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lunedì 12 settembre 2011

Raccolta delle firme per i referendum

E' in atto la raccolta in oggetto che si concluderà entro la fine del mese di settembre e che riguarda due referendum per :

- l'abolizione della Legge Calderoli (c.d. "porcellum"), che impedisce ai cittadini di scegliere i loro candidati al Parlamento.
- l'abolizione delle province, nel quadro della riduzione dei costi della politica.

I referendum sono stati proposti dall'IDV e dai Democratici per l'Ulivo, componente del PD.
Coloro che sono interessati a contribuire al raggiungimento delle 500.000 firme necessarie per presentare i referendum possono farlo in due modi:

- rivolgendosi alla Segreteria o all'Ufficio Relazioni con il Pubblico del Comune di appartenenza.  E' la modalità segnalata dai Democratici. Alcuni grandi comuni, come Milano, consentono di firmare anche nelle sedi circoscrizionali.

- accedendo ai gazebo che vengono predisposti in varie località. Per sapere dove e quando è possibile trovarli si può accedere al sito dell'IDV cliccando sul seguente link:

http://www.italiadeivalori.it/

Nella seconda riga della Home Page si legge "Firma e fermati: trova il gazebo più vicino a te": cliccando su tale scritta si accede ad una pagina in cui, inserendo nell'apposito spazio il proprio indirizzo (Città e via), si ottiene l'elenco dei gazebo posti entro certe distanze chilometriche dall'indirizzo.

Ringrazio la Fondazione Quarta per avermi stimolato, con alcune informazioni, a diffondere questo post.

Circa il merito dei temi oggetto del referendum faccio le seguenti osservazioni:

1) Porcellum

Questa legge, non a caso definita dallo stesso Calderoli "una porcata",  è una delle cause principali della scandalosa situazione in cui sono ridotti i parlamentari: da rappresentanti del popolo senza vincolo di mandato, ma sottoposti al controllo dei loro elettori nelle circoscrizioni di riferimento, come erano con le precedenti leggi elettorali, sono diventati dei puri esecutori di ordini, chiamati a votare meccanicamente ciò che è stato deciso dai loro padroni, i capipartito. E' una situazione aberrante, che non ha nulla a che vedere con la democrazia e che produce storture enormi nelle dinamiche parlamentari e nei rapporti con i partiti. Sapendo di non essere stati eletti per meriti riconosciuti dai cittadini ma per decisioni dall'alto, vari parlamentari sono indotti a "vendersi" a chi può  offrire migliori garanzie di rielezione, senza alcun rispetto per l'area politica in cui sono stati eletti, per i valori dichiarati e per gli impegni presi. Non è che il "mercato delle vacche" non esistesse in precedenza, ma tale fenomeno si è ora acuito fortemente ed ha superato ogni limite di decenza, come si è visto ad esempio nei passaggi di parlamentari dall'opposizione alla languente maggioranza alla fine del 2010.
L'eliminazione di questa legge, o per tornare alla legge precedente (il c.d. "mattarellum") o per indurre il Parlamento a formularne una nuova, è una priorità assoluta per riportare il nostro Paese a condizioni democratiche effettive.

2) Abolizione delle province

E' un tema controverso, di cui si parla dal 1946 in sede di assemblea costituente senza giungere mai ad una soluzione. Fin dagli anni 70, con la costituzione delle Regioni si era previsto un passaggio delle competenze provinciali alle stesse Regioni o ai Comuni, ma tale ipotesi non ha avuto seguito.
Oggi il tema è stato ripreso in funzione della crisi economica e della necessità di tagliare i costi della politica. Sull'opportunità di questo taglio non c'è dubbio ma qualche perplessita mi rimane sui risparmi che si otterrebbero. Il costo annuale delle province pari a  circa 20 miliardi è costituito per la grande maggioranza dai costi del personale e da quello degli interventi istituzionali ( es: manutenzione dlele strade) che verrebbero integralmente assorbiti dalle regioni e quindi non si contrarrebbero : un lettore del Corriere della Sera ha avanzato, in una lettera al giornale, l'ipotesi che le mancate proteste del personale delle province possa essere legato al fatto che gli stipendi dei dipendenti regionali siano più alti dei loro  il che, se fosse vero, significherebbe un aumento dei costi. Inoltre va detto che una forma di coordinamento fra comuni si renderebbe necessaria : si parla già della formazione, al posto delle 108 province, di oltre 200 organismi di coordinamento intercomunale che, per funzionare, avranno bisogno di risorse, il che produrrebbe una spesa aggiuntiva.
Il tema è quindi da seguire con attenzione per evitare di "cadere dalla padella nella brace": personalmente sono favorevole al referendum come stimolo ad un rinnovamento dell'assetto istituzionale periferico, ma non credo in automatici benefici provenienti dallo scioglimento delle province. Anzi.

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