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lunedì 4 giugno 2018

Urge cambiare alcune forme della politica





La positiva conclusione della più lunga e atipica trattativa post elettorale nella storia repubblicana non può limitarsi a produrre un “respiro di sollievo” per lo scampato pericolo connesso alle reazioni negative dei mercati e dei partner stranieri, ma deve essere l’occasione per una seria riflessione su cosa non funziona nel nostro sistema politico e su come è possibile rimediarvi.
A questo fine è utile ricorrere al concetto di “forma  che è oggetto di studio nell’Associazione “ Le forme della politica” di cui faccio parte. Mentre nel linguaggio comune questo termine indica gli aspetti esteriori delle cose o quelli meramente procedurali ed è visto come subordinato rispetto alla sostanza delle stesse,  ne proponiamo un senso assai più incisivo di  contenitore attivo e oggettivo delle dinamiche politiche, capace di influenzarle sensibilmente anche se non vi è un rapporto deterministico di causa- effetto fra i due aspetti , Le forme sono, in questa accezione, un fattore significativo  del comportamento degli attori politici, che interagisce con le loro preferenze e strategie e contribuisce a stabilire la sostanza della politica.
Contenitore significa che le forme separano e delimitano i comportamenti possibili degli attori: ad esempio, in una forma elettorale proporzionale, quale è sostanzialmente il “Rosatellm” con cui si è votato il 4 marzo, nessuna forza politica ottiene di norma un numero di voti sufficiente a potersi considerare un “pieno vincitore”, ma si possono presentare dei “mezzi vincitori” , quali sono stati il M5S e la Lega, che devono necessariamente arrivare ad un ragionevole compromesso. Il fatto, già accennato nel precedente post,  che queste forze abbiano ritenuto di comportarsi come se potessero dettare autonomamente le condizioni per la formazione del governo è stato un grave errore derivante dal non aver capito i limiti inderogabili conseguenti all’agire all’interno  della predetta forma.. Un altro errore è stato l’aver ipotizzato il Presidente del Comsiglio come un puro esecutore del “contratto di governo”, mentre la Costituzione gli affida un compito di indirizzo e coordinamento dei Ministri. Solo quando il traguardo sembrava definitivamente sfumato si è trovata, grazie all’instancabile, paziente e determinata opera di “moral suasion” del Capo dello Stato, una soluzione capace di superare le impuntature che la precludevano.
Attivo vuol dire che, in una certa misura, il contenitore plasma il contenuto, ma ne può anche essere plasmato. Ad esempio, il varo di una nuova legge elettorale può creare  una forma con opportunità e limiti del tutto diversi dai precedenti. Il problema è che spesso l’ arzigogolata ingegneria elettorale studiata a tavolino può ottenere effetti esattamente opposti a quelli voluti: il Rosatellum doveva mettere in difficoltà i pentastellati ma in realtà li ha favoriti. Questo difetto si accentua quando i promotori del cambiamento legislativo usano forzature, come i voti di fiducia, per realizzarlo. Ciò può produrre un’imprevista reazione degli elettori.
Oggettivo implica che le forme non hanno nulla a che vedere con le intenzioni soggettive degli attori coinvolti , ma solo con i fatti che realmente si verificano e  che sono misurabili.
I risultati complessivi di date forme spesso dipendono da fattori totalmente al di fuori del controllo dei loro promotori. In Italia il principale di questi fattori è la marcatissima “fluidità elettorale”: gli spostamenti di voti che si sono avuti nel 2013 a favore dei % Stelle e, nel 2018, anche della Lega, sono inusuali in altre realtà e sono probabilmente dovuti al maggiore disagio sofferti dall’Italia a seguito della crisi  finanziaria, poi diventata economica e sociale, iniziata nel 2008 e non ancora conclusa.
La legge elettorale, così come le forme di governo ( parlamentare o presidenziale) somo buoni esempi  di “forme istituzionali” cioè codificate attraverso disposizioni legislative o regolamentari. Ma esistono anche “forme relazionali” che nascono dalla dinamica delle forze politiche, soprattutto quando quelle istituzionali non ci sono o non funzionano. Un esempio di questo tipo è il perverso  “’intreccio fra partiti e istituzioni”, presente fin dall’inizio della storia repubblicana  in quanto i padri costituenti, al fine di prevenire la possibile ricostruzione di forze politiche centralistiche ed autocratiche come il disciolto partito fascista, si sono ben guardati dal porre limiti all’azione dei primi.  L’art. 49 della Costituzione si limita infatti  ad affermare “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, ma nulla dice del  rapporto fra partiti e istituzioni, il che ha portato i primi a identificarsi con le seconde e, di fatto ad occuparle e a sostituirsi ad esse nelle decisioni  politiche. Il fatto che i decisori veri si trovino fuori delle istituzioni esisteva anche in passato ma oggi è più visibile per il ruolo che hanno figure come Berlusconi, Renzi, Grillo e Casaleggio padre e figlio, che hanno agito, temporaneamente o sempre fuori dal parlamento.Nel corso delle trattative seguenti  le elezioni del 4 marzo si sono viste chiaramente le conseguenze estreme di questa forma patologica:  esponenti di partito che pretendevano di dare dei diktat al Presidente della Repubblica e che addirittura lo hanno minacciato di “impeachement”, col rischio di delegittimare la massima istituzione del Paese e di eliminate la maggiore forma di garanzia del confronto politico.
Emblematica  di un modo improprio di concepire il rapporto fra forze politiche  e istituzioni è anche la recente frase di Luigi Di Maio  rivolta in piazza ai propri sostenitori  : “basta protestare, ora lo Stato siamo noi”.
In realtà le forze politiche dovrebbero essere i “soggetti  intermedi” che raccolgono, sintetizzano e organizzano le istanze di segmenti della società e li portano alle istituzioni (Parlamento e Governo) per le opportune decisioni. Gli esponenti politici, una volta inseriti nelle istituzioni, dovrebbero  allentare i rapporti con le forze di provenienza  e immedesimarsi nella ricerca del bene comune . Non dovrebbe essere ammessa un’altra forma patologica, che è un caso particolare della precedente, e cioè  la “contemporanera copertura di ruoli apicali in partiti e istituzioni” ( ad esempio: segretario di partito e ministro), che viene praticata nel nostro sistema politico, e non solo in esso, come se fosse normale, mentre è la negazione della necessaria distinzione dei ruoli. Emblematico, a questo riguardo è il comportamento di Salvini che il giorno dopo aver giurato come membro del governo. si è presentato in una regione per fare propaganda di partito.  Peraltro analoga scorrettezza vi era stata nella precedente legislatura  quando Il Presidente del Senato Grasso e la Presidente della Camera Boldrini avevano  iniziato la campagna elettorale per il loro nuovo partito quando ancora ricoprivano il ruolo istituzionale.
Le due forze politiche che hanno espresso il nuovo governo dovrebbero  ragionare a fondo sulla grave crisi istituzionale che si è sfiorata nei tre mesi di trattative e, se sono davvero fautrici del cambiamento, agire per impedire che  situazioni del genere si ripresentino. Altrettanto dovrebbero fare quelle d i opposizione che, dovendo ricostruire integralmente la propria forma partito, per non rischiare l’estinzione, dovrebbero fare  della chiara distinzione dei ruoli un elemento qualificante della loro  rinnovata offerta politica.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Molte grazie Roberto per il tuo ottimo intervento che sprona noi della associazione "Forme della Politica" a proseguire nella nostra attività di studio e di promozione di un dibattito su temi che non sono di facile presa sull'opinione pubblica.

roberto ha detto...

Ringrazio te dell'apprezzamento.

Il tema delle forme non è certamente di facile presa ma ragionare a questo livello è indispensabile per capire veramente dove sta andando il sistema politico,e come potrebbe migliorare se si facessero interventi sui fattori che stanno a monte degli eventi quotidiani.
Bisogna insistere per sensibilizzare l'opinione pubblica e gli attri politici.

Dario Lodi ha detto...

Di buono, nel nuovo governo italiano, c’è la giubilazione di Renzi e di Berlusconi, i quali hanno portato i rispettivi partiti al disastro. Di nuovo ci sono non poche incognite, vuoi per la giovane età dei leader, Di Maio (5 Stelle) e Salvini (Lega) vuoi per un programma comune che sembra il libro dei sogni. L’errore generale di chi va a governare (e questo praticamente da sempre) è fare promesse un po’ a vanvera, puntando sulla credulità degli elettori. Le cose, per la verità, stanno cambiando, seppur troppo lentamente: la gente vuole i fatti e crede in qualcosa di possibile, sempre meno negli asini che volano. Sono anche finite le ideologie: con la vittoria della finanza, ha assai poca logica una politica di destra o di sinistra. Il mondo politico è oggi chiamato ad amministrare, ovvero a rimettere insieme qualche rovina, a cercare di evitarne altre, non è in grado di suggerire una linea di condotta più ampia, non sa e neanche vuole dare nuovi indirizzi economici. Ma già sarebbe molto che questa novità politica, questa stranezza che vede due posizioni sino a ieri opposte, riesca a fare qualche ritocco a un sistema che va per conto suo, incurante delle conseguenze sociali. Le buone intenzioni non mancano, va detto, e neppure tanta buona ingenuità. Piuttosto si può essere perplessi sulla elevazione di personaggi difficilmente all’altezza della situazione (compresi i due citati). Il metodo di reclutamento delle menti politiche va cambiato, non è possibile rischiare continuamente di ritrovarci fra i piedi addirittura un Razzi o un Alfano o una Madia, una Fedeli.

roberto ha detto...


Condivid le tue preoccupazioni e la prudenza circa possibili risultati concreti, dato il divario esistente fra il "libro dei sogni" e le risorse disponibil, fra cui la competenza.
Tuttavia non sottovaluterei le implicazioni potenzialmente positive della posizione moderatamente ma dichiaratamente sovranista di questo Governo (vedi il discorso fatto oggi al Senato dal nuovo Presidente del Consiglio) che dà l'avvio ad una esperienza pilota che potrebbe fare proseliti in Europa e, gradualmente, creare un primo argine allo strapotere della finanza dominante. Di fatto si è già notevolmente incrinata, nel nostro Paese, l'ideologia globalista anche nelle forze, vedi il PD, che l'avevano sposata acriticamente. E' in corso un ripensamento e siamo forse alle soglie di una modifica del sistema di valori che ci ha portato al disastro. Ciò potrebbe dar luogo. col tempo, a nuove forme politiche.

roberto ha detto...

Ieri sera, nella trasmissione "Ottoe mezzo" su La 7, l'ex Ministro dell'Interno Minniti ha giustamente evidenziato la contraddizioe in cui si trova il suo successore Salvini che, in quanto Segretario politico dell Lega, ha affermato nella campagna elettorale siciliana che "la Tunisia esporta galeotti". Ma, essendo anche Ministro, le sue parole hanno investito pure questo ruolo producendo un incidente diplomatico con il governo tunisino che è, fra l'altro, uno dei più collaborativi nell'accettare i rientro dei clandestini.
Queso evento increscioso è chiaramente influenzato, anche se non meccanicamente determinato, dal coesistere, in Salvini, didue ruoli, uno partitico e l'altro istituzionale, fra loro incompatibi.
Se Salvini vuole essere efficace deve modificare, qnzitutto nei comportamenti e poi eventualmente dimettendosi da Segretario politico,, l'insano cumulo di cariche.

Unknown ha detto...

Gli è che i nostri autoproclamati vincitori hanno portato a perfezione la forma della politica che definisco "La politica al primo posto". Cerco di spiegarmi.
I nostri in campagna elettorale hanno raccattato svariate aree di scontento costruendo per esse un racconto dell'Italia e dell'Europa accattivante ma deformato rispetto ai fatti. Col successo elettorale, i nostri ne hanno costruito un significato accattivante ma incompatibile con le regole della nostra democrazia parlamentare, attribuendo al termine "vittoria elettorale" un significato che oggi con esiste. Con le trattative per il governo i nostri hanno attribuito alle istituzioni ruoli di acquiescenza che le istituzioni non hanno.
In sintesi i nostri, spinti dal successo elettorale, sono fermamente convinti di aver acquisito il potere assoluto e di poter determinare la sussistenza di qualunque realtá.
In sintesi, per i nostri la (loro) politica è al primo posto: prima della realtá dei fatti, prima delle Istituzioni nelle loro varie articolazioni, prima delle relazioni tra politica economia e finanza, prima delle relazioni politiche ed economiche nazionali ed internazionali esistenti, prima di quanto la storia insegni, ecc.
Ai miei tempi la politica era l'arte del possibile, lasciando questa forma intendere che vi sono realtá oggettive con cui la politica deve confrontarsi per tentare di cambiarla.
Adesso la nuova forma è che per chi ha vinto qualunque arte è possibile e tutti, persone e fatti, seguiranno docili perchè cosí si è espresso il popolo.

roberto ha detto...

La tua analisi mi pare impeccabile nel disegnare la forma che tu chiami "la politica al primo posto" e che io ho chiamato "l'intreccio fra partiti e istituzioni" in cui i primi hanno preso il sopravvento sulle seconde, pretendendo di subordinarle.

Questa forma, che esiste da sempre nell'Italia repubblicana,è stata portata all'estremo nella recente trattativa postelettorale con modalità perentorie e talvolta assai arroganti. Solo dopo aver sbattuto il muso contro la fermezza istituzionale di Mattarella i nostri si sono resi conto che stavano esagerando ( vedi le scuse indirette di Di Maio sul tema "impeachment"). Ciò ha reso possibile formare il nuovo governo.
Dato il carattere dichiaratamente antisistema del nuovo governo, è probabile che tale forma riemerga in futuro, magari in occasione di limiti posti dal Presidente della Repubblica a fronte di leggi senza adeguata copertura. E' questa la ragione per cui la separazione netta fra partiti e istituzioni deve essere posta in alto nell'agenda politica, per porre fine ad uno stato di cose che squaliica la nostrae democrazia.

Detto questo, però, non va sottovalutata un'altra forma, di cui la precedente è un caso particolare e degenerato, che informa le iniziative dell'asse Lega-M5S e che chiamerei "l'approccio volutamente irrituale" che può avere anche implicazioni positive: ne è un chiaro esempio il "patto di governo" che è stato da alcuni equiparato ad una normale alleanza mentre assolutamente non lo è: E' ivece un modo che si è rivelato efficace per collegare forze eterogeee e in parte contrapposte ma disponibili a fare insieme un tratto di strada. Anche se i contenuti del patto sono assai discutibili, l'irritualità dello stesso ne ha fatto un'arma vincente.
Dovremo abituarci ad altre iniziative di questo tenore, che scompaginano i tradizionali modelli interpretativi dei partiti e degli opinionisti. Da questo punto di vista il cambiamento è iniziato.