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sabato 26 dicembre 2015

Sorteggio qualificato, garanzia di competenza


L’obiettivo primario dell’antica democrazia ateniese era quello di offrire a tutti i cittadini uguali opportunità di esercitare funzioni di governo. Ciò era possibile sia per l’elevato rapporto fra  numero di incarichi pubblici da attribuire (circa 1000) e popolazione (30.000  persone teoriche ma in pratica molto meno, dato che la scelta avveniva solo fra i volontari), sia per la frequente rotazione negli incarichi, che non potevano durare più di un anno.
Queste condizioni non esistono più negli Stati attuali date le loro dimensioni che rendono impossibile tale prospettiva e che comportano una complessità incomparabile a quella delle città-stato dell’antichità.
 Quindi, riproporre tale quale il modello ateniese come taluni fanno non è, a mio avviso, sensato: non c’è nessuna ragione di mitizzare la scelta puramente casuale dei rappresentanti. Si tratta invece di capire con quali modalità il sorteggio può dare un utile contributo ad un sistema rappresentativo attualmente basato sulle sole elezioni, che ha ormai mostrato ampiamente i suoi limiti ed ha bisogno di un rinnovamento.
L’obiezione principale al sorteggio è la possibilità che esso porti al potere persone incompetenti.
Va detto anzitutto, al riguardo, che analoga obiezione si può fare al sistema elettivo, non solo perché, a posteriori, il giudizio che danno i cittadini sulla competenza dei politici è mediamente assai negativo, come dimostrano l’elevata percentuale di essi che non vota più e le pervasive lamentele di coloro che ancora lo fanno, ma perché, a priori, non esiste alcuna verifica delle qualità di coloro che si candidano a cariche pubbliche. Qualcuno obietta che è compito dei partiti politici selezionare opportunamente i candidati, ma sappiamo bene che i criteri con cui, nei partiti attuali, essi vengono  selezionati hanno più a che fare con la loro capacità di portare voti e di essere fedeli al leader che con le competenze possedute.

Ma di quali competenze parliamo? Il tema è complesso e non si può esaurire in poche righe. Mi limito quindi ad alcuni esempi per farmi capire:

-          Se volessimo sorteggiare un gruppo di cittadini per far parte di una commissione di Zona incaricata di valutare le priorità su come intervenire sul territorio per migliorarne la vivibilità, non occorrerebbe alcuna specifica competenza ma solo la saggezza e l’esperienza del buon padre o della buona madre di famiglia. In tal caso la scelta casuale sarebbe perfetta perché garantirebbe che il gruppo rappresenti, in miniatura, la popolazione di riferimento.

-          Nel caso in cui, invece, si trattasse di una commissione comunale incaricata di verificare la trasparenza degli appalti dell’Amministrazione e delle sue controllate, occorrerebbe quantomeno accertare che i candidati possiedano la “capacità conoscitiva”, cioè l’abilità di trovare, selezionare e analizzare informazioni e di esprimere, in base ad esse, un giudizio motivato e articolato. Ciò potrebbe essere fatto fornendo loro un questionario e dando un tempo adeguato per ricercare e valutare le informazioni. La verifica della capacità sarebbe poi fatta in base alle risposte date al questionario ed eventualmente tramite un successivo colloquio.

-          Se si trattasse invece della Commissione incaricata di riformare il sistema di vigilanza sul settore finanziario (Banca d’Italia e Consob) le persone sorteggiabili dovrebbero possedere requisiti di alta competenza specialistica in materia economico-finanziaria e giuridica, accertabile tramite il possesso di titoli adeguati e l’analisi del relativo curriculum.

Come si vede, si può spaziare dall’assenza di particolari requisiti alla più rigorosa verifica di competenze complesse. Si tratta, quindi, di valutare, caso per caso, quali accertamenti vadano fatti per assicurare l’adeguatezza dei candidati: qualora non vi siano specifiche esigenze è opportuno il sorteggio casuale, altrimenti si deve ricorrere al sorteggio qualificato, stabilendo i criteri e le modalità per selezionare i sorteggiabili all’interno della popolazione di riferimento. Quest’ultimo approccio dà la piena garanzia sulle competenze di coloro che verranno scelti.
Il principio base al quale attenersi nella definizione dei criteri è, comunque, quello del “minimo indispensabile”, per garantire che la platea dei cittadini sorteggiabili  sia la più ampia possibile; altrimenti il sorteggio, da strumento di democrazia si trasformerebbe in un veicolo di tecnocrazia. D’altro canto  non si può rinunciare all’uso delle competenze dove queste possano fare una vera  differenza. E’ questione di equilibrio e di buon senso, non di approcci ideologici.

Segnalo che è’ intenzione dell’associazione culturale “Le Forme della Politica”(www.leformedellapolitica.it) di cui faccio parte. avviare a Milano, come laboratorio politico del Paese, una sperimentazione del sorteggio in una situazione di media complessità; un’ipotesi al riguardo è quella  di concentrarsi sul tema degli appalti citato in precedenza, trattandosi di un tema molto “caldo”  sul quale si è già fatto uno studio approfondito con il  Progetto Trasparenza, nato da un dibattito in questo blog. Una proposta in questo senso verrà fatta a coloro che saranno candidati a Sindaco in vista delle elezioni amministrative di primavera. Ai candidati verrà offerta la possibilità di presentare i propri programmi in incontri pubblici separati e verrà chiesto di valutare l’ inserimento negli stessi della sperimentazione del sorteggio.










22 commenti:

Daruio Lodi ha detto...

Le tue osservazioni mi trovano d’accordo. Tuttavia temo non si possano avanzare proposte come se la situazione fosse neutra. E’ un vizio che abbiamo tutti: creare un governo ideale. Ma la realtà è altra cosa. Possiede motivazioni storiche che nel tempo si sono incrostate per il divario abissale fra i certi sociali consolidati e la massa. Marx pensava a una classe proletaria, che non esiste perché la massa non ha nulla da difendere collettivamente, non ha potere, è individualismo puro, per ovvie ragioni. Le classi sociali consolidate si scambiano i favori. E’ così che è nata la burocrazia ed è così che è nata la mancanza di un controllo serio, obiettivo. L’obiettività si ferma di fronte all’interesse particolare. Allora, per me, vanno sensibilizzate le istituzioni, sterilizzata la burocrazia, avviato un processo meritocratico, spezzate le mafie nere e bianche. Se parti dall’alto, il mondo di mezzo ti sconfiggerà sempre. Siamo nominalmente una democrazia, cerchiamo di diventarlo concretamente. Occorre procedere per piccoli passi e con cautela. Io introdurrei la voce civile attraverso il “veto”. Ragiono così: voto ma devo poter controllare chi ho votato e sollecitare gli organi preposti a farlo di svolgere correttamente il loro lavoro. Se controllati e controllori fanno parte dello stesso mondo, mi pare inevitabile un certo lassismo. Nessuno deve essere impunibile. Non si tratta, nel caso, di un processo alle intenzioni, ma di valutare l’operato, ovviamente con tutte le garanzie del caso. Siamo invece costretti a vivere in un mondo di furbi e di fessi. Facile indovinare dove stia la massa. E’ questa una civiltà avanzata? Rispondiamo a questa domanda e qualcosa di buono faremo.

Dario



roberto ha detto...

La mia risposta alla tua pertinente domanda è no, perchè viviamo in un contesto illusoriamente democratico ma in realtà oligarchico in cui, come tu dici, c'è " un divario abissale fra i ceti sociali consolidati e la massa" e "le classi sociali consolidate si scambiano i favori".
Il problema è proprio quello di distinguere fra controllori e controllati: su questo tema si è svolto un interessante dibattito, nell'associazione "Le Fornme della Politica", che ha messo in evidenza la necessità di separare nettamente i partiti dalle istituzioni, che essi hanno abusivamente occupato e colonizzato, per fare in modo che i primi svolgano il loro ruolo di ente intermedio che raccoglie e vaglia le istanze della società civile e le canalizza verso le seconde. Ciò richiede che chi occupa cariche istituzionali non possa occupare contestualmente anche incarichi di partito. E' un compito non facile che va svolto anzitutto sul piano culturale, nei confronti delle istituzioni e delle forze politiche, e che èdestinato a incontrare ovvie e forti resistenze.
A questo tema dedicherò futuri post, che ci consentiranno di proseguire il dibattito.
Grazie.

Roberto

Manuela ha detto...

Mi e ti domando se gli antichi greci non si ponessero il problema della possibile incompetenza dei cittadini sorteggiati a ruoli pubblici.
Ciao. Manuela

roberto ha detto...

Certamente se lo ponevano ma lo ritenevano subordinato all'obiettivo di garantire a tutti la possibilità di governare.
La soluzione del problema non stava in una selezione preventiva basata sulle competenze, ma in una valutazione successiva, chiamata "resa dei conti" che valeva sia per i sorteggiati che per gli eletti e che era molto puntuale e severa: chi aveva abusato del proprio ruolo incorreva in pene rilevanti che potevano arrivare fino a quella di morte. Ciò induceva i cittadini a candidarsi a incarichi pubblici tenendo conto delle possibili conseguenze.
Questo modello non è, a mio avviso, applicabiole in una società come quella italiana odierna in cui ben pochi comportamenti anomali venogono realmente sanzionati. E' meglio agire in termini preventivi, come ho proposto nel post.

Ciao.
Roberto

Umberto ha detto...

Discutere sulla bontà di un sistema non ancora testato, e non testabile in via preliminare, può essere un utile esercizio intellettuale ma lascia sostenitori e oppositori sulle loro rispettive posizioni.

Con il metodo ipotizzato la nuova compagine di governo, a qualunque livello, non sarebbe la rappresentanza diretta dei cittadini; qualunque cosa si dica ricordandone le origini, si tratterebbe di un organo che potremmo, al meglio, definire come semi-democratico – probabilmente con meno difetti rispetto al sistema democratico tradizionale e forse con qualche pregio in più.

Rimane tuttavia da capire quale sarebbe la funzione – e forse il destino – dei partiti: alcuni dei loro uomini saranno inevitabilmente nella compagine governativa, a meno che non si giunga a decretare l’ineleggibilità dei cittadini iscritti a un partito. La loro distribuzione sarà peraltro affidata al caso, indipendentemente dal consenso che i rispettivi partiti riscuotono nel Paese. A questo punto arriviamo al paradosso: o sopprimiamo i partiti, oppure accettiamo che il gioco di potere di oggi giunga al parossismo, con lotte senza quartiere e senza regole per accaparrarsi il favore e l’appoggio dei non iscritti. Inutile dire che gli eletti non iscritti sarebbero TUTTI talmente integerrimi da resistere alle pressioni: guardiamoci attorno e tiriamo le conclusioni.

In conclusione: il sistema del sorteggio ha diversi vantaggi in teoria, in pratica non funzionerebbe meglio dei sistemi di oggi – forse addirittura peggio. L’Associazione culturale che intende fare la sperimentazione nel campo degli appalti affronta coraggiosamente un tema difficilissimo e delicato; ci si augura peraltro che voglia tener conto di uno scenario “reale” come quello di oggi. Auspicare onestà, trasparenza, responsabilità non basta: occorrono regole ferree e persone che le facciano rispettare. Temo che regole adatte saranno giudicate dai più come antidemocratiche anche se necessarie: è tempo

roberto ha detto...

Hai ragione: discutere in teoria lascia ciascuno nelle proprie posizioni. Questo è il motivo per cui vogliamo sperimentare il sorteggio, andando per gradi e quindi iniziando in sede locale per poi eventualmente pensare più in grande. In ogni caso, salvo alcune eccezioni ( ad esempio Terril Bouricius, studioso americano citato nel libro di Van Reybrouck) nessuno oggi propone di sostituire integralmente le elezioni con il sorteggio, ma di mixare i due approcci. Quindi i partiti avrebbero comunque un ruolo per tutti quegli organi istituzionali che dovranno comunque essere eletti. Ma, come ho scritto nella risposta a Dario, i partiti dovrebbero essere ricondotti ad una funzione di mediazione fra società civile e istituzioni e di controllo di queste ultime, rinunciando a tenere i piedi in due scarpe, il che è la causa principale dei guai di tutte le pseudodemocrazie occidentali : chi viene eletto ad una carica istituzionale dovrebbe abbandonare i ruoli direttivi eventualmente ricoperti nel partito, perché passerebbe da sostenitore di una parte a interoprete del tutto, cioè del bene comune.
Ovviamente è un cammino difficilissimo che va percorso con buon senso, e realismo, rifuggendo da un approccio ideologico. Tentare anche il sorteggio si dece, a mio avviso, ma nessuno s’illude che sia la panacea di tutti i mali.
Roberto

Vittorio Bossi ha detto...

Buon giorno Roberto,

senza entrare nel tifo politico, mi chiedo ma LUPI, la LORENZIN e la BOSCHI quali competenze avevano per essere eletti ministri nei dicasteri che tra l'altro richiedevano competenza e saggezza?
Sono francamente deluso di questo sistema che mette gli amici per altro non competenti in posizioni di responsabilità.

Buone feste Vittorio


roberto ha detto...


Ciao Vittorio,

il tema delle competenze è complesso e non può essere risolto in poche righe; probabilmente lo affronterò in un prossimo post. Comunque, dò una breve risposta alla tua domanda:

- Lupi ha competenza specifica sui temi del Ministero che ha diretto, essendo stato Presidente della Commissione Urbanistica e poi Assessore allo Sviluppo del Territorio al Comune di Milano, poi Capogruppo di Forza Italia nella Commissione Lavori Pubblici della Camera e successivamente Responsabile nazionale Lavori Pubblici di Forza Italia.

- Lorenzin non ha specifiche competenze in campo sanitario, come peraltro altri ministri della Sanità del passato, ma ha una ventennale esperienza politica iniziata nei consigli di circosrizione, maturata in parlamento, culminata nella nomina a Ministro con il Governo Letta, incarico poi confermato dal Governo Renzi

- Boschi è entrata in politica nel 2008 in occasione dell'elezione del Sindaco di Firenze, in cui supportava un rivale di Renzi, ma è poi stata scelta da lui per organizzare la sua campagna elettorale per le primarie del centrosinistra. Eletta al Parlamento nel 2013 è stata mominata Ministro nel febbraio 2014.

Come vedi le esperienze sono diversificate e di diversa consistenza. La domanda da porsi a questo punto è: quali sono le competenze necessarie per ricoprire il ruolo di Ministro?

E' un tema su cui riflettere.

Roberto





Renzi

Franco Puglia ha detto...

Caro Roberto,

Vedo che ti sei proprio innamorato del tema del sorteggio, che proponi anche come una soluzione possibile ai problemi di rappresentanza politica che affliggono noi italiani, ma non solo, perchè i limiti del sistema rappresentativo sono presenti ovunque nel mondo.
Il tuo articolo è formalmente ineccepibile, ma è a tesi, ovviamente, perciò trascura numerosi elementi.
Come ben sai il tema del sorteggio non mi scalda il cuore, anzi ...
Credo che sia un metodo utile, anche indispensabile, in alcune circostanze, ma in tutte le altre ...
E' noto che per le giurie popolari i giurati vengono sorteggiati (come sceglierli altrimenti ?) ma sono poi sottoposti ad un vaglio accurato da parte di accusa e difesa che ne esclude alcuni e ne accetta altri. La Giuria risultante è il frutto dell'accordo tra accusa e difesa. Una tale Giuria sarà imparziale nei limiti della capacità di valutazione d'imparzialità dell'accusa e della difesa.

Trasferisci questo criterio di accettazione post sorteggio nel campo politico ed ecco che, dopo aver sorteggiato, che sò, un Consiglio Comunale, dovresti sottoporlo al vaglio delle Parti, cioè dei portatori di interesse, cioè dei cittadini, in definitiva, di chi sennò ?
E come potrebbero mai i cittadini confermare o ricusare i sorteggiati ? Con quali strumenti ?

Tu sorvoli su un aspetto che in politica è essenziale : i portatori di interesse. La politica è uno strumento imperfetto con il quale i portatori di interesse cercano di esprimersi e di realizzare il loro interesse nella cosa pubblica.
Non esiste un bene comune universalmente riconosciuto, o se anche esistesse, non esiste un modo univoco per cercare di realizzarlo.
Non ha alcuno scopo fare politica se non per riuscire a realizzare dei precisi interessi.
Gli interessi sono contrastanti, conflittuali, ed il gioco della politica serve a far prevalere l'uno o l'altro.
Il sorteggio come tu lo immagini supera il conflitto di interessi ed esprime una rappresentanza casuale di interessi casuali, che possono anche essere fortemente conflittuali tra loro nel gruppo eletto. Il caso potrebbe penalizzare l'interesse prevalente dei cittadini a favore di interessi minoritari.
Forse che questo rappresenta un criterio di equità nei confronti della realizzazione del supposto bene comune ?

Ciò che voglio dire è che sono sbagliati, a mio avviso, i presupposti dell'uso di questo strumento in politica.
Il sorteggio è per sua natura imparziale e produce risultati affidati al caso ; questo è il suo scopo.
La politica vuole esattamente l'opposto : cerca persone che appaiano credibilmente più idonee a rappresentare per delega degli interessi, quindi è volutamente parziale, quindi non può adottare strumenti imparziali.

Naturalmente ci sono altri casi in cui, invece, l'imparzialità della scelta è essenziale, ed il caso emblematico che a me viene in mente è quello della Corte Costituzionale. La scelta dei giudici costituzionali non deve rappresentare interessi maggioritari di parte, e quindi la scelta dei giudici dovrebbe venire affidata al sorteggio, tra elementi qualificati, per introdurre un elemento di casualità, con successiva facoltà di ricusazione da parte delle parti politiche elette, come avviene per le Giurie, e questa facoltà dovrebbe venire estesa a chiunque sia stato eletto in Parlamento.
Una Corte Costituzionale che fosse espressione di un processo di selezione casuale e che fosse non sgradita ad alcuno dei deputati o senatori eletti sarebbe la migliore possibile, ma dubito che, dati i numeri, si arriverebbe mai ad una scelta, perchè ci sarebbe sempre qualcuno che ricuserebbe un giudice sorteggiato.

( il testo prosegue in un successivo commento)

Franco Puglia ha detto...

Aggiungo : pensi che il Consiglio di Amministrazione di una azienda potrebbe mai ricorrere al sorteggio per scegliere il suo Amministratore Delegato ?
Ti pare possibile ? La scelta risponde al criterio essenziale della "fiducia", della credibilità nel ruolo, in base a competenza ed esperienza, oppure su base di interesse, laddove esiste un interesse prevalente degli azionisti di maggioranza ad esprimere un "loro" candidato, anche se altri potessero essere più competenti.

Il criterio del sorteggio, che esprime una scelta di carattere casuale, è diametralmente opposto a quello meritocratico, che avanza la pretesa di scegliere i migliori, per ogni dato compito, nell'interesse dei risultati che si vogliono ottenere. Gli strumenti di selezione dei migliori sono già di per sè difficili; il sorteggio afferma, in pratica, che tali strumenti non esistono o sono troppo imperfetti, per cui rinuncia a priori e si affida al caso.
Se tu dovessi subire un delicato intervento al cuore, ti affideresti al sorteggio del chirurgo in una rosa di chirurghi ampia a piacere, o vorresti essere tu scegliere a chi affidare la tua vita?
Il sorteggio si contrappone al criterio di responsabilità di scelta : se ti affidi al sorteggio non sei responsabile del risultato: non scegli.
Sposeresti una donna sorteggiata in un campione di 100 donne che rispondessero ad alcuni requisiti di massima ? Non credo proprio.
Se volessi fare un viaggio all'estero ti affideresti ad un sorteggio sulla destinazione del viaggio ? Se la rosa delle destinazioni fosse delimitata ed il prezzo ben delimitato, forse si, ma se la destinazione dovesse essere qualsiasi ed il costo del viaggio qualsiasi, sicuramente no.

Insomma, ciò che voglio dire è che, secondo me, stai ideologizzando uno strumento di impiego molto limitato, che è solo uno strumento, e non può essere un obiettivo. A quale scopo ? Che obiettivo ti proponi ? Questo mi sfugge.
Ti ho conosciuto come persona interessata ad un tema ben più pregnante, fondamentale in questo nostro paese, come quello della corruzione, argomento che merita il massimo dispendio di energie, rispetto ad un tema come quello del sorteggio che mi sembra davvero di minimo interesse.

Detto questo, naturalmente, tu puoi rivolgere il tuo interesse a quello che credi; ho voluto però trasmetterti queste mie riflessioni, che puoi tranquillamente cestinare. Non ho alcun concreto interesse a convincerti, ma ho sentito il dovere di esprimermi.

Con questo chiudo e ti auguro un buon 2016.

Franco Puglia

roberto ha detto...

Caro Franco,
so che sei critico nei confronti del sorteggio, che vedi come un fatto marginale, non meritevole di particolare considerazione, se non come uno strumento da usare in casi molto particolari. Credo, e il contenuto del tuo commento me lo conferma, che ciò sia dovuto al fatto che tu vedi la politica in un’ottica tecnocratica, in cui devono valere soprattutto la competenza, il merito e la ricerca dei “migliori”.
Come scrive Van Reybrouck questo approccio, perfettamente legittimo e per certi aspetti condivisibile, è però agli antipodi di quello democratico, che ha come valore fondante la sovranità popolare . Già nel lontano 1910 lo studioso tedesco Robert Michels, nel suo famoso “La legge ferrea dell’oligarchia” aveva dimostrato che, in qualsiasi sistema elettivo tutti i partiti, anche quelli che si ispiravano alla classe operaia e i cui membri erano in parte provenienti dalla stessa, non sfuggivano alla regola per cui gradualmente l’elite messa al potere si staccava dalle istanze della base che l’aveva eletta e perseguiva i propri interessi anche a scapito del bene comune. E’ contro questa deriva che Van Reybrouck ha scritto il suo libro e che io propongo la sperimentazione del sorteggio, che non è ovviamente una panacea ma può dare una frustata ad un sistema immobile e ipocrita che si definisce democratico non essendolo affatto.
Mettendo la questione in una prospettiva storica, essendo nata la democrazia nel quinto secolo avanti Cristo, si può dire che, per circa 2300 anni,, tutti gli Stati che si basavano su di essa avevano un sistema di rappresentanza misto, basato sul sorteggio e sulle elezioni. E’ solo da circa 200 anni a questa parte che il sorteggio è scomparso ad opera dei padri fondatori delle Repubbliche americana e francese i quali volevano, adottando un sistema elettivo puro, evitare in ogni modo che il potere andasse al popolo. Questo sistema che inizialmente aborriva la parola democrazia, ha poi iniziato a definirsi democratico quando, con l’ampliamento del suffragio popolare, è tornato comodo presentarsi in forma più accettabile.
Venendo ad alcune delle tue obiezioni, il sorteggio è casuale ma con la tecnica del “campione stratificato”può riprodurre esattamente, in miniatura, la popolazione di riferimento; un campione rappresentativo contiene quindi una varietà di opinioni assimilabile a quella della popolazione. Dati i numeri in gioco che non rendono possibile la ricetta ateniese (tutti devono poter governare), il campione rappresentativo è la migliore approssimazione possibile al “governo del popolo”.
Come ho scritto nel post, non essendo opportuna una verifica ex post sulle capacità dei sorteggiati, è auspicabile una verifica ex ante, ma solo quando le competenze siano un requisito davvero essenziale.

(il testo prosegue in un successivo commento)

roberto ha detto...

Circa i portatori d’interesse, va detto che il campione rappresenta già interessi diversificati esistenti nella popolazione; comunque la validazione è possibile, come fatto nella potente esperienza irlandese citata nel libro, tramite un referendum.
In merito agli esempi che hai fatto, è ovvio che non sceglierei in modo casuale l’Amministratore Delegato di un’azienda, compito che spetta agli azionisti, né un chirurgo, di cui vorrei accertare la competenza, tantomeno la moglie, ma non vedo perché altri cittadini, come me interessati alla cosa pubblica ( la volontarietà è essenziale), non possano essere scelti per sorteggio, se necessario qualificato.
Circa gli scopi che mi propongo e che a te , come hai detto, sfuggono, posso dirti che io desidero rompere il muro d’ipocrisia e di omertà su cui si regge il sistema pseudo democratico in cui viviamo e favorire l’introduzione di misure atte a riportare il potere ai cittadini. Il sorteggio è solo il punto di partenza.
Invito tutti miei lettori che condividono questo obiettivo a riflettere su altri metodi che possano andare in questa direzione.
Ti ringrazio dello stimolante contributo, che mi ha permesso di chiarire ulteriormente il mio pensiero e contraccambio gli auguri.

Roberto

Marco Preioni ha detto...

Si ricorre al sorteggio quando mancano i volontari, oppure quando essi sono troppi.

Si può ricorrere al sorteggio solo dopo che sono stati esperiti tutti i tentativi per selezionare il migliore e sono rimasti solo due candidati con lo stesso identico punteggio e della stessa identica età.
Il sorteggio è legato alla fortuna ed è la negazione della meritocrazia.

A meno che si voglia enfatizzare la casualità nelle soluzioni dei problemi.
ciao.
marco


roberto ha detto...

Nell'ipotesi da me formulata il sorteggio andrebbe fatto fra volontari perchè la motivazione a un incarico pubblico è essenziale per esercitarlo in modo appropriato.
Dato però che la richiesta di volontari può dare, in certi casi, candidature molto limitate (la gente stenta a farsi avanti), si può invertire il processo (come fatto nell'esperienza irlandese citata nel libro): si sorteggiano molti candidati e poi si chiede loro se sono interessati; essere stati sorteggiati può essere un incentivo ad accettare la candidatura. Se necessario, si può poi chiedere loro di dimostrare di avere certe competenze (es: la capacità conoscitiva indicata nel post).
Il sorteggio è su un piano diverso rispetto alla meritocrazia: il primo stimola la partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, la seconda punta a valorizzare competenze e risultati. Entrambi sono utili . Non si deve sposare ideologicamente l'uno o l'altra soluzione, ma vedere cosa serve in concreto e trovare eventualmente il giusto mix.
Ciao.
Roberto

Franco Puglia ha detto...

OK. Roberto. Il tuo obiettivo è anche il mio e sto sperimentando in pratica per Milano, strade alternative a quelle che passano attraverso i partiti ; se volessi ricorrere al sorteggio verrebbe a mancare la base stessa per poterlo fare : i cittadini.

roberto ha detto...


Nella pubblicazione del commento di ieri scritto da Umberto sono saltate alcune parole nel finale. Il testo si conclude con:

... è tempo di scegliere, non di auspicare.




Franco Puglia ha detto...

Un'altra cosa : tu dici giustamente che la nostra pseudo democrazia non esprime la volontà popolare. Vero ma : QUALE volontà popolare ? Il Popolo è ancora una volta una astrazione. Esistono in concreto i cittadini con interessi molto diversi tra loro. Come fa un sorteggio comunque strutturato a rappresentare la MIA volontà oppure la tua o entrambe ? Chiedi alla gente di affidare la sua vita al caso piuttosto che aduna cattiva scelta ? Io chiedo invece ai cittadini di scegliere più responsabilmente.

roberto ha detto...

Il gruppo di persone sorteggiate con tecnica campionaria rappresenta la media delle opinioni, fra loro differenziate, esistenti nella popolazione di riferimento. Se voglio invece che si esprima la MIA o la tua specificaa volontà non posso che farlo tramite le elezioni.
E' questo il motivo per cui è preferibile un sistema misto, che salvaguarda sia le opinioni dei singoli, col meccanismo elettivo, che l'opinione media della popolazione, rappresentata dal grupo-campione.

Anonimo ha detto...

Non capisco. Parli di cose diverse.
Parli prima di un campione e di opinioni. Un sosrteggio non rappresenta la media delle opinioni. Supponiamo che le opinioni si possano esprimere soltanto con un SI oppure un NO. Prendo un campione di 1000 persone e ne sorteggio una sola.
La probabilità che la sua opinione sia SI oppure NO è del 50%.
Questo valore non rappresenta la Media delle opinioni del campione, e neppure la mediana. Se estraggo a sorte più persone, alcuni saranno per il SI ed altre per il NO, ed il numero di SI sarà probabilmente diverso dal NO, ma la prevalenza del SI o del NO non rappresenta ancora la media delle opinioni.

Poi aggiungi che se vogliamo esprimere la MIA oppure la TUA opinione, dobbiamo ricorrere alle elezioni. Ma in politica è esattamente questo che vogliamo : ciascuno di noi vuole poter esprimere la SUA opinione, la SUA posizione, e non vorrebbe affidarsi al caso.

Il sistema misto resta oscuro nella tua descrizione, perchè mancano i presupposti nel sorteggio all'interno del campione.






roberto ha detto...

Provo a spiegarmi meglio.
Quando un campione è rappresentativo della popolazione di riferimento si può contare sul fatto che le opinioni espresse dai suoi membri saranno analoghe a quelle che sarebbero espresse da tutta la popolazione. E’ ciò che avviene ad esempio nei sondaggi d’opinione sulle intenzioni di voto (con poco più mille persone si può avere un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta).
Se questa tecnica viene usata non come strumento per fare sondaggi, ma per scegliere cittadini che lavorino, ad esempio, in una commissione consultiva o deliberante su un tema, ciascuno di loro esprimerà in tale commissione le sue opinioni personali, ma l’insieme del gruppo manifesterà opinioni fra loro differenziate in modo analogo a quelle che si avrebbero se tutta la popolazione potesse esprimersi. In questo senso ho parlato di “ media delle opinioni”; si potrebbe parlare più precisamente di “opinioni rappresentative”.
Con il sorteggio tutti hanno la stessa probabilità di essere sorteggiati, ma quelli che effettivamente lo sono rappresentano una piccola percentuale della popolazione. Se invece voglio che ciascun membro della popolazione possa esprimersi, lo posso fare solo facendolo partecipare a elezioni oppure ad un referendum.
Ricapitolando, il sorteggio fa agire solo poche persone, ma rappresentative dell’insieme, che possono affrontare problemi anche complessi e per un consistente periodo di tempo. Le elezioni fanno partecipare tutti, nella veste di elettori, dando però a ciascuno la sola possibilità di mettere una o più croci su una scheda. E’ questo il motivo per cui in un sistema realmente democratico non dovrebbe mancare una quota di cittadini sorteggiati per contribuire alla gestione della cosa pubblica, oltre ad avere una massa di elettori che, col voto, dà una delega in bianco agli eletti.

Marco Preioni ha detto...

Ci sono certamente casi in cui si può ricorrere al sorteggio per garantire "autonomia ed imparzialità": nel senso che il sorteggiato non è in debito di riconodcenza con chi lo ha candidato e con chi lo ha votato o nominato.
Penso al CSM: in effetti il Consiglio dei Ministri del Governo Berlusconi-ter aveva preparato un disegno di legge che prevedeva il sorteggio dei membri togati del CSM per evitare la lottizzazione tra correnti degli incarichi direttivi ed apicali dei ttribunali e delle procure. Anche per i componenti laici sarebbe opportuno ricorrere al sorteggio, ma i partiti non rinuncerebbero certo ad applicare il metodo Cencelli.
ciao
marco preioni



roberto ha detto...

La ragione che esponi è proprio il vantaggio essenziale del sorteggio rispetto alle elezioni, cioè la libertà dei designati rispetto ad influenze partitiche. Non solo i sorteggiati non hanno debiti di riconoscenza ma non hanno neppure bisogno di ingraziarsi i partiti perchè sanno che molto difficilmente la sorte li designerà ancora a ricoprire l'incarico assunto.
E' molto interessante la notizia del disegno di legge di cui parli: se ti fosse possibile recuperarlo, gradirei leggerlo e discuterlo nel blog.
Grazie.

Roberto