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venerdì 6 novembre 2015

Cosa non va nelle "democrazie"





Nel  primo capitolo del bel libro di David Van Reybrouck “ Contro le elezioni”, Feltrinelli – Settembre 2015, che consiglio di leggere, sono  spiegati i sintomi del malessere delle  “democrazie”  occidentali, alcuni dei quali ho  già citati in un post precedente e che ora espongo più compiutamente, ma sempre in estrema sintesi.
Essi riguardano sia la legittimità, cioè il grado di consenso che le forze politiche e le Istituzioni ottengono dal popolo, sia l’efficienza, cioè la loro capacità di agire e dare soluzione ai problemi.
Dal primo punto di vista i sintomi più critici sono tre: la drastica riduzione del numero dei votanti, la sempre minore presenza di iscritti ai partiti, l’incostanza nelle scelte degli elettori. Tutto ciò segnala una profonda disaffezione verso la politica, che perde  gradualmente credibilità.
Anche sul secondo aspetto vi sono tre elementi critici: la  crescente difficoltà di formare i governi e la loro endemica instabilità , gli scontri politici sempre più duri e “urlati”, la pesante sanzione che  spesso i partiti al governo ottengono dagli elettori per gli scarsi risultati prodotti. L'inefficienza dei governi alimenta la sfiducia nel sistema e quindi riduce ancora la legittimità, creando quindi un circolo vizioso.

Alla base di tutto ciò ci sono due fenomeni importanti che influenzano fortemente e negativamente la capacità della politica di soddisfare le attese dei cittadini:
-          La riduzione dell’ autonomia  dei governi nazionali dovuta a pesanti  vincoli sovranazionali ( ad es: UE, BCE, Fondo Monetario,  Trattati internazionali, ecc,) e  all’emergere  di numerosi attori locali che sottraggono potere all’esecutivo.

-          Lo strapotere del sistema mediatico che è alla costante ricerca della “notizia”  utile a fare  “audience”e  che, come scrive Van Reybrouck “  preferisce ingigantire  conflitti futili piuttosto che analizzare problemi reali, soprattutto in un periodo di calo delle quote di mercato dell’audiovisivo”.  Dice ancora l’Autore “ogni deputato ….deve  distinguersi  nel momento in cui le telecamere stanno riprendendo….. Quando la voglia di essere notati ha la meglio sulla gestione, quando la febbre elettorale diventa un’affezione cronica, quando i compromessi sono costantemente tacciati come tradimenti…..il Parlamento rischia l’anemia” E ancora “l’uomo politico di oggi può, o meglio deve, urlare ai quattro venti le sue virtù – le elezioni e i media non gli lasciano scelta – preferibilmente stringendo i pugni, contraendo i muscoli  e spalancando la bocca”.
Questa sembra la “foto” di una seduta del Senato italiano ma, evidentemente,  tutto il mondo è paese perché le cause profonde dei fenomeni sono le stesse in una realtà  internazionale ormai largamente omologata.

Alla radice della crisi  vi sono, però,  anche cause specifiche  attinenti il sistema della rappresentanza politica, alle quali  l’Autore dedica il secondo capitolo e di cui tratterò prossimamente.
Qualche lettore avrà notato che ho messo fra virgolette la parola “democrazie”. Il motivo sta nel fatto che, come ho segnalato in un precedente post ( “La stanchezza della democrazia . 7/10/2015) il sistema elettorale è stato storicamente  concepito per dar luogo a delle  oligarchie e questo risultato è stato puntualmente ottenuto, ma una martellante propaganda politica durata più di due secoli, ha fatto credere  ovunque in Occidente che il potere stia veramente nel popolo. A questa mistificazione rispondo con le virgolette per significare che oggi viviamo in pseudo democrazie. In questo, pur essendo stato illuminato dal libro di Van Reybrouck, le mie conclusioni sono alquanto più radicali di quelle dell’Autore che, malgrado tutto, attribuisce ancora una patente di democrazia, sia pure imperfetta, ai sistemi elettivi.

20 commenti:

Dario Lodi ha detto...

Da quanto tempo dico queste cose?



roberto ha detto...

Tu hai giustamente messo in discussione il sistema dei partiti ma, se non sbaglio, hai puntato prevalentemente sull'inadeguatezza della nostra classe politica, come se fosse una specificità italiana.
Ciò che il libro evidenzia è che si tratta di un male condiviso da tutte le cosiddette "democrazie" occidentali e quindi richiede un cambiamento alla radice del sistema messo abilmente in piedi per gabbare il popolo all'epoca delle rivoluzioni del '700, che hanno cancellato dal panorama politico il sorteggio, ingrediente essenziale anche se non esclusivo di una vera democrazia (senza virgolette).

Roberto

Roberto Panzarani ha detto...

Grazie Roberto lo leggerò senz'altro di lui ho letto il monumentale Congo . Una storia interessantissima del paese ,molto utile per capire l'Europa di oggi.
A presto!
Roberto

roberto ha detto...

Allora io leggero Congo, così siamo pari !
Grazie.
Roberto

Dario Lodi ha detto...

No, l’inadeguatezza della classe politica è generalizzata in quanto espressione di oligarchia, non di democrazia. Quella italiana è peggio perché noi tutti ci disinteressiamo completamente di ciò che avviene a Roma. L’Italia è così un mostro a due teste: il volto ufficiale è orribile, mangia e beve a sbafo, l’altro, civile, se la cava bene benché malmenato da leggi vecchie e spesso assurde. Infine, manca il senso sociale, o meglio è assai poco sviluppato. Dominando l’egoismo, l’individualismo, ecco il disastro politico. Incompetenza, ignoranza, pressapochismo, avventurismo, lo specchio della nostra condizione generale. Scuola e media soprattutto fanno il loro lavoro di malavoglia, con interesse per lo più spicciolo. I media sono un’autentica rovina, vanno sempre a cercare l’effetto e non la causa. Difetti evolutivi generalizzati? Può essere, o almeno speriamo sia così, in attesa di evoluzione ed emancipazione da volgarità inaccettabili.

Ciao, Dario



roberto ha detto...

Allora ci troviamo d'accordo, anche sul fatto che, in un quadro di "mal comune senza mezzo gaudio", l'Italia ci mette del suo per peggiorare le cose della politica.
Concordo molto poi, sulla necessità di bandire una volta per tutte le volgarità inaccettabili (tipo le sceneggiate avvenute in Senato)facendo sapere a chile esprime che verrà messo nel mirino al momento del voto. Questo deve essere un avvertimento anche per chi, come Grillo, si sta avvicinando al potere: si è un pò calmato, ma deve modificare approccio per aspirare a successi non solo locali
Ciao.
Roberto

Giorgio Calderaro ha detto...

Ho finito di leggere il libro, sto meditando. Il vantaggio del sorteggio è certamente quello di rompere l'esclusività della casta. Il problema che ora come ora vedo è che oggi l'organismo dello Stato (in senso lato) è talmente complesso da risultare di fatto ingovernabile, guarda le commedie innescate dalla finanziaria, che tocchicchia qua e là ma non introduce (per volontà? Per impossibilità strutturale? Per momentanea impossibilità pratica?) modifiche negli ordinamenti tali da ottenere, per il solo fatto delle modifiche stesse, minori costi e maggiore efficienza.
Giorgio

roberto ha detto...


Condivido la tua preoccupazione. Il sorteggio non è di per sè la panacea di tutti i mali ma avrebbe il vantaggio di avere al potere persone che non hanno il problema di essere rielette e quindi non devono fare il solito teatrino a beneficio del pubblico votante, ma possono dedicarsi senza posizioni preconette, di parte, ai problemi da risolvere.
Roberto

Rossana Gravina ha detto...

Caro Roberto

vorrei intervenire in modo fortemente provocatorio per aprire una riflessione, a mio parere, importante, partendo proprio dalla discussione sui significati che continuiamo ad attribuire , attraverso l'uso di parole/concetti storici, che forse non sono più idonei a definire possibili i modelli giusti o ingiusti nella gestione della cosa pubblica nel nostro mondo contemporaneo.

Inizierei dal significato di democrazia, letteralmente, storicamente e politicamente intesa:
La democrazia (dal greco δῆμος (démos): popolo e κράτος (cràtos): potere) significa "governo del popolo", ovvero sistema di governo in cui la sovranità è esercitata, direttamente o indirettamente, dall'insieme dei cittadini che ricorrono ad una votazione.

La prima classificazione della democrazia può essere tra democrazia diretta e democrazia indiretta.

Nella democrazia diretta o partecipativa il potere sovrano è esercitato direttamente dal popolo
Nella democrazia indiretta o rappresentativa il potere sovrano è esercitato da rappresentanti eletti dal popolo (il ).
Riflessioni/dubbi, oserei dire quasi popperiani:

1) possiamo ancora credere che sia il modello democratico (diretto e/o indiretto) quello idoneo a governare gli scenari attuali di ogni singolo stato e del mondo?

2) se si, quali popoli sono pronti a a definire il proprio modello democratico di governo della cosa pubblica. Abbiamo l'esempio della "Primavera Araba" principale ragione del suo fallimento: nessuno dei popoli insorti in nome della democratizzazione dei loro paesi è stato in grado di orientare la rivoluzione verso quel modello democratico per il quale sono insorti

2) dovremmo allora iniziare a riflettere su un modello di democrazia cosmopolita che tenga conto dei processi di globalizzazione della redistrubuzione della ricchezza, ecc...

3) quali popoli sono pronti e, sopratutto, quali nuove generazioni, alle quali dovrebbe essere passato il testimone dei governi della cosa pubblica, sono pronti "culturalmente" ad assurmersi la responsabilità della partecipazione diretta e/o indiretta?

4) per partecipare si deve aver maturato una "coscienza" civica , coscienza è una parola portante, fondamentale, formidabile se intesa come consapevolezza del sè e della comunità e, quindi, dell'interesse comune. consapevolezza del grande potere e diritto di partecipare alla decisione ad ogni livello della vita comunitaria.

5) la maturazione di una coscienza passa dall'educazione, passa da un credo (principi, valori)

6) i cambiamenti storici sono sempre passati bal basso attraverso un approccio bottom up....e allora la mia domanda torna ad essere la stessa: come rieducare i popoli alla responsabilità civica, ricreare una mentalità civica, i cambiamenti passano dal basso attraverso il cambiamento di mentalità.

Mi fermo qui perchè mi sto perdendo, forse sono riflessioni apparentemente "astratte", ma i partiti, i governi, i parlamenti non sono entità astratte, esistono percheè esistono le persone che le costituiscono. Si possono cambiare mille e mille strutture organizaztive e le loro funzionalità ma, se non mutano le mentalità delle persone che le agiscono è tutto vano ed è per questo che insisto sulel responsabilità del popolo rispetto agli scenari che stiamo vivendo.

Un abbraccio e a presto

Rossana


roberto ha detto...

Cara Rossana,
grazie, anzitutto, per il tuo articolato e sentito intervento.
La tua provocazione trova in me una porta aperta e, quindi ,vorrei “rilanciare”.
La pretesa del mondo occidentale di esportare la propria presunta “democrazia” in Paesi culturalmente ed economicamente molto diversi è una forma, neanche tanto velata, di colonialismo, soprattutto quando, come spesso avviene, si subordinano aiuti economici allo svolgimento di cosiddette “libere elezioni” , che libere spesso non sono e che , anche se lo fossero, non porterebbero comunque da sole alla democrazia.
Come diceva Aristotele a proposito dei sistemi di rappresentanza nella Grecia, “Il sorteggio è ritenuto democratico, le elezioni oligarchiche”. Una “democrazia” basata solo su un sistema oligarchico non è una democrazia: è da questo punto che bisogna partire.
Inoltre non è detto che tutti i popoli vogliano o possano vivere in democrazia : io credo che ci vorrebbe più rispetto per altre forme di governo, che noi cataloghiamo subito negativamente solo perché non corrispondono al nostro modello, oltretutto assai malandato.
Bisogna avere l’umiltà di guardare anzitutto alla propria trave, prima di cercare la pagliuzza negli occhi altrui. I disastri compiuti dagli inteventi, umanitari o guerreschi, in Africa a supporto di una pretesa evoluzione politica di tipo occidentale sono visibili a tutti.
Ciao. Roberto

Franco Puglia ha detto...

Articolo più che condivisibile, unitamente alla previsione sempre meno aleatoria di un successo pentastellato nel 2018, con conseguenze che posso immaginare e di cui ho parlato in alcuni miei scritti di forse due anni fa, prevedendo la frantumazione della destra, il distacco della sinistra dal PD e l'ascesa pentastellata.

Come disse il comandante di quel sommergibile che stava affondando, colpito da un siluro : .. bevete piano, ragazzi ...

roberto ha detto...

Mi complimento con te per l'accuratezza delle tue previsioni. Circa le
conseguenze di un successo pentastellato mi pare che tu veda nero, se ad esse si riferisce la metafora del sommergibile. Puoi dire qualcoa di più a questo proposito?
Grazie.

Roberto

Umberto ha detto...

Era ora che qualcuno cominci gridare che il re è nudo. La domanda che l’A. si pone (e ci sottopone) è se la democrazia elettiva sia una vera democrazia. Guardiamoci attorno e cerchiamo di dare una risposta onesta.



1. un Parlamento eletto da una percentuale sempre più debole della popolazione non può considerarsi rappresentativo dei cittadini, ma soltanto dei partiti.

2. i parlamentari dovrebbero essere persone capaci di contribuire alla formazione delle leggi, cioè persone istruite, professionalmente valide (e oneste); essere “cittadini” non basta.

3. le minoranze dovrebbero essere coscienti di esserlo; ostruzionismi e ricatti in nome del “rispetto delle minoranze” tutto sono fuorchè metodi democratici.

4. il governo dovrebbe essere l’espressione di una maggioranza, dialogante ma decidente. Esaurita la discussione, si deve passare all’azione e le leggi devono essere rispettate da tutti.



Nei paesi che si dichiarano “democratici” nessuna di queste condizioni è pienamente rispettata. Si risolve il problema dicendo, farisaicamente, che i sistemi alternativi alla democrazia sono peggiori, perciò teniamoci il sistema che abbiamo, con tutte le sue pecche. Qualche inguaribile ottimista suggerisce invece di cominciare a rivedere le regole in uso, passando dalla democrazia senza aggettivi a una democrazia “ragionevole”. Ma quando vediamo le folle scalmanate nelle piazze, ascoltiamo i discorsi esagitati di certi capipopolo, leggiamo le dotte disquisizioni dei politologi di sinistra e di destra, ci dobbiamo convincere che i sogni degli ottimisti sono destinati a rimanere tali.

roberto ha detto...

Concordo pienamente con i quattro punti che esponi e con le conseguenze che ne trai: in effetti non viviamo in democrazia e questo non è solo un problema italiano.
Forse hai ragione a manifestare pessimismo, ma volendo trovare un motivo di ottimismo lo vedrei proprio nell'imponente massa degli astenuti che, se e quando decideranno di muoversi e rientrare in gioco, potranno scuotere il sistema dalle fondamenta.

Marcello Mancini ha detto...

Caro Roberto,
Concordo sulle democrazie indebolite trattate dal testo. Mi preoccupa ancor di piu la nostra, come si spiega chiariamente nell'editoriale odierno di E. Scalfari. Nella sua analsi la nostra precarieta' non e' data dai moltiplicati di estremismi radicali europei che si moltiplicano, bensi' da una convergenza verso un centro ai cui lati si trovano partiti polverizzati e discreditati, mentre il Premier attuale cavalca la tigre, senza contrappesi,
Condivido in pieno questa tesi
Buona Domenica,
Marcello



roberto ha detto...


Caro Marcello,
grazie di avermi segnalato l'articolo di Scalfari che ho letto con interesse.
La sua tesi della convergenza al centro, di cui il PD di Renzi è diventato fulcro, come specificità della politica italiana, è senz'altro condivisibile. Scalfari aggiunge che la sfiducia nei partiti è ormai al 97% e investe anche il PD, ma non Renzi che "riscuote un notevole consenso nella pubblica opinione..........di cui gode proprio perchè molti italiani detestano i partiti": Sottolinea inoltre che Renzi "governa da solo" ma non vede questo come negativo perchè le problematiche europee "richiedono governi che decidano rapidamente, dotati pertanto di poteri forti". Segnala poi alcuni contrappesi istituzionali tali da evitare che ad un potere concentrato segua una deriva autoritaria. Mi è parso utile sintetizzare le sue tesi perchè confermano l'ipotesi che un potere esecutivo forte, con adguati controlli sia preferibile ad una oligarchia confusa e indecisa. IO peraltro, preferei una vera democrazia, in cui i cittadini possano andare al potere, senza il filtro dei partiti.
Ciao. Roberto

Franco Puglia ha detto...

Ciao Roberto,

Non ho la sfera di cristallo ; la previsione era sin troppo facile e credo di essere stato in buona compagnia, anche se non saprei fare citazioni.
Sul prossimo successo di 5 Stelle vedremo ex post se mi sarò sbagliato o meno.
Certo è che oggi molti fanno questa previsione, anche tenuto conto della legge elettorale con il suo ballottaggio.

Circa la mia previsione nefasta su un eventuale governo 5 Stelle, questa si basa su pochi elementi, perchè non ho mai approfondito veramente la conoscenza di questo movimento. Non è possibile approfondire tutto ed i pochi elementi in mio possesso non mi hanno invitato a farlo.
Di 5 Stelle non mi convincono :
- la scarsa rappresentatività degli eletti, scelti con primarie di rete a cui partecipa una parte minima degli iscritti pentastellati, almeno così mi pare, e certamente una parte infinitesima dell'elettorato che poi vota 5 Stelle. Mi pare cioè che manchi una selezione meritocratica anche minima e questo fa immaginare che poi le poltrone di governo possano essere occupate da personaggi totalmente inadeguati al ruolo.
- la mancanza in 5 Stelle di una visione politica omogenea, per cui la scelta elettorale è scorrelata più che non con altri partiti agli interventi che il governo effettivo poi potrebbe attuare; è vero che c'è sempre un "programma" (che nessuno mai legge) ma è storia che i programmi non li rispetti mai nessuno, se non in piccola parte.
- anche se una rondine non fa primavera, aver conosciuto qualche pentastellato mi ha offerto una chiave di lettura del modo di ragionare di chi si avvicina a questo Movimento in termini operativi.

Detto questo non nego che anche con i partiti tradizionali la qualità del personale politico eletto appaia men che mediocre ; con il METODO 5 Stelle mi pare che il rischio sia anche maggiore.
Insomma dalla padella nella brace.
Se poi invece le cose andranno in maniera completamente diversa non potrò che esserne felice.

Buona serata.

Franco

roberto ha detto...

Caro Franco,

grazie dei chiarimenti. Condivido in larga misura le tue riserve, ma devo dire che qualcosa si sta muovendo: ad esempio, per le prossime amministrative, il Movimento ha abbandonato la scelta online dei candidati, formalmente perchè si è adottato un metodo (se non ricordo male si chiama Condorcet), che consente di mettere in graduatoria i candidati, ma non è compatibile col software usato per le votazioni online. Credo però che sostanzialmente vi siano dei dubbi,come quelli da te avanzati, sull'affidare la scelta ad una platea molto ristretta e senza filtri. Vedremo come evolve la situazione.
Ciao
Roberto

Franco Puglia ha detto...

Un mio amico ha partecipato alla selezione dei candidati pentastellati per Milano. Lo conosco quanto basta e lo considero persona integra ma con idee non troppo chiare sul piano politico e su diversi temi.
Non gli affiderei mai incarichi di responsabilità politica che oltretutto lo metterebbero in grossa crisi. Tuttavia, se succedesse un miracolo a Milano 5 Stelle lo porterebbe a Palazzo Marino ....
Lui si è fatto lusingare dalla proposta che ha ricevuto ed è stato spinto anche dalla rabbia contro l'amministrazione di Pisapia.
Non basta per assumere responsabilità amministrative in una città come Milano.

roberto ha detto...

Se le caratteristice sono quelle che dici, e non ho ragione di dubitarne, sono d'accordo sull'insufficienza della candidatura.
D'altronde anche il ricorso alle urne, invece che alla rete, per fare la selezione sembra deficitario per il numero veramente scarso dei votanti e la poca trasparenza sui numeri. L'unico pregio è la rapidità delle scelta; sulla qualità della persona prescelta occorre verificare prima di giudicare.