse forze politiche ed orienteranno in base ad essi le loro scelte, punendo chi agisce solo in ottica di parte.
6 commenti:
Condivido perfettamente.
Ho qualche remora a pensare che un premio alla coalizione "favorirebbe nuovamente la frammentazione partitica e il potere di veto delle minoranze": vediamo infatti che anche all'interno di un singolo partito vi sono correnti e veti. Pertanto, se l'obiettivo è quello di arginare la frammentazione, non saprei dire se il metodo proposto è efficace o altri possano esserlo di più.
Inoltre, nelle valutazioni in merito al quadro politico, più che la voglia di far cadere Renzi penso che possa prevalere il desiderio di "spallata all'establishment" che abbiamo visto all'opera in UK e che da noi potrebbe catalizzarsi nel NO al referendum. Penso che però, sviluppando le posizioni più inclusive a cui tu accenni e altre più palesemente anti-casta e a favore dei cittadini (stile Renzi prima maniera), il rischio della spallata anti-establishment potrebbe essere ridotto.
Giorgio Calderaro
Il premio allla coalizione consentirebbe ai partiti minori che ne fanno parte di "ricattare" il partito maggiore e di condizionarlo ben al di là di quanto vale la loro forza elettorale, come avvenuto spesso in passato. Certo, anche nei singoli partiti ci sono correnti e minoranze spesso agguerrite e in graoi di ostacolare la maggioranza, come sta accadendo bel PD.
Ma se il partito maggiore è forte del premio di maggioranza può tenere a bada la fronda interna.
Io attribuisco la voglia di far cadere Renzi ai partiti che gli si oppongono (centrodestra e 5 stelle) che, data la mobilità dell'elettorato, potrebbero essere puniti per tale strumentale intenzione; così come Renzi potrebbe essere penalizzato se impedisse, con un cambiamento dell'Italicum, ai 5 Stelle di candidarsi a governare.
Il quadro è olto fluido e chi fa troppo il furbo può trovarsi di fronte a sorprese inaspettate.
Roberto
La 7 pare abbia mandato in onda ieri sera il filmato dove renzi garantiva che su MPS tutto era risolto.
Neanche Totò avrebbe osato....
Ma come ha fatto un essere così penoso ad avere quella carica?
Forse è il simbolo di una nazione invasa e al collasso
gn
Non ho visto il filmato e non so se la notizia da te citata è vera.
In generale ritengo che Renzi pecchi di un ottimismo di maniera e di facciata che risulta poco credibile e che toglie efficacia alla sua narrazione. Guadagnerebbe certamente in autorevolezza se dicesse le cose come stanno, anzichè cercare di edulcorarle.
Comunque sono meno drastico di te nel giudizio sul Premier, la cui azione - piaccia o no - ha notevolmente migliorato la percezione del nostro Paese da parte degli osservatori internazionali, che non sono degli sprovveduti.
Roberto
L’essenza del problema è nel fatto che “la fluidità delle scelte politiche degli elettori è diventata assoluta”; capire il perché di questa fluidità potrebbe suggerire ai partiti la strategia da adottare nell’affrontare il referendum.
Esistevano un tempo i “partiti”: un partito comunista, uno socialista, una democrazia cristiana, i repubblicani e i liberali con simpatie ondivaghe ma comunque fluttuanti in aree ben precisate. Ognuno aveva idee che traevano origine da un pensiero politico o religioso o sociale o economico, ma pur sempre un pensiero basato su testi e filtrato nella testa dei cittadini da profeti più o meno suggestivi ma con un carisma indiscusso e indiscutibile.
Quello che rimane oggi è il vuoto: solo quattro gatti solitari ancora si appellano a Stalin e al Duce, ma a loro va la nostra ammirazione per avere il coraggio delle proprie idee. Nel PD convivono due anime senza idee, quelle della ex sinistra e quelle della ex DC; il PDL non ha mai avuto un’idea politica, è genericamente di centro-destra come contrapposto al centro-sinistra del PD; i grillini hanno avuto se non altro il buon gusto di rifiutare di chiamarsi “partito”: sono un coacervo di risentimenti, di proteste, di speranze, anche di velleitarismi se si vuole: ci si trova dentro di tutto, salvo un pensiero politico; la Lega è talmente ondivaga e trasformista che non è classificabile, a meno che non si voglia classificarla come estremista: magari non lo è ma si comporta come tale.
In una situazione del genere, chi volete che voti un partito politico? Si vota un po’ l’uno un po’ l’altro sulla spinta dell’emotività, delle simpatie per qualche personaggio o per qualche tesi sostenuta, ma soprattutto si vota per paura o per protesta: paura dell’instabilità o dell’Europa, o protesta contro la corruzione, l’immigrazione, La disoccupazione. La paura, ma soprattutto la protesta, sono a geometria variabile e instabile nel tempo: vanno dall’uno all’altro schieramento e cambiano a seconda delle stagioni. Lasciando da parte il “no” di quelli che vogliono mandare a casa Renzi, a prescindere ma senza aver mai detto con chi vorrebbero sostituirlo, le alchimie di potere sottostanti alle diverse proposte alternative rischiano di non tener conto della fluidità dell’elettorato: quella che oggi sembra la scelta migliore potrebbe rivelarsi rovinosa domani. Guadagnarsi simpatie stabili, sulle quali contare nel tempo, è forse il compito più difficile che oggi si presenta ai partiti.
Buona serata,
Umberto
Della tua eccellente analisi vorrei evidenziare in particolare la conclusione, che sondiviso totalmente, circa la vacuità delle alchimie politiche tradizionali a fronte di un fenomeno, la fuidità assoluta, del tutto nuovo.
I politici si muovono in "terre inesplorate" e possono incorrere in trabocchetti letali soprattutto se pensano di "gabbare il popolo" con i soliti riti.
E' questo il motivo per cui conviene loro non strumentalizzare troppo il "sistema delle regole" ( referendum, legge elettorale, ecc,) a fini esclusivamente di parte.
I cittadini non abboccano più.
Buona serata anche a te.
Roberto
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