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martedì 20 marzo 2012

Dal superare l'emergenza al diventare competitivi

Pubblico un interessante contributo di Enrico Oggioni, coordinatore del Circolo "Non dimenticare il futuro", di cui faccio parte.
Il Circolo, che riunisce cittadini interessati al dibattito economico e politico, ha recentemente deciso di focalizzare l'attenzione sul tema cruciale della competitività, dal quale in larga misura dipende l'auspicato rilancio del nostro Paese.
Questo articolo è l'inizio di un programma che si svilupperà attraverso altri articoli, incontri con esperti e interviste a economisti rappresentativi di diverse scuole di pensiero.
Per seguire l'attività del circolo e partecipare agli incontri, che si tengono in un locale del centro di Milano e vengono periodicamente annunciati, ci si può collegare al relativo blog, al seguente indirizzo:

http://www.nondimenticareilfuturo.org/

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Mai come in questo periodo il nome del nostro circolo, “Non dimenticare il futuro”, risulta azzeccato.
Dall’estate del 2011 l’Italia è stata sottoposta ad una pressione internazionale senza eguali, esercitata dai mercati finanziari, dagli organismi internazionali e dai partner europei. Il nostro debito pubblico, e il costo del suo rifinanziamento, sono stati al centro delle preoccupazioni non solo degli italiani, ma anche di tutti i Governi e di tutti gli operatori finanziari del mondo. La crisi attuale, s’è detto, ha il suo epicentro in Europa e in Europa l’epicentro sta in Italia. “L’Italia rischia di saltare e se salta l’Italia salta tutto” è stata per mesi l’affermazione rimbalzata in tutte le lingue del pianeta.
Abbiamo tutti parlato di “emergenza” e per una volta il termine non era esagerato. Ora l’emergenza non è superata, anche se il rischio di fallimento sembra allontanarsi. Contemporaneamente, si è forse capito che i problemi endemici italiani, alto debito pubblico e bassa competitività di sistema, non sono risolvibili solo attraverso le “ricette di rigore” raccomandate a gran voce dai partner nordici e da molti  organismi internazionali. Servono, ma non bastano se si vuole tornare a crescere.
Siamo dunque di fronte a una duplice sfida: superare l’emergenza oggi e insieme creare le condizioni per tornare ad essere competitivi in un prossimo futuro.
La tabella seguente prova ad elencare i nodi che sul primo e sul secondo fronte sono a mio parere da affrontare.


Emergenza e tenuta conti pubblici
Competitività per il futuro
Cosa sta consentendo / consentirà di superare l’emergenza:

-          credibilità Governo
-          larga maggioranza politica per scelte anche impopolari
-          rigore sulla spesa pubblica + tasse di breve per bilanci pubblici senza deficit
-          evitare troppa recessione a breve (1-2 anni), attraverso:
. quantitative easing in versione  BCE
. patti europei che lasciano spazi per investimenti
. svalutazione euro ?
Comunque ci serve essere competitivi su questi terreni:

-          offerta politica elezioni 2013 che dia credibilità (salto di qualità della politica) e possibilità di largo consenso
-          produttività (costo per unità di prodotto)
-          costo energia / materie prime (politica energetica)
-          efficienza pubblica amministrazione  (snellimento, tempi più brevi di autorizzazione, meno soggetti, ecc)
-          liberalizzazioni di sistemi – chiave
-          lavoro (flessibilità + tutele + reimpiego)
-          giustizia civile (tempi e semplificazioni)
-          investimenti infrastrutturali
-          ricerca e istruzione
-          politica industriale a favore settori in crescita e senza sovvenzioni per settori dove è impossibile competere
-          modello di sviluppo (capitalismo micro- familiare ?, capitalismo finanziario ?, modello tedesco di economia sociale di mercato ?, impresa sociale ?)





Sulla prima sfida (superare l’emergenza), improvvisamente noi italiani ci stiamo muovendo con una certa velocità e determinazione, anche se rimangono moltissime incognite e, soprattutto, una discreta confusione su quali scelte politiche ed economiche prevarranno a livello europeo; confusione che non è dettata solo da interessi nazionali diversi e da nuove diffidenze tra popoli del Nord e del Sud Europa, ma anche da dubbi pesanti sulla capacità delle dottrine economiche tradizionali di affrontare con efficacia la situazione.
Ma se anche si riuscirà a non fallire tenendo sotto controllo i bilanci degli Stati e a farlo senza infilarsi in un tunnel di recessione e di conflitto sociale (e chi riesce a trovare la “chiave” per risolvere questo problemino è già da premio Nobel), comunque ci ritroveremo ancora con la fatidica domanda: e in futuro?
Riusciremo a crescere ? Come potrà aumentare il PIL nei prossimi anni ? Cosa fare per essere ancora fra 5 anni nel girone dei primi dieci paesi del mondo e non finire invece in serie B ? Come potranno i nostri figli e le future generazioni di italiani mantenere lo stesso tenore di vita di chi è più avanti negli anni ?
Il contesto politico nel quale fare le riforme è fondamentale. Ce la faranno la politica e i partiti a trovare in tempi brevissimi (2013) le formule che consentiranno di decidere e poi realizzare con passo deciso le numerosissime riforme di fondo di cui abbiamo bisogno per ridarci slancio ?
Per ognuno dei nodi prima elencati (politica energetica, riforma del lavoro, politica industriale, snellimento della pubblica amministrazione, eccetera eccetera) servono cambiamenti radicali e scelte decise. Sappiamo tutti come l’Italia, da questo punto di vista, sia un campione dell’immobilismo e della conservazione: grandi interessi e comportamenti quotidiani diffusi sono in grado di annacquare qualunque riforma.
Se c’è qualcuno che riesce a proporre un progetto condiviso di sviluppo e di cambiamento anche oltre l’emergenza batta un colpo. Al momento non si vede nessuno.

Enrico Oggioni
26 febbraio 2012





8 commenti:

G. Anelli ha detto...

Nel recente incontro di Confindustria a Milano, il premier Monti ha accusato il Prof. Giavazzi che aveva incalzato, in un articolo sul Corriere, il Governo per presunte lentezze sulle liberalizzazioni, di impazienza.
Sono d'accordo con lui: i passi vanno fatti uno alla volta.

La drastica riduzione dello spread dimostra che Monti ha lavorato bene per far uscire il Paese dall'emergenza. Ora sta affrontando il problema dello sviluppo che è ancor più complicato dato il peso del debito pubblico. Monti non fa strappi, ma procede con "passo montanaro", ed è quello che ci vuole, a mio parere.

roberto ha detto...

Condivido al 100%.
Monti è un passista: non lo possiamo giudicare sullo sprint

Anonimo ha detto...

monti sta dimostrando di avere idee non convenzionali sullo sviluppo; invece degli investimenti statali e degli incentivi alle industrie nazionali, propone l'apertura dei mercati e la capacità di attrarre gli investitori stranieri; in un paese ingessato come il nostro è quasi una rivoluzione.

alberto

Gigi ha detto...

l'articolo mi è piaciuto perchè pone domande giuste. Sono d'accordo sul ruolo cruciale della credibilità; quella di Monti e dei suoi ha convinto i mercati. I partiti qualche progresso lo hanno fatto, quanto a moderazione e supporto. Ma se Monti lascia per davvero nel 2013 c'è il rischio che si torni alla vecchia rissa e all'inconcludenza.
Io credo che gli chiederanno di restare. Solo una guida autorevole può creare le basi per recuperare competitività Ciao. Gigi

roberto ha detto...

Rispondo ad Alberto:

Giavazzi è un iperliberista di scuola americana, Monti passa per essere vicino all'economia sociale di mercato, alla tedesca. Ma, come tu giustamente osservi, ha una forte componente liberista, tanto è vero che ha sostenuto il diritto della Fiat a mettere i suoi headquarters dove crede. Il punto non è difendere a tutti i costi l'italianità delle imprese, ma essere ,appunto, capaci di attrarre e trattenere gli investimenti nel nostro Paese, a qualunque nazionalità appartengano.

roberto ha detto...

Rispondo a Gigi:

Come ho scritto nel post "Il quadro politico per il dopo Monti" del 25 febbraio, la presenza di Monti ha alterato in modo definitivo l'assetto politico del Paese. Francamente non so se Monti accetterebbe l'invito a restare, ma so per certo che l'unico Governo possibile dopo il 2013 è un governo "simil-Monti", che assomiglierà ad una grande coalizione e chhe comporterà uno smembramento e una ricomposizione delle attuali forze politiche ed anche la nascita di nuovi soggetti politici.
Solo una grande coalizione può permettere al Paese di proseguire sulla via delle riforme necessarie per diventare competitivi.

Gianni Mencocci ha detto...

Oggi i giornali hanno riportato una notizia determinante per il nostro futuro: la fine della "concertazione", che è poi l'inizio della "decisione" sui temi del lavoro e non solo.
Penso che fra qualche anno si ricorderà il 20 marzo come l'inizio della "primavera italiana". Saluti Gianni

roberto ha detto...

Rispondo a Gianni

E' proprio così: il 20 marzo è lo spartiacque fra un Paese ingessato ed uno dinamico.
Se la CGIL farà lo sciopero generale per difendere un relitto del passato, otterrà certamente un flop. La gente sta con Monti e con Napolitano.