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giovedì 22 gennaio 2015

Che fare col debito greco?



Pubblico alcune riflessioni di Guido Costa, ex Direttore Finanziario di un grande gruppo industriale, in merito ad una soluzione sostenibile per il debito della Grecia, a fronte dei rischi collegati all'esito delle ormai prossime elezioni politiche in questo Paese.  Il testo evidenzia una significativa  contraddizione che esiste nel comportamento dei creditori ed avanza una proposta alquanto provocatoria, che può stimolare un dibattito su un tema con forti implicazioni per tutto il continente europeo.
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Il trattamento riservato al debito della Grecia si presta, a mio parere, a serie riserve dal punto di vista dell’equità.
Da un lato gli Stati membri della UE non vogliono accettare che un loro pari faccia default, come un qualsiasi debitore privato; dall’altro pretendono che il suo tasso di interesse debitore sia dettato puramente dal mercato, raggiungendo livelli iper-penalizzanti oltre il 10%.
Ma se un debitore “non può” fallire, ha diritto al massimo rating e quindi a tassi che rispecchino l’assenza di rischio!
Invece gli investitori (gli altri Stati in primis) riscuotono dalla Grecia tassi da junk bonds e allo stesso tempo esercitano pressioni inaudite per garantirsi il rimborso del credito.
Questa situazione configura un’ingiusta speculazione alla luce delle seguenti considerazioni:
·         il default di uno Stato non è dettato da condizioni oggettive come quello di un debitore privato (esaurimento delle risorse a disposizione), bensì da una scelta politica, in quanto il Governo può decidere autonomamente di non tagliare le spese o di non aumentare le tasse nella misura necessaria ad onorare il debito, per ragioni di ordine superiore (evitare sacrifici insopportabili alla popolazione ovvero scongiurare gravi problemi di ordine pubblico);
·         uno Stato in difficoltà può in alternativa ricorrere alla stampa illimitata di moneta;
·         se uno Stato decide di fare default o di svalutare la propria valuta, ne sopporterà successivamente le conseguenze - ovvero problemi seri nell’accesso ai mercati dei capitali -, ma nell’immediato il danno è per i creditori che subiscono una perdita secca;
·         alla Grecia dei nostri giorni vengono precluse  entrambe le soluzioni.
Se ricordiamo allora che
·         i Paesi coinvolti in questa situazione non sono estranei fra di loro, bensì sono membri di una libera associazione, nata con l’obiettivo di promuovere il benessere comune e che
·         le pressioni sulla Grecia sono dovute al fatto che, nell’eventualità del suo default  o della sua uscita dalla moneta unica, il rischio di destabilizzazione delle economie degli altri Stati membri va ben oltre la perdita dei crediti vantati,
è opportuno riconsiderare la struttura del servizio del debito della Grecia (e di ciascun stato membro).
Come avviene oggi, durante il corso dell’emissione, ciascun Paese pagherà gli interessi richiesti dal mercato, visto che, a priori, non si può avere la certezza matematica che non ci sarà default. Quando però a scadenza si verifica che il debito viene rimborsato, il delta fra gli interessi pagati e quelli calcolati sulla base del tasso, proprio, nel periodo trascorso, del Paese col massimo rating, dovrà essere scalato dal rimborso finale del capitale.
Un accordo di questo tenore, oltre a ristabilire un principio di equità, darebbe un significativo sollievo alle finanze greche, indebolirebbe in modo rilevante le forze centrifughe presenti nel Paese (e non solo) e gli investitori non avrebbero diritto a rivendicazioni di sorta.

G. Costa 22/01/2015

8 commenti:

Antonio ha detto...

Se,come è probabile, alle prossime elezioni vincerà la sinistra di Tsipras, la proposta all'Europa sarà ancor più provocatoria di quella espressa nel post, perchè avrà a che fare con la ristrutturazione del debito che, allo stato attuale, la Grecia non è in grado di ridurre autonomamente.
La Merkel fa la faccia brutta dicendo che l'eventuale uscita della Grecia dall'euro non destabilizzerebbe la moneta unica, ma sarà vero?
Un saluto. Antonio

roberto ha detto...

La Merkel fa l'intransigente perchè teme l'indisciplina dei paesi del sud europa e cerca di non dare loro degli alibi, ma sotto sotto tratta, anche con Tsipras, perchè sa che l'uscita della Grecia non sarebbe certo indolore e potrebbe produrre una reazione a catena, forse incontrollabile.
D'altronde anche Tsipras propone una linea dura per avere un potere contrattuale, ma non vuole uscire dall'unione monetaria.
Ciao.
Roberto

Dario Lodi ha detto...

Trovo interessante l’iniziativa di Draghi di ieri (immissione di 60 miliardi al mese, area Europa euro, da marzo per un totale di circa 1140 miliardi: in pratica la BCE stampa e acquista titoli di stato dei vari paesi, caricando sugli stessi il problema di prenderne l’80%, le banche, senza pretendere interessi; riparte un po’ d’inflazione, ma si muoverà qualcosa nell’economia, la cui gestione, tuttavia, non può essere affidata ai politici attuali, tanto meno al tandem Renzi-Berlusconi). Sono contrario all’austerità tedesca, ma credo di capire la Merkel: la Germania è l’unico paese virtuoso e non può certo mantenere tutta l’Europa!



Dario

roberto ha detto...

L'austerità era necessaria ma è andata oltre il segno. La Merkel ha capito che doveva accettare le misure eccezionali e non convenzionali che Draghi aveva annunciato tempo fa con la famosa espressione " qualunque cosa sia necessaria". La resistenza a queste misure è in Germania molto forte perchè c'è nel loro DNA il ricordo indelebile della Repubblica di Weimar e della relativa megainflazione. Da qui anche il sospetto verso i paesi meno virtuosi, come la Grecia ed anche l'Italia.

Roberto Panzarani ha detto...

Grazie Roberto .Ottimo articolo.

roberto ha detto...

Grazie a te per il commento.
Ciao. Roberto

Umberto ha detto...

Bravissimo Guido Costa nell’analisi della situazione; e la proposta che ne consegue ha il duplice merito dell’originalità e del coraggio. Dubito peraltro che possa essere accettata a Bruxelles e a Berlino, nonché a Parigi, e proprio per i motivi che Costa stesso ha ricordato: molte banche, le tedesche e le francesi in particolare, hanno fatto massicci acquisti di spazzatura greca a tassi da capestro, ben sapendo, o meglio sperando, che in un modo o nell’altro questa spazzatura sarà rimborsata integralmente (ma personalmente non ne sarei tanto sicuro). Rimborsare il delta a fine corsa equivarrebbe a restituire utili già distribuiti o allocati, senza contare che il calcolo presenterebbe qualche difficoltà in relazione alle fluttuazioni del delta nel periodo di vita dei bond. Ma il principio mi sembra molto valido e degno di essere preso come base per facilitare le negoziazioni con il nuovo governo greco.

Ho parlato con amici tedeschi nel settore finanziario: a parte l’inconfessabile e inconfessato desiderio di guadagnare un bel po’ di quattrini con i titoli greci, c’è anche in Germania un certo risentimento nei confronti dell’anatra più zoppa fra i membri del “Club Med”. Le proteste di piazza nelle città elleniche hanno fatto emergere un diffuso astio nei confronti dell’Europa e particolarmente della Germania: è l’astio che viene da un paese dove pagare le tasse è un’opzione, le pensioni sono una cuccagna (relativa, si capisce), e pagare i debiti è considerato un’ingerenza negli affari del debitore. Se i tassi sono stati giudicati “punitivi” (e lo sono) possiamo dare tutti i torti ai tedeschi?

Ciao,

Umberto

roberto ha detto...

Cindivido la tua valutazione circa l'originalità e il coraggio della proposta e circa le probabili difficoltà di attuazione, per ragioni tecniche e nonsolo.
Come giustamente dici, i tedeschi hanno avuto la loro convenienza ma non hanno tutti i torti e i greci hanno più di qualcosa da farsi perdonare.
Una soluzione va però trovata, che eviti il default della Grecia e la porti finalmente sulla strada della disciplina fiscale che è necessaria per vivere in una comunità e ottenerrne il supporto. Analogo discorso, mutatis mutandis, vale anche per l'Italia, a mio avviso.

Ciao.
Roberto