L’obiettivo primario dell’antica democrazia ateniese era quello di offrire a tutti i cittadini uguali opportunità di esercitare funzioni di governo. Ciò era possibile sia per l’elevato rapporto fra numero di incarichi pubblici da attribuire (circa 1000) e popolazione (30.000 persone teoriche ma in pratica molto meno, dato che la scelta avveniva solo fra i volontari), sia per la frequente rotazione negli incarichi, che non potevano durare più di un anno.
Queste condizioni non
esistono più negli Stati attuali date le loro dimensioni che rendono
impossibile tale prospettiva e che comportano una complessità incomparabile a
quella delle città-stato dell’antichità.
Quindi, riproporre tale quale il modello
ateniese come taluni fanno non è, a mio avviso, sensato: non c’è nessuna
ragione di mitizzare la scelta puramente casuale dei rappresentanti. Si tratta
invece di capire con quali modalità il sorteggio può dare un utile contributo
ad un sistema rappresentativo attualmente basato sulle sole elezioni, che ha ormai
mostrato ampiamente i suoi limiti ed ha bisogno di un rinnovamento.
L’obiezione principale al sorteggio è la possibilità che
esso porti al potere persone incompetenti.
Va detto anzitutto, al
riguardo, che analoga obiezione si può fare al sistema elettivo, non solo
perché, a posteriori, il giudizio che danno i cittadini sulla competenza dei
politici è mediamente assai negativo, come dimostrano l’elevata percentuale di
essi che non vota più e le pervasive lamentele di coloro che ancora lo fanno,
ma perché, a priori, non esiste alcuna verifica delle qualità di coloro che si
candidano a cariche pubbliche. Qualcuno obietta che è compito dei partiti
politici selezionare opportunamente i candidati, ma sappiamo bene che i criteri
con cui, nei partiti attuali, essi vengono selezionati hanno più a che fare con la loro
capacità di portare voti e di essere fedeli al leader che con le competenze
possedute.
Ma di quali competenze
parliamo? Il tema è complesso e non si può esaurire in poche righe. Mi limito
quindi ad alcuni esempi per farmi capire:
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Se volessimo
sorteggiare un gruppo di cittadini per far parte di una commissione di Zona
incaricata di valutare le priorità su come intervenire sul territorio per
migliorarne la vivibilità, non occorrerebbe alcuna specifica competenza ma
solo la saggezza e l’esperienza del buon padre o della buona madre di famiglia.
In tal caso la scelta casuale sarebbe perfetta perché garantirebbe che il
gruppo rappresenti, in miniatura, la popolazione di riferimento.
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Nel caso in cui,
invece, si trattasse di una commissione comunale incaricata di verificare la
trasparenza degli appalti dell’Amministrazione e delle sue controllate,
occorrerebbe quantomeno accertare che i candidati possiedano la “capacità
conoscitiva”, cioè l’abilità di trovare, selezionare e analizzare informazioni e
di esprimere, in base ad esse, un giudizio motivato e articolato. Ciò potrebbe
essere fatto fornendo loro un questionario e dando un tempo adeguato per
ricercare e valutare le informazioni. La verifica della capacità sarebbe poi
fatta in base alle risposte date al questionario ed eventualmente tramite un
successivo colloquio.
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Se si trattasse
invece della Commissione incaricata di riformare il sistema di vigilanza sul
settore finanziario (Banca d’Italia e Consob) le persone sorteggiabili
dovrebbero possedere requisiti di alta competenza specialistica in materia
economico-finanziaria e giuridica, accertabile tramite il possesso di titoli
adeguati e l’analisi del relativo curriculum.
Come
si vede, si può spaziare dall’assenza di particolari requisiti alla più
rigorosa verifica di competenze complesse. Si tratta, quindi, di valutare, caso per caso, quali accertamenti vadano
fatti per assicurare l’adeguatezza dei candidati: qualora non vi siano
specifiche esigenze è opportuno il sorteggio casuale, altrimenti si deve
ricorrere al sorteggio qualificato, stabilendo i criteri e le modalità per
selezionare i sorteggiabili all’interno della popolazione di riferimento. Quest’ultimo
approccio dà la piena garanzia sulle competenze di coloro che verranno scelti.
Il principio base al quale attenersi
nella definizione dei criteri è, comunque, quello del “minimo indispensabile”, per garantire che la platea dei cittadini
sorteggiabili sia la più ampia
possibile; altrimenti il sorteggio, da strumento di democrazia si trasformerebbe
in un veicolo di tecnocrazia. D’altro canto non si può rinunciare all’uso delle competenze
dove queste possano fare una vera differenza. E’ questione di equilibrio e di
buon senso, non di approcci ideologici.
Segnalo
che è’ intenzione dell’associazione culturale “Le Forme della Politica”(www.leformedellapolitica.it) di cui faccio parte. avviare a Milano, come
laboratorio politico del Paese, una sperimentazione del sorteggio in una
situazione di media complessità; un’ipotesi al riguardo è quella di concentrarsi sul tema degli appalti citato
in precedenza, trattandosi di un tema molto “caldo” sul quale si è già fatto uno studio
approfondito con il Progetto Trasparenza,
nato da un dibattito in questo blog. Una proposta in questo senso verrà fatta a
coloro che saranno candidati a Sindaco in vista delle elezioni amministrative
di primavera. Ai candidati verrà offerta la possibilità di presentare i propri
programmi in incontri pubblici separati e verrà chiesto di valutare l’ inserimento
negli stessi della sperimentazione del sorteggio.