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venerdì 1 aprile 2016

L'Isis è solo la punta dell'iceberg



Maajid Nawaz è stato, come lui stesso  ha scritto in un articolo pubblicato alla fine dello scorso anno sul Wall Street Journal e citato da Il Foglio    per più di  un decennio uno dei leader di un gruppo islamista globale che promuoveva il ritorno al Califfato, anche se non attraverso il terrorismo”. Dopo essere stato condannato in Egitto a 5 anni di carcere ha iniziato a maturare una graduale deradicalizzazione. Oggi è fondatore e direttore di Quilliam, un’organizzazione di lotta all’estremismo con sede a Londra ed è autore del libro “Radical: My way out of Islamist radicalism”
Come si dice, è uno che sa di cosa parla.
Cito due parti del suo articolo mettendo in grassetto  sottolineato alcuni concetti chiave
“Dopo gli attacchi di Parigi, Papa Francesco ha dichiarato che ci troviamo nel mezzo di una guerra mondiale combattuta “a pezzi”. E’ più preciso dire che siamo di fronte a un’insurrezione jihadista globale. Lo Stato islamico è l’ultima incarnazione di questa insurrezione, ma era in preparazione da decenni, incoraggiata dai movimenti sociali islamisti che hanno riempito il vuoto lasciato dagli errori dei troppi governi a maggioranza musulmana. Caratterizzare lo Stato islamico come parte di un’insurrezione è importante poiché, come imparato dalla dura lezione del Vietnam, sconfiggere un’insurrezione, portata avanti con la guerriglia, è cosa diversa dal vincere una guerra convenzionale. La lotta alla guerriglia si basa sull’assunto che il nemico abbia sufficiente sostegno dalle comunità nelle quali recluta membri. Lo scopo delle strategie di controguerriglia è di negare al nemico alcuna vittoria propagandistica che possa fomentare il reclutamento. Gli insorti devono essere isolati dalle comunità ospitanti su cui vogliono far presa.  Questo richiede una combinazione di guerra psicologica, fisica ed economica  , tutte con lo scopo  di minare le capacità ideologiche, operative e finanziarie degli insorti. La parte fondamentale di tale strategia deve essere la formulazione del messaggio. Nel combattere lo Stato islamico dobbiamo evitare il linguaggio che esso usa per promuovere la propria visione del mondo e allo stesso tempo dobbiamo fornire una narrativa alternativa convincente. Solo così potremo contrastare l’abilità odierna degli islamisti e dei jihadisti nel fare presa sul pubblico musulmano.”
In merito al consenso ottenuto dalla propaganda islamista,  l’Autore afferma:
“Questa battaglia può essere vinta, ma non sarà facile. Negli ultimi anni, indagine dopo indagine, sono emerse tendenze preoccupanti nel Regno Unito. Secondo un sondaggio di febbraio condotto da ComRes per la Bbc, un quarto dei musulmani britannici simpatizzava con la sparatoria di Charlie Hebdo a Parigi. Un sondaggio del 2008 di YouGov ha riscontrato che un terzo degli studenti musulmani crede che uccidere per la propria religione possa essere giustificato e il 40 per cento vuole l’introduzione della Sharia come legge nel Regno Unito. Un altro sondaggio, condotto nel 2007 da Populus, ha evidenziato che il 36 per cento dei giovani musulmani britannici ritiene che gli apostati dovrebbero essere “puniti con la morte”.
In un recente articolo su Il Foglio viene citato il ministro belga di origine magrebina Rachid Madrane, che ha affermato in un’intervista al giornale La Libre: “ il peccato originale del Belgio consiste nell’aver consegnato le chiavi dell’Islam nel 1973 all’Arabia Saudita per assicurarci l’approvigionamento energetico”. Si tratta dell’accordo preso dall’allora Re Baldovino  con il re Feisal che ha fatto del Belgio la base europea del wahabismo, la versione più radicale dell’islam, attraverso il  CICB,  - Circolo Islamico  culturale del Belgio, che (cito dall’articolo) “ propugna una visione dell’Islam che si basa sul monoteismo assoluto , il divieto d’innovazione, il rigetto di tutto ciò che non è mussulmano, la scomunica dei miscredenti e la lotta armata “Jihad)
Il CICB ha dichiarato Bruxelles “la capitale degli infedeli”.  Su queste basi  non c’è da stupirsi dell’attacco terroristico che ha colpito questa città.
E’ evidente che la lotta all’ISIS deve iniziare in Europa, da  cui cittadini vengono eseguiti gli atti terroristici, e bisogna farla anzitutto  prosciugando il “brodo di coltura” in cui i terroristi si muovono a loro agio, come ha dimostrato la lunga latitanza di Salah Abdeslam. A questo scopo occorre partire da tre principi:
1 Smetterla di far finta di non vedere
In nome di un assurdo  multiculturalismo si è consentito alle comunità mussulmane inglesi di praticare atti  gravemente illegali e contrari ai valori occidentali come l’infibulazione e in Belgio  e Francia  di vivere in  zone franche, sottratte al controllo dello Stato.
In tali Paesi ed anche In Italia si è consentito, per molto tempo,  a diversi Iman di predicare impunemente l’odio contro l’occidente e i suoi costumi.
2 Difendere realmente i  nostri valori
La sciagurata vicenda delle statue coperte a Roma per non urtare la suscettibilità del Presidente Iraniano è la spia di una subordinazione culturale inaccettabile.
Il cedimento della Sindaca di Colonia, che ha invitato le donne a non uscire da sole dopo i fatti di capodanno, è stato ancora peggio.
La pretesa di far rimuovere, nelle scuole e in altri luoghi dell’Europa, i simboli e le pratiche della nostra tradizione religiosa, è un tentativo di sottomissione psicologica subdolo, da contrastare duramente.
3 Collaborare con le comunità mussulmane
A Milano recentemente un iman si è pronunciato contro l’uso delle biciclette da parte delle donne, il che ha fortunatamente  prodotto una reazione di  donne, mussulmane e non, che hanno organizzato una “biciclettata” collettiva nel centro della città. E’ un primo, incoraggiante segnale, che va coltivato per costruire insieme un contesto sociale aperto alle contaminazioni interculturali, ma rispettoso delle leggi e dei valori fondamentali dell’Europa.
Un altro elemento positivo  è la segnalazione di individui pericolosi, fatta dall’Iman di un’altra città, che ha portato all’espulsione di tali soggetti; il che indica che esiste anche una volontà di collaborazione con le autorità da parte di esponenti religiosi della comunità islamica.

14 commenti:

Francesco Ciccarelli ha detto...

Dopo ogni attentato terroristico si sente dire che bisogna dialogare col cosiddetto «Islam moderato» per isolare i fondamentalisti. Lo ripetono anche adesso: ma è una soluzione giusta e possibile? Personalmente, ne dubito: l'Islam ha sempre tentato di sottomettere l'Europa cristiana! In passato, i musulmani invadevano il Continente, ne razziavano le coste e infestavano i mari con la pirateria. Oggi usano gli investimenti milionari, l'immigrazione e le moschee che formano fanatici. L'Europa deve riprendere coscienza di sé: il dialogo è un pericoloso segnale di resa!

Distinti saluti,

Francesco Ciccarelli



roberto ha detto...

La sola distinzione fra fondamentalisti e Islam moderato non evidenzia, come invece ha fatto l'esperto da me citato, la presenza di una vasta area di consenso per le attività terroristiche, che è il"terreno di coltura" in cui possono agire i fondamentalisti, godedo di ampie collusioni e protezioni.
Con questa difficile realtà bisogna fare i conti, ponendo in essere adeguate azioni di contrasto, come fatto a suo tempo in Italia con le Brigate Rosse; ci vuole fermezza affinchè la disponibilità non venga fraintesa e interpretata come un cedimento, di cui abbiamo avuto anche recenti prove.
Non si può però negare che la stragrande maggioranza dei mussulmani è contraria al terrorismo ed è con questa maggioranza che bisogna necessariamente collaborare per sconfiggere il comune nemico, che comincia ora a far davvero paura in Europa ma che è da tempo fortemente presente nello stesso mondo islamico.
Saluti.

Roberto

Anonimo ha detto...

Bell'articolo, che genera sgomento. Il politically correct nei confronti del mondo islamico è diffuso nel nostro paese, in particolar modo nella sinistra ma più sorprendentemente anche a destra, tra molti amici liberali. La presa di posizione civile e politica sul fenomeno può aver eun pesante impatto anche di ordine politico generale, favorendo forzatamente e forzosamente movimenti di stampo lepenista, come Salvini, che non offrono una prospettiva augurabile per l'Italia, ma possono diventare l'unica scelta. C'è un ulteriore approfondimento da fare che va ben oltre il commento. Un mio scritto di qualche anno fa all'alba delle primavere arabe. Lo pubblicherò qui perchè integra e completa l'analisi qui riportata.

Franco Puglia

roberto ha detto...

Il "politically correct" è ll cancro delle società occidentali ed è la fonte primaria della subordinazione culturale e psicologica nei confronti dell'islam , che ha già prodotto vistose autocensure e riduzioni delle libertà collettive in Europa e non solo.
Per evitare le soluzioni semplificatorie alla Salvini, che non risolvono nulla, occorre che la parte più avvertita della società civile e della poitica si opponga allo scempio dei nostri valori che viene fatto da varie parti. Una società che non sa esprimere e difendere i principi su cui è stata faticosamente costruita, è destinata a soccombere.
Attendo con interesse i tuoi scritti.
Grazie.
Roberto

Dario Lodi ha detto...

Modestamente sono cose che dico da tempo. Vedi mie lettere al Fatto e al Corriere.

roberto ha detto...


Il fatto che le tue lettere siano frequentemente pubblicate dalla Stampa è indice dell'interesse che suscitano. Complimenti!
Roberto

Laura Banchelli ha detto...



Grazie,molto utile...e preoccupante!

Inviato da iPad

roberto ha detto...


E' effettivamente preoccupante ,ma è meglio guardare in faccia la realtà che mettere la testa sotto la sabbia, come si è fatto per troppo tempo.
Ciao.
Roberto

roberto ha detto...

Ho ricevuto da Franco Puglia alcuni suoi interessanti documenti sull'Islam e i suoi rapporti con l'Europa, scritti nel 2011, 2014 e 2015.
Pubblico di seguito, in un commento separato, uno stralcio del primo documento riguardante la rivoluzione islamica nordafricana del 2011, che è davvero premonitore, in quanto ipotizza alcuni fatti che si sono poi puntualmente verificati:

- la crescita delle mire espansionistiche dell'Islam radicale verso l'Europa

- la scarsa attitudine del nostro contienete ad affrontare tale minaccia

l 'involuzione delle c.d. "primavere arabe"

- il grave riscio derivante dal possibile insediamento di regimi integralisti nel Nordafrica.

Chi volesse leggere l'intero documento può chiedermelo all'indirizzo: robertobarabino@alice.it.


Franco Puglia ha detto...

Il sogno del risveglio della Nazione Araba torna ad affacciarsi all'orizzonte e tutto l'occidente trema, perché quei medesimi arabi islamici travestiti da occidentali ormai si trovano anche nei suoi territori e in Francia ed Inghilterra le avvisaglie del conflitto latente ci sono già state; il terreno di cultura per un'escalation progressiva della pervasività islamica in Europa è pronto ad espandersi. L'Islam DEVE espandersi in Europa, perché diversamente la sua alternativa è soccombere, culturalmente ed economicamente.
L'Islam ha dalla sua i numeri (una popolazione numerosa e mobile) ed il petrolio.
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Contro l'Europa giocano l'etica occidentale di stampo illuminista, la cultura di matrice cristiana che crede nella conversione e quindi favorisce l'accoglienza del diverso anche se nemico, la dipendenza dal petrolio, la capillare presenza sul territorio di individui in apparenza anche integrati nella popolazione locale, ma le cui radici affondano nei territori e nella cultura da cui traggono origine. In caso di conflitto, non c'è dubbio sul loro schieramento.
Sperare in un’evoluzione per noi positiva di queste fiammate nordafricane a me pare una pia illusione
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Se i moti di piazza in corso dovessero portare a regimi di governo islamici in stile Iran, ci troveremo di fronte ad un dilemma enorme, schiacciati tra l'opportunità di una resa incondizionata di un mondo obiettivamente in decadenza (quello occidentale) ad un mondo con prepotenti aspirazioni di crescita (quello islamico) e la necessità di un conflitto sanguinoso, il cui esito storico sarebbe comunque disastroso.
Infatti possiamo tollerare l'Iran, perché si tratta di un solo paese, ma non potremmo tollerare un intero Nord Africa integralista ed ostile.

Unknown ha detto...

Mi inserisco in questo dibattito per far presente l'ulteriore punto di vista dell'Islam Europeo (cfr in proposito anche Wikipedia), secondo cui la convivenza in Occidente tra Islam e Occidente passa attraverso il riconoscimento da parte dell'Islam di alcuni valori fondativi occidentali: il diritto alla libertà individuale (libertà di professione religiosa, libertà di istruzione, liberazione delle donne, ecc.), il rispetto della legge civile (come superiore alle sharia laddove in conflitto), la partecipazione alla difesa della sicurezza nazionale (con isolamento dei radicali ecc.). E' evidente che senza questi riconoscmenti nessuna convivenza è possibile.

Secondo me l'evoluzione verso l'Islam Europeo andrebbe incoraggiata.

Credo che il dialogo in merito con le Associazioni Islamiche (per privilegiare il collegamento con strutture nazionali invece che tradizionali), l'uscita allo scoperto delle sedi di predicazione e formazione (leggasi costruzione di Moschee controllabili), la creazione di un albo pubblico degli Imam a cui si possa accedere solo dopo adeguati esami e controlli, siano passi importanti (insieme ad altri relativi all'assetto sociale) per prosciugare il terreno in cui il radicalismo attigna.

roberto ha detto...

Non ci si possono certo nascondere le difficoltà di un percorso come quello ipotizzato dell’Islam Europeo, vista l’attuale distanza su temi come i diritti di libertà, di professione religiosa e parità di genere fra comunità autoctone e comunità islamiche. La strada del dialogo è assolutamente necessaria, ma deve essere integrata dall’indicazione di precisi confini non valicabili, come quello di non fare propaganda estremista nei luoghi di culto, che in passato è stata possibile perla più o meno voluta "disattenzione” delle autorità.
Condivido l’opportunità di favorire questa evoluzione e le indicazioni che proponi in merito ai luoghi e ai modi di esercizio del culto islamico.

Roberto

Elena Passerini ha detto...

Credo che vada approfondito concretamente il punto 3 – Collaborare con le comunità mussulmane
come intendere questa collaborazione?
Il post in questo punto e anche sopra riporta delle “azioni” e delle “reazioni” in una narrazione che secondo me è da rivedere.
Ad esempio la biciclettata delle donne a Milano via Padova a Porta Venezia del 13 marzo non sono sicura che sia una reazione allo “spettacolino televisivo” andato in onda il 1 marzo.
Potrebbe essere, più che una reazione, una azione, fatta in modo autonomo, intenzionale e programmato in relazione al progetto Aisha contro la violenza che ha prodotto un ottimo video caricato proprio il 1 marzo su https://www.youtube.com/watch?v=BZP8lVRFpFA
Ok, anche questa può essere vista come una “reazione” al dato storico ancora attualissimo della violenza contro le donne. Vorrei però sottolineare che è fatto benissimo. In particolare ha queste importanti caratteristiche:
- niente immagini di donne vittimizzate, cosparse di lividi, ridotte in un angolino, poveri indifesi oggetti bisognosi di protezione da parte di qualcun altro più forte. Niente di tutto questo nel video, che mostra donne adulte, soggetti, capaci di prendere la parola.
- l’imam che dice nero su bianco: “Se ti dicono che l’Islam permette la violenza contro le donne, ti mentono.”
Una frase bella chiara.
Bene, può essere che a cercarli si trovano altri imam che dicono il contrario, certamente se ne troveranno in Arabia Saudita (paese famoso per le sue scuole e anche perché grande importatore di armi di produzione italiana).
Ma come cittadina italiana trovo molto positivo che il CAIM abbia prodotto in questo modo il video contro la violenza, includendo e non escludendo le voci degli uomini, imam compreso.
Pensate all’Italia del 1965. All’epoca, copio da https://it.wikipedia.org/wiki/Franca_Viola
“ All'epoca, la legislazione italiana, in particolare l'articolo 544 del codice penale, recitava: "Per i delitti preveduti dal capo primo e dall'articolo 530, il matrimonio, che l'autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali", in altre parole ammetteva la possibilità di estinguere il reato di violenza carnale, anche ai danni di minorenne, qualora fosse stato seguito dal cosiddetto "matrimonio riparatore", contratto tra l'accusato e la persona offesa; la violenza sessuale era considerato oltraggio alla morale e non reato contro la persona.”
Cose da brividi, adesso è difficile pensare che fino a pochi decenni fa abbiamo avuto delle leggi così mostruose!
Fece bene il Papa a ricevere Franca Viola, ma quanti furono i “cattolici” che le furono vicini e non avversari quando per prima rifiutò l’obbrobrio del matrimonio “riparatore”?
Collaborare con le autorità religiose, possibilmente tutte e insieme, è davvero importante secondo me.

roberto ha detto...

Mi pare che una collaborazione con le comunità mussulmane debba avvenire a due livelli: il primo, che tu citi, è quello del dialogo interreligioso, a mio avviso già ben avviato anche per le importanti iniziative prese in questo senso da Papa Francesco. Sono ormai diverse le occasioni d’incontro e scambio sia a livello centrale che periferico fra esponenti delle tre religioni monoteiste.
C’è poi un secondo livello che è quello del rapporto fra “cittadini pensanti e attivi” di tutte le etnie e fedi, o non fedi, per superare anzitutto gli stereotipi che vigono in tutte le comunità nei confronti di chi è diverso. Mi pare che anche su questo terreno ci siano già alcune buone esperienze ma certo si può fare di più.
Credo che il tema centrale sia quello di ragionare, da diversi punti di vista, su problemi concreti come quello assai grave della violenza sulle donne che nel nostro Paese, malgrado l’importante testimonianza di Franca Viola, è purtroppo ancora assai presente, così come in vari Paesi da cui provengono le donne mussulmane. Il bel video che hai segnalato non fa leva sul vittimismo che spesso caratterizza i filmati su questo tema ma su una matura consapevolezza del proprio ruolo e di come vivere in modo sano il rapporto fra i generi.
Come sai, è mia intenzione dar voce nel blog a esponenti della comunità mussulmana coi quali ragionare su come creare risultati positivi dalla diversità di culture. Ho avuto disponibilità in questo senso da Sumaya Abdel Qader, sociologa esperta di politiche sociali e coautrice del video da te citato, che ti ringrazio di avermi segnalato. Nelle prossime settimane pubblicherò un suo interessante scritto, che può essere la base per aprire una discussione interculturale capace di superare alcuni steccati attualmente piuttosto alti fra le diverse comunità etnico-religiose del nostro Paese.