Nel dibattito seguito
al post precedente un lettore ha scritto
il seguente pensiero, che condivido pienamente:
“Dato che si parla di
principi liberali, dobbiamo ricordare che "la mia libertà finisce dove
comincia la tua".
In Italia invece, soprattutto nell'ultimo ventennio, libertà ha spesso significato licenza di fare i propri comodi anche a scapito della collettività. Basta pensare ai ripetuti condoni fiscali, alla svendita di aziende pubbliche a capitalisti senza capitali, alle norme edilizie favorevoli agli speculatori.
Vorrei essere sicuro che chi è "in cammino per cambiare" tenga conto che queste prassi non devono ripetersi.”
In Italia invece, soprattutto nell'ultimo ventennio, libertà ha spesso significato licenza di fare i propri comodi anche a scapito della collettività. Basta pensare ai ripetuti condoni fiscali, alla svendita di aziende pubbliche a capitalisti senza capitali, alle norme edilizie favorevoli agli speculatori.
Vorrei essere sicuro che chi è "in cammino per cambiare" tenga conto che queste prassi non devono ripetersi.”
Ho messo in grassetto
il concetto distorto di libertà , che ha prevalso non solo durante i
governi di centrodestra ma anche durante quello delle larghe intese , in cui la
sinistra è stata acquiescente, se non connivente, con l’impostazione data dal
PDL.
Del Far West edilizio,
reso possibile da norme troppo permissive, questo blog si è occupato
ripetutamente : solo nel 2013 sono stati
già pubblicati 5 post contenenti
i ripetuti appelli lanciati dalla
Rete dei Comitati per la Qualità Urbanistica al Governo, al Parlamento, alle
Autorità regionali e comunali per denunciare i rischi derivanti da questa
tremenda distorsione dei principi liberali. Il maggior fautore di una
liberalizzazione senza limiti e senza sostanziali controlli è l’attuale Ministro delle
Infrastrutture e Trasporti Maurizio Lupi, che dispone pure della delega all’edilizia
, il quale, anche per la sua vicinanza alla Compagnia delle Opere, è stato
sempre molto ben disposto verso i
costruttori.
Alcune norme del
Decreto del fare che consentono alle Regioni di legiferare superando a piè pari gli strumenti urbanistici in vigore, hanno
aperto la strada (anzi, un’autostrada)
allo scempio edilizio più sfrenato. Uno dei maggiori giornalisti
italiani d’inchiesta, Gianantonio Stella che insieme a Sergio Rizzo ha iniziato
la critica alla classe politica con il famosissimo libro “La Casta”, si è
recentemente occupato con un articolo su
“Il Corriere della Sera” che propongo di
seguito, del Piano Casa del Veneto che,
sulla scia del predetto Decreto, prevede possibilità edilizie che hanno creato gravissimo allarme. E’ una lettura
molto istruttiva:
Il cemento del Veneto e l’offesa al territorio
di Gian Antonio Stella 02 Dicembre
2013
Perfino i sindaci leghisti: perfino loro sono saltati su contro il
nuovo«Piano Casa» della «loro» Regione Veneto. Che razza di federalismo è se
toglie ai sindaci la possibilità di opporsi a eventuali nefandezze e consente a
chi vuole non solo di aumentare liberamente la cubatura in deroga ai piani
regolatori ma anche di trasferirla, udite udite, in un raggio di 200 metri? Che
la crisi pesi sul mattone, per carità, è ovvio. Ma può essere il «vecchio»
cemento la soluzione? Per cominciare, un dossier dell’urbanista Tiziano
Tempesta dimostra che l’edilizia occupa ancora oggi (dati 2011) l’8,2% degli
occupati veneti e cioè un puntoe mezzo più che nell’«Età dell’Oro» degli anni
Novanta. Non basta: già oggi il 59,6% dei veneti vivono in ville o villini uni
o plurifamiliari contro una media italiana 16 punti più bassa: 42,9%. E abitano
per il 64,9% (dati Istat) in case sottoutilizzate: gli altri italiani stanno
dieci punti sotto. Di più, dopo la Lombardia il Veneto è la regione più
cementificata con l’11,3% del territorio urbanizzato: il triplo della media
europea, pari al 4,3%.
Non basta ancora. Quella di Zaia è la prima regione turistica nostrana. E anche nel 2012 ha registrato 15.818.525 arrivi per un totale di 62.351.657 presenze, per quasi il 65% di stranieri. Di fatto, ogni sei pernottamenti in Italia, uno è nel Veneto. Dove i soli stranieri hanno speso l’anno scorso 5 miliardi di euro. Più che in tutto il Sud messo insieme. Vale la pena di mettere a rischio questo patrimonio aggiungendo mattoni, mattoni, mattoni?
No, rispose qualche anno fa l’allora governatore berlusconiano Giancarlo Galan: «Basta col cemento». No, aveva ripetuto un anno fa Luca Zaia: «Nel Veneto si è costruito troppo, non possiamo continuare così. È necessario fermarci. Questo vale per i capannoni industriali, ma a maggior ragione per le abitazioni. È assurdo continuare ad approvare nuove lottizzazioni quando esistono già abbastanza case per tutti».
L’altra sera la maggioranza di destra ha fatto il contrario. Nonostante gli appelli preoccupatissimi dell’Istituto Nazionale di Urbanistica e delle associazioni ambientaliste. Nonostante la contrarietà dei sindaci (destrorsi, leghisti e sinistrorsi) di tutti e sette i capoluoghi, dal veronese Flavio Tosi al padovano Ivo Rossi: «Una cosa da pazzi. Anche nei centri storici magari resta tutelato quello specifico palazzo ma accanto si potrà fare qualunque schifezza. Fatte le somme (un tot per l’adeguamento energetico, un tot per il fotovoltaico, un tot per l’antisismico e così via…) saranno permessi ampliamenti del 140%. Un mucchio di soldi ed energie per fare piani regolatori seri ed ecco una leggina che dice: fate come vi pare».
«Ma non è vero! Al massimo l’ampliamento potrà essere del 80%. Qui si è fatta troppa demagogia — ribatte Zaia —. È una legge che va di pari passo con quella sulla cubatura zero. E non esautora affatto i sindaci. Pone fine a un eccesso di discrezionalità. Quanto allo spostamento di 200 metri, mi dicono fosse un emendamento della sinistra…».
Colpisce, però, che la maggioranza abbia tirato dritto nonostante la rivolta, come dicevamo, di moltissimi sindaci leghisti. «È chiaro l’intento degli alleati di forzare la mano per estromettere dal controllo del territorio i sindaci, da sempre baluardo della politica nazionale della Lega», aveva tuonato giorni fa Ivano Faoro, Responsabile Nazionale Enti Locali. E aveva chiuso invitando i consiglieri regionali leghisti a «votare secondo il chiaro indirizzo espresso dal partito». Macché. Contro il piano ha votato solo Matteo Toscani: «Mi ha convinto l’ostinazione dei miei colleghi nel voler esautorare i Comuni da ogni possibilità di intervento. Il piano casa viene imposto ai 581 comuni veneti d’imperio, senza alcuna possibilità di aggiustamenti locali». Un delitto: «Le amministrazioni comunali avranno buttato alle ortiche milioni di euro di risorse utilizzate per redigere i vari Prg, Pat e Pi. Ora si potrà edificare quasi ovunque cancellando decenni di pianificazione urbanistica».
Ma cosa prevede, questo piano, accolto con entusiasmo dall’Ance che pure ai convegni sostiene la necessità di riconvertire ciò che c’è? Prevede fino al maggio 2017, per tradurlo dal burocratese con le parole del Sole 24 Ore , una «norma che toglie ai Comuni la possibilità di limitare o escludere l’applicazione del piano casa nei centri storici» e «permette di operare in deroga alle norme urbanistiche ordinarie» e «in deroga ai piani urbanistici e ai piani ambientali dei parchi regionali anche se in questo caso», grazie a Dio, «è necessario il parere vincolante della Soprintendenza».
Ma ecco, abracadabra, la regola più stupefacente: «Gli ampliamenti potranno essere realizzati anche su un lotto adiacente, sino a 200 metri di distanza dall’edificio principale e su un diverso corpo di fabbrica». Come cantava Patty Pravo: «Oggi qui, domani là…». Più molti altri incentivi (basterà portare la residenza sul posto per 42 mesi: sai che fatica…) da far accapponare la pelle ai sindaci dei Comuni turistici più esposti. Come quello di Cortina Andrea Franceschi e di Asiago Andrea Gios, che pur essendo di destra avevano già dato battaglia contro il piano precedente portando il caso, ad esempio, di paesi come Roana (79% di seconde case), Gallio (82%) o Tonezza, dove le case abitate tutto l’anno sono solo il 13%. Con enormi problemi di gestione del territorio.
«È una pazzia: il nostro municipio per tagliare dieci metri quadrati di pino mugo deve presentare uno studio di impatto ambientale e invece ora per fare un ampliamento in zona agricola non serve niente di niente — attacca Gios —. È un intervento barbaro di deregulation che va contro ogni strategia organica di sviluppo e che sembra finalizzato solo a spronare meri interventi speculativi. Quella facoltà di spostare la cubatura supplementare nel raggio di 200 metri, poi! Abbiamo fatto una simulazione: ad Asiago potremmo ritrovarci dei villini a ridosso dell’Ossario. Un insulto, alla vigilia del centenario della prima guerra mondiale».
«Non ci volevo credere», confessa Tiziano Tempesta, che già aveva dimostrato come nei dintorni immediati delle meravigliose ville venete sia stato costruito il triplo della media, «è un ulteriore incentivo a favorire l’insediamento sparso». Cioè la sprawltown , quella poltiglia di case, campi, capannoni, sottopassi, villette, condomini che ha assassinato la campagna veneta.
«Non è un piano casa: è un “piano scempi”», accusa Stefano Deliperi, l’anima del Gruppo di intervento giuridico che si è fatto spazio facendo guerra ai nemici dell’ambiente non con gli striscioni ma con le carte da bollo, «un minuto dopo la pubblicazione, impugneremo tutto: qui rischiamo un Far West urbanistico». E se qualcuno esagerasse andando oltre perfino alle già generose concessioni? «Sarà costretto a pagare il 200% degli oneri di urbanizzazione che però non esistono», ride amaro Tempesta. Cioè, secondo gli ambientalisti, il doppio dello zero…
Non basta ancora. Quella di Zaia è la prima regione turistica nostrana. E anche nel 2012 ha registrato 15.818.525 arrivi per un totale di 62.351.657 presenze, per quasi il 65% di stranieri. Di fatto, ogni sei pernottamenti in Italia, uno è nel Veneto. Dove i soli stranieri hanno speso l’anno scorso 5 miliardi di euro. Più che in tutto il Sud messo insieme. Vale la pena di mettere a rischio questo patrimonio aggiungendo mattoni, mattoni, mattoni?
No, rispose qualche anno fa l’allora governatore berlusconiano Giancarlo Galan: «Basta col cemento». No, aveva ripetuto un anno fa Luca Zaia: «Nel Veneto si è costruito troppo, non possiamo continuare così. È necessario fermarci. Questo vale per i capannoni industriali, ma a maggior ragione per le abitazioni. È assurdo continuare ad approvare nuove lottizzazioni quando esistono già abbastanza case per tutti».
L’altra sera la maggioranza di destra ha fatto il contrario. Nonostante gli appelli preoccupatissimi dell’Istituto Nazionale di Urbanistica e delle associazioni ambientaliste. Nonostante la contrarietà dei sindaci (destrorsi, leghisti e sinistrorsi) di tutti e sette i capoluoghi, dal veronese Flavio Tosi al padovano Ivo Rossi: «Una cosa da pazzi. Anche nei centri storici magari resta tutelato quello specifico palazzo ma accanto si potrà fare qualunque schifezza. Fatte le somme (un tot per l’adeguamento energetico, un tot per il fotovoltaico, un tot per l’antisismico e così via…) saranno permessi ampliamenti del 140%. Un mucchio di soldi ed energie per fare piani regolatori seri ed ecco una leggina che dice: fate come vi pare».
«Ma non è vero! Al massimo l’ampliamento potrà essere del 80%. Qui si è fatta troppa demagogia — ribatte Zaia —. È una legge che va di pari passo con quella sulla cubatura zero. E non esautora affatto i sindaci. Pone fine a un eccesso di discrezionalità. Quanto allo spostamento di 200 metri, mi dicono fosse un emendamento della sinistra…».
Colpisce, però, che la maggioranza abbia tirato dritto nonostante la rivolta, come dicevamo, di moltissimi sindaci leghisti. «È chiaro l’intento degli alleati di forzare la mano per estromettere dal controllo del territorio i sindaci, da sempre baluardo della politica nazionale della Lega», aveva tuonato giorni fa Ivano Faoro, Responsabile Nazionale Enti Locali. E aveva chiuso invitando i consiglieri regionali leghisti a «votare secondo il chiaro indirizzo espresso dal partito». Macché. Contro il piano ha votato solo Matteo Toscani: «Mi ha convinto l’ostinazione dei miei colleghi nel voler esautorare i Comuni da ogni possibilità di intervento. Il piano casa viene imposto ai 581 comuni veneti d’imperio, senza alcuna possibilità di aggiustamenti locali». Un delitto: «Le amministrazioni comunali avranno buttato alle ortiche milioni di euro di risorse utilizzate per redigere i vari Prg, Pat e Pi. Ora si potrà edificare quasi ovunque cancellando decenni di pianificazione urbanistica».
Ma cosa prevede, questo piano, accolto con entusiasmo dall’Ance che pure ai convegni sostiene la necessità di riconvertire ciò che c’è? Prevede fino al maggio 2017, per tradurlo dal burocratese con le parole del Sole 24 Ore , una «norma che toglie ai Comuni la possibilità di limitare o escludere l’applicazione del piano casa nei centri storici» e «permette di operare in deroga alle norme urbanistiche ordinarie» e «in deroga ai piani urbanistici e ai piani ambientali dei parchi regionali anche se in questo caso», grazie a Dio, «è necessario il parere vincolante della Soprintendenza».
Ma ecco, abracadabra, la regola più stupefacente: «Gli ampliamenti potranno essere realizzati anche su un lotto adiacente, sino a 200 metri di distanza dall’edificio principale e su un diverso corpo di fabbrica». Come cantava Patty Pravo: «Oggi qui, domani là…». Più molti altri incentivi (basterà portare la residenza sul posto per 42 mesi: sai che fatica…) da far accapponare la pelle ai sindaci dei Comuni turistici più esposti. Come quello di Cortina Andrea Franceschi e di Asiago Andrea Gios, che pur essendo di destra avevano già dato battaglia contro il piano precedente portando il caso, ad esempio, di paesi come Roana (79% di seconde case), Gallio (82%) o Tonezza, dove le case abitate tutto l’anno sono solo il 13%. Con enormi problemi di gestione del territorio.
«È una pazzia: il nostro municipio per tagliare dieci metri quadrati di pino mugo deve presentare uno studio di impatto ambientale e invece ora per fare un ampliamento in zona agricola non serve niente di niente — attacca Gios —. È un intervento barbaro di deregulation che va contro ogni strategia organica di sviluppo e che sembra finalizzato solo a spronare meri interventi speculativi. Quella facoltà di spostare la cubatura supplementare nel raggio di 200 metri, poi! Abbiamo fatto una simulazione: ad Asiago potremmo ritrovarci dei villini a ridosso dell’Ossario. Un insulto, alla vigilia del centenario della prima guerra mondiale».
«Non ci volevo credere», confessa Tiziano Tempesta, che già aveva dimostrato come nei dintorni immediati delle meravigliose ville venete sia stato costruito il triplo della media, «è un ulteriore incentivo a favorire l’insediamento sparso». Cioè la sprawltown , quella poltiglia di case, campi, capannoni, sottopassi, villette, condomini che ha assassinato la campagna veneta.
«Non è un piano casa: è un “piano scempi”», accusa Stefano Deliperi, l’anima del Gruppo di intervento giuridico che si è fatto spazio facendo guerra ai nemici dell’ambiente non con gli striscioni ma con le carte da bollo, «un minuto dopo la pubblicazione, impugneremo tutto: qui rischiamo un Far West urbanistico». E se qualcuno esagerasse andando oltre perfino alle già generose concessioni? «Sarà costretto a pagare il 200% degli oneri di urbanizzazione che però non esistono», ride amaro Tempesta. Cioè, secondo gli ambientalisti, il doppio dello zero…
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Recentemente
il Coordinamento nazionale dei comitati (CIVU) ha inviato al Ministro Lupi la
seguente lettera che ripropone le preoccupazioni di chi ha interesse alla
tutela del territorio e della qualità della vita e chiede al Governo di
rivedere le norme nazionali che hanno dato il via a questa deriva; analoga
richiesta è stata fatta a tutti i Parlamentari.
19 dicembre 2013
Lettera aperta al Ministro Lupi
Pc: Presidente
e Vicepresidente del Consiglio – Membri del Governo
Esponenti di
Istituzioni ed Associazioni centrali e territoriali
Organi
d'informazione
Gentile Ministro,
come Lei ben sa, le recenti norme sulla
semplificazione edilizia contenute nel Decreto del Fare hanno suscitato forti
perplessità durante il dibattito in Parlamento sia da parte delle forze
d’opposizione che all’interno della stessa maggioranza. Tanto che Lei ha
ritenuto di spendersi, per farle approvare, non solo nella Camera dei Deputati
in cui siede, ma anche al Senato, prendendo parte alle riunioni finali della
Commissione preposta, quando all’interno della stessa era emersa una
maggioranza trasversale che ne avrebbe fatto decadere alcune.
Dopo aver informato, con la lettera acclusa rivolta ai
Presidenti delle Regioni e inviata per
conoscenza a numerosi attori istituzionali, dei gravi rischi per la qualità
urbanistica delle nostre città e per la qualità della vita dei loro abitanti
conseguenti alle norme predette, abbiamo poi segnalato, con la seconda lettera,
rivolta ai Sindaci delle città capoluogo, delle gravi anomalie del Piano Casa
della Regione Veneto, che amplifica a dismisura i rischi predetti e che ha
suscitato un grave allarme fra i Sindaci di numerose città venete, che temono
forti danni al territorio.
Siamo fermamente convinti che non è con la
liberalizzazione indiscriminata in campo edilizio che si può riavviare
l’economia nazionale e le sorti di questo settore penalizzato dalla crisi:
essendo le nostre città uno degli “asset“ fondamentali del patrimonio
economico, culturale e turistico nazionale, un’aggressione alla loro forma e al
loro equilibrio urbanistico si tradurrebbe in una perdita secca per il Paese e
in una forte perdita di consenso delle forze politiche che ne hanno la
responsabilità.
Invitiamo pertanto Lei e l’intero Governo a valutare
l’opportunità di correggere le disposizioni normative che hanno creato i rischi
e l’allarme segnalati, ascoltando non solo i suggerimenti dei costruttori ma
anche quelli dei cittadini e degli urbanisti, che hanno espresso forte
contrarietà.
Il nostro Coordinamento nazionale, su cui trova informazioni al seguente link:
sta raccogliendo adesioni in tutto il Paese e
continuerà ad attivarsi per monitorare gli sviluppi della normativa a livello
statale, regionale e comunale in modo da attivare le opportune e sinergiche
azioni di contrasto, in ogni sede, alle ulteriori iniziative edilizie che
dovessero danneggiare la vivibilità urbana.
Siamo a Sua disposizione per un confronto su questo
argomento.
RingraziandoLa dell’ attenzione, La salutiamo
cordialmente.
Per il Coordinamento CIVU:
I Portavoce
Roberto Barabino (Rete dei Comitati per la Qualità
Urbanistica) - Milano
Anna Maria Bianchi ( Laboratorio Carteinregola) – Roma