Nel
precedente articolo “Sorteggio qualificato, garanzia di competenza” ,
pubblicato il 26 dicembre 2015,sono state messe in evidenza le analogie e le
differenze esistenti fra le realtà statuali di oggi e quelle dell’antica Atene
democratica nonché i necessari
adattamenti che ciò comporta nei meccanismi partecipativi.
In questo
scritto vogliamo chiarire perché gli
Stati odierni dell’Occidente non possono essere definiti democrazie e cosa sta “bollendo in pentola” per
rivitalizzare i sistemi rappresentativi.
Nei 2300
anni compresi fra il quinto secolo a.c. , che ha visto la nascita della
democrazia ateniese , e la fine della Repubblica veneziana nel 1797, tutti gli
stati almeno parzialmente democratici hanno sempre combinato le elezioni con il
sorteggio,in quanto le prime consentono di scegliere i detentori di particolari
incarichi secondo un procedimento necessariamente elitario (la “ferrea legge
dell’oligarchia” enunciata da Robert Michels
nel lontano 1911), mentre il
secondo doffre a tutti i cittadini
coinvolti una chance di partecipare alla gestione della cosa pubblica.
E’ solo con
le rivoluzioni antimonarchiche del settecento (americana e francese) che tale
principio venne interrotto, in quanto l’emergente borghesia intese sottrarre il
potere agli aristocratici ed attribuirselo, escludendo totalmente il popolo.
Basta leggere cosa scrisse l’abate Syeyes dal cui pamphlet ”Cos’è il terzo
Stato” ha preso le mosse la rivoluzione francese per capire le intenzioni dei
rivoluzionari: “ La Francia non è e non deve essere una democrazia… il popolo,
ripeto, in un Paese che non è una democrazia ( e la Francia non deve diventarne
una) il popolo non può parlare e non deve agire se non attraverso i suoi rappresentanti”.
Oggi in
Italia ci lamentiamo della “casta” ma la casta è esattamente il risultato che i
rivoluzionari si ripromettevano di ottenere e quindi si può ben dire che il loro disegno è andato a
buon fine. Tale disegno è poi stato arricchito quando, a seguito
dell’espansione del suffragio a categorie più ampie della popolazione, i
politici hanno avuto l’ingegnosa trovata di etichettare e vendere come “democrazia” un sistema di
rappresentanza puramente elettivo che era stato concepito come antidoto alla
stessa. Si è poi raggiunto il capolavoro quando si è riusciti a far inserire
nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo il principio per cui la
democrazia consiste “in libere elezioni tenute a scadenza periodica”. Da qui è
nato il “fondamentalismo elettorale” che identifica le elezioni con la
democrazia mentre il risultato che esse, da sole, ottengono è esattamente
l’opposto.
Ma
l’imbroglio ormai è evidente: l’unico potere democratico che hanno i cittadini
è quello di mettere una crocetta su una scheda; con tale azione inizia e contestualmente
finisce il loro potere che, da quel
momento, è completamente delegato ai
“rappresentanti” , i quali in realtà
rappresentano solo se stessi e l’elite di cui fanno parte.
Come ha ben
scritto il filosofo francese Jacques Ranciére nel libro “L’odio per la democrazia” gli Stati
moderni non sono democrazie ma “stati oligarchici di diritto” i cui cittadini
posseggono indubbi diritti politici, civili e sociali, che peraltro non cambiano di un millimetro la loro sostanziale impotenza
di incidere sulle scelte politiche.
Negli ultimi
decenni vi sono state, in molti Paesi, numerose
ed efficaci esperienze di partecipazione
sia a livello locale che nazionale. Solo per citare due esempi: a New York una “giuria “ composta da
cittadini sorteggiati ha discusso la destinazione da dare a “Ground Zero”, cioè lo spazio su cui
sorgevano le torri gemelle e le sue proposte sono state adottate dalla Città di
New York. In Irlanda un gruppo misto,
composto di 66 cittadini sorteggiati e da 33 politici, ha elaborato una
parziale riforma della Costituzione che ha comportato forti innovazioni
rispetto alla tradizione culturale del Paese, come ad esempio il riconoscimento delle unioni omosessuali.
La riforma è stata approvata tramite un referendum tenuto nell’agosto 2015 con oltre il 70% dei voti.
In
Italia la Regione toscana si è dotata di
un’apposita legge per favorire la partecipazione dei cittadini ed ha già supportato vari progetti, attivando
un dibattito pubblico su grandi interventi infrastrutturali e finanziando processi partecipativi a
livello locale, basati sull’autoselezione
dei partecipanti o sul sorteggio di un campione stratificato della popolazione
di riferimento.
E’ stato
anche proposto da alcuni studiosi, durante la discussione sulla riforma del
Senato ,di valutare l’inserimento di una quota di cittadini sorteggiati in tale
assemblea. Anche se la proposta non è stata accolta, essa indica una crescente
legittimazione del sorteggio che potrà
avere interessanti sviluppi.
8 commenti:
Siamo indietro, l’opinione di Van R. mi pare accademica, ma certo è la strada da seguire. La democrazia ha senso se è partecipata da tutti.
Dario
Naturalmente is orteggio non è la panacea perchè, data la dimensione delle società attuali, solo una piccola percentuale della popolazione potrebbe accedere a incarichi pubblici anche se il sorteggio venisse utilizzato in modo estensivo.
E' però importante introdurre questo meccanismo, sia a livello centrale che locale, per avere cittadini comuni all'interno delle Istituzioni con la possibilità di interagire con i politici di lungo corso e far capire cosa pensa e sente chi finora è stato escluso dalla "stanza dei bottoni". Il sorteggio dovrebbe essere accompagnato da attività informative e formative preliminari o successive all'incarico per dare ai sorteggiati la possibiltà di prepararsi ad affrontare tematiche anche complesse. Cosa, peraltro, che devono fare anche i politici eletti se vogliono essere all'altezza.
Ciao.
Roberto
A proposito di sorteggio e sistemi democratici Le sarei grato se potesse spiegare, in uno dei suoi istruttivi articoli, su quali principi funziona il sistema M5S e come comuni cittadini siano riusciti a diventare parlamentari. Ho notato che molti, io compreso, non hanno idee chiare.
Nel ringraziarLa, i migliori saluti.
Paolo Spinoglio
Ti ringrazio della interessante proposta che accogol con piacere: dedicherò uno dei prossimi post al Movimento 5 Stelle che è certamente un tentativo di dare voce ai cittadini comuni.
Roberto
ps: tieni conto che nel blog ci si dà del tu.
Se i cittadini venissero sorteggiati per far parte di organismi consultivi o deliberativi si potrebbe ridurre la autoreferenzialità della classe politica e rendere più credibili le istituzioni. Bisogna farlo capire ai partiti,i quali oggi cerccano si superare le perplessità della gente nei loro confronti candidando dei tecnici, come nel caso di Milano in cui ben tre dei quattro candidati a Sindaco sono o sono stati manager di alto profilo. Forse se dessero spazio anche ad una partecipazione dal basso otterebbero migliori risultati.
Cordiali saluti. Angelo
Certamente cariche come quelle di Sindaco non possono essere sorteggiate perchè richiedono competenze peculiari, ma molte altre sì. penso, ad esempio, ai consiglieri comunali e di zona che quando vengono eletti per la prima volta sono spesso degli illustri sconosciuti senza particolari competenze,che devono essere acquisite partendo spesso da zero. Se una parte di essi venisse sorteggiata fra volontari motivati, la carenza di esperienze pregresse non metterebbe i sorteggiati in condizione peggiore di quella dei nuovi eletti.
Ciao.
Roberto
Chapeau.
Merci
Posta un commento