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domenica 13 aprile 2014

Strategia e carisma di Renzi



Man mano che Renzi  prosegue nella sua dirompente azione di attacco all’establishment, ai tabù consolidati della sinistra, ai santuari intoccabili della prima e seconda Repubblica appare sempre più chiaro che il Premier è un animale politico veramente inusuale nel nostro Paese perché, contrariamente a quanto farebbe qualunque uomo politico normale, lui non cerca di trovare la “via di minore resistenza” per conseguire i propri  obiettivi, ma cerca volutamente quella di “maggiore resistenza”  per scardinarla.
Un esempio di questo approccio è la polemica con i “professoroni” (Zagrebelsky, Rodotà, ecc) che con una foga e un’assolutismo degni di miglior causa, avevano bollato le iniziative del  Governo in materia di riforme istituzionali, come  un pericoloso ritorno all’autoritarismo. Renzi, mettendo da parte il tradizionale rapporto di sudditanza intellettuale della sinistra verso i suoi “maitre a penser” , ha rigettato totalmente tale impostazione mettendone a nudo l’evidente faziosità:  le riforme della legge elettorale e del Senato, pur certamente perfettibili, sono un’esigenza ormai indifferibile in un Paese che ha rischiato di morire per eccesso di indecisionismo e per l’abuso di pratiche paralizzanti. Gli stessi militanti di Giustizia e Libertà, il movimento di Zagrebelsky, hanno rovesciato su di lui l’accusa di autoritarismo in quanto il suo anatema non era stato discusso e tantomeno concordato con la base. Ora Zagrebelsky ha fatto  parzialmente marcia indietro, proponendosi  non  più in una veste censoria ma eventualmente collaborativa
Un altro esempio è il rapporto con le parti sociali: Squinzi e la Camusso , che erano abituati a sentenziare sulle iniziative dei governi e a pretendere una concertazione sui provvedimenti economici , che poi voleva dire un sostanziale potere di veto, sono stati zittiti con la frase  “se non sono d’accordo, ce ne faremo una ragione” ..
Vi  è poi l’attacco frontale e mai visto in precedenza ai manager  pubblici e alle loro spesso inaccettabili retribuzioni. Aver posto come “benchmark” la retribuzione del Capo della Stato è stata una “carta” che ha tolto forza alla maggior parte delle difese corporative di categoria.
Anche nell’idea di far pagare alle banche imposte più salate sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia in loro possesso c’è la chiara intenzione di pungere gli interlocutori mettendo in evidenza la loro “coda di paglia” : in questo caso il “regalo” di sette miliardi  ricevuto con la predetta rivalutazione e  tanto contestato dal M5S. L’azione del Premier ha anche tolto spazio alla polemica antigovernativa del movimento grillino.
Ma forse il caso più eclatante è la riforma del Senato. Ben sapendo che i numeri della maggioranza sono scarsi nella Camera Alta,  Renzi, invece di arrivare a più miti consigli (come gli suggeriva il Presidente del Senato in una assai irrituale intervista con Lucia Anunziata, in cui da arbitro super parte si trasformava in giocatore lanciando quello che l’intervistatrice ha definito “un avvertimento”) ha posto dei paletti assolutamente indigesti per gli attuali senatori ( no eleggibilità, no  retribuzione, nessun voto sulle leggi di bilancio e sulla fiducia, più che dimezzamento del numero dei senatori ) che sembrano fatti  apposta per suscitare una loro scomposta reazione di rigetto.
Se si guardano nell’insieme questi casi, risulta evidente che il Premier sta sviluppando una strategia di cambiamento fatta di tre tasselli:
-          1- L’azione decisa  e sistematica  di attacco agli interessi corporativi diffusi  (della politica, delle banche. dei burocrati, degli intellettuali di sinistra, ecc). Invece di procedere con gradualità , Renzi sventaglia volutamente e ripetutamente  l’intero arco delle cose da cambiare, scommettendo sul fatto che solo un’azione a tutto campo può sgretolare le numerose resistenze di ciascuna delle categorie interessate, evitando di cadere nella palude dell’immobilismo.

2 – La definizione di obiettivi  di cambiamento trasparenti con  la  fissazione di  “paletti” non  negoziabili:  in una politica abituata agli accordi sottobanco e a mediazioni estenuanti, ciascuno è richiesto di prendere posizioni  nette  sia sulle riforme, sia sui provvedimenti necessari per rilanciare il Paese.  Gli elettori poi giudicheranno.

3 – Un mix di politiche  sociali tipicamente di sinistra e di politiche liberali interessanti anche per l’elettorato di centro destra:  fra le prime spicca  il sostegno ai redditi bassi con gli 80 euro mensili , fra le seconde, le privatizzazioni, lo snellimento burocratico, il jobs act.
Questa strategia sta avendo successo, almeno dal punto di vista del gradimento dei cittadini che, in base a recenti sondaggi, si sono dichiarati favorevoli alle iniziative del Premier in oltre il 70% dei casi. Naturalmente ora è attesa alla prova dei fatti.
Nella trasmissione del 12 aprile di “Che tempo che fa”, il finissimo psicanalista Massimo Recalcati ha fatto alcune interessanti  riflessioni  sul “carisma”, cioè sulla capacità di mobilitare le emozioni della gente, di tre leader: Berlusconi, Grillo e Renzi: il primo ha colto e cavalcato un sentimento molto diffuso negli italiani “il desiderio di libertà”, anche se non ha saputo tradurlo in riforme tali da cambiare realmente un sistema fortemente statalista e assistenziale. Grillo ha intercettato e dato voce a un malessere dilagante contro la corruzione, lo spreco, l’autoreferenzialità della politica, ma si è fermato, per il momento, ad un approccio “adolescenziale” di contrapposizione “ a prescindere” ;  si veda il confronto in diretta streamìng  fra Bersani, il “padre” che cerca un dialogo , e il duo Crimi- Lombardi, i “figli” interessati solo a far fallire qualsiasi ipotesi di accordo.
Anche Renzi ha raccolto il malessere di cui si è alimentato il Movimento 5 Stelle, ma, dopo aver incarnato con la sua potente azione di rottamazione il  ruolo di Edipo ( nel mito greco Edipo uccide il padre) , ora sta interpretando quello di Telemaco  (il figlio di Ulisse che parte alla ricerca del padre).  Alla fase “destruens” si sta  quindi affiancando ora una fase “construens” volta a “cambiare verso” all’Italia. L’alto gradimento  di cui gode il Premier sembra legato alla diffusa  percezione da parte dei cittadini di questa doppia e complementare valenza, che potrebbe porre fine all’inaccettabile immobilismo che ha bloccato il Paese e creare le condizioni per la ripresa.

6 commenti:

Giorgio Dodero ha detto...

Caro Roberto,
Complimenti per questo Tuo ottimo post. Ovviamente sarebbe opportuno alimentare Renzi con ulteriori proposte. Con i migliori saluti

Giorgio Dodero



roberto ha detto...

E' una buona idea anche se di carne al fuoco ce n'è molta. Dato che Renzi vuole mettere online la richiesta ai cittadini di segnalare cosa vorrebbero che fosse cambiato, forse potresti formulare in modo sintetico le tue considerazioni sugli studi di settore e trasmetterle appena il servizio sarà disponibile.
Grazie dei complimenti.
Roberto

Celio ha detto...

APPLAUSI !!!

roberto ha detto...


Sei sempre gentile.
Grazie.
Roberto

Giuseppe Nava ha detto...

Renzi usa la logica del “politicamente corretto”. Esempio le quote rosa.
Anzichè scegliere una persona in base alla sua esperienza, alla sua intelligenza, la si sceglie in base al sesso o all’età.
Letta, con la stessa logica del “politicamente corretto” aveva addirittura fatto diventare ministro la sconosciuta signora Kinghe perchè era di colore.
Altro esempio: l’abolizione delle province. Il risparmio è di fatto inesistente. Ma dopo la tanta pubblicità fatta in tal senso, è “politicamente corretto”
Tutti noi sapremmo redigere un lungo elenco di spese che potrebbero venire eliminate senza bisogno di stravolgere la Costituzione, ma di queste non se ne parla.
Renzi, faccia pulita, tante parole in libertà, ma il ragazzo è come gli altri “politici” che hanno portato l’Italia a questo punto.
gn

roberto ha detto...


Sul "politicamente corretto" nel caso delle nomine sono sostanzialmente d'accordo con te, anche se devo dire che, a volte, persone di non grande esperienza possono fare, con umiltà, meglio dei "vecchi marpioni". Per le province lo sono un pò meno: è vero che i risparmi non saranno inizialmmente gran che, ma una riduzione dei livelli istituzionali sul territorio è indispensabile; magari sarebbe meglio abolire le Regioni, visti io disastri e la corruzione che hanno alimentato, ma anche le province non brillano per utilità.

Su Renzi il dubbio è legittimo ma, come ha scritto Michele Salvati sul Corriere di oggi,non gli si può negare di aver impresso un passo totalmente diverso da quello dei precedenti governi. Ora vediamo se vengono anche i risultati.
Roberto