L’articolo di
Federico Rampini che ho pubblicato nel post del
13 maggio u.s. ha messo in luce il tema centrale dei rapporti fra
comunità islamiche e Paesi europei, cioè il cambiamento di atteggiamento di alcune delle
prime nei confronti dei secondi: dallo sforzo di integrarsi nelle società
occidentali al rifiuto diffuso di tale
assimilazione, per rivendicare non solo una legittima e diversa identità culturale, ma una pretesa superiorità
che, nelle derive più estremiste, assume il carattere di una lotta per la
sottomissione dell’occidente.
Dopo i
gravissimi fatti avvenuti in Francia, Belgio e Germania, l’Europa ha finalmente
aperto gli occhi e si sta attrezzando per affrontare il problema, sia pure in
modo ancora non coordinato e non sempre efficace. Ciò che ocorre è garantire l'effettiva accettazione delle regole europee, senza la quale non può essere consentita la libera permanenza di appartenenti ad altre comunità.
Recentemente
è stato pubblicato sul Corriere della Sera un notevole intervento di Milena
Gabanelli contenente un’analisi critica della logica emergenziale che ha caratterizzato
il nostro approccio all’immigrazione e un’articolata proposta di un Piano Nazionale
per la gestione del fenomeno, da presentare e far finanziare in sede europea, tale da trasformare una grave
crisi in un’opportunità per il Paese, basato su alcuni aspetti fondamentali:
-
la
distribuzione diffusa sul territorio dei profughi meritevoli di asilo utilizzando le numerose strutture pubbliche
inutilizzate ( caserme, ospedali, ecc.) da ristrutturare attraverso un
intervento capace, fra l’altro, di dare vita ad un rilancio del settore
edilizio e di porsi come volano dell’economia
-
la
definizione del curriculum di ogni rifugiato (dal titolo di studio a cosa sa
fare) e un’intensa formazione linguistica, di educazione alle regole europee e di preparazione al lavoro, con regole inderogabili, a partire
dall’obbligo di frequenza
Il
commissario europeo per le migrazioni Avramovulos
ha dichiarato che un piano di tal genere sarebbe visto positivamente e potrebbe
ottenere le ingenti risorse economiche che comporta. I responsabili immigrazione
di Germania, Norvegia e Svezia si sono dichiarati interessati alla
ricollocazione nei loro Paesi di una quota di persone inserite in tale programma. Il Sindaco di
Milano, città che ha avuto recentemente
una forte pressione migratoria, vede positivamente tale prospettiva e il suo assessore
alle politiche sociali Majorino lo ha
confermato in una lettera al Corriere.
Va segnalato
anche l’ intervento del Capo del
Dipartimento immigrazione, Prefetto Morcone, che ha suggerito, citando anche
recenti positive esperienze locali, l’affidamento ai profughi di lavori di
pubblica utilità su base volontaria per evitare il fastidioso stato di
sospensione in cui essi vivono e favorirne una migliore percezione da parte dei
cittadini.
Ora la
parola tocca al Governo che potrebbe, prendendo
spunto dalla proposta predetta, sviluppare un programma funzionale all’integrazione dei profughi e
chiaramente condizionato ad una esplicita accettazione da parte loro delle
relative regole del gioco.
Un discorso
diverso riguarda i migranti economici per i quali, ricorda Gabanelli, l’Europa è
orientata al rimpatrio, prevedendo piani di sviluppo delle economie dei paesi di
provenienza, come confermato nel summit di Ventotene fra Hollande, Merkel e
Renzi.
Qualcosa di
positivo si sta quindi muovendo, sia nel dibattito pubblico sia per iniziativa di
leader politici, per un approccio all’immigrazione che coniughi disponibilità e
rigore.
Dal secondo
punto di vista è notevole l’azione di analisi, di intelligence e di prevenzione
svolta in Italia su impulso del Ministro
dell’Interno che ha non solo contrastato potenziali fonti di pericolo ma ha mandato
un preciso segnale a chi erroneamente può ritenere che l’Italia sia ancora disposta ad accettare atteggiamenti e comportamenti estremisti, chiudendo un occhio sui loro autori. Da questo punto di vista il cambiamento in atto è netto e
decisamente apprezzabile. Altrettanto apprezzabile è il dialogo avviato con le comunità islamiche per le formazione in Italia degli Iman, la cui influenza sui fedeli mussulmani è elevata.
10 commenti:
Caro Roberto,
Il testo tratta di due temi, vicini e tangenti, ma non sovrapponibili: il tema dell'immigrazione di massa, di cui parla la Gabbanelli, e il tema dell'Islam in Europa, di cui parla Federico Rampini.
Per quanto riguarda la proposta della Gabbanelli non posso che essere d'accordo con lei e con il tuo testo: in più penso che (ma in merito sono poco informato) :
lo status di "immigrato irregolare" non debba più esistere, perché se esiste non si possono più gestire le persone
la schedatura degli immigrati deve essere obbligatoria per tutti, con creazione di un registro unico nazionale ed europeo; espulsione immediata per chi non ci sta. La schedatura dia diritto all'assistenza ed alla fruizone del percorso di accoglienza
L'attività lavorativa (solo lavori socialmente utili ecc.) deve essere obbligatoria da un certo punto del percorso di accoglienza in poi; chi non ci sta, espulsione immediata
Deve essere chiaro che per "lavori socialmente utili" si intende qualunque attività lavorativa per cui tutti né si indica bando né si abbiano piani di ampliamento organici (se no la lega dice che gli immigrati ci portano via il lavoro; tutt'al più c'è da riflettere se così si re-introduca la schiavitù e il lavoro forzato gratuito)
Il tutto con buona pace di Maroni e delle Destre.
Per quanto riguarda il problema degli islamici ormai residenti, più ci penso più il problema mi sembra di difficile inquadramento proprio per quel concetto di superiorità che citavi. Però è certo: chi sta qui non può minimamente pensare di fare o di tollerare campagne contro il nostro modo di vivere né che le sue concezioni in merito alla subalternità della donna e agli "infedeli" siano mantenibili. Questa è una questione di cultura: bisogna riuscire a fare evolvere piano piano il pensiero dei musulmani residenti in una direzione compatibile con la convivenza: l'Euroislam, appunto. E' qui che il multiculturalismo ha fallito: le molte culture possono convivere solo se nessuna ha germi di ostilità verso le altre. Il punto di partenza per un cammino culturale non può che passare attraverso il controllo e la selezione delle persone che nell'ambito delle comunità musulmane hanno voce in capitolo, cioè gli imam e i formatori delle scuole coraniche: dovrebbero essere abilitate solo persone che sottoscrivano un patto di accettazione e di difesa dell"Europeizzazione" (E' questo l'albo che diceva Alfano?). In questa direzione vanno anche i tentativi, mi sembra in corso in Francia, di controllare i flussi di finanziamento (da noi lo si fa?), di controllare i centri culturali (da noi lo si fa?) e di selezionare le associazioni con cui relazionarsi (da noi lo si fa? La vicenda delle candidate PD mi fa pensare di no). Da cui una riflessione sulle Moschee, che dovrebbero diventare uno dei centri del controllo e portare alla chiusura di tutti i centri in cui opera personale non controllato. Con buona pace di Maroni e delle Destre.
In merito può essere interessante riguardare l'articolo "Sul Burkini polemiche inutili ...", di Marco Cremonesi, sul Corsera di martedì 23 agosto. L'autore riporta un'interessantissima intervista con Paolo Branca, docente e Ricercatore in islamistica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia della Cattolica, ove i temi che ho accennato sono toccati.
La tangenza tra i due temi toccati sta nel fatto che sia tra gli immigrati possono raccogliersi terroristi, sia all'iterno delle comunità musulmane possono crescere terroristi alimentati da falsi maestri che però qui già stanno. Qui credo che solo l'intelligence, come apparentemente per fortuna succede, possa proteggerci. Però neanche l'intelligence è onnipotente: ha bisogno di un substrato favorevole: credo le che indicazioni che qui ho sommariamente indicato possano aiutare.
Giorgio
Caro Giorgio,
è proprio come dici: i due temi non sono sovrapponibili, ma hanno diversi punti di contatto, di cui il principale è, a mio avviso, la necessità che tutti coloro che risiedono in Italia da molto o da poco tempo, portatori di altre culture (anche se nati qui) rispettino i principi fondanti della democrazia e della civile convivenza come sono intese nel nostro Continente e che a nessuno sia più consentito di manifestare impunemente sentimenti di odio nei confronti del Paese in cui vive o del mondo occidentale.
Il lassismo che c’è stato a questo riguardo in passato in vari Paesi europei ha contribuito ad alimentare il fenomeno del rigetto dei nostri costumi e principi, giudicati da una parte degli immigrati di prima o seconda/terza generazione come espressione di una società decadente, proprio perché incapace di difenderli.
Se l’Europa riafferma senza arroganza ma con giusta convinzione i propri valori e le regole che tutti devono osservare, sarà più facile ottenere il rispetto delle stesse da parte degli altri e sviluppare il dialogo con gli esponenti rilevanti delle le comunità islamiche per la graduale costruzione dell’Islam Europeo.
Come giustamente affermi, si tratta non solo di fare un patto, che preveda l’accettazione di alcuni principi fondanti, con chi ha voce in capitolo nelle comunità mussulmane (e credo che Alfano intenda proprio questo puntando ad un albo degli iman), ma anche di esercitare un appropriato controllo su orientamenti e finanziamenti di centri culturali, moschee e altre associazioni. Su questo terreno c’è probabilmente molto da fare, ma ciò che non va fatto è rendere precaria e difficile la libertà di culto. L’importante è che nelle moschee ci si occupi di religione e non di politica.
Roberto
CaroRoberto,
Trovo che Giorgio Calderaro abbia ragione. Anche i programmi e i commenti di Gabanelli e Rampini hanno una quantità di aspetti condivisibili. Tutto va bene, o meglio andrebbe bene se fossero realizzabili i seguenti presupposti:
- I mussulmani già residenti e quelli in arrivo, a qualunque titolo, sono veramente e sinceramente disposti a convivere con noi, integrandosi nella nostra società ma senza imporci il “rispetto” delle loro abitudini che confliggono con le nostre leggi, regole e abitudini?
- Siamo noi sicuri di disporre di strutture poliziesche, giuridiche e giudiziarie atte a punire con giustizia, ma anche con rigore, le trasgressioni alle suddette regole?
- Chi trasgredisce deve essere espulso, se del caso dopo aver pagato i suoi conti con la giustizia; sappiamo dove mandare TUTTE le persone da espellere, e possiamo garantire di essere capaci di impedire (e se del caso punire duramente) il loro ritorno?
Immagino che le risposte a questi quesiti non potranno essere del tutto affermative. Se così è, traiamone le conseguenze: non tutti, ma molti di questi soggetti si considerano nostri avversari se non nostri nemici. La soluzione che nessuno vuole sottoscrivere perché altamente politicamente scorretta sarebbe quella di distinguere quelli che ci sono amici e separarli dai nemici, attuali o potenziali – e comportarci di conseguenza. Mi rendo conto che questa soluzione è difficile da adottare, per molti validi motivi; ma lo sono altrettanto le altre soluzioni.
Ciao, buona giornata
Umberto
Caro Umberto,
la soluzione che tu proponi è, francamente , l’unica possibile anche se difficile: l’era del buonismo e del politicamente corretto è definitivamente finita sotto i colpi del terrorismo islamista.
Ciò non significa, ovviamente, che bisogna diventare islamofobi, ma che per il rispetto dovuto ai mussulmani è indispensabile finirla con l’ipocrisia: è vero che la grandissima maggioranza di loro non ha nulla a che vedere con il terrorismo ed anzi ne è la prima vittima, ma proprio per questo motivo bisogna distinguere i nemici (pochi ma agguerriti) dagli amici (molti ma, spesso, smarriti). E i nemici vanno combattuti senza se e senza ma.
Mi sembra che il Governo abbia, su questo piano, imboccato la strada giusta: dialogo intenso con le comunità islamiche e repressione netta dei comportamenti e e anche degli atteggiamenti devianti: l’uso dell’intelligence ed i provvedimenti amministrativi di espulsione si sono rivelati efficaci anche perché testimoniano che lo Stato intende farsi rispettare, che è la precondizione indispensabile per esserlo.
Buona domenica.
Roberto
Secondo me la gestione degli immigrati è difficile perché mancano idee a monte, manca vero interesse. La gente è trattata come animali, vince l’ipocrisia, l’approssimazione e si ergono muri, ostacoli, inevitabilmente inutili. Non riusciamo a capire, noi occidentali, che la responsabilità di ciò che sta avvenendo è tutta nostra. Pensa al colonialismo diretto e pensa a quello indiretto, il secondo dovuto, come è ben noto, al petrolio. Senza la questione petrolifera, questi paesi sarebbero lasciati al loro destino, fatto di realtà tribali, tollerate dall’ex impero ottomano, durato secoli. Oggi le problematiche tribali sono come la forbice fra ricchi e poveri che si sta usando in Occidente.
Gli arabi moderati fanno parte dell’elite mercantile, la quale, in certi paesi, si muove con astuzia, facendo stare bene i sudditi. Una minoranza esclusa da tutto questo, prende le armi e crea casino. Ma è un casino che fa comodo alle grandi potenze per le solite prove di forza, benché sia ormai chiarissimo che il mondo è nelle mani degli USA. E fa comodo all’industria delle armi e a quella degli scafisti (e di coloro che ci guadagnano sopra). I poveracci che arrivano qui sono come degli sperduti, degli esclusi, con scarsissima preparazione culturale (intendo quella aperta e non quella chiusa dal Corano), abbandonati a se stessi. Ovvio che si attacchino alla religione e ovvio che in tutto questo vi siano gli esaltati. Allora, prima cosa: vanno rispettati! Seconda cosa: va rivisto l’attuale sistema finanziario che umilia i lavoratori. Non è, quest’ultima, una questione solo morale, ma è anche pratica: se tolgo soldi alla base, il vertice crollerà. Ricordo che il rischio fu parato, per la prima volta, nel corso della Belle Epoque con artifizi economici da cui partì una distorsione fra dare e avere che ha portato all’invenzione di soldi di carta, da cui l’evoluzione del debito pubblico. Gli USA lo fanno pagare agli altri, il Giappone se lo coccola internamente, l’Italia inventa tanta finanza creativa che non crea nulla, così come la maggior parte degli altri paesi. Risultato: abbiamo titoli, azioni, ecc. che valgono circa 20 volte l’intero pil mondiale. Caro Roberto, meno male che io e te siamo vecchi!
Ciao, Dario
E' vero che il colonialismo, diretto e indiretto, ha le sue colpe e che ci sono forti centri di potere, economici e di altro tipo, che ci guadagnano dal caos medioorientale ma ritengo che ciò non possa giustificare , in alcun modo,l'efferato terrorismo islamista che vorrebbe ripotatre l'intero pianeta al medioevo.
Sull'esigenza di rispettare gli immigrati sono d'accordo e ne ho scritto nella risposta ad Umberto.
Concordo anche sulla necessitò di porre un freno alla globalizzazione finanziaria, che ha portato a tremendi squilibri sistemici, ancor più gravi potenzialmente del terrorismo.
Come sai, comunque, io sono più ottmista di te circa la possibilità di fornteggiare queste sfide.
Ciao.
Roberto
Gentili Signori,
la proposta della Gabbanelli discrimina tanti Italiani che non hanno mai ricevuto una simile assistenza. Inoltre, bisogna considerare che l'unico modo per valutare le capacità dei richiedenti - ammesso che abbiano voglia di lavorare seriamente - sarebbe l'autocertificazione. INfatti sarebbe impossibile ricevere informazioni dai Paesi di origine! Ma sappiamo che con l'autocertificazione si può scrivere qualunque cosa!
Cordiali saluti,
Francesco.
L'assistenza ai profughi è un obbligo derivante da leggi nazionali e internazionali.
Sull'autocertificazione barano anche degli italiani ma bisogna far capire a chi trova rifugio da noi che barare non conviene perchè le bugie hanno le gambe cort:. se uno non sa o non sa fare quanto dichiara, la verità viene a galla alla prova dei fatti, il primo dei quali può essere una serie di test sulle competenze e sulle abilità possedute.
Cordiali saluti.
Roberto
Il piano illustrato dalla Gabanelli, piano che viene già attuato in Germania, sarebbe bello anche in Italia se si potesse contare su due condizioni: 1) serietà e onestà da parte della classe politica, 2) eliminazione della povertà in Italia (lavoro per chi lo chiede e con giuste retribuzioni e pensioni adeguate al costo della vita).
Secondo me, senza queste premesse, vedo difficile una soluzione accettabile al problema della immigrazione a breve durata.
Ciao Roberto!
Eddi
La pressione migratoria è cresciuta negli ultimi anni in corrispondenza della grave crisi economica che ha investito l'occidente, aggravata in Italia dal peso del debito pubblico che non concede spazi di manovra per adeguate politiche sociali verso gli italiani e gli immigrati.
Ferma restando, come tu dici, la priorità di interventi per i nostri concittsdini, quelli verso gli stranieri sono subordinati alla disponibilità di finanziamenti europei (Gabanelli stima un importo di circa 4 miliardi di euro) senza i quali il progetto sarebbe irrealizzabile.
Sulla serietà dei politici si possono avere dubbi ma bisogna metterli alla prova. Ho segnalato nel post come esempio positivo il Ministro dell'Interno, che sta conducendo un piano di prevenzione migliore di quelli adottati in altri Paesi europei.
Ciao.
Roberto
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