Man mano che
Renzi prosegue nella sua dirompente
azione di attacco all’establishment, ai tabù consolidati della sinistra, ai
santuari intoccabili della prima e seconda Repubblica appare sempre più chiaro
che il Premier è un animale politico veramente inusuale nel nostro Paese
perché, contrariamente a quanto farebbe qualunque uomo politico normale, lui
non cerca di trovare la “via di minore resistenza” per conseguire i propri obiettivi, ma cerca volutamente quella di
“maggiore resistenza” per scardinarla.
Un esempio
di questo approccio è la polemica con i “professoroni” (Zagrebelsky, Rodotà,
ecc) che con una foga e un’assolutismo degni di miglior causa, avevano bollato
le iniziative del Governo in materia di
riforme istituzionali, come un
pericoloso ritorno all’autoritarismo. Renzi, mettendo da parte il tradizionale
rapporto di sudditanza intellettuale della sinistra verso i suoi “maitre a
penser” , ha rigettato totalmente tale impostazione mettendone a nudo
l’evidente faziosità: le riforme della
legge elettorale e del Senato, pur certamente perfettibili, sono un’esigenza
ormai indifferibile in un Paese che ha rischiato di morire per eccesso di
indecisionismo e per l’abuso di pratiche paralizzanti. Gli stessi militanti di
Giustizia e Libertà, il movimento di Zagrebelsky, hanno rovesciato su di lui
l’accusa di autoritarismo in quanto il suo anatema non era stato discusso e
tantomeno concordato con la base. Ora Zagrebelsky ha fatto parzialmente marcia indietro, proponendosi non più
in una veste censoria ma eventualmente collaborativa
Un altro
esempio è il rapporto con le parti sociali: Squinzi e la Camusso , che erano
abituati a sentenziare sulle iniziative dei governi e a pretendere una
concertazione sui provvedimenti economici , che poi voleva dire un sostanziale
potere di veto, sono stati zittiti con la frase “se non sono d’accordo, ce ne faremo una
ragione” ..
Vi è poi l’attacco frontale e mai visto in
precedenza ai manager pubblici e alle
loro spesso inaccettabili retribuzioni. Aver posto come “benchmark” la retribuzione
del Capo della Stato è stata una “carta” che ha tolto forza alla maggior parte
delle difese corporative di categoria.
Anche
nell’idea di far pagare alle banche imposte più salate sulla rivalutazione
delle quote di Bankitalia in loro possesso c’è la chiara intenzione di pungere
gli interlocutori mettendo in evidenza la loro “coda di paglia” : in questo
caso il “regalo” di sette miliardi ricevuto con la predetta rivalutazione e tanto contestato dal M5S. L’azione del Premier
ha anche tolto spazio alla polemica antigovernativa del movimento grillino.
Ma forse il
caso più eclatante è la riforma del Senato. Ben sapendo che i numeri della
maggioranza sono scarsi nella Camera Alta,
Renzi, invece di arrivare a più miti consigli (come gli suggeriva il
Presidente del Senato in una assai irrituale intervista con Lucia Anunziata, in
cui da arbitro super parte si trasformava in giocatore lanciando quello che
l’intervistatrice ha definito “un avvertimento”) ha posto dei paletti
assolutamente indigesti per gli attuali senatori ( no eleggibilità, no retribuzione, nessun voto sulle leggi di
bilancio e sulla fiducia, più che dimezzamento del numero dei senatori ) che
sembrano fatti apposta per suscitare una
loro scomposta reazione di rigetto.
Se si
guardano nell’insieme questi casi, risulta evidente che il Premier sta
sviluppando una strategia di cambiamento fatta di tre tasselli:
-
1-
L’azione decisa e sistematica di attacco agli interessi corporativi
diffusi (della politica, delle banche. dei burocrati,
degli intellettuali di sinistra, ecc). Invece di procedere con gradualità ,
Renzi sventaglia volutamente e ripetutamente l’intero arco delle cose da cambiare,
scommettendo sul fatto che solo un’azione a tutto campo può sgretolare le
numerose resistenze di ciascuna delle categorie interessate, evitando di cadere
nella palude dell’immobilismo.
2 – La definizione di obiettivi
di cambiamento trasparenti con la fissazione
di “paletti” non negoziabili: in una politica abituata agli accordi
sottobanco e a mediazioni estenuanti, ciascuno è richiesto di prendere
posizioni nette sia sulle riforme, sia sui provvedimenti
necessari per rilanciare il Paese. Gli
elettori poi giudicheranno.
3 – Un mix di politiche sociali tipicamente di sinistra e di
politiche liberali interessanti anche per l’elettorato di centro destra: fra le prime spicca il sostegno ai redditi bassi con gli 80 euro
mensili , fra le seconde, le privatizzazioni, lo snellimento burocratico, il
jobs act.
Questa
strategia sta avendo successo, almeno dal punto di vista del gradimento dei
cittadini che, in base a recenti sondaggi, si sono dichiarati favorevoli alle
iniziative del Premier in oltre il 70% dei casi. Naturalmente ora è attesa alla
prova dei fatti.
Nella
trasmissione del 12 aprile di “Che tempo che fa”, il finissimo psicanalista
Massimo Recalcati ha fatto alcune interessanti riflessioni sul “carisma”, cioè sulla capacità di mobilitare
le emozioni della gente, di tre leader: Berlusconi, Grillo e Renzi: il primo ha
colto e cavalcato un sentimento molto diffuso negli italiani “il desiderio di
libertà”, anche se non ha saputo tradurlo in riforme tali da cambiare realmente
un sistema fortemente statalista e assistenziale. Grillo ha intercettato e dato
voce a un malessere dilagante contro la corruzione, lo spreco, l’autoreferenzialità
della politica, ma si è fermato, per il momento, ad un approccio “adolescenziale”
di contrapposizione “ a prescindere” ; si veda il confronto in diretta streamìng fra Bersani, il “padre” che cerca un dialogo ,
e il duo Crimi- Lombardi, i “figli” interessati solo a far fallire qualsiasi
ipotesi di accordo.
Anche Renzi
ha raccolto il malessere di cui si è alimentato il Movimento 5 Stelle, ma, dopo
aver incarnato con la sua potente azione di rottamazione il ruolo di Edipo ( nel mito greco Edipo uccide
il padre) , ora sta interpretando quello di Telemaco (il figlio di Ulisse che parte alla ricerca
del padre). Alla fase “destruens” si sta
quindi affiancando ora una fase “construens”
volta a “cambiare verso” all’Italia. L’alto gradimento di cui gode il Premier sembra legato alla
diffusa percezione da parte dei
cittadini di questa doppia e complementare valenza, che potrebbe porre fine all’inaccettabile
immobilismo che ha bloccato il Paese e creare le condizioni per la ripresa.
6 commenti:
Caro Roberto,
Complimenti per questo Tuo ottimo post. Ovviamente sarebbe opportuno alimentare Renzi con ulteriori proposte. Con i migliori saluti
Giorgio Dodero
E' una buona idea anche se di carne al fuoco ce n'è molta. Dato che Renzi vuole mettere online la richiesta ai cittadini di segnalare cosa vorrebbero che fosse cambiato, forse potresti formulare in modo sintetico le tue considerazioni sugli studi di settore e trasmetterle appena il servizio sarà disponibile.
Grazie dei complimenti.
Roberto
APPLAUSI !!!
Sei sempre gentile.
Grazie.
Roberto
Renzi usa la logica del “politicamente corretto”. Esempio le quote rosa.
Anzichè scegliere una persona in base alla sua esperienza, alla sua intelligenza, la si sceglie in base al sesso o all’età.
Letta, con la stessa logica del “politicamente corretto” aveva addirittura fatto diventare ministro la sconosciuta signora Kinghe perchè era di colore.
Altro esempio: l’abolizione delle province. Il risparmio è di fatto inesistente. Ma dopo la tanta pubblicità fatta in tal senso, è “politicamente corretto”
Tutti noi sapremmo redigere un lungo elenco di spese che potrebbero venire eliminate senza bisogno di stravolgere la Costituzione, ma di queste non se ne parla.
Renzi, faccia pulita, tante parole in libertà, ma il ragazzo è come gli altri “politici” che hanno portato l’Italia a questo punto.
gn
Sul "politicamente corretto" nel caso delle nomine sono sostanzialmente d'accordo con te, anche se devo dire che, a volte, persone di non grande esperienza possono fare, con umiltà, meglio dei "vecchi marpioni". Per le province lo sono un pò meno: è vero che i risparmi non saranno inizialmmente gran che, ma una riduzione dei livelli istituzionali sul territorio è indispensabile; magari sarebbe meglio abolire le Regioni, visti io disastri e la corruzione che hanno alimentato, ma anche le province non brillano per utilità.
Su Renzi il dubbio è legittimo ma, come ha scritto Michele Salvati sul Corriere di oggi,non gli si può negare di aver impresso un passo totalmente diverso da quello dei precedenti governi. Ora vediamo se vengono anche i risultati.
Roberto
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